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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Anno1915. Parte seconda.

Post n°110 pubblicato il 05 Settembre 2008 da wrnzla

Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.it

Anno1915. Parte seconda.
GRANDE GUERRA - CRISI IN LIBIA E GUERRA AI TURCHI

RIPIEGAMENTO DEI PRESIDI DALLE OASI SIRTICHE - I RIBELLI BATTUTI A CADURIAN -- GHADAMES. - L'AZIONE DEL GOVERNATORE GENERALE TASSONI. - LE COLONNE MOBILI - LA COLONNA GIANNINAZZI - LA ROTTA DI CASR-BU-HADI - VICENDE DEI PRESIDI DELLE ZONE DI MISURATA, DEGLI ORNELLA, DI TARHUNA DI SIRTE - RIPIEGAMENTO ALLA COSTA, DEI PRESIDII DI GIOSE, DI FASSATO, DI JEFFREN, DI GHARIAN, DI ZINTAN, DI NALUT, DI GHADAMES, DI SLITEN, DI SIRTE, DI MISURATA, DI BENIILID, DI FONDUK-BEN-GASCIR, DI SUANI BEN-ADEN, DI AZIZIA, DI ZUARA - RIPIEGAMENTO DEI PRESIDI IN CIRENAICA - IL GENERALE AMEGLIO GOVERNATORE DELLA LIBIA

Mentre l'Italia era impegnata nelle offensive contro l'Austria, l'Intesa si muoveva per coinvolgere Romania e Grecia contro l'Impero Turco e cercava di vincere le resistenze della Bulgaria tramite l'offerta della Macedonia ceduta dalla Bulgaria alla Serbia nel 1913. La Bulgaria però farà un'altra scelta il 21 settembre entrando in guerra a fianco degli imperi centrali.
L'Italia dopo aver visto queste intenzioni dell'Intesa e lo sbarco del 25 aprile (prima della sua entrata in guerra) dei due suoi alleati anglo-francesi nella penisola turca di Gallipoli, non voleva perdere di vista gli interessi italiani nei Balcani e si sentiva pure tradita nelle sue aspirazioni in Croazia e in Dalmazia, anche perchè aveva deciso - sbarcando in Albania- di andare in aiuto, da sud, alle forze serbe quando sarebbero state attaccate da nord dalle forze austro-tedesche.
Ma in ottemperanza al Patto di Londra, l'Italia é costretta a dichiarare guerra alla Turchia, complicando così la sua situazione nei presidi che ha in Libia, dove che aveva da qualche tempo ridotta l'occupazione.

Abbiamo già parlato in un altro capitolo di questa storia dello sgombro del Fezzan; narreremo ora gli avvenimenti della Tripolitania durante tutto il 1915, anno in cui impegnata la guerra contro l'Austria non permise all'Italia di occuparsi molto della colonia libica e, in Tripolitania non solo non inviò più uomini, ma ridusse l'occupazione all'oasi di Tripoli e a qualche altro punto della costa.
Questo permise ai Turchi di riprendere l'iniziativa, fino al punto critico che l'Italia fu costretta a dichiarare guerra anche alla Turchia.

RIPIEGAMENTO DEI PRESIDII DALLE OASI SIRTICHE

Già il 15 gennaio del 1915, uno dei figli di Ser-en-Nassen, fiduciario dell'Italia nella Sirtica, unitosi ad altri capi della regione, attaccava il presidio italiano di Raddum, il quale fu colto alla sprovvista, e una buona parte libici, che erano nel presidio con loro, passava nelle file dei ribelli, riparando nei dintorni di Sodna e a Hon. Allora fu stabilito lo sgombro di Socna, che avvenne il 27 gennaio, dopo alcune brillanti ricognizioni offensive eseguite verso i centri di raccolta dei ribelli per intimidirli.

L'8 febbraio, un migliaio di ribelli assalì presso Bungen una colonna italiana di cammelli scortata da 300 armati, ma il nemico fu respinto e messo in fuga. Tre giorni dopo, la colonna Gianninazzi, col presidio di Bangen (35 ufficiali, 114 bianchi, 1400 libici ed eritrei), incendiato il paese e distrutto il materiale che non poteva esser trasportato, si ritirava su Beni Ulid. Quel giorno stesso, un forte nucleo di ribelli, che aveva assalito Taorga, ma n'era stato respinto da due compagnie del 6° fanteria, era attaccato e sconfitto dal maggiore MAUSSIER a CADURIAN.
Iniziavano intanto le operazioni per la rioccupazione di Ghadames, affidata al capitano VOGLINO, il quale vi si diresse con la banda di Fossato, giungendovi il 17 febbraio dopo aver sostenuto aspri combattimenti con forze nemiche superiori alle sue.
Il 18 febbraio giungeva a Ghadames la colonna GIANNINI; partita da Ghat fin dal 2 dicembre per dare aiuto alle colonne Voglino, Giannini muoveva da Nalut col 5° libico il colonnello NIGRA, che entrava a Ghadames il 6 marzo.

Nonostante queste energiche operazioni, la ribellione divampava, e dal Fezzan e dalle oasi sirtiche colonne di ribelli, forti di molte migliaia di fucili, avanzavano verso il sud misuratino, il Gebel e la Sirte, razziando, inducendo alla rivolta le popolazioni rimaste fedeli all'Italia e assalendo, dopo averli isolati i presidi italiani più deboli e lontani.
Per fronteggiare questa situazione il nuovo governatore, generale TASSONI, stabilì di mantenere i presidi ancora occupati, rafforzarli con opere di difesa e far eseguire dalle loro truppe frequenti ed opportune escursioni nelle zone circostanti; stabilì inoltre di costituire colonne mobili che mantenessero aperte e sicure le vie di comunicazione tra i vari presidi e operassero offensivamente contro i ribelli nei loro centri di raccolta.
Furono pertanto, oltre le colonne NIGRA e MAUSSIER che operavano, la prima nel Gebel occidentale, la seconda nella Sirte, costituite la colonna GIANNINAZZI (1° battaglione libico, due sezioni d'artiglieria, e bande, totale 1500 uomini a piedi, 100 montati e 4 pezzi da montagna) che doveva operare nel Gharian; le colonne ROSSO e FINELLI, di 1500 uomini ciascuna, libici la prima, bianchi la seconda, che opererebbero nella regione degli Orfella, e infine la colonna MIANI, con base a Misurata, forte di un battaglione libico, una di bersaglieri, una batterla di volontari italiani, uno squadrone di savari e le bande di Kassabet e Gefara, di Homs, Sliten e Misurata: in totale 4500 uomini.

Nell'aprile del 1915, la colonna GIANNINAZZI, sorpresa da numerose forze ribelli, fu costretta con gravi perdite e col comandante ferito a ripiegare frettolosamente su Misda. In quei giorni il colonnello MIANI coadiuvato dalle colonne mobili ROSSO e FINELLI, effettuava operazioni di polizia nelle zone degli Orfella e del Misuratino. A conoscenza che a Casr-Bu-Hadi si concentravano numerosi ribelli, si mise in marcia verso quella località.

Dal 10 al 23 aprile fece sosta a Tarrah dal 24 al 25 a Bu-Ratma e il 26 giunse a Sirte.
La mattina del 28 il colonnello MIANI uscì da Sirte e, passata la notte ai pozzi di Bu-Hanef, puntò su Casr Bu-Hadi. L'ordine di marcia era il seguente: d'avanguardia, sulla medesima linea, lo squadrone Savari, i meaharisti, e metà dei cavalieri delle bande; quindi il grosso su tre colonne, quella di sinistra formata dalla banda di Sliten, dal 15° eritreo, dalla batteria cammellata e dalla 2a compagnia del 57° fanteria, quella di destra dalle bande di Tarhuna e di Misurata, dal 13° libico, dalla batteria dei volontari italiani e dal battaglione bersaglieri, quella del centro dalle bande di Msellata, Gefara ed Homs, seguita dalla colonna munizioni, dalla colonna viveri, e dalle salmerie dei reparti e delle bande; di retroguardia la 3a compagnia del IV battaglione libico. Il resto dei cavalieri delle bande fiancheggiavano a distanza la colonna.
Questa alle 10 aprì il fuoco dell'artiglieria contro il nemico, costringendo la sinistra avversaria ad indietreggiare ma subito dopo i ribelli effettuarono un vigoroso attacco contro la sinistra italiana minacciandola d'avvolgimento. Contemporaneamente altro forze nemiche attaccavano alla destra il 13° libico, la batteria dei volontari e i bersaglieri contro di cui si volgevano le bande di Tarhuna e di Misurata, mentre le bande della Alsellata, della Gefara e di Homs si gettavano sul convoglio, e lo spingevano nel campo nemico.

Il tradimento delle bande scosse il morale delle truppe italiane, le quali dopo un combattimento confuso, quasi sopraffatte, iniziarono il ripiegamento che avvenne in un così gran disordine causando rilevanti perdite: 18 ufficiali morti e 25 feriti, 252 uomini di truppa metropolitana morti e 141 feriti, 234 indigeni morti e 296 feriti.
Dopo la giornata di Casr Bu-Hadi, la situazione della occupazione italiana in Tripolitania si fece critica e pericolosa. Nella regione degli Orfella gli elementi che gli italiani credevano fedeli si schierarono contro di loro e il presidio di Beni Ulid rimase isolato.
Nel Misuratino il numero e l'audacia dei ribelli aumentarono a dismisura: il 12 maggio una colonna italiana che da Misurata città andava a Misurata marina fu attaccata e costretta a rientrare in città; il 23 il presidio di Taorga fu bloccato; le comunicazioni con Misurata marina furono riattivate solo dopo un aspro combattimento, ma alla colonna Penco non riuscì a sostenere il presidio di Taorga, perché a Fonduk Gamel fu assalita da forze di molto superiori e fu costretta a rientrare a Misurata dopo aver perduto 10 ufficiali e 109 uomini di truppa. Le truppe che presidiavano Taorga agli ordini del tenente colonnello TESI, uscite dal villaggio, fuggirono verso il mare, quindi protette dalle navi, riuscirono a riparare a Misurata marina.

Anche nella zona di Tarhuna ben presto scoppiò la ribellione e furono tagliate le comunicazioni telegrafiche. A stento e dopo accaniti combattimenti riuscì da Azizia il tenente colonnello ROSSOTTI con una colonna forte di 6 compagnie, 1 squadrone, un battaglione eritreo ed una batteria, riuscì ad arrivare a Tarhuna; ma dietro di lui le comunicazioni furono nuovamente chiuse dai ribelli, i quali, il 21 maggio, attaccarono la colonna Monti che tentava di riaprirle e la costrinsero a ritornarsene ad Azizia con 11 ufficiali e 150 uomini di truppa di meno.
A riaprire le comunicazioni con Tarhuna fu allora mandata da Homs, una forte colonna agli ordini del colonnello CASSINIS; ma questa, giunta a Kussabat, vi fu bloccata dai ribelli e si dovette alla colonna del maggiore Balocco se si riuscì a ristabilire le comunicazioni tra Kussubat ed Homs.

Il 17 giugno, il colonnello CASSINIS, appreso che il presidio di Tarhuna avrebbe il giorno dopo ripiegato su Tripoli per Uadi Sart, mosse verso Tarhuna per dargli mano, mentre da Azizia usciva per sostenere il presidio medesimo una colonna agli ordini del tenente colonnello MONTI, il quale giunse combattendo quasi all'Uadi Megenin, donde però dovette ripiegare alla sua base per non essere sopraffatto dai ribelli che lo fronteggiavano sempre più numerosi. Il 18 il Cassinis, avendo udito un forte cannoneggiamento, che s'andava allontanando da Tarhuna verso Tripoli, credendo che il presidio si fosse aperta la strada e non avesse più bisogno d'aiuto, rientrò a Kussabat.
invece il presidio di Tarhuna, composto di 1500 italiani e 700 indigeni, comandato dal tenente colonnello ANTONELLI, iniziato il ripiegamento il 18, non riuscì ad aprirsi la strada, e attaccato a Suk-cl-Ahad da forze superiori alle sue, si sbandò. Nel combattimento fornirono mirabili prove di valore la signora MARIA BRIGHENTI, moglie del maggiore BRIGHENTI, distaccato a Beni-Ulid, che cadde come una condottiera mentre incitava i soldati alla lotta. Quelli che non caddero sul campo, in parte furono fatti prigionieri, in parte riuscirono a raggiungere Azizia.

Il 23 giugno la colonna Cassinis sgombrò Kussabat e combattendo ripiegò su Homs; quindi si riunì al presidio di Sliten. Il 28, parte di questa colonna, agli ordini del tenente colonnello TORRE, mosse su Beni Ulid per soccorrerne il presidio ma ad una diecina di chilometri da Sliten si scontrò con i ribelli e dopo una giornata intera di combattimento, disperando di aprirsi un varco ritornò a Sliten.
Anche da Misda sgombrò il presidio, ripiegando, il 15 giugno, su Gharian; da Sinanen, nel Gebel, il presidio uscì il 10 e, attraverso il territorio Tunisino, riuscì a ripiegare, il 24, su Nalut. Allo stesso modo fu sgombrata Cabao e il presidio si ritirò a Giosc.

Intanto il governatore TASSONI aveva proposto al Ministero delle Colonie di raccogliere tutte le truppe nei presidii di Misurata Marina, Homs, Zuarà e Tripoli, abbandonando tutte le altre località e tenendosi sulla difensiva. Il Ministro delle Colonie avrebbe voluto, che oltre la costa, fossero tenute le località di Gharian e di Jefren, ma, avendo il Tassoni risposto che non era possibile con le scarse forze di cui disponeva, autorizzò il 4 luglio, il governatore a ritirare tutti i presidii dell'altipiano verso la costa.

Il 6 luglio, il presidio di Jeffren insieme con la colonna Nigra, giuntavi il giorno prima, ripiegò ordinatamente su Zuara. Il giorno stesso i presidii di Giosc (380 uomini del 6° Fanteria) e di Fassato (840 uomini del 37° fanteria), oltre a piccoli reparti di carabinieri, fanteria montata, artiglierie genio, sgombrarono le località da loro occupate, dirette a Scek-Sciuk, dove giunsero il 7.
L'8 mattina arrivarono a Bir Ganen, ma, trovati i pozzi asciutti, proseguirono disordinatamente la marcia, privi della guida della maggior parte degli ufficiali, tormentati dalla sete e dal caldo e inseguiti dagli insorti. I superstiti di quella disastrosa ritirata giunsero il 10 luglio a Zuara.
Il presidio di Gharian si ritirò in ordine ad Azizia; quello di Ziutan, bloccato dal 3 luglio, dopo una settimana di dura resistenza, tentò di aprirsi un varco, ma, sopraffatto, fu fatto prigioniero. Il presidio di Nalut, formato di due compagnie di fanteria, una compagnia libica e tre somale, tentò di ripiegare su Dehibat, in territorio tunisino; assalito a poca distanza da Nalut, una parte col comandante fu fatto prigioniero dai ribelli, l'altra parte, combattendo, proseguì per Dehibat, dove giunse il 10 luglio.
Sempre attraverso il territorio tunisino riuscì a ripiegare verso la costa il presidio di Ghadames.

Dei presidii della zona orientale quello di Sliten fu trasportato per mare parte a Homs e parte a Tripoli; quello di Misurata ripiegò su Misurata marina, che più tardi fu anch'essa sgombrata; quello di Beni Ulid, comandato dal maggiore BRIGHENTI, dietro consiglio del comando di Tripoli, il 5 luglio, concluse a buoni patti la resa, che avvenne il 7, dopo un inutile e sanguinoso tentativo degli ascari libici di aprirsi il passo con le armi.
Anche nella zona di Tripoli e di Zuara non tardò ad effettuarsi il ripiegamento dei presidii: quello di Fonduck Ben Gascir riparò a Suani Ben Aden; quello di Azizia il 16 luglio ripiegò su Bir Miami e, raccolte le truppe che occupavano questa località, proseguì per Suani Ben Aden, donde il 17 le truppe qui riunite marciarono verso Gargaresc. Lo stesso giorno 17 il presidio di Zaira si ritirò a Zanzur e quelli del territorio di Zuara ripiegarono su Zuara città che fu sgombrata il 24 luglio.

Così ai primi di Agosto del 1915 di tutta la Tripolitania e del Fezzan non rimanevano all'Italia che le città di Tripoli (compresa l'oasi) e di Homs.
L'ultima fase del ripiegamento dei presidi fu effettuata dal nuovo governatore della Libia il generale GIOVANNI AMEGLIO, giunto a Tripoli il 17 luglio per sostituirvi il generale TASSONI, richiamato in Italia.

L'Ameglio era uomo da risollevare le sorti della colonia se gli fossero state concesse un buon contingente di truppe; ma gli furono perfino negati 10.000 uomini da lui richiesti e poche mitragliatrici, e alle insistenze sue e del Governo, CADORNA si rifiutò di mandare in Libia soldati ed armi, affermando che "…la guerra si vinceva sulle Alpi e non nei deserti dell'Africa"; cosicché all'Ameglio non rimase altro da fare che affrettare il ripiegamento e provvedere alla difesa dei punti della costa rimasti ancora in possesso dell'Italia.

Anche in Cirenaica ci fu un ripiegamento di presidi, ma in misura infinitamente minore di quella adottata per la Tripolitania. Infatti, eccezione fatta per la zona di Agedabia-Zuetina e per Omm-es-Rzem ed El-Mdamar, gli italiani rimasero in tutti gli altri punti della costa e all'interno sgombrando solo quei presidii che distavano dalla costa 50 o 100 chilometri, come quelli di E-1-Cuba, Slonta, Marana, Bu-Gassal, Tecnis, El-Abiar, Omm-Scicaneh ed Es-Scleidima, più esposti degli altri alle offese dei ribelli e meno degli altri in condizione di esser sostenuti dalle scarse forze del comando di Bengasi.

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- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
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Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

QUESTA è LA MIA STORIA

.... Racconterà di un tempo.... forse per pochi anni, forse per pochi mesi o pochi giorni, fosse stato anche per pochi istanti in cui noi, italiani ed eritrei, fummo fratelli. .....perchè CORAGGIO, FEDELTA' e ONORE più dei legami di sangue affratellano.....
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...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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