Creato da galatolomariuccia il 02/05/2008 |
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« GALILEO GALILEI | La nuvoletta Mariarosa » |
Vi racconterò la storia di un asinello magico ,di un tavolino fatato e di un randello a cui piaceva molto castigar chi faceva il furbo. C'era una volta un sarto, che aveva tre figli e una capra. Siccome la bestiola ,che aveva una bella barbetta appuntita sotto il mento, nutriva col suo latte tutta la famiglia , essi per farla crescere bene le dovean procurar erba buona e fresca ogni mattino. E fu che i ragazzi si divisero il compito di portarla a brucare, per i campi verdi e rigogliosi . Una volta il maggiore la portò nei prati del cimitero, dove dicevano ,gli anziani del posto, che lì c'era l'erba più bella, e la lasciò pascolare e scorrazzare liberamente . La sera, arrivatata l'ora del rientro,le chiese : - Capra, hai mangiato a tua voglia? La prese per la cordicella che aveva al collo, la condusse nella stalla e lì ad un palo la legò. Venne la volta terzo figlio,il più piccolo; questi volle farsi onore e cercò per la bestiola i cespugli più rigogliosi e la fece pascolare all'ombra. La sera, prima di rientrare a casa, le domandò: La bestia ,malvagia e dispettosa, rispose: - Come potevo mangiare a mia voglia Ho pestato solo zolle, non ho trovato nemmeno una foglia: emèee...emèee! Stava quasi calando il sole quando la chiamò ed accarezzandola domandò: Il figlio più grande ,sbigottito per come l'aveva trattato il padre se n'era andato a imparare il mestiere in una bottega di falegname. Lo imparò così bene che , finito l'apprendistato, il maestro gli regalò un tavolino di legno ,semplicissimo a prima vista , ma che possedeva una gran virtù: quando lo si metteva in terra e gli si chiedeva: - Tavolino, apparecchiati! - esso,come per magia, cominciava a imbandirsi di tovaglia, piatto e posate, vassoi pieni di ogni ben di Dio , e un bicchierone di vino rosso in mezzo, che scintillava come il rubino. Il giovane pensò: « Con questa fortuna,ne avrò per tutta la vita !». E se ne andò allegramente per il mondo non curandosi più se una locanda fosse buona o cattiva, o e ci si potesse o no trovar posto. Quando gliene saltava il ticchio, non si fermava neanche a un'osteria, ma in un campo, nel bosco, in un prato, dove gli piaceva di più il panorama o la compagnia : si toglieva il tavolino dalle spalle, se lo metteva davanti e diceva: - No, - rispose il falegname, - non voglio togliervi quei due bocconi; piuttosto sarete voi miei ospiti -. Questi si misero a ridere, pensando in una burla. Ma egli mise in mezzo alla stanza il suo tavolino di legno magico e ...uno due e tre... disse: L'oste stava a guardare in un angolo, allibito e pensò « ah...fosse possibile,un simile cuoco mi ci vorrebbe proprio nella locanda,diventerei straricco! » Il falegname e la sua compagnia se la spassarono fino a notte fonda e alla fine andarono a letto . Anche il giovane falegname si coricò, appoggiando il suo tavolino magico vicino alla parete. Ma all'oste venne in mente che nel ripostiglio c'era un vecchio tavolino, identico a quello magico ,e pian pianino, furbacchiamente, lo scambiò . La mattina dopo il falegname pagò il conto, caricò sulle spalle il tavolino, senza sospettare nulla, e se ne andò per la sua strada. A mezzogiorno giunse dal padre, che l'accolse con grande gioia. -Caro babbo, sono diventato un provetto falegname. Il sarto osservò l'oggetto da ogni parte,su,giù,sotto sopra. -Mah... - disse dubbioso - Non hai fatto un capolavoro: è un tavolino vecchio e abbastanza bruttino - Esclamò il vecchio Il secondo figlio invece aveva imparato il mestiere in un mulino da un mugnaio. Finiti gli anni di apprendistato, il padrone lo chiamò e gli disse: Quando si trovava ad aver bisogno di monete , bastava dicesse al suo asino: « zulumbabalù! » e come acqua da una sorgente scendevano monete d'oro; la sua sola fatica era quella di chinarsi e di raccoglierle da terra. Ovunque andasse, egli comprava solo cose preziose,abiti dai fini tessuti ,scarpe dalle pelli pregiate e non si curava del prezzo perché egli aveva la borsa sempre piena di monete.- - Dopo aver tanto viaggiato- pensò - dovrei tornar dal mio babbo, se a casa porterò l'asino, penso proprio che sarà orgoglioso di me ». Il ragazzo arrivò con il suo asino, e l'oste volle prender l'animale per legarlo, ma il giovane lo fermò dicendogli :
- Per favore,signor oste, aspettate un attimo, vado soltanto a prendere il denaro -gli disse tranquillo. - Mi devo rassegnare a lavorare ancora per molti anni- si disse sconsolato il vecchio sarto e il giovane invece rientrò a servizio da un mugnaio. Il terzo fratello era andato a imparar il mestiere da un tornitore, ed essendo un mestiere molto delicato da imparar, dovette far pratica per molto molto più tempo dei suoi fratelli . I poveri ragazzi,sfortunati, scrivedogli una lettera , gli narrarono le loro disgrazie, e come l'ultima sera quell'oste disonesto li avesse derubati dei loro begli oggetti magici. Quando fu l'ora di dormire, il ragazzo si coricò sulla panca e si mise il sacco sotto la testa, come un soffice cuscino. Quando lo credette immerso nel sonno, l'oste gli si avvicinò, e pian piano e con gran cautela smosse e tirò il sacco a sé, cercando di sostituirlo con un altro. Ma il tornitore se l'aspettava da un pezzo, e, appena l'oste volle dare uno strattone vigoroso, egli gridò:
Il vecchio sarto si fidava poco, come il suo solito,ma riunii tutti parenti. Allora il tornitore stese un panno nella stanza, portò l'asino e disse al fratello: Fecero un pranzo, come nessuno aveva mai visto e restarono tutti insieme fino a tarda notte, allegri e contenti.
Incontrò l'ape, che vedendolo cosi a disagio gli chiese il perché di quel muso triste e... E disse la piccola ape: - Mi fai tanta pena, caro amico orso, io sono una povera e debole creatura, ma penso proprio di potervi aiutare!- Oggi nessuno sa più dove sia finita ,si sente solo all'imbrunire, tra i sentieri dei monti, un lamento disperato, di chi cerca casa... Emmèee... Emmèee!
Zia Mariù 2012 |
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