Il terrore di dormire in una stanza sconosciuta

Forse quel terrore che provavo – che tanti altri provano – di dormire in una stanza sconosciuta, quel terrore forse altro non è che la forma più umile, oscura, organica, quasi inconscia, del grande, disperato rifiuto opposto, dalle cose in cui si concentra il meglio della nostra vita attuale, al fatto che noi si rivesta della nostra accettazione la formula di un futuro nel quale esse non figurano; lo stesso rifiuto alla base dell’orrore ispiratomi così spesso dal pensiero che un giorno i miei genitori sarebbero morti […]; rifiuto alla base, anche, della difficoltà a concepire la mia propria morte, o una sopravvivenza come quella che Bergotte prometteva agli uomini nei suoi libri e dove non avrei potuto portare con me i miei ricordi, i miei difetti, il mio carattere, che non si rassegnavano all’idea di non esistere più e non volevano saperne, per me, né del nulla, né di un’eternità da cui rimanessero esclusi.

M. Proust