Creato da galatolomariuccia il 02/05/2008
 

Zia Mariù racconta

favole filastrocche e...

 

 

« GALILEO GALILEILa nuvoletta Mariarosa »

Il tavolino magico, l'asino d'oro e il randello castigamatti (Fratelli Grimm)

Post n°838 pubblicato il 29 Giugno 2012 da galatolomariuccia
 

 

Vi racconterò la storia di un asinello magico ,di  un tavolino fatato e di un randello a cui piaceva molto  castigar chi faceva il furbo.

 C'era una volta un sarto, che aveva tre figli e una capra. Siccome la bestiola ,che aveva una bella  barbetta appuntita sotto il mento,  nutriva col suo latte  tutta la famiglia , essi  per farla crescere bene le dovean procurar erba buona e fresca ogni mattino. E fu che i ragazzi si divisero il compito di portarla a brucare, per i campi verdi e rigogliosi . Una volta il maggiore la portò nei prati del cimitero, dove dicevano ,gli anziani del posto, che lì c'era l'erba più bella, e la lasciò pascolare e scorrazzare liberamente . La sera, arrivatata l'ora del rientro,le  chiese  :

- Capra, hai mangiato a tua voglia?
E la capra rispose: - Ho mangiato a mia voglia, e non ci sta più una foglia: emèee... emèee!
- Allora torniamo a casa - le disse il ragazzo.

La prese per la cordicella  che aveva al collo, la condusse nella stalla e lì  ad un palo la legò.
- Bene bene - disse il vecchio sarto al figlio  più grande - la capra ha avuto la sua erbetta quotidiana?
- Oh,   ha mangiato a sua voglia, e non ci sta più foglia – gli rispose soddisfatto il ragazzo.
Ma il padre volle accertarsene e  andò nella stalla. Accarezzò la bestiola e le domandò, pettinandole la barbetta: - Capra, hai mangiato a tua voglia? -
E la capra gli rispose: - Come potevo mangiare a mia voglia,ho pestato dei morti la fossa, non ho trovato nemmeno una foglia: mèee...mèee!
-Ohi ,ohi ... cosa mi tocca sentire! -esclamò il sarto; corse nella stanza del figlio  e rivolgendosi con arroganza al ragazzo: - Ehi,  sei un gran bugiardo! Tu hai detto che la capra ha mangiato a  sua voglia, ed invece le hai fatto patir la fame! - E, arrabbiato come non mai , lo prese a frustate e lo cacciò fuori di casa .
Il giorno dopo, toccò al secondo figlio, che scelse un posto accanto alla siepe che portava al fiume e dove dicevano  i vecchi del villaggio che anche  lì c'era solo erba buona; e la capra ne mangiò una bella quantità. La sera, prima di tornare a casa, egli le domandò:
- Capretta, hai mangiato a tua voglia? -
E la capra gli  rispose: - Ho mangiato a mia voglia e non ci sta più una foglia: emèee... emèee!
Allora vieni, - disse il ragazzo e a casa la portò e nella stalla al suo solito palo  la legò .
Be',- disse il vecchio sarto, - la capra ha avuto il suo mangiare?
- Certo padre,a sazietà - rispose il figlio, - ha mangiato a sua voglia e non ci sta più foglia-.
Il sarto non si fidò  e scese nella stalla e domandò alla bestiola: - Capretta, hai mangiato a tua voglia? -
E la capra rispose: - Come potevo mangiare a mia voglia, ho pestato solo fossi, non ho trovato nemmeno una foglia: emèee... emèee!
- Scellerato, furfante! - gridò il sarto - far patir la fame a una bestia tanto gentile e buona! - Corse nella stanza del figlio  e anche a lui toccò la stessa sorte del primo fratello ,venne cacciato fuori di casa a colpi di frusta sonora sulla schiena.

Venne la volta terzo figlio,il più piccolo; questi volle farsi onore e cercò per la bestiola i cespugli più rigogliosi e la fece pascolare all'ombra. La sera, prima di rientrare a casa, le domandò:
- Capretta , hai mangiato a tua voglia? -
E la capra gli rispose:- Ho mangiato a mia voglia, e non ci sta più una foglia: emèee... emèee!
- Allora andiamo a casa, - le disse il ragazzo; e anche lui la condusse nella stalla e al palo la legò.
- Bene bene, - disse il vecchio sarto, - la capra ha avuto tutta la sua erbetta ?
- Oh, ha mangiato a sua voglia e non ci sta più foglia -gli rispose soddisfatto il figlio .
Il sarto non si fidava proprio più di nessuno e andò nella stalla; e si avvicinò alla sua capra chiedendole: - Capra, hai mangiato a tua voglia? -

La bestia ,malvagia e dispettosa, rispose: - Come potevo mangiare a mia voglia Ho pestato solo zolle, non ho trovato nemmeno una foglia: emèee...emèee!
- Oh che razza di figli bugiardi che ho messo al mondo! - esclamò il sarto- Non mi prenderete più in giro,più più , più-. E fuori di sé dalla collera, corse nella stanza del figlio che stava riposando e diede anche a lui come agli altri figli la frusta sulla schiena che dal dolore scappò di casa.
Ora il vecchio sarto era rimasto solo, con la sua adorata capretta. La mattina dopo, scese nella stalla, l'accarezzò e disse:
- Vieni, cara bestiola, d'ora in poi ti porterò io stesso al pascolo - La prese per la cordicella e la condusse lungo i prati verdi, alla ricerca di  tutte le erbette che piacciono tanto alle capre.
- Una volta tanto puoi mangiare a sazietà e non  permetterò che nessuno più  ti faccia patir la fame- le disse, e la lasciò brucare fino a sera.

Stava quasi calando  il sole quando la chiamò ed accarezzandola domandò:
- Capra, hai mangiato a tua voglia? -
Essa rispose: - Ho mangiato a mia voglia, e non ci sta più una foglia: emèee... emèee!
- Allora andiamo a casa che si è fatto tardi, - le disse il sarto; e la condusse nella stalla e lì ,al solito palo, la legò. Andandosene, si voltò e le domandò: - Stavolta hai proprio mangiato a tua voglia? -
Ma la capra non lo trattò meglio dei figli e gli belò: - Come potevo mangiare a mia voglia? Ho pestato fossi,zolle , non ho trovato nemmeno una foglia: emèee... emèee!
Nell'udir quelle parole , il sarto rimase basito e capì di aver scacciato i suoi figli senza motivo. - Aspetta! - esclamò, - ingrata bestiaccia. Birbona che non sei altro...scacciarti è troppo poco: ti concerò in modo che non potrai più far vedere in giro  quella barbetta presuntuosa-.
Corse su in camera e da un baule prese un rasoio, insaponò la testa della capra e la rase, liscia liscia come il palmo di una mano. E per finire prese la frusta e cominciò a darle  botte da orbi .La capra, indispettita ,  scappò via a grandi balzi come avesse le molle sotto le zampe .
Il sarto, solo solo nella sua casa, dispiaciuto  per il dolore ingiustamente recato  ai figli  si era pentito  e  li avrebbe voluto riavere  accanto a sé ,ma purtroppo non sapeva da che parte di mondo fossero.

Il figlio più grande ,sbigottito per come l'aveva trattato il padre se n'era andato a imparare il mestiere in una bottega di falegname. Lo imparò così bene che , finito l'apprendistato, il maestro gli regalò un tavolino di legno ,semplicissimo a prima vista , ma che possedeva una gran virtù: quando lo si metteva in terra e gli si chiedeva: - Tavolino, apparecchiati! - esso,come per magia, cominciava a imbandirsi  di tovaglia, piatto e  posate, vassoi pieni di ogni ben di Dio , e un bicchierone di vino rosso in mezzo, che scintillava come il  rubino. Il giovane pensò: « Con questa fortuna,ne avrò per tutta la vita !». E se ne andò allegramente per il mondo non curandosi più  se una locanda fosse buona o cattiva, o e ci si potesse o no trovar posto. Quando gliene saltava il ticchio, non si fermava neanche a un'osteria, ma in un campo, nel bosco, in un prato, dove gli piaceva di più il panorama o la compagnia : si toglieva il tavolino dalle spalle, se lo metteva davanti e diceva:
- Tavolino, apparecchiati! - ed ecco  arrivar con la magia tutto quel che egli desiderava.
Alla fine pensò di tornar da suo padre con il tavolino magico, sperava tanto che l'avrebbe accolto volentieri. Una sera, sulla via del ritorno, giunse in una locanda piena di gente. Alcune persone gli diedero il benvenuto e l'invitarono a sedersi e a mangiare con loro,ma...

- No, - rispose il falegname, - non voglio togliervi quei due bocconi; piuttosto sarete voi miei ospiti -. Questi si misero a ridere, pensando in una burla. Ma egli mise in mezzo alla stanza il suo tavolino di legno magico e ...uno due e tre... disse:
- Tavolino, apparecchiati! - Ed eccolo che questo in un attimo si imbandì di cibi squisiti, il cui profumo solleticava il naso degli invitati.
- Coraggio, cari amici,avvicinatevi a cenate! - gli disse incoraggiandoli  il falegname; e quelli, vedendo che faceva sul serio, non se lo fecero dire due volte, si avvicinarono, estrassero i loro coltelli e non fecero davvero complimenti. E meraviglioso era come ogni piatto, non appena vuoto, veniva subito sostituito da uno colmo.

L'oste stava a guardare in un angolo, allibito e pensò « ah...fosse possibile,un simile cuoco mi ci vorrebbe proprio nella locanda,diventerei straricco! »

Il falegname e la sua compagnia se la spassarono fino a notte fonda e alla fine andarono a letto . Anche il giovane  falegname si coricò, appoggiando il suo tavolino magico  vicino alla parete. Ma all'oste  venne in mente che nel ripostiglio c'era un vecchio tavolino, identico a quello magico ,e pian pianino, furbacchiamente, lo scambiò . La mattina dopo il falegname pagò il conto,  caricò sulle spalle il tavolino, senza sospettare nulla, e se ne andò per la sua strada. A mezzogiorno giunse dal padre, che l'accolse con grande gioia.
- Bene caro figlio, cos'hai imparato lontano dalla tua casa? - gli domandò.

-Caro babbo, sono diventato un provetto falegname.
- Un bel mestiere, - replicò il vecchio, - ma cosa hai portato dal tuo lungo viaggio?
- Babbo, da non credere,il meglio del meglio: un tavolino! -

Il sarto osservò l'oggetto da ogni parte,su,giù,sotto sopra.

-Mah... - disse dubbioso - Non hai fatto un capolavoro: è un tavolino vecchio e abbastanza bruttino - Esclamò il vecchio
- L'apparenza t'inganna babbo...questo è un tavolino dai poteri magici, - gli rispose il figlio: - quando lo metto in terra e gli dico: « Apparecchiati! » subito sopra vi compaiono le più squisite vivande e il vino più buono di questa terra d'oriente . Invitate tutti i parenti e gli amici, che una volta tanto si ristoreranno in abbondanza.
Quando tutta la compagnia fu raccolta, il ragazzo, ignaro, mise il suo tavolino in mezzo alla stanza e...:
- Tavolo, apparecchiati! - Ma questo non si mosse ,e rimase lì ,vuoto. Il povero ragazzo si accorse che il tavolo gli era stato scambiato e si vergognò davanti a tutti;era stata una vera umiliazione. I parenti lo presero in giro, e tornarono a casa, senza aver mangiato e né bevuto. Il padre tirò fuori le sue pezze  di stoffa e continuò a fare il sarto e il figlio ,umiliato,andò a lavorare con lui in bottega.

Il secondo figlio invece  aveva imparato il mestiere in un mulino da un mugnaio. Finiti gli anni di apprendistato, il padrone lo chiamò e gli disse:
- Ti sei comportato cosi bene, che ti voglio regalare un asino speciale: ma ben attento...questa  bestiola non tira il carretto e non porta sacchi.
- E a cosa serve gli domandò il ragazzo,se non sa far il suo lavoro? - .
- Butta oro,caro mio,solo oro! - rispose il mugnaio: - se lo metti sopra ad un panno e dici: « zulumbabalù », questa bestia ti butterà monete d'oro, da dietro e davanti.
- E' una bella cosa,straordinaria direi! - rispose il giovane; ringraziando il padrone, e se ne andò per il mondo.

Quando si trovava ad aver bisogno di monete , bastava dicesse al suo asino: « zulumbabalù! » e come acqua da una sorgente scendevano monete d'oro; la sua sola fatica era quella di chinarsi e di raccoglierle da terra. Ovunque andasse, egli comprava solo cose preziose,abiti dai fini tessuti ,scarpe dalle pelli pregiate e non si curava del prezzo perché egli aveva la borsa sempre piena di monete.-

- Dopo aver tanto viaggiato- pensò - dovrei tornar dal mio babbo, se a casa porterò l'asino, penso proprio che sarà orgoglioso di me ».
Successe però ch'egli capitò nella stessa locanda in cui ,quel briccone di un oste, aveva sostituito il tavolino a suo fratello.

Il ragazzo arrivò con il suo asino, e l'oste volle  prender l'animale per legarlo, ma il giovane lo fermò dicendogli :
- Non datevi pena, il mio Bastiano lo porto io nella stalla e lo lego da me, perché devo sempre saper dov'è -.


La cosa parve strana all'oste, che pieno di dubbi pensò: « Uno che al suo asino vuol provvedere da sé, non ha certo tanti soldi in tasca». Ma quando il ragazzo tirò fuori il suo borsellino pieno di monete d'oro ubbidì, per accontentare le richieste di quel cliente tanto facoltoso. Dopo pranzo, il giovane chiese quanto gli dovesse; l'oste non volle lesinare sul conto e gli disse che ci volevano almeno sei  monete d'oro. Il ragazzo si frugò in tasca, ma l'oro era alla fine.

- Per favore,signor oste, aspettate un attimo, vado soltanto a prendere il denaro -gli disse tranquillo.
Ma ...ma ...ma....portò con sé la tovaglia. Cosa che incuriosì molto l'oste, che lo seguì quatto quatto; e poiché il ragazzo chiuse la porta della stalla col catenaccio, sbirciò da una fessurina. Il ragazzo posò la tovaglia sotto l'asino e ripeté per due volte: « Zulumbaalù! Zulumbabalù!» e subito dalla bestia cadde una vera pioggia d'oro, da dietro e davanti.
- Accipicchia ,zecchini a volontà !! - esclamò con gli occhi di fuori l'oste.
Il giovane pagò e se ne andò a dormire. Durante la notte l'oste scese zitto zitto nella stalla, e legò un altro asino al  posto di quello dai poteri magici. La mattina dopo, di buon'ora, il ragazzo se ne andò con l'animale, credendo fosse la sua preziosa bestiola. Alle dodici in punto arrivò dal padre che, tutto contento di rivederlo, l'accolse a braccia aperte .
- Cosa sei diventato, mio caro figlio ,cosa hai fatto in tutto questo tempo lontano da me ? - gli domandò il vecchio.
- Sono mugnaio, caro babbo, - rispose.
- E cos'hai portato dal viaggio?
-Soltanto un asino.
- Asini ce ne sono anche qui.- gli disse il babbo
- Si, babbino , ma non è un asino comune, è un asino d'oro, aggiunse il ragazzo quasi bisbigliando - e se dico: « Zumbabalù! » la cara bestia riempie senza sforzo una tovaglia di monete d'oro. Fate venire i parenti, che li faccio tutti ricchi.
-- Bene ,benissimo! - disse il sarto: - cosi non avrò più bisogno d'affaticarmi  tanto -.
E corse a chiamare tutti i parenti,anche quelli più lontani. Appena furon tutti raccolti , il mugnaio fece far posto, stese una bella tovaglia bianca e portò l'asinello nella stanza.
- Adesso state attenti, - disse; e gridò: - Zumbabalù! - Ma non caddero  monete d'oro,anzi, dopo un po' fece  qualcosa  di molto puzzolente. In quel momento il povero ragazzo si accorse d'essere stato ingannato, e domandò scusa ai parenti, che tornarono a casa, poveri com'eran venuti.

- Mi devo rassegnare a lavorare ancora per molti anni- si disse sconsolato il vecchio sarto e il giovane  invece rientrò a servizio da un mugnaio.

Il terzo fratello era andato a imparar il mestiere da un tornitore, ed essendo un mestiere molto delicato da imparar, dovette far pratica per molto molto più tempo dei suoi fratelli . I poveri ragazzi,sfortunati, scrivedogli una lettera , gli narrarono le loro disgrazie, e come  l'ultima sera quell'oste disonesto li avesse derubati dei loro begli oggetti magici.
Quando il ragazzo ebbe finito l'apprendistato e dovette ripartire, per riconoscenza e per essere sempre stato corretto ed onesto, il padrone gli regalò un sacco e gli disse:
-C'è dentro un randello
e se qualcuno si prova a farti del male , basta che tu dica: « Randello, esci dal sacco, e il randello vedrai salterà fuori e balzerà con soddisfazione e allegria sulla schiena della gente approfittatrice, da farla stare un po' di giorni a letto; e non la smetterà finché  tu non gli comanderai: « Randello, dentro il sacco! » -
Il ragazzo lo ringraziò, si mise il sacco in spalla e se qualcuno si provava anche solo per scherzo a sfiorarlo, con dubbie intenzioni, egli comandava « Randello, fuori dal sacco! » E subito il randello saltava fuori svelto svelto e li spolverava l'un dopo l'altro sulla schiena, e non la smetteva finché non riceveva il comando contrario.
La sera, il giovane tornitore giunse all'osteria dov'erano stati ingannati i suoi fratelli. Mise il suo sacco accanto a sé sulla tavola e cominciò a raccontare tutte le sue meravigliose avventure.
-Oh, che bellezza,che sorprese, ci può capitar di trovar un tavolino magico, un asino d'oro e simili: tutte bellissime cose, ma tutto questo è nulla a confronto del tesoro che mi son guadagnato e che ho qui nel mio sacco -.
L'oste tese ben bene le orecchie: « Che può mai essere? - pensò: - il sacco è certo pieno di gemme preziose. Mi parrebbe giusto che rimanessero qui a me : non c'è due senza tre ».

Quando fu l'ora di dormire, il ragazzo si coricò sulla panca e si mise il sacco sotto la testa, come un  soffice cuscino. Quando lo credette immerso nel sonno, l'oste gli si avvicinò, e pian piano e con gran cautela smosse e tirò il sacco a sé, cercando  di sostituirlo con un altro. Ma il tornitore se l'aspettava da un pezzo, e, appena l'oste volle dare uno strattone vigoroso, egli gridò:
- Randello, esci dal sacco! - Subito il randello saltò addosso all'oste e gli spianò le costole di santa ragione. L'oste gridava, ma più gridava, più forte il randello gli batteva il tempo sulla schiena, finché egli cadde a terra sfinito. Allora il tornitore gli disse:
- Se non rendi il tavolino magico e l'asino d'oro, ricominciano le danze  .
- Ah no, - esclamò l'oste, sgomento: - restituisco tutto ben volentieri, purché ricacciate nel sacco quel maledetto diavolo -.
Allora il ragazzo disse all'oste: - Sarò misericordioso, ma non cercar di prendermi in giro! - Poi gridò: - Randello, dentro nel sacco! - e ve lo lasciò riposare.


La mattina dopo il tornitore ritornò dopo tanti anni da suo padre col tavolino magico e l'asino d'oro dei suoi fratelli . Il sarto, felice di rivederlo, domandò anche a lui che cosa avesse imparato fuori di casa.
- Caro babbo, - rispose, - son diventato tornitore, un mestiere  assai raffinato - 
- Cos'hai portato dal viaggio? gli chiese curioso il babbo 
- Un oggetto preziosissimo, caro babbo,   un randello in un sacco!
- Come! - esclamò il padresorpreso  - Un randello?  Potevi tagliartelo da qualunque albero anche qui.
- Ma non uno come questo, caro babbo; quando dico: « Randello, esci del sacco! » ,salta fuori e concia per il di delle feste ogni malintenzionato, e non la smette prima che giaccia a terra stordito e chieda grazia. Vedete, con questo randello mi son ripreso il tavolino magico e l'asino d'oro, che quel ladro di un oste aveva rubato ai miei fratelli. Adesso fateli chiamare entrambi e invitate tutti i parenti. Voglio che mangino e bevano e si riempiano le tasche d'oro -.

Il vecchio sarto si fidava poco, come il suo solito,ma riunii tutti parenti.

Allora il tornitore stese un panno nella stanza, portò  l'asino e disse al fratello:
- Adesso parlagli tu caro fratello -.
E il mugnaio disse: « Zulumbabalù! » e all'istante le monete d'oro caddero sul panno con un rumore argentino; e l'asino non la smise, finché tutti non furon carichi da non poterne più.
Poi il tornitore andò a prendere il tavolino e disse: - Ora Parla tu  caro fratello -.
E il falegname disse: - Tavolino, apparecchiati! - ed eccolo apparecchiato e fornito di piatti appetitosi .

 Fecero un pranzo, come  nessuno   aveva mai  visto  e restarono tutti insieme fino a tarda notte, allegri e contenti. 
Il  mattino  dopo il sarto con soddisfazione chiuse in un armadietto ago e filo, il metro e il ferro da stiro, e  passò gli ultimi anni della sua vita sevito e riverito  come un gran visir .


Ma la capra dove sarà finita ,  quella bestia colpevole di aver spinto il sarto a scacciare i tre figli?  Era tanta la vergogna  della sua crapa pelata che corse a rannicchiarsi in una tana di volpe. Quando la volpe rincasò,  vide sfavillar di fronte nell'oscurità due occhiacci, e fuggi via con gran terrore. Incontrò l'orso, che vedendola cosi impressionata le domandò :
- Cosa ti succede, amica volpe, perché hai quel musetto?
- Ah! - gli rispose la volpicella dalla bella coda rossa, - nella mia tana c'è un mostro, che spalanca due occhi fiammeggianti.
- Lo cacceremo fuori, - disse l'orso ed insieme si avviarono   alla tana.L'orso  guardò  dentro  il buco  e quando scorse quegli occhi di fuoco, fu preso anche lui dalla paura. Non volle cimentarsi in una lotta con quel mostro gigantesco e se la diede a gambe.

Incontrò l'ape, che vedendolo cosi a disagio gli chiese il perché di quel muso  triste e... 
- Hai vorrei veder di essere anche allegro, - gli rispose l'orso co, fiatone, - nella tana della volpe c' è un mostro con gli occhiacci rossi indiavolati e non possiamo cacciarlo fuori -

E disse la piccola  ape: - Mi fai tanta  pena, caro amico  orso, io sono una povera e debole creatura,  ma penso proprio di potervi aiutare!-
E l'insettino giallo e nero volò ,dispettosa, nella tana e si posò sulla testa pelata della capra e la punse con tanta energia che quella saltò su, facendo dei rimbalzi come una palla .
La bestia disperata corse fuori che sembrava seduta a cavallo di  Lucifero .

Oggi nessuno sa più dove sia finita ,si sente solo all'imbrunire, tra i sentieri dei monti, un  lamento disperato, di chi cerca  casa... Emmèee... Emmèee!

 

Zia Mariù 2012

 
 
 
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Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. 


Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride 


e ognuno intorno a te pianga. 

 Paulo Coelho

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Tutta la nostra vita dipende dai giorni dell'infanzia. Anche il nostro carattere è frutto di quei giorni lontani.

Quando veniamo al mondo siamo piccole piante delicate, nate sotto il cielo assieme a  tante altre creature palpitanti

.... ma se la semina è stata arida e la crescita non ha avuto amore e  né cure

allora le piante saranno deboli e incerte. (R.Battaglia)

 

 

 

 

    

 

 

 

"Il bambino ha diritto al più grande rispetto."

Decimo Giunio Giovenale

 

 

 

"Non permettere che qualcuno venga da te e che poi vada via senza essere migliore e più contento."

 

 

Vivi con i bambini ed imparerai ad amare.

Così diventerai tu un bambino

e più ancora: un essere umano.


Georg Walter Groddeck

 

 

"Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini".
Dante Alighieri

 

 

 

 

 

 

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