Il signor Vinteuil (parte seconda)

Per quelli che, come noi, videro a quell’epoca Vinteuil evitare le persone che conosceva, voltarsi dall’altra parte quando le scorgeva, invecchiare in pochi mesi, sprofondare nel proprio cruccio, divenire incapace di ogni sforzo che non avesse per fine immediato la felicità di sua figlia, passare giornate intere davanti alla tomba di sua moglie, sarebbe stato difficile non capire che egli stava morendo di crepacuore, e supporre che non si rendesse conto delle chiacchiere che correvano. Le conosceva; può darsi addirittura che vi prestasse fede. Non esiste forse persona, per grande che sia la sua virtù, la quale non possa esser condotta dalle circostanze a vivere un giorno in familiarità con il vizio che pure condanna nel modo più formale – senza minimamente riconoscerlo, per altro, sotto il travestimento di fatti particolari che quello assume per entrare in contatto con lei e per farla soffrire: parole bizzarre, atteggiamento inesplicabile, una certa sera, di quella tale creatura che lei, d’altra parte, ha tante ragioni per amare. Ma in un uomo come Vinteuil doveva esserci tanta più sofferenza che in un altro nel rassegnarsi a una di quelle situazioni che crediamo, a torto, appannaggio esclusivo del mondo della bohème; e che si producono, invece, ogni volta che un vizio che la natura stessa fa sbocciare in un bambino, a volte semplicemente mischiando le virtù di suo padre e di sua madre come il colore degli occhi, ha bisogno di conquistarsi lo spazio e la sicurezza che gli sono necessari. Ma che Vinteuil conoscesse forse le abitudini di sua figlia non significa che il suo culto per lei ne venisse diminuito. I fatti non penetrano nel mondo dove vivono le certezze della nostra fede, non le hanno fatto nascere né sono in grado di distruggerle; possono infliggere loro le più dure smentite senza indebolirle, e una valanga di sventure o di malattie che s’abbatta senza interruzione su una famiglia non l’indurrà a dubitare del suo Dio o del talento del suo medico. Ma quando Vinteuil pensava a sua figlia e a se stesso dal punto di vista degli altri, dal punto di vista della loro reputazione, quando cercava di situarsi con lei al livello che competeva loro nella stima generale, allora il giudizio d’ordine sociale ch’egli formulava era esattamente lo stesso che avrebbe formulato l’abitante di Combray a lui più ostile, si vedeva cioè, insieme a sua figlia, negli infimi bassifondi, e i suoi modi avevano così assunto, negli ultimi tempi, quell’umiltà, quel rispetto per coloro che si trovavano più in alto e che lui contemplava dal basso (anche se gli erano stati di molto inferiori), quella tendenza a cercar di risalire fino a loro, che è una conseguenza quasi meccanica di tutte le decadenze. Un giorno che camminavamo con Swann in una strada di Combray, Vinteuil, che sbucava da un’altra, s’era trovato troppo bruscamente faccia a faccia con noi per avere il tempo di evitarci, e Swann, con quella carità orgogliosa dell’uomo di mondo che, in mezzo alla dissoluzione di tutti i suoi pregiudizi morali, nell’infamia di un altro non vede se non una ragione per esercitare nei suoi confronti una benevolenza le cui testimonianze lusingano tanto più l’amor proprio di chi le concede quanto più egli le sente preziose per chi le riceve, aveva parlato a lungo con Vinteuil, al quale prima d’allora non rivolgeva la parola, e gli aveva chiesto prima di lasciarci, perché non mandava sua figlia a suonare a Tansonville. Due anni prima quell’invito avrebbe indignato il signor Vinteuil, mentre lo colmava adesso di una tale riconoscenza ch’egli se ne credeva obbligato a non commettere l’indiscrezione di accettarlo. La cortesia di Swann nei confronti di sua figlia gli sembrava, in se stessa, un sostegno così onorevole e delizioso che forse, dentro di sé, stimava più conveniente non valersene, per avere la tutta platonica dolcezza di custodirlo.

[Marcel Proust, Alla Ricerca del tempo perdutoDalla parte di Swann, traduzione di Giovanni Raboni, I Meridiani Mondadori ] pp. 180- 181-182

Il signor Vinteuil (parte prima)

Era dalla parte di Méséglise, a Montjouvain, una casa situata in riva a un grande stagno e addossata a una scarpata cespugliosa, che viveva il signor Vinteuil. E così, per strada, incrociavamo spesso sua figlia, che guidava un calessino a briglia sciolta. Da un certo anno in poi non la incontrammo più sola, ma in compagnia di un’amica più anziana di lei, che aveva una cattiva reputazione in paese e che un giorno si installò definitivamente a Montjouvain. Si diceva: “Quel povero signor Vinteuil dev’essere proprio accecato dalla tenerezza per non rendersi conto di quel che si racconta e per consentire a sua figlia, lui che si scandalizza di una parola fuori posto, di ospitare sotto il suo tetto una donna simile. Lui dice che è una donna superiore, di gran cuore, e che avrebbe avuto delle doti straordinarie per la musica se le avesse coltivate. Può star certo che non si occupa di musica, quella, con sua figlia”. Sì, il signor Vinteuil lo diceva; e, in effetti, è degno di nota come una persona susciti sempre ammirazione per le sue qualità morali nei parenti di ogni altra persona con la quale intrattenga relazioni carnali. L’amore fisico, così ingiustamente denigrato, spinge ogni creatura a palesare sin nelle minime sfumature tutto ciò che possiede in fatto di bontà, di dedizione di sé, a tal punto da farle saltare agli occhi della più ristretta cerchia di conviventi. Il dottor Percepied, al quale la grossa voce e le grosse sopracciglia consentivano di recitare a suo piacimento un ruolo di perfido per il quale non aveva il fisico, senza compromettere minimamente la sua incrollabile e immeritata reputazione di burbero benefico, sapeva far ridere sino alle lacrime il curato e tutti quanti dicendo con tono rude: “Ebbene! a quanto pare fa della musica con la sua amica, la nostra Mademoiselle Vinteuil. Si direbbe che la cosa vi stupisca. Io non ne so nulla. È Vinteuil padre che me l’ha detto, ancora ieri. In fin dei conti, avrà pure il diritto di amare la musica, quella ragazza. Io non sono dell’idea di contrastare le vocazioni artistiche dei giovani. Vinteuil neppure, a quanto sembra. E poi ci fa anche lui della musica, con l’amica della figlia. Ah, perdinci, ne fanno di musica da quelle parti! Ma si può sapere cosa c’è da ridere? Be’, sì, fa un po’ troppa musica quella gente. L’altro giorno ho incontrato Vinteuil padre vicino al cimitero. Non si reggeva sulle gambe”.

[Marcel Proust, Alla Ricerca del tempo perdutoDalla parte di Swann, traduzione di Giovanni Raboni, I Meridiani Mondadori ] pp. 179-180

Bernard Soupre, Mlle Vinteuil et son amie

C’est du côté de Méséglise, à Montjouvain, maison située au bord d’une grande mare et adossée à un talus buissonneux que demeurait M. Vinteuil. Aussi croisait-on souvent sur la route sa fille, conduisant un buggy à toute allure. À partir d’une certaine année on ne la rencontra plus seule, mais avec une amie plus âgée, qui avait mauvaise réputation dans le pays et qui un jour s’installa définitivement à Montjouvain. On disait : « Faut-il que ce pauvre M. Vinteuil soit aveuglé par la tendresse pour ne pas s’apercevoir de ce qu’on raconte, et permettre à sa fille, lui qui se scandalise d’une parole déplacée, de faire vivre sous son toit une femme pareille. Il dit que c’est une femme supérieure, un grand cœur et qu’elle aurait eu des dispositions extraordinaires pour la musique si elle les avait cultivées. Il peut être sûr que ce n’est pas de musique qu’elle s’occupe avec sa fille. » M. Vinteuil le disait ; et il est en effet remarquable combien une personne excite toujours d’admiration pour ses qualités morales chez les parents de toute autre personne avec qui elle a des relations charnelles. L’amour physique, si injustement décrié, force tellement tout être à manifester jusqu’aux moindres parcelles qu’il possède de bonté, d’abandon de soi, qu’elles resplendissent jusqu’aux yeux de l’entourage immédiat. Le docteur Percepied à qui sa grosse voix et ses gros sourcils permettaient de tenir tant qu’il voulait le rôle de perfide dont il n’avait pas le physique, sans compromettre en rien sa réputation inébranlable et imméritée de bourru bienfaisant, savait faire rire aux larmes le curé et tout le monde en disant d’un ton rude : « Hé bien ! il paraît qu’elle fait de la musique avec son amie, Melle Vinteuil. Ça a l’air de vous étonner. Moi je sais pas. C’est le père Vinteuil qui m’a encore dit ça hier. Après tout, elle a bien le droit d’aimer la musique, c’te fille. Moi je ne puis pas contrarier les vocations artistiques des enfants. Vinteuil non plus à ce qu’il paraît. Et puis lui aussi il fait de la musique avec l’amie de sa fille. Ah ! sapristi, on en fait une musique dans c’te boîte-là. Mais qu’est-ce que vous avez à rire ? mais ils font trop de musique ces gens. L’autre jour j’ai rencontré le père Vinteuil près du cimetière. Il ne tenait pas sur ses jambes. »

Il signor Vinteuil

Di buona famiglia, era stato insegnante di pianoforte delle sorelle di mia nonna, e da quando, in seguito alla morte della moglie e a un’eredità ricevuta, s’era ritirato nei pressi di Combray, lo vedevamo spesso a casa nostra. Ma, esageratamente pudibondo com’era, aveva smesso di venirci per non incontrare Swann, che aveva fatto quello ch’egli chiamava “un matrimonio sconveniente, secondo la moda d’oggigiorno”. Mia madre, venuta a sapere che componeva, gli aveva detto per cortesia che, quando fosse andata da lui, avrebbe dovuto farle ascoltare qualcosa di suo. Il signor Vinteuil ne sarebbe stato felice, ma la sua buona creanza e la sua bontà d’animo lo rendevano a tal punto scrupoloso che, mettendosi sempre nei panni degli altri, egli temeva di infastidirli e di sembrare egoista seguendo o semplicemente lasciando indovinare il proprio desiderio. […] L’unica passione che nutriva era per sua figlia, che si sarebbe detta un maschio e appariva così robusta che non si poteva non sorridere nel vedere le precauzioni che il padre prendeva per lei, trovando sempre qualche scialle supplementare da metterle indosso. La nonna ci faceva notare l’espressione dolce, delicata, quasi timida che passava sovente nello sguardo di quella ragazza così rude, dal viso cosparso di efelidi. Appena pronunciata una parola, l’ascoltava con lo spirito di quelli a cui l’aveva detta, si preoccupava dei possibili malintesi, e dietro la sua fisionomia mascolina e bonaria si illuminavano di colpo, si stagliavano come in trasparenza i tratti più fini di una fanciulla tormentata.

[Marcel Proust, Alla Ricerca del tempo perdutoDalla parte di Swann, traduzione di Giovanni Raboni, I Meridiani Mondadori ] pp. 137-138

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