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Post N° 214

Post n°214 pubblicato il 08 Aprile 2008 da zut_alors

Mi rendo improvvisamente conto di un fatto: il lavoro dei sogni non esiste. O meglio. Esiste solo nella testa delle persone. Passiamo anni a sognare "cosa faremo da grandi". Poi finalmente ci siamo, sì, facciamo il magico, trionfale ingresso nell'ormai sputtanato "modo del lavoro" e... ci accorgiamo che no, non era esattamente quello che avevamo in mente. No, non parlo di quei lavori che si accettano anche se non c'entrano nulla con noi e la nostra vita. Parlo dei lavori che in qualche modo ci si è scelti, attraverso curricula mandati dopo oculate considerazioni, dopo aver ponderato bene i pro e i contro di una possibile assunzione.

Quando ho mandato il curriculum all'associazione per cui attualmente sto lavorando avevo in mente soltanto pro. Una sequela di persone e fatti assolutamente fighissimi. Strade spianate. Perché, pensavo, quello (ma quale?!? in realtà era solo l'idea che di quel lavoro mi ero fatta) era davvero il lavoro di tutti i miei sogni (almeno in quel fatidico momento in cui ho inviato il curriculum).

Ora sono passati alcuni mesi. Il progetto (eh, beh, non era certo un contratto a tempo indeterminato, ma un più comune co.co.pro. [co.co.pro. communis]) sta per terminare. No, non era il lavoro che ho sempre sognato. Ci sono stati intoppi, dubbi. Persone che non ti piacciono troppo. Situazioni che non sono esattamente ritagliate sulle tue aspettative, cucite addosso a te, su misura. A volte devi accorciare un orlo, stringere un'imbastitura, rammendare di qui, rattoppare di là.

Però mi rendo conto di una cosa: il lavoro che fai può diventare, in corso d'opera, il lavoro dei tuoi sogni. Succede quando ormai, un po', ci hai fatto il callo. Quando impari a capire che puoi permetterti il lusso di applicare qualche passamaneria frivola, dei bottoni colorati, al limite una spilla a forma di fiore. Succede quando alzarti la mattina non ti pesa più come agli inizi. Quando cominci ad accettare con stoicità il suono della sveglia. Quando il pensiero della fine del tuo turno, del ritorno a casa, non ti si para più davanti agli occhi come unica ragione possibile per andare avanti. Succede, soprattutto, quando torni a casa, e facendo un rapido brainstorming su quello che hai fatto e quello che vorresti ancora da fare ti rendi conto che forse desidereresti che il progetto durasse più tempo. Succede quando pensi che in fondo ti mancherà. E che, tutto sommato, non hai fatto poi così tante cazzate. Succede quando a fine giornata, pur essendo stata soltanto al lavoro, pur non avendo visto nessun altro, hai addosso una sensazione di soddisfatta pienezza come forse non ti capitava da un po'.

 
 
 
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