Diciottenni estremamente sciupati

In non pochi finivo col riconoscere, non solo loro stessi, ma anche coloro che essi erano un tempo: per esempio Ski, modificatosi non più d’un fiore o d’un frutto nell’insecchire. Era un tentativo informe, che confermava le mie teorie sull’arte. Altri, essendo persone di mondo, non erano certo degli amatori d’arte. Ma anche loro, la vecchiaia non li aveva maturati, e anche se si circondava d’un primo cerchio di rughe o di un’aureola di capelli bianchi, il loro viso paffuto era lo stesso, e conservava il brio dei diciott’anni. Non erano solo dei vecchi, ma dei diciottenni estremamente sciupati. Ci sarebbe voluto poco per cancellare i segni della vita, e la morte non avrebbe faticato, per restituire al loro viso la sua giovinezza, più di quanto si fatica per ripulire un ritratto cui solo un po’ di sporco impedisce di brillare come un tempo. Pensavo, così, all’illusione di cui siamo preda quando, sentendo parlare d’un vecchio celebre, crediamo in anticipo alla sua bontà, alla sua equità, alla sua dolcezza d’animo; perché sentivo che quarant’anni prima dovevano esser stati dei giovani terribili, e non c’era ragione di supporre che non ne avessero conservato la vanità, la doppiezza, la boria e le astuzie.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Ski

Quanto allo scultore Ski, così chiamato a causa delle difficoltà che s’incontrava nel pronunciare il suo nome polacco, e perché lui stesso pretendeva, da quando viveva in un certo ambiente, di non voler essere confuso con dei parenti piuttosto ben messi, ma un po’ noiosi e molto numerosi, conservava ancora con i suoi quarantacinque anni e la sua notevole bruttezza, un che di fanciullesco, di fantasticamente sognante, che gli derivava dall’essere stato fino ai dieci anni il più affascinante enfant prodige del mondo, idolo di tutte le signore. Madame Verdurin sosteneva ch’era più artista di Elstir, col quale non aveva, d’altronde, che somiglianze puramente esteriori. Erano bastate perché Elstir, incontrato una volta Ski, concepisse per lui la profonda repulsione ispirataci, più ancora che dalle persone diametralmente opposte a noi, da coloro che ci assomigliano in peggio, nei quali risalta quello che abbiamo di meno buono, i difetti di cui ci siamo liberati, ricordandoci in maniera irritante ciò che qualcuno ha potuto vedere in noi prima che diventassimo ciò che siamo.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori