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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Storia. Anno1915. Parte Terza.

Post n°111 pubblicato il 05 Settembre 2008 da wrnzla

Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.it

Storia. Anno1915. Parte Terza.
GRANDE GUERRA - CRISI IN LIBIA E GUERRA AI TURCHI

INTRIGHI DELLA TURCHIA IN LIBIA - IL TRATTATO DI LOSANNA VIOLATO DAI TURCHI - L'ULTIMATUM DEL GOVERNO ITALIANO ALLA TURCHIA - LA NOTA ITALIANA ALLE POTENZE E LA DICHIARAZIONE DI GUERRA - PROCLAMA DEL GENERALE AMEGLIO ALLA POPOLAZIONE LIBICA

Secondo l'opinione pubblica italiana la principale causa della nostra situazione in Libia era da ricercarsi nel contegno sleale della Turchia che non aveva mai eseguiti i patti del trattato di Losanna. I giornali italiani parlavano di frequenti sbarchi clandestini sulla costa libica, di ufficiali agenti ed emissari ottomani, che incitavano le popolazioni alla ribellione e facevano nella colonia attivissima propaganda senussita ed antitaliana; annunziavano che intenso era il contrabbando esercitato sulle coste della Cirenaica, specie tra Solum e Tobruk, da velieri turchi, che sbarcavano armi e munizioni per i ribelli, ufficiali turchi e anche tedeschi, divulgavano notizia di un'adunata a Costantinopoli di Giovani Turchi alla quale aveva partecipato il segretario del Naib Ul Sultan dall'Italia riconosciuto, e si era deciso di lanciare alla popolazione libica un manifesto-lettera del Senusso, incitante alla rivolta; facevano sapere della cattura da parte di una torpediniera francese di un veliero greco che recava una missione turca per il Senusso con regali, decorazioni, armi, manifesti antitaliani e 150.000 franchi di oro; e infine affermavano che la guerra santa proclamata dal Califfo contro la Francia, l'Inghilterra e la Russia e non contro l'Italia, era stata comunicata anche al Senusso e ai capi delle tribù dell'interno della Cirenaica e della Tripolitania.

"La Turchia - scriveva sul Corriere della Sera del 26 luglio l'on. Torre - ha cercato sempre di dissimulare e mentire il suo atteggiamento nemico all'Italia. Ai primi di maggio essa faceva dichiarare dall'ambasciata a Roma che le notizie riferite da alcuni giornali intorno alla presenza di ufficiali turchi in Libia erano assolutamente prive di fondamento .... La verità, viceversa era un'altra. Enver pascià aveva fin dal marzo inviato suo fratello Nury bey in Cirenaica. Era stato sbarcato da un battello greco insieme con un ufficiale portando con sé 8000 lire turche. Lo stesso battello greco ed altri, pure greci, avevano sbarcato farina, riso e olio spediti per ordine di Costantinopoli. Al campo ribelle di Casr Bu-Hadi si trovavano, intanto, ai primi di maggio vari ufficiali arabo-turchi, di cui il governo della Libia conosce i nomi, e 3 ufficiali turchi oltre ad alcuni ascari siriani, adibiti forse quali istruttori dei ribelli. In altre località era stata notata anche la presenza di ufficiali turchi. Verso la fine di maggio il solito battello greco approdava a Mraisa sbarcando altri 2 ufficiali turchi, latori di 7000 lire turche, e casse di cartucce per fucili Gross e Mauser. A Solum, al campo di Sidi Ahured-Scerif, fratello del Senusso, vi erano, alla fine di maggio 3 ufficiali turchi e inoltre fucili, munizioni e uniformi provenienti dalla Turchia. Ai primi di giugno una nostra nave catturava nelle acque di Marsa-Gabes 5 ribelli tra i quali si trovava Hamed ben Omar già ufficiale turco, che col grado di maggiore era al servizio del Senusso. Nel corso del giugno furono sequestrate dal nostro Governo alcune corrispondenze, dalle quali risultò chiaramente che Nuri Bey, il fratello di ENVER pascià, manteneva dalla Libia corrispondenza con Costantinopoli e relazioni con il consolato tedesco di Bengasi; e risultò che, fin dalla fine del 1914, il famoso EL BARUNI, senatore ottomano, insieme con il noto ribelle e agitatore SCEK SOF, incitava i notabili della Tripolitania alla rivolta per incarico del Governo turco. Un veliero greco, che fu catturato alla fine di giugno, trasportava una missione turca composta di 2 ufficiali e 7 soldati inviati da Enver pascià con regali al Senusso. NURI BEY continuava l'opera sua in Libia. La Turchia continuava i suoi aiuti e i suoi incitamenti; inviava cannoni, munizioni e danari. Il Senusso aveva potuto raccogliere nel suo campo 40 ufficiali e 47 sottufficiali turchi, e Nuri Bey aveva assunto il comando in capo dell'accampamento senussita dell'Amscat. Anche nel Gharian vi era il capitano BEN TANTUSCH con altri 7 ufficiali turchi. Le corrispondenze scoperte hanno rivelato che il piano d'azione per la Tripolitania era stato preparato a Costantinopoli: nomi e fatti sono ormai noti. Come è noto che il Senusso ha pagato gran parte dei debiti suoi a Solum con moneta turca. Il Senusso anzi avrebbe dichiarato che Nuri Bey gli portò tanto oro quanto può bastare per sei anni ai bisogni della Tripolitania e della Cirenaica. Non vogliamo insistere nei particolari; quelli che abbiamo citato sono sufficienti a fornire la prova della volontà dell'opera della Turchia a danno dell'Italia .... Il trattato di Losanna è stato lacerato dai Turchi; a loro quindi la responsabilità degli eventi".

"A queste notizie riguardanti l'azione ottomana in Libia altre se ne aggiungevano, le quali mostravano chiaramente il contegno della Turchia ostile all'Italia. Si affermava che le autorità ottomane commettessero infinite sopraffazioni contro gli italiani residenti in territorio turco. All'agente consolare italiano ad Alessandretta, che doveva recarsi in Italia con altri suoi colleghi, era stato impedito d'imbarcarsi. Era stato fatto divieto agli Italiani della colonia di Smirne che volevano rimpatriare d'imbarcarsi in quel porto ed era stato loro concesso di partire da Vurla, porto distante 50 chilometri da Smirne, non unito da strade. Si noti che da Smirne dovevano, fra gli altri, partire 880 riservisti. Anche ai religiosi, numerosissimi specialmente in Palestina, si impediva di far ritorno in patria. A un cittadino italiano residente a Costantinopoli era stato requisito e non pagato il rimorchiatore Tondello, che dalle autorità ottomane era stato adibito ad usi militari con a poppa la bandiera italiana. La stampa turca vomitava quotidianamente ingiurie contro gli Italiani, che, a quanto si diceva, dovevano esser mandati nei campi di concentramento di Orfa in Armenia. Conflitti gravissimi erano avvenuti a Vurla, dove donne e fanciulli italiani erano stati uccisi e feriti in buon numero. Anche da Mersina si era proibito che gl'Italiani partissero".

Tutte queste notizie, divulgate dai giornali italiani, mettevano in agitazione il paese, e il 30 luglio finalmente il Consiglio dei Ministri ritenne necessario di occuparsi dell'atteggiamento della Turchia verso l'Italia. L'ufficioso "Giornale d'Italia", diffondendone la notizia, così concludeva:
"Ciò che avvenne in Tripolitania è in molta parte l'effetto della propaganda turco-tedesca e della sleale condotta del Governo turco, il quale contravvenne agli obblighi del trattato di Losanna. Della stessa slealtà fornisce prova la Turchia quando i suoi funzionari oppongono le più grandi difficoltà alla partenza dei nostri connazionali da porti dell'Asia Minore.
Su quest'argomento e sulle energiche rimostranze fatte a Costantinopoli dal nostro ambasciatore marchese GARRONI ha intrattenuto i colleghi il ministro degli Esteri on. SONNINO. Nulla si sa circa quanto il Consiglio ha deliberato in proposito; ma è opinione generalmente diffusa che i nostri rapporti con la Turchia saranno ben presto chiariti".

L'atteggiamento risoluto del Governo italiano fece sì che la Porta togliesse il divieto d'imbarco. Piroscafi americani ed italiani si recarono a Smirne ed in altri porti asiatici per imbarcare gl'Italiani che in numero di parecchie migliaia aspettavano di poter partire, ma quando pareva che finalmente per i nostri connazionali fosse giunto il momento di lasciare le inospitali contrade, ecco il Governo ottomano mettere nuovamente il divieto, e per giunta, imporre agli Italiani il "temettù", una specie d'imposta sulla ricchezza mobile da cui gli stranieri erano esenti, e proibire per le comunicazioni telegrafiche l'uso della lingua italiana insieme a quello delle lingue francese, inglese e russa.
L'indignazione suscitata in Italia da queste notizie fu grande e la stampa iniziò una vivace campagna per spingere il governo a adottare provvedimenti decisivi. Il 20 agosto il consiglio dei Ministri tenne due sedute e in entrambe si occupò dei rapporti italo-turchi. La sera del 21 agosto fu diramata la seguente comunicazione ufficiale:

"Il Governo ha diretto alle Regio rappresentanze all'estero una circolare nella quale espone tutte le vertenze fra l'Italia e la Turchia e che così conclude: "Di fronte a quest'infrazioni patenti a promesse categoriche fatto dal Governo ottomano in seguito al nostro ultimatum, il Regio Governo ha spedito ordine al Regio ambasciatore a Costantinopoli di presentare dichiarazione di guerra alla Turchia".

Il testo della circolare telegrafica italiana era questo:

"Fin dal primo momento della firma del trattato di pace di Losanna (18 ottobre 1912) il Governo ottomano ebbe a violare il trattato stesso. Tali violazioni hanno continuato senza tregua sino ad ora. Il Governo imperiale non adottò mai seriamente misura alcuna perché si arrivasse in Libia alla cessazione immediatamente delle ostilità secondo gliene facevano obbligo i suoi patti solenni; nulla fece il Governo stesso per la liberazione dei prigionieri di guerra italiani. I militari ottomani rimasti in Tripolitania e Cirenaica furono mantenuti sotto il comando degli stessi ufficiali, continuando ad usare la bandiera ottomana, conservando i loro fucili e i loro cannoni. Enver bey diresse in Libia le ostilità contro l'esercito italiano sino alla fine del novembre 1912. Aziz bey lasciò quella regione con 800 soldati di truppa regolare soltanto nel giugno 1913. Il trattamento che l'uno e l'altro ricevettero rientrando in Turchia prova l'evidenza che i loro atti ebbero il pieno assenso delle autorità imperiali. Dopo la partenza di Aziz bey continuarono ad arrivare in Cirenaica ufficiali dell'esercito turco; ve ne sono ora oltre un centinaio, dei quali il R. Governo conosce i nomi.
Nell'aprile di quest'anno 35 giovani bengasini che Enver pascià aveva condotto nel dicembre del 1929, contro il nostro volere, a Costantinopoli, dove furono ammessi a quella Scuola militare, furono rinviati in Cirenaica a nostra insaputa, nonostante contrarie dichiarazioni. Risulta con certezza che la Guerra Santa del 1914 fu proclamata anche contro gli italiani in Africa. Una missione di ufficiali e di soldati turchi incaricati di portar doni ai capi senussiti in rivolta contro le autorità italiane in Libia, fu recentemente catturata da forze navali francesi. Le relazioni di pace e di amicizia, ché il R. Governo aveva creduto stabilire dopo il trattato di Losanna con il Governo turco, non esistono, per colpa di quest'ultimo, tra i due paesi.
Poiché fu costatato essere perfettamente inutile ogni reclamo diplomatico contro le violazioni del trattato, al R. Governo non restava che provvedere altrimenti alla salvaguardia degli alti interessi dello Stato ed alla difesa delle suo Colonie contro le minacce persistenti e contro gli effettivi atti di ostilità da parte del Governo ottomano. Una decisione in questo senso si è resa tanto più necessaria ed urgente in quanto il Governo ottomano ha commesso in tempi recentissimi patenti violazioni ai diritti, agli interessi ed alla stessa libertà di cittadini italiani nell'impero, senza che siano valsi i richiami più energici presentati a tale proposito dal R. ambasciatore a Costantinopoli. Di fronte alle tergiversazioni del Governo ottomano, per quanto riguardava in specie la libera uscita dei cittadini italiani dell'Asia Minore, questi richiami dovettero assumere negli ultimi giorni la forma di "ultimatum". Il 3 agosto il R. Ambasciatore a Costantinopoli, per ordine del Governo di S. M., diresse al Gran Visir una nota contenente le quattro domando seguenti:
1° che gl'Italiani potessero liberamente partire da Bey rut;
2° che gl'Italiani di Smirne, essendo impraticabile il porto di Vurla, fossero lasciati partire per la via di Sigazig;
3° che il Governo ottomano lasciasse imbarcare liberamente gl'italiani da Mersina, Alessandretta, Caiffa, Giaffa;
4° che le autorità locali dell'interno desistessero dall'opposizione alla partenza dei regi sudditi che si dirigono al litorale e procurassero invece di facilitare loro il viaggio.

Il 5 agosto, prima che scadesse il termine di 48 ore posto dall'ultimatum italiano, il Governo ottomano, con nota a firma del Gran Visir, accoglieva punto per punto le nostre domande. In seguito a tale solenne dichiarazione, il R. Governo provvide a spedire due navi a Rodi con istruzioni di attendere ordini per andare ad imbarcare i cittadini italiani che da tempo erano rimasti in attesa di rimpatrio nei predetti porti dell'Asia Minore. Ora - da notizie pervenuto dalle autorità consolari americane, cui è stata affidata in varie residenze la tutela degli interessi italiani - è risultato invece che a Beirut l'autorità militare revocò il 9 corrente il permesso di partenza accordato poco innanzi; ed eguale revoca avvenne a Mersina. Fu dichiarato altresì che le autorità militari avrebbero fatto impedimento all'imbarco degli altri nostri connazionali nella Siria. Di fronte a queste infrazioni patenti alle promesse categoriche fatte dal Governo ottomano in seguito al nostro "ultimatum", il R. Governo ha spedito ordini al R. ambasciatore a Costantinopoli di presentare la dichiarazione di guerra".

La protezione dei sudditi ottomani in Italia fu assunta dalla Spagna, quella dei cittadini italiani in Turchia dagli Stati Uniti. La sera del 21 furono consegnati i passaporti all'ambasciatore turco a Roma, NABY BEY, che il 22 fece visita di congedo al barone SONNINO e il 23 partì, via Svizzera, alla volta di Berlino. Il giorno dopo della dichiarazione di guerra alla Turchia, il Re firmava un decreto con cui veniva proclamata la libertà religiosa in Libia e abolito il Naib es-Sultan, decreto di cui riferiamo gli articoli:

Art. 1° - All'art. 2° del del R. decreto del 17 ottobre 1912 n. 1088 è sostituito al seguente art.2°: Gli abitanti della Tripolitania e Cirenaica continueranno a godere come per il passato la più completa libertà nelle pratiche del culto ottomano. I diritti delle fondazioni pie (vakuf) saranno rispettati come per il passato e nessun impedimento sarà portato alle relazioni dei mussulmani con i loro capi religiosi.
Art. 2°. - L'art. 3° del R. decreto suddetto è abrogato.
Art. 3° - Il presente decreto entrerà immediatamente in vigore".

Della nuova guerra dell'Italia alla Turchia diede notizia il generale AMEGLIO alle popolazioni della Libia con il seguente proclama:
"Voi sapete della pace che il Governo del nostro Gran Re Vittorio Emanuele III, che Iddio glorifichi sempre più, fece con quell'ottomano a Losanna. Dopo quello si riteneva che ogni buon accordo dovesse ristabilirsi fra l'Italia e la Turchia, rimanendo ognuno fedele ai patti stabiliti. Ma non fu cosi, perché il Governo ottomano ha ripetutamente violato il trattato con tutti i mezzi più sleali e indegni di una nazione che si vanti di essere civile. Ha costantemente ingannato la buona fede del Governo Italiano, inviando clandestinamente ai ribelli armi e munizioni ed ufficiali e graduati del suo esercito, nonché emissari propagandisti di ogni odio contro di noi. Ha tergiversato tutte le volte che il Governo del nostro generoso Sovrano che Iddio protegga, volle fare rimostranze. Ha ostacolato con tutte le male arti possibili la penetrazione in queste terre, con la quale speravamo di portare anche voi in brevi anni a quel progresso della vita civile che in passato vi fu sempre negato".

"Voi tutti avete potuto costatare quanto sia sincero e paterno l'interessamento che il Governo porta al bene dei popoli di Libia con la prova che esso oggi vi dà, non esitando a studiare ed introdurre riforme che, meglio e più di quelle sperimentate in passato rispondano alle vostre tradizioni ed alle vostre tendenze.
Il Governo ottomano, non contento di seminare il male in questo terre, ha creduto di poter perseguitare gli stessi italiani che si trovano nel suo territorio fino ad opporsi al rimpatrio da loro desiderato per le prepotenze e soprusi cui vanno colà soggetti. Un cumulo di menzogne fu la risposta che il Governo ottomano ha dato anche questa volta alle ultime rimostranze di quello italiano.
Stanco di quest'indegna condotta del Governo ottomano, il nostro potentissimo Re, che Iddio illumini sempre come ora, ha dichiarato la guerra alla Turchia. Abitanti, della Libia, agli uomini d'onore, agli uomini di mente e a quanti amano con sincerità questa terra ed il suo popolo, va la mia parola paterna di concordia nel momento in cui l'Italia con fede della vittoria scende nuovamente in campo contro la Turchia per il rispetto ai trattati e alla causa della giustizia".

Purtroppo nel Mediterraneo per l'Italia non c'era solo questo problema, che fu risolto dichiarando guerra alla Turchia, ma ne sorgevano altri più gravi di problemi, perché erano iniziati veri e propri attacchi di sommergibili tedeschi che colpivano diverse navi italiane.
Tuttavia l'entrata in guerra contro la Germania fu rimandata fino all'agosto del 1916.
Lasciamo ora queste vicende in Africa, e torniamo sullo scenario di guerra in Italia
che sta preparandosi ad una…

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Un blog di: wrnzla
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   Agli Ascari d'Eritrea 

- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.

 

 

Mohammed Ibrahim Farag

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

QUESTA è LA MIA STORIA

.... Racconterà di un tempo.... forse per pochi anni, forse per pochi mesi o pochi giorni, fosse stato anche per pochi istanti in cui noi, italiani ed eritrei, fummo fratelli. .....perchè CORAGGIO, FEDELTA' e ONORE più dei legami di sangue affratellano.....
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A DETTA DEGLI ASCARI....

...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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