Creato da zivas il 05/11/2004
Vivere bene la vita amando quello che c'è di buono e condannando duramente quello che c'è di cattivo...

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 

 

« Corsica, 4-11 giugno 201...Pensieri d'inverno »

Al mio fratellino Cico, che oggi ha spiccato il suo ultimo grande volo.

Post n°19 pubblicato il 22 Novembre 2011 da zivas
 
Foto di zivas

Lunedì 21 novembre 2011

Li chiamano Inseparabili, o anche più propriamente Love Birds.
Sono dei pappagallini splendidi che si meritano degnamente questi nomi, e il nome scientifico è appunto Agapornis (uccello dell'amore universale, l'agape).

Chi ne ha avuto uno e lo ha allevato allo stecco, come si dice nel gergo tecnico, o a mano, cioè preso piccolo e abituato a prendere confidenza con gli esseri umani, non può non essersi accorto della splendida natura di queste piccole creature che hanno un cuore enorme, e che quando se ne vanno lasciano delle ferite profonde, tanto è l'attaccamento che si guadagnano nel corso degli anni.

Se vi capita di desiderare di avere un pappagallo, non usatelo come soprammobile vivente, non lasciatelo sempre nella gabbia, ma permettetegli di prendere confidenza con voi: vi ripagherà con l'oro sonante della sua compagnia, del suo affetto e della sua fantasia.

Lui arrivò in casa nostra in una sera di fine inverno del 2003, era il 20 marzo.
Lo prendemmo da un appassionato allevatore non professionista.
Essendo piccolo aveva ancora il becco parzialmente nero e i colori delle piume non ben definiti.

Per addomesticarli, quando sono piccoli gli si tagliano parzialmente le penne remiganti per evitare che volino via e che si possano perdere; operazione assolutamente indolore che poi viene annullata dalla ricrescita naturale delle medesime. Alcuni le ritagliano anche dopo la ricrescita, per disabituare completamente l'animale al volo; io non l'ho fatto perchè ho voluto farci amicizia, ma ho sempre tenuto a che tornasse rapidamente ad essere un uccello con tutte le sue caratteristiche; quando le penne sono ricresciute io e lui eravamo già fratelli inseparabili.

Inizialmente, visto che non poteva volare, si arrampicava sui fili della TV o si  incamminava per terra a scrutare il mondo, sotto il nostro occhio vigile.
Subito prese confidenza e passava il tempo a dormire addosso a me la sera sul divano, oppure durante il giorno nelle tasche o nel cappuccio della felpa di pile di mia moglie quando era a casa.
Iniziò a fare esperienza con gli oggetti, e a sviluppare piano piano quella curiosità tipica dei pappagalli per cui qualunque cosa tocchi il padrone lui deve saggiarne la consistenza e prendere contatto con il becco.

Poi ricominciò pian piano a volare e prima andava in orizzontale senza prendere quota, e via via che le penne ricrescevano, andava sempre più su.
I suoi colori divennero decisi e splendidi: mantello verde acceso, collo rosa e fronte rosa acceso tendente al rosso, pancia verde chiaro e sottoali celeste come il cielo, schiena da metà in poi blu cobalto, con un decoro rosso su tutte le piume della coda. Un magnifico esemplare ancestrale di Agapornis Roseicollis!

La nostra amicizia crebbe al punto che in poco tempo lui iniziò a seguirmi dovunque io andassi in casa; se cambiavo stanza e lui rimaneva sopra la sua lampada preferita, in un attimo sentivo un frullo d'ali alle mie spalle e un atterraggio sulla mia spalla con un piccolo cinguettio...Cì!

Amava rosicchiare le mie magliette e camicie, motivo per cui dopo un pò, quando stavo con lui, ero costretto a mettermi indumenti vecchi e da lui già sforacchiati pesantemente.

Non ho mai capito se a quel punto l'inseparabile ero diventato io e lui era il mio padrone, ma mi aveva conquistato a tal punto che non potevo fare a meno di tenerlo sempre con me, in tutto il tempo in cui stavo in casa, salvo quando ritenevo che ci  fossero dei pericoli per lui, come in cucina o in altri luoghi di lavoro; allora lui  protestava senza stancarsi fino a che non andavo di nuovo a liberarlo e a farlo stare con me.
Per questo motivo spesso stando in casa non combinavo niente delle cose che avrei dovuto fare, perchè ho sempre preferito stare con lui piuttosto che lasciarlo in gabbia a lamentarsi.

Gli anni sono passati in allegria, solo con qualche problema di salute dovuto all'aria secca prodotta dai termosifoni che gli provocava un fastidio alla cute per cui si  grattava, si spennava, fino ad arrivare a ferirsi; quando abbiamo capito il problema abbiamo risolto un paio di anni fa con un potente umidificatore.

Durante le vacanze lo trasferivamo da mia mamma, amante degli animali esattamente come me; lei non lo faceva uscire dalla gabbia per paura di non riuscire a riprenderlo, e quando tornavamo, lui lì per lì faceva il sostenuto, ma appena rientrati a casa si profondeva in una lunga fila di festeggiamenti e cinguettii festosi eseguiti da sopra la mia spalla, dove assumeva una posa 'petto in fuori' aspettando che io  depositassi sul medesimo una fila di bacini a lui tanto graditi.

Se una sera io tardavo ad andare sul divano, lui si posava sul cuscino del medesimo e mi aspettava; se ancora non mi vedeva arrivare allora mi veniva a chiamare, mi  beccava leggermente sulla guancia e poi tornava sul divano ad aspettare.
Non mi andava mai di deluderlo e quindi le sue abitudini sono diventate presto le mie perchè amavo accontentarlo e vederlo felice.

Conosceva i miei orari e se ne stava tranquillo fino all'ora giusta per il mio rientro a casa; a quel punto si metteva a fare festa, anche se magari una sera tardavo e non tornavo per niente fino a notte.

Le sere si sono allungate fino a notte fonda, al punto che dormivamo insieme anche fino alle 2, ora in cui mi risvegliavo e lo prendevo per metterlo nella sua casa, dove lui a quel punto andava di buon grado.

Non date per scontato che chiunque possa tenere così un pappagallo in mano: anche se sono di taglia piccola mordono forte, qualche volta anche per gioco, e fanno molto male; lui si fidava di me e bastava che io facessi prendere la forma alla mano perchè lui felice ci si mettesse dentro, ma solo quando lo decideva lui.

La mattina al risveglio, non ho mai capito come facesse, era sufficiente un mio battito di ciglia che subito sentivo il suo richiamo; forse una forma di telepatia perchè non muovevo nemmeno un'unghia del piede. Così mi alzavo a prenderlo per poi tornare un pò nel letto dove riceveva una nutrita dose di coccole.

Per lui ogni sgridata era motivo di gioco: così, se si metteva a fare il merletto ai bordi dei miei giornali e io lo sgridavo, dopo poco tornava lì e lo faceva di nuovo, e lo stesso faceva per tutti i suoi comportamenti che attiravano la mia attenzione; se viceversa lo ignoravo, dopo un pò smetteva e veniva a cercarmi.

Amava tenerci compagnia a colazione, mangiando qualche briciola di biscotti e un pò di yogurth; sapeva però distinguere bene tra i prodotti: i suoi biscotti li riconosceva anche con la confezione chiusa appena comprata, e se erano di un'altra marca nemmeno li assaggiava.

L'ultimo volo della sua vita è stato appunto quello che ha fatto per andarsi a posare sullo scolatoio dei piatti in cucina, da cui abitualmente fissava la busta dei biscotti fino a che non lo accontentavamo.
Quella che segue non è la foto di quando si è sentito male, ma la posa era la stessa di quel tragico momento (panorama dal coperchio sulla busta dei biscotti).


Si comportava in maniera analoga per la sua grande passione per le spighe di panico, che tenevamo dentro una credenza in sala: lui sapeva esattamente qual'era lo sportello e quando ne voleva mangiare si metteva sulla tavola davanti e fissava quello sportello preciso, volandoci ogni tanto sopra per attirare l'attenzione.

Amava farsi la doccia settimanale, e lo faceva capire perchè al momento in cui mi lavavo le mani, lui dalla spalla scendeva lungo il braccio verso la mano gonfiando tutte le penne e facendo delle mosse inequivocabili; al chè io mettevo le mani a conchetta sotto l'acqua corrente e lui eseguiva tutto un rituale di alternanza tra le ali sotto l'acqua corrente e la pancia nel laghetto che si formava tra le mani.
Quando ne aveva abbastanza, bello come non mai, con tutte le penne arruffate e bagnate, si avviava verso il culmine della mia spalla e iniziava la procedura di asciugatura e pettinatura.

Poi è arrivato un brutto giorno del mese di ottobre in cui ho notato che dopo un volo si è bloccato con le gambe tese, le zampe chiuse, le ali leggermente aperte, il collo proteso e gli occhi aperti fissi.
Ho notato subito che la cosa non era normale, ma dopo qualche secondo si è ripreso ed ho pensato ad una cosa passeggera.
Via via che il tempo passava ho notato che le crisi si presentavano praticamente in maniera sistematica dopo ogni volo, e che per riprendersi ci metteva sempre di più.
Abbiamo tentato cure a base di vitamine e su consiglio della veterinaria, negli ultimi giorni  anche un anti-infiammatorio e la carnitina per il cuore.
Lui era entusiasta della vita e come si sentiva meglio riprendeva con le sue solite frenesie, i giochi e i voli, ma io sapevo che dovevo impedirglielo il più possibile.
Ieri, 20 novembre, ero riuscito a tenerlo a bada tutto il giorno e in conseguenza di ciò stamattina stava meglio e cinguettava.
Appena l'ho preso dalla gabbia con l'intenzione di somministrargli le gocce, lui, preso dall'entusiasmo, è volato in cucina sopra lo scolapiatti per chiedere i suoi biscotti per colazione; gli sono corso dietro aspettandomi il peggio, e così è stato: era fisso sopra un coperchio, in piena crisi; l'ho portato sul divano e tenuto sulla mia mano sotto alla coperta, ma lui non si riprendeva, anzi, aveva le zampe molli e il collo proteso in avanti.
Dopo qualche minuto in cui ho cercato di farlo riprendere e lo accarezzavo, è arrivato lo spasmo e la morte è sopraggiunta.
Mi ha guardato fino all'ultimo e io avrei fatto qualsiasi cosa per salvarlo, ma non me ne è stato dato il potere.

Ora sono qui con il pensiero fisso dei suoi begli occhi e del suo tepore che mi trasmetteva quando si addormentava dentro la mia mano messa a conchetta.

Chi dice che gli animali sono esseri inferiori all'uomo non ha mai avuto il coraggio di conoscerli da vicino e di aprirsi all'amore per loro; questo succede perchè la gente ha paura di soffrire e siccome la maggior parte degli animali vive meno di noi, arriva il giorno della separazione, come oggi è capitato tra me e Cico.
Non rimpiango nulla di quello che ho fatto, e so che la sofferenza di questo momento è stata generata da un credito che io e lui abbiamo maturato nel corso di questi 8 anni e 8 mesi.
Le persone non sanno capire che alla fine è un bilancio che deve tornare per forza in pareggio: chi ama molto e viene amato alla stessa maniera, arriverà il giorno che per forza dovrà soffrire molto. Però chi non è capace di amare non conosce nemmeno la gioia dei momenti migliori della vita.

Arrivederci Cico, spero di poterti incontrare di nuovo un giorno, e di poter volare felice nel cielo insieme a te, senza più la paura della morte e della separazione, perchè io e te saremo per sempre INSEPARABILI.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963