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Cosa resta

Post n°394 pubblicato il 14 Febbraio 2012 da Zero.elevato.a.Zero
 
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Visioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io solo c'ero.
Io, solo.
E fioccava intorno la neve.
(Kobayashi Issa)

 

 

 

 

 

 

 

 



C’è il sole oggi, il sole che scioglie il ghiaccio e la città ritrova i suoi colori consueti che anche d’Inverno solitamente sono lontani dalle tinte chiare. Il traffico riprende caotico con le scuole riaperte, si cerca di impacchettare questo ricordo della nevicata straordinaria che ha soffocato la Romagna.
In poco più di una settimana è passato l’Inverno, quello vero che pareva una leggenda esagerata nella bocca dei nonni, quello che mette di fronte al senso impermanente delle cose, scarnifica la corteccia del benessere e mostra il midollo essenziale della pianta, il fusto della essenzialità.
I danni nell’entroterra sono gravi, ma la voglia di fare è intatta e si va avanti.
Questo sole invocato porta sensazioni primaverili pur nell’immenso scenario bianco che ancora avvolge, finalmente contaminato dalle striature del fango, finalmente tiepido sulla pelle.
Mi domando solo cosa resterà di questi giorni particolari, non la neve che già va sciogliendosi, non il disagio che per me, cittadino urbano della costa è stato davvero poca cosa rispetto alla paura di chi vive più entroterra lungo le colline che guardano il Marecchia.
Resterà, io credo, il pensiero di questa natura che torna con pazienza ad insegnare agli uomini l’umiltà ed assieme la perseveranza, resteranno la frequenza del Dojo anche nel mezzo della tormenta ed il momento per apprezzare che lo spirito giusto è questo del capo che si inchina alle raffiche del vento imperioso, ma procede comunque un piccolo passo dopo l’altro anche sul terreno scivoloso.
Resteranno molti tetti piegati e fratturati da riparare e ricostruire e tanta esperienza in più per il futuro.
Resterà infine la eco delle voci amiche, del loro saluto che chiede il conforto di sapere che tutto va bene, che la vita procede forse appena più lenta nel suo percorso, ma va avanti come deve essere, amici premurosi come il mare che sono impaziente di ritrovare per un ringraziamento speciale.
Le foto che testimoniano di questi eventi, diventeranno presto gialle e si confonderanno tra le altre, a me resterà però quell’emozione di bianco su ogni cosa che inviterà anche a pensieri puri e ad un senso dell’orizzonte che incoraggia l’infinito, ma che rimane statico nella morsa del ghiaccio, mentre la massa scura delle onde canta incessante la sua inarrestabile armonia che nemmeno l’Inverno sa rallentare ed in queste onde risento tipiedissimo il richiamo di nuove isole, che è l’infinito migliore per il mio cuore.
Duc in altum.

 

Il volo di Volodja di Vladimir Vysotskij
adattamento musicale di Angelo Branduardi

 
 
 
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