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Il Palio di Siena

Post n°18 pubblicato il 14 Agosto 2008 da Zero.elevato.a.Zero
 
Foto di Zero.elevato.a.Zero

Sono i giorni del Palio a Siena, per uno di Rimini come me pare una notizia distante, eppure sento questa città in modo strano e davvero vicino al cuore. È una sensazione che mi capita di rado, quella di provare una sorta di appartenenza per un posto lontano dal mio, ma con Siena è così. Stamane si corre la seconda prova, sì perché il palio, che dura comunque tutto l’anno, entra nel vivo quattro giorni prima, con l’assegnazione dei cavalli e le prove della corsa, che se il tempo permette sono 6. La città è divisa in 17 contrade, per motivi di sicurezza fin dal lontano 1729 ne corrono solo 10 alla volta, normalmente due volte l’anno. Si corre infatti il palio di Luglio (il 2) dedicato alla Madonna di Provenzano e quello di Agosto (il 16) dedicato all’Assunta. Ciascuno ha vita propria, sia per le contrade partecipanti, che per le selezioni, sono infatti chiamate al canape, la corda che quando si abbassa indica la partenza, le 7 contrade che non hanno partecipato al palio precedente e 3 chiamate dalla sorte.

È la sorte la vera protagonista del palio, i cavalli affidati sono estratti, come anche a sorteggio si decreta l’ordine di partenza, fondamentale per arrivare davanti dopo i tre giri della Piazza del Campo. Il cavallo è talmente protagonista che può vincere anche scosso (senza fantino) purché porti ancora sulla fronte le insegne della contrada per la quale sta correndo. Aceto su RiminiUna cosa importante per capire il palio è non pensarlo una competizione sportiva: il palio è una guerra, per vincerlo non esistono regole di fair play. Questo può suscitare le ire di persone al di fuori, che non sanno entrare nello spirito tutto senese di questo confronto. Suscita anche quelle degli animalisti, che vedono spesso i cavalli poco rispettati, il doping in questo caso non è uno scandalo ma una tradizione, le cadute con il fantino che cavalca a pelo, senza sella, sono frequenti, con conseguenze anche tragiche per gli animali e per gli uomini. Il palio resta questo però una guerra tra contrade, alcune tradizionalmente nemiche, altre affratellate, che cementa l’unione dei senesi e l’orgoglio della propria appartenenza. Per quanto sia possibile per un turista e uno straniero come me partecipare alle giornate di palio, questo resta un affare tra senesi e il pubblico, anche se porta prosperità vista la popolarità della manifestazione che viene trasmessa in eurovisione, è un fenomeno di contorno: il palio si corre comunque, è della città e per la città.

       

Siccome siamo un popolo di tifosi, anche uno da fuori, come chi scrive, sente la sua appartenenza, forse perché nel lontano ‘77 ospite della nobile contrada dell’Oca ho visto il suo fantino Aceto, su un cavallo chiamato Rimini, vincere il palio, e sono stato immeritatamente celebrato come ambasciatore di fortune, per l'assonanza dei nomi della mia città e del cavallo. Da allora il mio cuore è rimasto di diritto ammantato degli stessi colori del tricolore nazionale, che sono anche quelli della contrada.

Spiegare il palio e le sue antiche ritualità, assolutamente vive nel cuore dei senesi, non è possibile in poche righe, vi basti immaginare che solo in questi frangenti chi vi scrive si dà all’ippica, consultando registrazioni delle prestazioni del cavallo sorteggiato e mille statistiche: quest’anno si chiama Elfo di Montalbo ed è al suo quarto palio; il tutto per seguire con crescente impazienza l’avvicinarsi della Carriera, la corsa, dove quello che si vince non è soltanto e non solo il palio: il drappo raffigurante la Madonna ogni volta realizzato da un artista di prestigio, quello che conta è l’orgoglio di avere prevalso e dimostrato sul Campo il proprio valore.

Appuntamento a sabato, quindi, per assistere a questo spettacolo unico al mondo, fatto, come in tutte le cose d’uomini, di colori, di gioie immense e brucianti delusioni, di sconforto e di esaltazione, di musica, buona cucina e sopra di tutto: fratellanza.

 
 
 
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