Madame de Cambremer e la regola dei tre aggettivi

Era l’epoca in cui le persone beneducate osservavano la regola d’essere cortesi e quella cosiddetta dei tre aggettivi. Madame de Cambremer le combinava entrambe. Un aggettivo elogiativo non le bastava, lo faceva seguire (dopo un trattino) da un secondo, poi (dopo un secondo trattino) da un terzo. Ma quel che le era peculiare è che, in contrasto con lo scopo sociale e letterario da lei perseguito, la successione dei tre attributi presentava, nei biglietti di Madame de Cambremer, l’aspetto non d’una progressione, ma di un diminuendo. In quella prima lettera, mi diceva che aveva visto Saint-Loup e aveva più che mai apprezzato le sue qualità “uniche – rare – reali”, che sarebbe tornato con un amico (precisamente quello che era innamorato della nuora) e che s’io fossi voluto andare – con loro o senza – a pranzo a Féterne, lei ne sarebbe stata “estasiata – felice – contenta”. Forse perché il desiderio d’essere cortese non era uguagliato, in lei, dalla fertilità dell’immaginazione e dalla ricchezza del vocabolario, la nobile signora, ben decisa a lanciare tre esclamazioni, non aveva la forza di esprimere, nella seconda e nella terza, più di un’eco indebolita della prima. Se solo ci fosse stato un terzo aggettivo, della gentilezza iniziale non sarebbe rimasto più nulla.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori