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Post n°10 pubblicato il 19 Novembre 2008 da mysweetangie
 

Non dimentichiamo il Morini, con i suoi poveri beagle costretti a sottoporsi alle torture della vivisezione,leggete la vergogna Italiana e linkate il piu' possibile questo banner

 
 
 

Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 18 Novembre 2008 da violadelpensier_1965
 

INCREDIBILE CHE POSSA ESISTERE !

....DANIMARCA : UNA VERGOGNA!!



Riporto da Ecoblog.it: «Ogni anno, dal 1709, le acque delle isole Fær Oer, arcipelago danese a sud dell’Islanda, si tingono di rosso. Non per strani fenomeni di inquinamento marino, ma a causa dell’uccisione di molte centinaia di balene pilota, macellate dagli stessi abitanti, spesso adolescenti, che dimostrano così di entrare a far parte nell’età adulta. La crudele mattanza non ha infatti scopi commerciali, in quanto la carne di questi cetacei, inquinata da tossine e metalli pesanti, non è conforme agli standard dell’Unione sugli alimenti per il consumo umano. La balene pilota, molto socievoli con l’uomo, vengono attirate nelle baie, spesso usando dei motoscafi che disorientano l’intero gruppo di cetacei. Una volta arenate sulla riva, vengono circondate ed uccise a colpi di ascia e uncini. Sebbene le balene del Nord Atlantico siano considerate specie protetta dalla “Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats”, le Fær Oer hanno un proprio governo che stabilisce indipendentemente le regole della caccia. Ogni anno, quindi, vengono uccisi fino 2000 animali, sconvolgendo equilibri e mettendo in pericolo l’intera specie, visto che spesso i piccoli che scampano alla caccia, sono comunque condannati a morte».
Da un articolo sul “Corriere della Sera” di Stefano Rodi: «La caccia alle "balene pilota", nelle isole Fær Øer, arcipelago danese a sud dell'Islanda, ha modalità tutte sue. Non si inseguono i cetacei in mare aperto: li si aspettano a terra, quando si avvicinano alle coste in cerca di cibo, li si circondano, e inizia così una vera e propria mattanza a colpi di ascia e uncini. E' una tradizione che va avanti, ogni anno, sicuramente dal 1709 anche se le prime testimonianze documentate risalgono alla fine del '500. L'uccisione di questi cetacei avviene in un territorio che si trova sotto la giurisdizione della Danimarca, ma queste isole di fatto godono di ampia autonomia, soprattutto se tratta di questioni legate all'ambiente e alla pesca.
LE BALENE PILOTA - Le balene-pilota, note anche come globicefali o deflini-balena, raggiungono la lunghezza di 5-7 metri e possono raggiungere un peso di oltre due tonnellate. Si muovono in branchi numerosi, composti per lo più da femmine adulte con i propri piccoli, e vivono mediamente 50 anni e sono animali molto socievoli. Questi pacifici delfini abitano tutti i mari del mondo, eccetto che nelle acque troppo fredde dei poli.
LA DENUNCIA - «L'orribile macellazione annuale di migliaia di balene pilota indifese ogni anno nelle isole Fær Øer - ha denunciato la Sea Shepherd Conservation Society - è altrettanto crudele come la macellazione del delfino effettuata dai giapponesi nelle Taiji. Si vedono le baie tinte di rosso del sangue e si sentono le urla delle balene pilota ferite mortalmente. E' uno spettacolo mostruoso ed è una oscenità abbracciata completamente dal governo danese e da molta gente danese». Secondo Alessandro Giannì, responsabile della campagna mare di Greenpeace, «questo tipo di caccia non rientra certo nelle dimensioni di attività finalizzata al sostentamento della popolazione locale. Spesso si usa questa motivazione, come è già accaduto nell'arcipelago Norvegese delle isole Lofoten, ma quando poi si va a controllare si verifica che i numeri e il giro d'affari smentiscono totalmente questa versione».


Testo tratto da Ecologiae.com, : «Di immagini crude che documentino la ferocia e la barbarie di cui è capace l’uomo contro le altre specie viventi ne abbiamo diffuse molte: dal massacro delle foche che si perpetua ogni anno in Canada, alla strage degli elefanti in Africa, alla mattanza delle tigri appese come maiali a testa in giù per rifornire il mercato alimentare esotico dei cinesi ricchi. Oggi vogliamo denunciare un’altra efferata e insensata usanza che si ripete annualmente nelle isole Far Oer, in Danimarca: l’uccisione di centinaia di balene, arpionate e accoltellate in massa da decine di persone, accorse come per un rito, a quello che per loro è un giorno di festa, per i poveri mammiferi un giorno rosso di sangue, un eccidio brutale ed inspiegabile. L’uomo nasce cacciatore, diranno alcuni, ed è normale che si pratichi la pesca, che si vada a caccia e che si cibi di altre specie viventi. Fin qua ci siamo. Ma come insegnavano gli indiani d’America, i primi veri ecologisti, non bisogna prendere più del necessario da Madre Natura, rispettando ogni animale, ogni pianta come fosse sacra, perché necessaria alla nostra sopravvivenza. Uccidere gli elefanti per farne bacchette d’avorio, assassinare le tigri per servirle ad un nababbo in camera con la sua amante, massacrare tenerissimi cuccioli di foca per ricavarne pellicce per signore facoltose non è lo stesso che uccidere un orso, come facevano anticamente gli indiani, per ricavarne un cappotto per ripararsi dal gelido inverno. Così come c’è un’enorme differenza tra pescare per la sussistenza di una popolazione e compiere un massacro scellerato per perpetuare una stupida tradizione. Così come è diversa la modalità con cui potrebbero essere soppressi questi poveri e stupendi animali marini, senza farne un giorno di festa, senza compiacersi e ridere alla vista delle balene sgozzate. Questo non è istinto di sopravvivenza, questa è crudeltà, pura, spietata, senza paragoni in nessun’altra specie vivente. Le balene sono animali sensibili e socievoli e hanno, particolare non trascurabile, un sistema nervoso molto sviluppato che le porta a soffrire il dolore, il terrore e le sofferenze in maniera molto accentuata. Ogni anno nelle Far Oer, i grossi mammiferi vengono attirati nelle baie, disorientando un intero gruppo con la cattura della balena pilota, vengono guidati e disorientati dai motoscafi (condotti solitamente da islandesi), costretti ad arenarsi sulla riva. Qui ha inizio il bagno di sangue. Martelli del peso di 2,2 chilogrammi percuotono ripetutamente gli animali ancora vivi, per far penetrare nella carne fresca uncini perforanti. Successivamente coltelli di 15 centimetri vengono impiegati per trapassare le carni e spaccare letteralmente la spina dorsale. La baia si riempie di sangue stagnante e di balene sofferenti e morenti tra i più atroci dolori. Il tanfo di morte è insopportabile. Gli abitanti delle Far Oer celebrano il massacro delle loro vittime in un’atmosfera carnevalesca di intrattenimento. Spesso ai più piccoli viene concesso un giorno di festa a scuola per assistere all’evento e godere dello spettacolo. Decine di bambini corrono sulla spiaggia, nella baia, e saltano e giocano e gioiscono sulle carcasse sanguinanti delle balene. Ogni anno trovano la morte nelle Far Oer circa 2.000 balene. Le Far Oer, a metà strada tra le isole Shetland e l’Islanda, malgrado siano un protettorato della Danimarca, hanno un loro governo indipendente che regola anche questa stupida mattanza annuale. Le balene del Nord Atlantico sono considerate una specie protetta dalla Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats. Uccidendo anche più di cento balene per volta interi gruppi vengono disorientati, sconvolgendo gli equilibri, i cicli riproduttivi, dividendo intere famiglie e condannando a morte i piccoli della specie. Gli abitanti delle Far Oer, dato ancora più sconcertante, non vivono del ricavato della vendita di carne di balena, perché non può essere esportata negli altri Paesi Europei, dal momento che viene ad essere inquinata da tossine e metalli pesanti e non è pertanto conforme agli standard dell’Unione sugli alimenti destinati al consumo umano. La mattanza delle balene è dunque un atto totalmente gratuito, crudele e assurdo. L’unica cosa che possiamo fare per fermare lo scempio è diffondere quanto più possibile questi dati e queste terribili immagini. Pubblicatele sui vostri siti, sui blog, sugli spaces, inviatele via mail ai vostri amici. Se i network di informazione nazionali perdono pagine e servizi interi per intenerire con la storia di una balena che ha scambiato una barca per la mamma, cosa dovremmo fare con queste immagini, ben più terribili e scioccanti? E’ necessario rendersi testimoni e diffondere questa vergogna, per arrivare a fermarla e a condannarla senza scusanti. Mi auguro che queste immagini scuotano la sensibilità di più coscienze e che vorrete unirvi al nostro grido di protesta e di ferma condanna».















BENCHE' QUESTO SEMBRI INCREDIBILE, OGNI ANNO, QUESTO MASSACRO BRUTALE E SANGUINARIO SI RIPRODUCE NELLE ISOLE FEROE, CHE APPARTENGONO ALLA DANIMARCA. LA DANIMARCA, UN PAESE SUPPOSTO 'CIVILIZZATO', MEMBRO DELL'UNIONE EUROPEA. TROPPE POCHE PERSONE AL MONDO CONOSCONO QUESTO AVVENIMENTO ORRIBILE E DEPROVEVOLE. QUESTO MASSACRO SANGUINARIO E' IL FRUTTO DI GIOVANI UOMINI CHE VI PARTECIPANO PER DIMOSTRARE DI AVER RAGGIUTNO L'ETA' ADULTA (!!). E' ASSOLUTAMENTE INCREDIBILE CHE NON SIA FATTO NIENTE AFFINCHE ' QUESTA BARBARIE CESSI. UNA BARBARIE CONTRO I DELFINI CALDERONES, UN DELFINO SUPER INTELLIGENTE E SOCIEVOLE CHE SI AVVICINA ALLA GENTE PER CURIOSITA'.

Che fare, se non denunciare quello che sta ' accadendo, diffondendo il più possibile queste immagini.

 
 
 

Il tuo cane ha paura dei "botti" di capodanno?

Post n°8 pubblicato il 18 Novembre 2008 da zampette_2008
 

è arrivato il momento di cominciare a pensarci... 

Mancano poco più di 40 giorni all’ultimo dell’anno, la notte più lunga e, per alcuni, più divertente! Così però non è per i nostri amici a 4 zampe! Per la maggior parte di  loro è un periodo di stress psicologico che si traduce in attacchi di panico e fenomeni dannosi per la loro salute

La paura dei petardi, infatti, è un vero incubo a cui sono sottoposti senza peraltro capirne il significato, ricordiamoci inoltre che la loro percezione uditiva è di circa 10.000 volte superiore alla nostra!

Molti di noi affrontano il problema all’ultimo momento, rivolgendosi al proprio veterinario per “sedare” o meglio “intontire” l’animale somministrando tranquillanti che potrebbero avere pesanti effetti collaterali e che, in ogni caso, non possono essere somministrati a tutti, altri – peggio ancora – si affidano al “fai da te”!

Mentre ci ripromettiamo di offrire, tramite i nostri esperti, una guida per attraversare indenni il periodo natalizio, fin da ora vorremmo suggerire un rimedio naturale che non presenta effetti collaterali e che ci aiuterà a vivere il passaggio dal vecchio al nuovo anno in piena serenità insieme ai nostri amatissimi cani.

Il suggerimento è tratto dalla rubrica curata dalla dott.ssa Marcantonio “Un fiore per Fido”.

La terapia, da iniziare fin da ora, consiste nell’utilizzo dei Fiori di Bach.

Recatevi dall’erborista o nelle farmacie specializzate ed acquistate: Rescue Remedy, Mimulus, Aspen,Walnut e una bottiglietta per diluizione da 30 ml.

Sterilizzate la bottiglietta e il contagocce di vetro facendoli bollire per alcuni minuti e riempitela per metà con acqua minerale non gasata, aggiungete infine 4 gocce di Rescue Remedy e 2 gocce rispettivamente di Mimulus, Aspen,Walnut. Aggiungete ancora acqua fino a riempimento.

E’ importante sapere che la parte in vetro del contagocce non va mai toccata e conviene svolgere tutte le operazioni sopra descritte aiutandosi con un tovagliolo pulito o con guanti chirurgici usa e getta (acquistabili in qualunque supermercato).

Dare 4 gocce, 4 volte al giorno al cane facendole cadere direttamente sulle labbra.

Se durante tale operazione il contagocce si sporca (es: viene a contatto con le mucose), va sterilizzato di nuovo prima di riporlo nella bottiglietta.

In caso di difficoltà è possibile versare le gocce su una superficie pulita (es.:piattino di caffè) e poi aspirarle con una siringa senza ago. In questo modo risulterà più facile somministrarle.

La bottiglietta va tenuta al fresco ma non in frigo, lontano da fonti di radiazioni come il cellulare, la tv ecc.

Molti erboristi, a richiesta, preparano direttamente la miscela dei fiori indicati (ricopiate quali sono), ma fate attenzione che sterilizzi la bottiglietta.  

Se c’è questa possibilità, sicuramente la spesa risulta più contenuta, un buon sistema è quello di acquistare i fiori in più persone!

Iniziate ora a somministrare i Fiori e continuate anche fino a metà gennaio.
Non abbiate paura perché i Fiori di Bach non creano nessun tipo di problemi e possono essere assunti tranquillamente. Nei giorni che precedono l’ultimo dell’anno o nel caso in cui il cane è particolarmente spaventato, la dose va ripetuta ogni 10/15 minuti, finché non si calma!

 
 
 

Repetita iuvant: dall'homepage di Tiscali

Post n°7 pubblicato il 16 Novembre 2008 da birbina2000

Una rottweiler di 11 mesi adotta due agnellini


I rottweiler, spesso considerati cani "assassini", non sono generalmente noti per gli istinti materni, ma la Bbc riferisce di una femmina di questa razza che ha adottato due agnellini separati dalla madre dopo un parto difficile.

La padrona, Maria Foster, 38 anni da Forden, vicino a Welshpool in Gran Bretagna, dice che la cagnetta dorme con gli agnellini di notte e li protegge dagli altri animali: "Il gatto ha tentato di avvicinarvisi l'altro ieri ma Molly lo ha respinto, come per dire: questi sono miei".

Lucky e Charm appena nati
avevano bisogno di cure materne ma la loro madre non era nelle condizioni di accudirli. È stata quindi Molly a leccarli e stimolarne la corretta circolazione proprio come avrebbe fatto mamma pecora. Se non ci fosse stata lei probabilmente sarebbero morti.

"Avrebbe potuto ignorarli - spiega la signora Foster - e invece ora è come una madre per loro, anche se la cosa è decisamente comica da vedere". Soprattutto se si tiene conto che la stessa Molly è una cucciolona di 11 mesi.

 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 15 Novembre 2008 da violadelpensier_1965

Grazie di cuore per avermi invitata
a partecipare a questo bellissimo blog..

Riporto di seguito un episodio tratto dal
celeberrimo libro di CURZIO MALAPARTE,
"LA PELLE" (1949) . Ma non si tratta delle
pagine più famose, quelle che riguardano la
fame e le miserie di Napoli o l'entrata degli
americani a Roma. No, quello che riporto è
un episodio se vogliamo minore all'interno
dell'opera. Però è quello che mi ha colpito
di più: sarà per l'amore che nutro verso i cani
e gli animali in genere; sarà perché è una storia
in sé triste e meravigliosa, ed un esemplare
manifesto delle azioni assurde e nefande che
l'uomo compie contro gli animali e la natura.
Spero che almeno qualcuno dei lettori del blog
riesca a leggere questo brano fino alla fine.

Avevo riconosciuto quel silenzio. Nell'inverno
del 1940, per fuggire la guerra e gli uomini,
per guarirmi di quello schifoso male che la
guerra fa nascere nel cuore degli uomini, m'ero
rifugiato a Pisa, in una casa morta, in fondo a
una delle strade più belle e più morte di questa
bellissima e morta città. Avevo con me Febo, il
mio cane Febo, che avevo raccolto morente di
fame sulla spiaggia di Marina Corta, nell'isola
di Lipari, che avevo curato, allevato, cresciuto
nella mia morta casa di Lipari, e m'era stato
unico compagno durante i miei deserti anni
d'esilio in quella triste isola, così cara al
mio cuore.

Non ho mai voluto tanto bene a una donna, a un
fratello, a un amico, quanto a Febo. Era un cane
come me. Per lui ho scritto le pagine
affettuose di 'Un cane come me'. Era un essere
nobile, la più nobile creatura che io abbia mai
incontrato nella vita. Era di quella famiglia di
levrieri, rari ormai e delicati, venuti in
antico dalle rive dell'Asia con le prime
migrazioni joniche, che i pastori di Lipari
chiamano 'cerneghi'. Sono i cani che gli
scultori greci scolpivano nei bassorilievi
tombali. «Cacciano la morte» dicono i pastori di
Lipari.

Aveva il manto del color della luna, roseo e
dorato, del color della luna sul mare, del color
della luna sulle scure foglie dei limoni e
degli aranci, sulle scaglie di quei pesci morti
che il mare, dopo le tempeste, lasciava sulla
riva, davanti alla porta della mia casa. Aveva
il colore della luna sul mare greco di Lipari,
della luna nel verso dell'Odissea, della luna su
quel selvaggio mare di Lipari che Ulisse navigò
per giungere alla solitaria riva di Eolo, il re
dei venti. Del colore della luna morta, poco
prima dell'alba. Lo chiamavo Caneluna.

Non si allontanava mai di un sol passo da me. Mi
seguiva come un cane. Dico che mi seguiva come
un cane. La sua presenza, nella mia povera casa
di Lipari, flagellata senza riposo dal vento e
dal mare, era una presenza meravigliosa. La
notte, egli illuminava la mia nuda stanza col
chiaro tepore dei suoi occhi lunari. Aveva gli
occhi di un azzurro pallido, del colore del mare
quando la luna tramonta. Sentivo la sua
presenza come quella di un'ombra, della mia
ombra. Egli era come il riflesso del mio
spirito. M'aiutava, con la sua sola presenza, a
ritrovare quel disprezzo degli uomini, che è la
prima condizione della serenità e della saggezza
nella vita umana. Sentivo che mi assomigliava,
che altro non era se non l'immagine della mia
coscienza, della mia vita segreta. Il ritratto
di me stesso, di tutto ciò che v'è di più
profondo, di più intimo, di più proprio in me:
il mio subcosciente e, per così dire, il mio
spettro.

Da lui, assai più che dagli uomini, dalla loro
cultura, dalla loro vanità, ho appreso che la
morale è gratuita, che è fine a se stessa, che
non si propose neppure di salvare il mondo
(neppure di salvare il mondo!), ma soltanto di
creare sempre nuovi pretesti al suo
disinteresse, al suo libero gioco. L'incontro di
un uomo e di un cane, è sempre l'incontro di
due liberi spiriti, di due forme di dignità, di
due morali gratuite. Il più gratuito, e il più
romantico, degli incontri. Di quelli che la
morte illumina del suo pallido splendore, simile
al color di una luna morta sul mare, nel cielo
verde dell'alba.

Riconoscevo in lui i miei moti più misteriosi, i
miei istinti segreti, i miei dubbi, i miei
spaventi, le mie speranze. Mia era la sua
dignità di fronte agli uomini, miei il suo
coraggio e il suo orgoglio di fronte alla vita,
mio il suo disprezzo per i facili sentimenti
dell'uomo. Ma più di me egli era sensibile agli
oscuri presagi della natura, alla invisibile
presenza della morte, che sempre si aggira
tacita e sospettosa intorno agli uomini. Egli
sentiva venir di lontano per l'aria notturna le
tristi larve dei sogni, simili a quegli insetti
morti che il vento porta non si sa di dove. E in
certe notti, accucciato ai miei piedi nella mia
nuda stanza di Lipari, egli seguiva intorno a
me, con gli occhi, una parvenza invisibile, che
si avvicinava, si allontanava, restava lunghe
ore a spiarmi di dietro il vetro della finestra.
Ogni tanto, se la misteriosa presenza mi si
avvicinava sino a sfiorarmi la fronte, Febo
ringhiava minaccioso, il pelo irto sul dorso: e
io udivo un grido lamentoso allontanarsi nella
notte, morire a poco a poco.

Era il più caro dei miei fratelli, il mio vero
fratello, colui che non tradisce, che non
umilia. Il fratello che ama, che aiuta, che
capisce, che perdona. Soltanto chi ha sofferto
lunghi anni d'esilio in un'isola selvaggia, e
tornando fra gli uomini si vede schivare e
fuggir come un lebbroso, da tutti coloro che un
giorno, morto il tiranno, faran gli eroi della
libertà, soltanto costui sa che cosa può essere
un cane per un essere umano. Febo mi fissava
spesso con un rimprovero nobile e triste nel suo
sguardo affettuoso. Provavo allora una strana
vergogna, quasi un rimorso, della mia tristezza,
una specie di pudore davanti a lui. Sentivo
che, in quei momenti, Febo mi disprezzava: con
dolore, con un tenero affetto, ma certamente
v'era nel suo sguardo un'ombra di pietà e,
insieme, di disprezzo. Era non solo il mio
fratello, ma il mio giudice. Era il custode
della mia dignità, e al tempo stesso, dirò con
antica voce greca, il mio 'doruforema'.

Era un cane triste, dagli occhi gravi. Tutte le
sere passavamo lunghe ore sull'alta soglia
ventosa della mia casa, guardando il mare. Oh,
il greco mare di Sicilia, oh, la rossa rupe di
Scilla, là, di fronte a Cariddi, e la vetta
nevosa dell'Aspromonte, e la spalla candida
dell'Etna, Olimpo di Sicilia. Veramente non v'è
al mondo, come canta Teocrito, nulla di più
bello che il contemplare dall'alto di una riva
il mare di Sicilia. Si accendevano sui monti i
fuochi dei pastori, uscivano le barche verso
l'alto incontro alla luna, e il grido lamentoso
della conche marine, con le quali i pescatori si
chiamano sul mare, si allontanava nell'argentea
caligine lunare. La luna sorgeva sulla rupe di
Scilla, e lo Stromboli, l'alto, inaccessibile
vulcano in mezzo al mare, divampava come un rogo
solitario dentro la profonda foresta turchina
della notte. Noi guardavamo il mare, aspirando
l'odore amaro del sale, e l'odore forte e
inebriante degli aranceti, e l'odore del latte
di capra, dei rami di ginepro accesi nei
focolari, e quell'odore caldo e profondo di
donna che è l'odore della notte siciliana,
quando le prime stelle si levano pallide in
fondo all'orizzonte.

Poi, un giorno, fui condotto con i ferri ai
polsi da Lipari a un'altra isola, e di lì, dopo
lunghi mesi, in Toscana. Febo mi seguì di
lontano, nascondendosi fra le botti di alici e i
rotoli di cordame sul ponte del Santa Marina,
il piccolo piroscafo che ogni tanto va da Lipari
a Napoli, e fra le ceste di pesce e di pomodori
sulla barca a motore che fa servizio tra
Napoli, Ischia e Ponza. Con quel coraggio che è
proprio dei vigliacchi, ed è l'unico merito che
abbiano i servi per aver anch'essi diritto alla
libertà, la gente si fermava a guardarmi con
occhi pieni di rimprovero e di disprezzo,
insultandomi fra i denti. Soltanto i
"lazzaroni", distesi al sole sulle banchine del
porto di Napoli, mi sorridevano di nascosto,
sputando in terra fra le scarpe dei carabinieri.
Io mi voltavo indietro ogni tanto a guardar se
Febo mi seguiva, e lo vedevo camminare con la
coda fra le gambe lungo i muri, per le strade di
Napoli, dall'Immacolatella al Molo Beverello,
con una meravigliosa tristezza negli occhi
chiari.

A Napoli, mentre camminavo ammanettato fra i
carabinieri in Via Partenope, due signore mi si
avvicinarono sorridendo: erano la moglie di
Benedetto Croce, e Minnie Casella, la moglie del
mio caro Gaspare Casella. Mi salutarono con la
gentilezza materna delle donne italiane,
m'infilarono dei fiori tra le manette e i polsi,
e la signora Croce pregò i carabinieri che mi
conducessero a bere, a rifocillarmi. Erano due
giorni che non mangiavo. «Fatelo almeno
camminare all'ombra» disse la signora Croce. Era
il mese di giugno, e il sole batteva in testa
come un martello. «Grazie, non ho bisogno di
nulla» dissi «vi pregherei soltanto di dar da
bere al mio cane.»

Febo s'era fermato a pochi passi da noi, e
guardava in viso la signora Croce con
un'intensità quasi dolorosa. Era quella la prima
volta che vedeva il viso della bontà umana,
della pietà e della cortesia femminili. Fiutò a
lungo l'acqua, prima di bere. Quando, alcuni
mesi dopo, venni trasferito a Lucca, fui chiuso
in quella prigione, dove rimasi a lungo. E
quando uscii in mezzo alle guardie, per esser
condotto al mio nuovo luogo di deportazione,
Febo mi aspettava davanti alla porta del
carcere, magro e infangato. I suoi occhi
splendevano chiari, pieni di un'orribile
dolcezza.
Altri due anni durò il mio esilio, e per due
anni vivemmo nella piccola casa in fondo al
bosco, dove in una stanza abitavamo Febo ed io,
e nell'altra i carabinieri di guardia.
Finalmente riebbi la mia libertà, quel che in
quei tempi era la libertà, e per me fu come
uscir da una stanza senza finestre per entrare
in una stretta stanza senza mura. Andammo a star
di casa a Roma: e Febo era triste, pareva che
lo spettacolo della mia libertà lo umiliasse.
Egli sapeva che la libertà non è un fatto umano,
che gli uomini non possono, e forse non sanno,
esser liberi, che la libertà, in Italia, in
Europa, puzza quanto la schiavitù.

* * *

Per tutto il tempo che passammo a Pisa,
rimanevamo quasi tutto il giorno chiusi in casa,
e solo verso mezzogiorno uscivamo a spasso
lungo il fiume, lungo il bel fiume pisano,
l'Arno dal colore d'argento, sui bei Lungarni
chiari e freddi: poi andavamo nella Piazza dei
Miracoli, dove sorge la torre pendente che fa
Pisa famosa nel mondo. Salivamo sulla torre, e
di lassù miravamo la pianura pisana fino a
Livorno, fino a Massa, e le pinete, e il mare
laggiù, la palpebra lucente del mare, e le Alpi
Apuane bianche di neve e di marmi. Quello era il
mio paese, quello era il mio paese toscano,
quelle erano le mie selve e quello il mio mare,
quelli erano i miei monti, quelle le mie terre,
quelli i miei fiumi.

Verso sera andavamo a sederci sul parapetto
dell'Arno (quello stretto parapetto di pietra
sul quale Lord Byron, durante i suoi giorni
d'esilio a Pisa, galoppava ogni mattina in sella

al suo bell'alesano, fra le grida di spavento
dei quieti cittadini), e guardavamo il fiume
scorrere trascinando nella chiara corrente
foglie bruciate dall'inverno e le nuvole
d'argento dell'antico cielo di Pisa.

Febo passava lunghe ore accucciato ai miei
piedi, e ogni tanto si alzava, si avvicinava
alla porta, si voltava a guardarmi. Io andavo ad
aprirgli la porta: e Febo usciva, tornava dopo
un'ora, dopo due ore, ansante, il pelo levigato
dal vento, gli occhi schiariti dal freddo sole
d'inverno. La notte, egli levava il capo ad
ascoltare la voce del fiume, la voce della
pioggia sul fiume. Ed io, talvolta svegliandomi,
sentivo su me il suo sguardo tiepido e lieve,
quella sua presenza viva e affettuosa nella
stanza buia, e quella sua tristezza, quel suo
deserto presentimento della morte.

Un giorno uscì, e non tornò più. Lo aspettai
fino a sera, e scesa la notte corsi per le
strade, chiamandolo per nome. Tornai a casa a
notte alta, mi buttai sul letto, col viso verso
la porta socchiusa. Ogni tanto mi affacciavo
alla finestra, e lo chiamavo a lungo, gridando.
All'alba corsi nuovamente per le strade deserte,
fra le mute facciate delle case che, sotto il
cielo livido, parevano di carta sporca.

Non appena si fece giorno, corsi alla prigione
municipale dei cani. Entrai in una stanza
grigia, dove, chiusi in fetide gabbie, gemevano
cani dalla gola ancora segnata dalla stretta del
laccio del chiappino. Il guardiano mi disse che
forse il mio cane era rimasto sotto una
macchina, o era stato rubato, o buttato a fiume
da qualche banda di giovinastri. Mi consigliò di
fare il giro dei canai, chi sa che Febo non si
trovasse nella bottega di qualche canaio?

Tutta la mattina corsi di canaio in canaio, e
finalmente un tosacani, in una botteguccia
presso la Piazza dei Cavalieri, mi domandò se
ero stato alla Clinica Veterinaria
dell'Università, alla quale i ladri di cani
vendevano per pochi soldi gli animali destinati
alle esperienze cliniche. Corsi all'Università,
ma era già passato mezzogiorno, la Clinica
Veterinaria era chiusa. Tornai a casa, mi
sentivo nel cavo degli occhi un che di freddo,
di duro, di liscio, mi pareva di aver gli occhi
di vetro.

Nel pomeriggio tornai all'Università, entrai
nella Clinica Veterinaria. Il cuore mi batteva,
non potevo quasi camminare, tanto ero debole e
oppresso dall'ansia. Chiesi del medico di
guardia: gli dissi il mio nome. Il medico, un
giovane biondo, miope, dal sorriso stanco, mi
accolse cortesemente, e mi fissò a lungo prima
di rispondermi che avrebbe fatto tutto il
possibile per aiutarmi.

Aprì una porta, entrammo in una grande stanza
nitida, lucida, dal pavimento di linoleum
azzurro. Lungo le pareti erano allineate l'una a
fianco dell'altra, come i letti in una clinica
per bambini, strane culle in forma di
violoncello: in ognuna di quelle culle era
disteso sul dorso un cane dal ventre aperto, o
dal cranio spaccato o dal petto spalancato.

Sottili fili di acciaio, avvolti intorno a
quella stessa sorta di viti di legno che negli
strumenti musicali servono a tender le corde,
tenevano aperte le labbra di quelle orrende
ferite: si vedeva il cuore nudo pulsare, i
polmoni, dalle venature dei bronchi simili a
rami d'albero, gonfiarsi proprio come fa la
chioma di un albero nel respiro del vento, il
rosso, lucido fegato contrarsi adagio adagio,
lievi fremiti correre sulla polpa bianca e rosea
del cervello come in uno specchio appannato, il
groviglio degli intestini districarsi pigro
come un nodo di serpi all'uscir dal letargo. E
non un gemito usciva dalle bocche socchiuse dei
cani crocifissi.

Al nostro entrare, tutti i cani avevano rivolto
gli occhi verso di noi, fissandoci con uno
sguardo implorante, e al tempo stesso pieno di
un atroce sospetto: seguivano con gli occhi ogni
nostro gesto, ci spiavano le labbra tremando.
Immobile in mezzo alla stanza, mi sentivo un
sangue gelido salir su per le membra; a poco a
poco diventavo di pietra. Non potevo schiuder le
labbra, non potevo muovere un passo. Il medico
mi appoggiò la mano sul braccio, mi disse
«coraggio». Quella parola mi sciolse il gelo
delle ossa, lentamente mi mossi, mi curvai sulla
prima culla. E di mano in mano che progredivo
di culla in culla, il sangue mi tornava in viso,
il cuore mi si apriva alla speranza. A un
tratto, vidi Febo.

Era disteso sul dorso, il ventre aperto, una
sonda immersa nel fegato. Mi guardava fisso, e
gli occhi aveva pieni di lacrime. Aveva nello
sguardo una meravigliosa dolcezza. Respirava
lievemente, con la bocca socchiusa, scosso da un
tremito orribile. Mi guardava fisso, e un
dolore atroce mi scavava il petto. «Febo» dissi
a voce bassa. E Febo mi guardava con una
meravigliosa dolcezza negli occhi. Io vidi
Cristo in lui, vidi Cristo in lui crocifisso,
vidi Cristo che mi guardava con gli occhi pieni
di una dolcezza meravigliosa. «Febo» dissi a
voce bassa, curvandomi su di lui,
accarezzandogli la fronte. Febo mi baciò la
mano, e non emise un gemito.

Il medico mi si avvicinò, mi toccò il braccio:
«Non potrei interrompere l'esperienza» disse «è
proibito. Ma per voi... Gli farò una puntura.
Non soffrirà».

Io presi la mano del medico fra le mie mani, e
dissi, mentre le lacrime mi rigavano il viso:
«Giuratemi che non soffrirà».

«Si addormenterà per sempre» disse il medico
«vorrei che la mia morte fosse dolce come la
sua.»

Io dissi: «Chiuderò gli occhi. Non voglio
vederlo morire. Ma fate presto, fate presto!».

«Un attimo solo» disse il medico, e si allontanò
senza rumore, scivolando sul molle tappeto di
linoleum. Andò in fondo alla stanza, apri un
armadio.

Io rimasi in piedi davanti a Febo, tremavo
orribilmente, le lacrime mi solcavano il viso.
Febo mi guardava fisso, e non il più lieve
gemito usciva dalla sua gola, mi guardava fisso
con una meravigliosa dolcezza negli occhi. Anche
gli altri cani, distesi sul dorso nelle loro
culle, mi guardavano fisso, tutti avevano negli
occhi una dolcezza meravigliosa, e non il più
lieve gemito usciva dalle loro gole.

A un tratto, un grido di spavento mi ruppe dal
petto: «Perché questo silenzio?» gridai, «che è
questo silenzio?».

Era un silenzio orribile. Un silenzio immenso,
gelido, morto, un silenzio di neve.

Il medico mi si avvicinò con una siringa in
mano: «Prima di operarli» disse «gli tagliano le
corde vocali».

Dio è amore. Chi vive l'amore - solidarietà rimane in Dio e Dio rimane in questa persona" (1Gv 4,16).

 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 15 Novembre 2008 da ofelia770
 

Buongiorno amici!
Ho avuto il grande onore di essere invitata a scrivere su questo bellissimo Blog.

Come tutti saprete, oramai mi conoscete bene, io adoro gli animali.
Sono, insieme ai bambini, gli unici esseri creati dal Signore che riescono ancora a farmi credere nella bontà, nell'amore e nella lealtà.
Per presentarmi vi voglio raccontare una storia. Una storia vera.

La Storia di Fiocco di Neve (detto Floc)

Floc è stato il mio compagno per oltre 20 anni.
Ho sempre avuto tanti gatti e tanti cani ma ce ne sono stati alcuni che hanno segnato per sempre la mia vita. Uno di questi è stato appunto Floc.
Quando nacque, da padre di altissimo rango (Persiano Cincillà purissimo) e mamma meticcia (la mia), venne immediatamente rifiutato dalla sua mamma.
Se il piccolino si avvicinava per succhiare il latte veniva cacciato in malo modo.
Tutti gli altri gatti soffiavano quando lui si avvicinava.
Perchè? Non lo so.
Così io divenni la sua mamma a tutti gli effetti. Gli somministravo il latte con il contagocce ogni 2 ore, poi con il biberon.
Dormiva nell'incavo del mio collo, o fra i miei capelli.
Con il passare del tempo, imparò a restare indifferente al comportamento dei suoi simili.
Andava perfettamente d'accordo con il cane e poi aspettava il mio ritorno per essere completamente felice.

Era però un gatto indipendente. Durante il giorno se ne andava scorazzando per i giardini altrui, la sera al mio ritorno aspettava il mio richiamo e tornava, incedendo maestoso, con il suo pelo da Persiano, la coda sempre ritta come un periscopio, i suoi grandi occhi di giada sempre vigili.
Quando cominciò per lui la stagione degli amori e quindi dei combattimenti fra gatti, si scoprì la sua totale incapacità di fare del male. Aveva sempre la peggio. Però si fece furbo e quando vedeva che stava perdendo faceva in modo di portare il "nemico" sotto la mia finestra. Da lì inviava il suo richiamo d'aiuto e la mia cagna correva subito in suo aiuto.

Io dicevo sempre: Floc chiama e Lilli risponde.
E in effetti, la mia Lilli, bastardina trovata per strada, correva in suo aiuto, cacciava via l'altro gatto, si assicurava con un paio di leccatine che il suo amico fosse in buona salute e insieme risalivano in casa.
A 8 anni fui costretta a farlo castrare. Era troppo pieno di ferite e non sapeva assolutamente difendersi dagli altri gatti.
Ma il suo mondo ero io e la sua "pappapollo".
Dovete sapere infatti che lui era un gatto educatissimo, non rubava mai il mangiare  ma aspettava tranquillo che gli dessimo ciò che gli spettava.
C'era una sola eccezione: il pollo.
Non si sa per quale motivo, era convinto che se in casa si cucinava il pollo, questo fosse per lui.
Per cui se sbadatamente si lasciava un pollo cucinato o no in bella vista, lui se lo pappava tutto intero.
Abbiamo vissuto in perfetta simbiosi per 20 anni. Gli altri gatti a poco a poco sono morti di vecchiaia, lui resisteva ed era sempre bellissimo.
Quando però giunse il suo momento, stava tanto male e in famiglia tutti volevano che io lo facessi addormentare.
Ma io non potevo farlo. Il mio Floc non poteva andarsene per un'iniezione letale!
Venne la veterinaria a casa mia. Era un'amica che aveva seguito Floc per tutti gli anni da quando l'avevo e cercò in tutti i modi di convincermi.
Io lo tenevo fra le braccia e mi rifiutavo di lasciarlo.
Nessuno riuscì a strapparmelo.
Erano tutti disperati. La veterinaria allora mi disse: Io vado a visitare un altro gatto qui vicino. Poi torno...
Quando tornò mezz'ora dopo io ero ancora lì con il mio fiocco di neve fra le braccia.
I miei figli mi dovettero mantenere e lei lo prese.
A nulla valsero i miei pianti.
Ma quando lei lo stese sulla scrivania per fargli l'iniezione si rialzò e mi guardò stupita.
"Se n'è andato...Floc è finito..."
Il mio Floc mi aveva fatto l'ultimo regalo. Se n'era andato in silenzio, fra le jmie braccia, fra le braccia della sua mamma, come io avevo sempre voluto.
Lo presi, lo spazzolai bene, era ancora bellissimo.
Lo avvolsi in un mio foulard di seta e lo poggiai in una cassetta di legno pregiato. Adesso è sepolto sotto l'albero vicino alla mia finestra.

Il mio Floc. Il mio adorato Fiocco di Neve.

 
 
 

Da "Primadanoi" portale d'informazione abruzzese

Post n°4 pubblicato il 14 Novembre 2008 da zampette_2008

Rottweiler Devil, «il giardiniere è morto per choc emorragico»

CHIETI. Per il momento la vita di Devil, il rottweiler di 11 anni che lunedì ha ucciso a morsi il giardiniere Gabriele Ferri, è al sicuro.

L'esecuzione prevista per l'animale, che si trova da quattro giorno al canile della Asl a Bucchianico, è stata rimandata e la sorte dell'animale oggi fa più discutere e surriscaldare gli animi rispetto ad una morte atroce e improvvisa.
La decisione di tenere Devil in vita, non si sa ancora per quanto, è stata presa dopo le richieste avanzate dalla Lav ed in seguito alle proteste pervenute presso i centralini della Asl di Chieti e del comune di San Giovanni Teatino.
Il servizio veterinario, infatti, che in un primo momento appariva determinato a sopprimere immediatamente il cane dietro ordinanza del sindaco e con il consenso dei proprietari, avrebbe deciso di sospendere quella che a è apparsa «una condanna a morte senza processo», rimandandola al termine del periodo di osservazione
previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria.
Dieci giorni in tutto saranno necessari per capire lo stato di salute dell'animale: è un cane recuperabile e quindi può essere affidato alle associazioni che ne hanno fatto richiesta?
La Lega anti vivisezione, nella mattinata di ieri, ha provveduto ad inoltrare l'inevitabile diffida alle autorità coinvolte per evitare che al termine dei dieci giorni Devil venga comunque soppresso.
«Non si può pensare che un'esecuzione sommaria sull'onda emotiva del momento possa porre rimedio al dolore per una simile tragedia», ha detto Paolo Migliaccio, coordinatore Lav Abruzzo - nessun proprietario può disporre, come le ultime sentenze dimostrano, del proprio cane al punto da farlo sopprimere, e qualsiasi veterinario si prestasse a farlo sarebbe passibile di denuncia per uccisione immotivata di animali».
Per Lav e Apnec (Associazione professionale nazionale educatori cinofili) casi come quello appena accaduto devono spingere «anzichè verso un nuovo periodo di terrore nei confronti di alcune razze e di conseguenti abbandoni, a farci promotori di un cambiamento culturale che passi attraverso un'educazione dei cani basata sui principi di moderna psicologia canina, e soprattutto mediante l'informazione e il senso di responsabilità dei proprietari».
13/11/2008 9.41

DAL CANILE: «NESSUN CONTRORDINE»

Al canile sanitario della Asl di Chieti, dove è stato portato il Rottweiller che ha sbranato e ucciso il giardiniere a Sambuceto, non è arrivato nessun contrordine ufficiale per sospendere l'abbattimento.
In realtà ci sono state molte telefonate di singoli cittadini e di associazioni e anche qualche fax, ma decisioni ufficiali non sono state prese, né in un senso né nell'altro. E così Devil, richiuso in gabbia da quel giorno maledetto, aspetta paziente – ma non tanto – che qualcuno decida il suo destino. Nella cuccia isolata da una rete chiusa con una catena, il cane ringhia sordamente quando qualcuno lo chiama o si avvicina.
«Per il momento – spiega il dottor Piero Di Lullo, veterinario responsabile della struttura e del servizio – abbiamo deciso di avviare tutte le analisi di routine per testare lo stato di salute di questo esemplare di 11 anni. Il cane è vecchio e non sembra ben messo, ma nemmeno possiamo dire che è in osservazione per 10 giorni, come avviene per i cani che hanno morso qualcuno. Purtroppo il giardiniere è morto e a lui non servirà a nulla sapere se è o no rabbioso».
Il problema che ora si pone è cosa fare del cane quando i risultati delle analisi saranno arrivati: riconsegnarlo ai proprietari (che hanno dato il consenso per abbatterlo), affidarlo a qualcuno che ne fa richiesta, correre il rischio che possa ripetere l'aggressione contro altri, lasciarlo nel canile.
Una decisione che dovrà essere presa con grande senso di responsabilità, alla luce di tutte le possibili soluzioni e di tutte le garanzie.
Anche perché il canile di Bucchianico è noto tra gli amici dei cani come una struttura che lavora seriamente per la salute e la sicurezza degli animali e dei loro padroni. E a differenza di quanto si potrebbe pensare, Devil non è rinchiuso in un lager, ma in una gabbia ben illuminata ed areata e con un cuccia dove il cane passa la maggior parte del suo tempo. A fianco un cane operato in questi giorni, di fronte altri pochi cani rinchiusi per altri motivi. Fuori la routine di tutti i giorni: interventi chirurgici, vaccinazioni, chip da inserire, cani randagi catturati che vengono ricoverati. Dentro Devil non sembra molto vivace, si avvicina alla rete quando avverte la luce del flash, ma non sembra interessato. Più che un cane assassino, sembra un cane stordito. Ma il ringhio non promette nulla di buono.
Sebastiano Calella 13/11/2008 15.58

«CHOC EMORRAGICO FATALE»

Gabriele Ferri è morto per choc emorragico. E’ questo il responso dell'autopsia eseguita dall'anatomopatologo Cristian D'Ovidio che si è appreso qualche minuto fa.
L’esame autoptico svolto questo pomeriggio ha confermato quindi che prima dell’aggressione dell’animale Ferri non avrebbe avuto alcun malore, così come era stato ipotizzato da qualcuno.
Le gravi ferite riportate dal giardiniere, che conosceva Devil da quasi 11 anni sono state fatali.
Il cane, stando alla ricostruzione effettuata, avrebbe prima aggredito l'uomo facendolo cadere a terra e poi lo avrebbe morso piu' volte al volto e alla testa determinando una forte fuoriuscita di sangue. La salma di Gabriele Pierino Ferri e' stata restituita ai familiari per i funerali. 13/11/2008 17.14

 
 
 

COMUNICATO LAV ABRUZZO - CASO ROTTWEILER S.GIOVANNI TEATINO (CH)

Post n°3 pubblicato il 14 Novembre 2008 da zampette_2008

PER DEVIL ESECUZIONE SOSPESA MA LA ASL E' IRREMOVIBILE. LA DIFFIDA DELLA LAV. LE AUTORITA' COMPETENTI SAPPIANO ORA AGIRE CON LA DOVUTA SERENITA' DI GIUDIZIO.

In linea con quanto richiesto dalla LAV ed in seguito alle proteste pervenute presso i centralini della ASL di Chieti e del comune di San Giovanni Teatino ilServizio Veterinario, che in un primo momento appariva determinato a sopprimere immediatamente il cane dietro ordinanza del sindaco e con il consenso deiproprietari, avrebbe deciso di sospendere quella che a tutti è apparsa una condanna a morte senza processo, rimandandola al termine del periodo di osservazione previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria.
La LAV nella mattinata di ieri ha provveduto quindi ad inoltrare l'inevitabile diffida alle autorità  coinvolte per evitare che al termine dei dieci giorni Devil venga comunque soppresso.
"Non si può pensare che un'esecuzione sommaria sull'onda emotiva del momento possa porre rimedio al dolore per una simile tragedia - dichiara Paolo Migliaccio, coordinatore LAV Abruzzo - nessun proprietario può disporre, come le ultime sentenze dimostrano, del proprio cane al punto da farlo sopprimere, e qualsiasi veterinario si prestasse a farlo sarebbe passibile di denuncia per uccisione immotivata di animali; ci appelliamo al senso diresponsabilità  delle Istituzioni, è bene che si chiariscano la dinamica dell'accaduto e le responsabilità  dei proprietari del cane; al termine dei dieci giorni chiediamo che il Servizio Veterinario ASL effettui una obiettiva e ponderata valutazione del cane e disponga che Devil sia affidato in custodia alle associazioni che ne hanno fatto richiesta e che hanno la competenza necessaria per la gestione di un cane che comunque in 11 anni non ha mai mostrato segnali di aggressività  e che dopo l'aggressione si è lasciato riportare nel box da un estraneo."
Per LAV e APNEC (Associazione professionale nazionale educatori cinofili) casi come quello appena accaduto devono spingerci, anziché verso un nuovo periodo di terrore nei confronti di alcune razze e di conseguenti abbandoni, a farci promotori di un cambiamento culturale che passi attraverso un'educazione dei cani basata sui principi di moderna psicologia canina, e soprattutto mediante l'informazione e il senso di  responsabilità  dei proprietari. Fatti di questo genere si prestano al  sensazionalismo più che alla cronaca, e alla vendetta facile piuttosto che a provvedimenti costruttivi, mentre tutti i giorni riceviamo decine di segnalazioni dimaltrattamento di cani e gatti, anche le più crudeli ed efferate, che purtroppo passano nel silenzio dell'informazione.
Si deve riflettere sulle motivazioni che spingono una famiglia a comprare un cane e a chiamarlo addirittura Devil, cioè demonio. I proprietari hanno vigilato sul proprio cane lasciato a difendere il territorio in presenza di quello che, sebbene possedesse le chiavi di casa, potrebbe essere stato considerato un intruso rispetto al "branco familiare"?
La LAV ricorda che la Procura di Chieti ha aperto un fascicolo nel quale risulterebbe indagato il proprietario del cane e che nel caso venisse accertata da parte dell'autorità giudiziaria l'omessa custodia dell'animale si potrebbe configurare per i proprietari il reato di omicidio colposo.
L'Associazione si dichiara vicina al dolore della famiglia dell'operaio morto in tali tragiche circostanze, ma invita chiunque abbia l'intenzione di partecipare alla protesta o semplicemente a comunicare la propria opinione in merito alla vicenda ai seguenti indirizzi e-mail:

<
mailto:ufficio.sindaco@sgt.ch.it> ufficio.sindaco@sgt.ch.it
<mailto:urp@aslchieti.it> urp@aslchieti.it
<mailto:segreteria.dirsan@aslchieti.it> segreteria.dirsan@aslchieti.it

Coordinamento Regionale LAV Abruzzo - lav.abruzzo@infolav.org

 
 
 

Le vostre email per Devil

Post n°2 pubblicato il 14 Novembre 2008 da zampette_2008

Da: ….m@libero.it>

Data: mercoledì 12 novembre 2008 12.32

Oggetto: il caso devil

Vi prego non permettete che il cane rotweiler devil venga abbattuto!!!

Da: Splash Dog

Data: martedì 11 novembre 2008 21.33

Oggetto: Aiutiamo il Rottweiler di Chieti soppressione

A San Giovanni Teatino (CH) un giardiniere entrando nella villa in cui lavorava da anni è stato ucciso dal Rottweiler che era di guardia e che lo conosceva fin da piccolo, il cane sarà abbattuto nei prossimi giorni dall'Asl veterinaria....noi non siamo d'accordo in quanto pensiamo che il cane abbia svolto solo il suo compito e che lo sfortunato giardiniere abbia commesso dei movimenti non abituali insospettando il cane che pensava fosse un ladro....perchè deve pagare con la vita il povero cane e non dev'essere multato il proprietario che non ha tenuto il cane legato durante il lavoro del giardiniere?

 Aiutiamo il Rottweiler a vivere, lo uccideranno per aver difeso la sua famiglia e la sua casa... spesso purtroppo i cani pagano le colpe dei propri "padroni"!

Crisanti Rita e C. s.n.c.
Splash Dog - Lavaggio cani self service
Via Balilla, 37
63039 - San Benedetto del Tronto (AP)
Sito web: www.splashdog.it

 

Da: ...@alice.it>

Data: martedì 11 novembre 2008 12.42

Oggetto: cane rotweiler Devil Chieti

Buongiorno,
scrivo in merito alla notizia che ho sentito ieri al TG5, secondo la 
quale il cane rotweiler Devil che ha attaccato un uomo, provocandone 
la morte, verrà soppresso su richiesta del suo proprietario.
Vorrei dire che quando vi sono casi di attacco di un cane ad un essere 
umano, soprattutto se si tratta del cane di famiglia, mai nessuno 
pensa di cercare di comprendere le ragioni di un simile comportamento, 
interpellando un esperto come il comportamentalista, che è una figura 
professionale preposta a comprendere il comportamento del cane e a 
risolvere gli eventuali problemi che ne derivano. Trovo estremamente 
ingiusto e crudele che si decida di porre fine alla vita di un cane, 
che fino a poco prima è stato compagno e magari anche servitore fedele 
nella vita di persone, famiglie, bambini, esseri umani in genere, e 
poi, in seguito al cambiamento del comportamento del cane stesso, 
nessuno, neanche i proprietari si prendano la briga di cercarne i 
motivi e di tentare altre strade, magari più lunghe e difficili della 
comoda scorciatoia della soppressione, per recuperare una normale e 
sana convivenza tra loro e il proprio compagno a 4 zampe!

Rivolgo alla vs. Redazione un appello affinchè il cane Devil non venga 
ucciso, affinchè questo non diventi l'ennesimo caso in cui l'uomo per 
superficialità ed ignoranza conclude che il cane che ha mostrato 
aggressività verso una persona è "cattivo e pericoloso" e non merita 
di vivere!

Vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e per quanto potrete 
fare e porgo cordiali saluti,
Laura

 

Da: lidia

Data: lunedì 10 novembre 2008 22.43

Oggetto: AIUTATE DEVIL

http://www.video.mediaset.it/video.html?sito=tg5&data=2008/11/10&id=31604&categoria=servizio&from=tg5
 
Ho trovato solo l'edizione integrale del Tg, il servizio su Devil è quasi alla fine. Non si può restare indifferenti o non fare niente!!Devil non non può essere ammazzato perchè ha attaccato "senza motivo"! Nessun cane attacca senza motivo e nessun uomo può condannare a morte un animale senza fare nulla! Ha 11 anni che sono anche troppi per la sua razza, perchè nessuno fa niente? Possibile che tra tutte le Associazioni di rilevanza nazionale nessuno possa salvare questo cane? E poi cosa è un fenomeno da baraccone dietro quelle sbarre? Ma che civilità è questa???????????????????????????????
Spero che qualcuno si muova per lui, che vada a salvarlo e gli dia assistenza NON UNA SIRINGA MORTALE!!!!!!!!!!
 
In Fede
Lidia ….

Da: Raffa ella <>

Data: lunedì 10 novembre 2008 20.31

Oggetto: rottweillwer - servizio tg5

salve ho appena visto il tg5 e ho appreso con sgomento che nel canile sanitario di chieti è stato portato un rottweiller che ha aggredito e ucciso un uomo entrato nel giardino di casa.
Nei prossimi giorni il cane verrà abbattuto!!! non è possibil, non possiamo permettere che questo cane muoia x aver difeso i padroni. sicuramente quello che è successo è grave ma ci deve essere un'alternativa alla morte.
per favore intervenite o ditemi a chi mi posso rivolgere!!!

Grazie
raffaella

Molte altre email per il loro carattere personale a uno o più redattori del sito non vengono nè verrano pubblicate!

 
 
 

Devil vittima o carnefice?

Post n°1 pubblicato il 14 Novembre 2008 da zampette_2008
 

Scelto per le sue caratteristiche di cane fortemente protettivo nei confronti della propria famiglia, selezionato per la “guardia e difesa” della proprietà è comunque un animale che possiede una forza mascellare di notevole potenza.

La cronaca di oggi si apre con la tragica notizia di Devil, un rottweiler di 11 anni, che ha ucciso un uomo!

Se la vicenda mi addolora profondamente per la vittima e la sua famiglia alla quale esprimo profonda compartecipazione al dolore, non da meno vorrei spezzare una lancia in favore dell’”omicida” e porre delle considerazioni tese al superamento della fase emotiva e ponga le basi per una riflessione più seria e attenta. Forse è difficile da comprendere ed accettare per i più ma è da questo che bisogna partire per scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe, posto comunque che “incidenti” di tale natura, sono una netta minoranza rispetto al numero dei cani che vivono nelle nostre famiglie.

La riflessione si pone essenzialmente sui punti che seguono:

1) il nome: Devil, cioè Diavolo (in italiano) la dice lunga sul tipo di aspettative riposte su di lui.

2) un cane di taglia grande di 11 anni, è da considerarsi un animale molto anziano e, spesso, non più in grado di far forza sugli arti posteriori; 

3) non si conosce ancora la dinamica dei fatti!

4) il cane non era opportunamente custodito nel momento in cui, per esigenze particolari, il "suo" territorio veniva "invaso" da "elementi estranei al suo branco";

5) ogni tipologia di cane (dal pincher al pitbull) ha la medesima potenzalità "offensiva" e la differenza consiste:

   a) potenza muscolare e pressione mascellare

   b) grado di socializzazione inter species e con gli umani;

   c) tipo di educazione ricevuta;

   d) localizzazione (lo stesso cane ha reazioni differenti se entro il "suo" perimetro o fuori da esso)

   e) incapacità umana a comprenderne i segnali di "avvertimento"

Da questo si deduce che il vero responsabile della tragedia, colui che deve “pagare” il crimine, non è Devil ma chi non lo ha saputo gestire e che oggi, vuole assolversi scaricando ogni responsabilità sull’animale che non può difendersi e che, con ogni probabilità, pagherà con la vita un atto a lui ascritto dall’educazione ricevuta.

Ci sarà un altro morto, capro espiatorio di una situazione che difetta fin dall’inizio, per incompetenza e superficialità.

La scelta di un cane, di qualunque razza, deve essere compiuta con responsabilità,  accompagnata dalla conoscenza delle caratteristiche della razza verso la quale si protende,  supportata dalla compatibilità caratteriale, soprattutto dall’idoneità a gestire i soggetti “dominanti”.

Un cane non è un giocattolo ma un individuo e, in quanto tale, meritevole di rispetto, attenzioni ed educazione personalizzata. I falsi clichè, la facile generalizzazione, l’incompetenza ed incomunicabilità umana, non consentiranno di impedire che simili episodi vengano a ripetersi ma farà solo crescere un sentimento cinofobico di cui, francamente, non se ne sente il bisogno!

E’ online una petizione per tentare di salvare la vita a Devil, firma anche tu, non è questa giustizia!
DEVIL NON DEVE ESSERE ABBATTUTO

(per accedere, clicca sulla scritta blu)

 
 
 
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