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Il Principe Libero

Post n°553 pubblicato il 21 Febbraio 2018 da Zero.elevato.a.Zero
 

Il mio maestro Zen mi ammoniva a non guardarmi indietro: “rischi di inciampare e poi fa male al collo” diceva; io che sono un allievo scapestrato ho purtroppo disatteso il suo consiglio, ed ancora continuo a farlo. Con questa intenzione ho seguito la settimana scorsa la messa in onda di quella che con linguaggio moderno si chiama Fiction dedicata a De André nelle due puntate dal titolo “Il principe libero”.
Non è mia intenzione farne una recensione anche perché sentire l’attore che impersona De André parlare con accento romano mi provoca immediata distanza (era troppo oltraggioso pensare a un doppiaggio?), mi interessa invece raccontarmi le emozioni nel ripercorrere una storia nota e seguita e la musica, le meravigliose canzoni, pregne della sua poesia, che ha lasciato in eredità al cuore di molti, il mio compreso.
Il titolo è molto bello: Fabrizio ha più volte affermato di essere stato un pirata in una vita precedente, così nelle note introduttive dell'album "Le Nuvole" riporta le parole del Pirata britannico Samuel Bellamy: “Io sono un principe libero e ho altrettanta autorità di fare guerra al mondo intero quanto colui che ha cento navi in mare”.
A pensarci bene ho conosciuto la musica di Faber piuttosto tardi, era il solstizio d’Inverno del 1978 quando al Palasport di Forlì iniziava la fortunata tournée assieme alla P.F.M. e io soprattutto per la band con Di Cioccio, Lucio “Violino” Fabbri, Mussida e gli altri pilastri storici della band, avevo acquistato il biglietto. Credo comunque che il colpo di fulmine valga anche per la musica, da quella bellissima serata ho ripercorso a ritroso i solchi pieni della sua poesia e quelli a venire. Per questo rivedere la riproposizione del suo percorso terreno con il tappeto dei suoi tanti capolavori è stato affiancare al ricordo dell’artista i miei personali.
Oggi sono così a riproporre un capolavoro dei suoi che pochi hanno saputo cantare con la stessa intensità, forse tra questi Battiato, una forma di affetto per questa canzone deriva dal fatto che la melodia non è originale ma si fonda sul Concerto per tromba, archi e continuo del tedesco Georg Philipp Telemann, con quella attenzione al passato che il mio preferito coltiva come blasone di riconoscimento. Su questo tessuto di note però, quale bellissimo racconto di vita si offre con poche meravigliose parole che sono la purezza della poesia.
Il mio ricordo personale della Canzone dell’amore perduto si lega agli anni di insegnamento, quando frequentando il marasma di emozioni degli anni adolescenziali chiacchieravo con una studentessa di quelle dotate di menti brillanti in un evidente periodo di stanca. È successo un giorno durante una normale lezione sui connettivi logici, che tanto divertenti non saranno ma che di solito non scatenano il pianto dirotto, così approfittando della pausa tra un’ora e la seguente le ho chiesto conto di questa malinconia: come si fa a sistemare il cuore quando si spezza? Io le ho consigliato di piangere abbondantemente sopra una canzone triste aspettando con fiducia la rapida cicatrizzazione della vita proponendole qualche pezzo. Qualche giorno dopo, tornatole il sorriso mi ha chiesto chi fosse l’autore di questa canzone struggente e così il De André ha incontrato una nuova apprezzatrice.
Questo è il potere formidabile della canzone, ostello lussuoso ma confortevole delle nostre emozioni delle quali ciascuno possiede la propria stanza per poter ritrovare il senso di pace e benessere che può avere un solo nome: Casa!
Buon ascolto :)

 
 
 
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