Un piede nella fossa

Degli uomini, alcuni zoppicavano, e si capiva che non era per un incidente di carrozza ma per un primo attacco, e perché avevano già, come si dice, un piede nella fossa. Alla loro, che cominciava a dischiudersi, alcune donne semiparalizzate sembrava non potessero strappare del tutto il vestito impigliato nella pietra tombale, e non potevano raddrizzarsi, piegate com’erano, a testa bassa, in una curva simile a quella che occupavano ora fra la vita e la morte prima della caduta finale. Niente poteva opporsi al movimento di questa parabola che le portava via, e quando volevano alzarsi tremavano e le loro dita non trattenevano più nulla.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

E adesso capivo cosa fosse la vecchiaia

E adesso capivo cosa fosse la vecchiaia – la vecchiaia che fra tutte le realtà è forse quella di cui serbiamo per più tempo nella vita una nozione puramente astratta, guardando i calendari, datando le nostre lettere, vedendo sposarsi gli amici, i figli degli amici, senza capire, per paura o per pigrizia, che cosa significhi finché, un giorno, scorgiamo una sagoma sconosciuta, come quella del signor d’Argentcourt, dalla quale apprendiamo di vivere in un nuovo mondo; finché un giorno, il nipote d’una nostra amica, un giovanotto che, istintivamente, tratteremmo come un compagno, sorride come se lo stessimo prendendo in giro, noi che ai suoi occhi abbiamo l’aspetto di un nonno; capivo cosa significano la morte, l’amore, le gioie dello spirito, l’utilità del dolore, la vocazione ecc. Se i nomi, per me, avevano perduto parte della loro individualità, le parole mi scoprivano tutto il loro senso. La bellezza delle immagini sta dietro le cose, quella delle idee davanti. Per questo la prima smette di meravigliarci quando ci arriviamo, ma la seconda la capiamo solo quando siamo passati oltre.

La crudele scoperta che avevo appena fatta non avrebbe potuto non servirmi, certo, per quanto concerneva la materia stessa del mio libro. Poiché avevo deciso che non poteva essere costituita soltanto dalle impressioni veramente piene, situate al di fuori del tempo, fra le verità in cui contavo di incastonarle avrebbero avuto un posto importante quelle che si riferiscono al tempo, al tempo in cui sono immersi e cambiano gli uomini, le società, le nazioni. Non avrei avuto cura soltanto di dar spazio alle alterazioni che subisce l’aspetto degli esseri, e di cui avevo di continuo nuovi esempi giacché, pur pensando alla mia opera, ormai abbastanza definitivamente in moto per non farsi fermare da distrazioni passeggere, seguitavo a salutare le persone che conoscevo e a conversare con loro.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il 1° gennaio dei vecchi

Tornai a casa. Avevo vissuto il 1° gennaio dei vecchi, che in quel giorno differiscono dai giovani non perché non ricevono più nessun regalo, ma perché non credono più all’anno nuovo. Io di regali ne avevo ricevuti, ma non quelli – i soli – che mi avrebbero fatto piacere: un messaggio di Gilberte. E, tuttavia, ero pur sempre giovane, se avevo potuto scrivergliene io uno con il quale speravo, esprimendole i sogni solitari della mia tenerezza, di suscitarne di simili nel suo cuore. La tristezza degli uomini che sono invecchiati è di non pensare nemmeno a scrivere lettere di questo tipo, avendone constatato l’inutilità.

M. Proust, Intorno a Madame Swann

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Un manoscritto di Marcel Proust