Creato da beatoalano il 27/07/2011

Beato Alano De Rupe

Beatus Alanus de Rupe, B. Alain de la Roche, il Beato Alano della Rupe

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OMELIA XXVII DOMENICA TO ANNO C

Post n°59 pubblicato il 07 Ottobre 2013 da beatoalano
 
Foto di beatoalano

 

Il Vangelo continua il tema di domenica scorsa, e mancano le prime cinque righe del Vangelo per ricollegarci al tema del ricco epulone. In esse, si parlava dello scandalo, e di chi li operava, e subito dopo, ed è il  Vangelo di questa domenica, di chi operava i frutti della fede, che sono il servizio a Dio. Se tu pensassi: a Messa non ci vado perché ho bisogno di riposare, fammi vivere qualche momento di distrazione come tutti, lo sai che la vita è pesante, la crisi ottenebra, ecc., tu non è che ti riposi, ma cambi padrone. Gesù ci diceva due domeniche fa nel Vangelo della stessa sezione, che quando smetti di servire Dio, servi Mammona, servi il diavolo. Quando dici le bestemmie, quando ti conformi al pensiero debole sull’aborto, sul divorzio, sulla convivenza, sulla sessualità, servi il costruttore di scandali, ovvero di paletti per gabbie per intrappolare i poveri peccatori, e consegnarli a colui che ne farà altri costruttori di scandali. Sì perché il tuo servizio al peccato, genera altri soldati di Mammona.

Chiediamoci, però, come fa Mammona a farsi servire? Forse che Dio teme concorrenza? Gesù nel Vangelo ci svela che Dio vuole che l’uomo prima lo serva e poi si metta a tavola e, in un altro passo della Scrittura si dice, che Dio stesso passerà a servire i suoi servi. Invece il diavolo fa al contrario, prima ti fa sedere a mensa e in quel cibo nasconde un fluido magnetico che ti attira a lui e ne diventi schiavo. E il cibo che ti dona sono i frutti acerbi delle cose belle create da Dio, e che maturano a loro tempo: un esempio facile, è la verginità, che è il fiore che sboccia con il Sole di Grazia del Sacramento del Matrimonio. Eppure il diavolo per farsi servire, te lo vuol far raccogliere prima, ma esso è un fiore ancora non pronto, e incapace di produrre i frutti celestiali dell’amore se raccolto prematuramente.

Allora, coraggio, tu sei costruttore della fede, quella fede che hai ricevuto nel battesimo: perché tu hai la fede, ti è stata consegnata nelle dimensioni di un granello di senapa, ma esiste. Questa fede può diventare un albero immenso, di luce, di pace, di amore, di fratellanza, di solidarietà, se solo vorremo costruire con Dio. Ma come si sfugge al potere di Mammona? Mediante la Corona del Rosario che la Madonna ci ha consegnato per vincere il male, per comprenderne la voce sibilante e così fuggirlo, per ricevere la Sapienza di Dio, per essere protetti sotto il Suo Manto. Senza Maria, è inutile combattere, perdi: nemmeno Gesù ha voluto affrontare il mondo senza Maria, ma è entrato mediante Lei, fibrato della Sua Umanità Santa.

 

 

 
 
 

OMELIA XXVI DOMENICA TO ANNO C, 29-9-2013

Post n°58 pubblicato il 30 Settembre 2013 da beatoalano
 
Foto di beatoalano

 Il Vangelo di questa domenica continua la sezione del Vangelo di domenica scorsa, che diceva di amministrare la ricchezza di ingiustizia che sono la bellezza, la giovinezza, l’intelligenza, la simpatia, e ovviamente i doni spirituali della fede, della speranza e della carità, perché questa amministrazione ci verrà tolta e possederemo questi doni solo se riusciremo a salvarli mediante i meriti. C’era una frase, domenica scorsa con la quale si concludeva il Vangelo: “Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».  (Lc. 16,9-13). Ivi la parola ricchezza è il termine di origine aramaica: Mammona, che di solito viene tradotto ricchezze perché la radice consonantica è “mm”, dove “mun” indica la sicurezza materiale. Eppure nella tradizione della Chiesa il termine non veniva tradotto ma lasciato nel termine originale perché Mammona era uno dei nomi di Belzebù (San Gregorio di Nissa), il nome di un diavolo, secondo la lingua siriana (Pietro Lombardo, II, dist.6). Santa Francesca Romana nelle visioni dell’inferno, vide Lucifero capo assoluto dei diavoli, e tre erano i suoi delegati primari: Asmodeo, Mammona, Belzebù. Sebbene ognuno avesse il suo campo di azione, Asmodeo per la lussuria, Mammona per l’avarizia, e Belzebul per l’infedeltà, tutti e tre sono alleati tra loro e soggetti a Lucifero. Per questo un vizio ne chiama sempre degli altri. Benedetto XVI nel discorso ai parroci del 2009, parla di Mammona come una falsificazione del volto di Dio. Ma perché i ricchi e le ricchezze sono chiamate con il nome di un diavolo? Perché quelle ricchezze sono ancora ingiuste. Si diceva domenica scorsa che, mediante i meriti, noi ci appropriamo dei doni del Signore, ecco perché chi entra in paradiso si porta dietro parte o tutta la sua bellezza, la sua intelligenza, la sua sensibilità, la sua fede, la sua speranza, la sua carità, in base a quanto quei doni “di ingiustizia”, sono stati fatti fruttificare. Dicevamo che la Madonna fin sulla terra è diventata la “piena di grazia”, perché ha fatto della sua Vita un Inno d’Amore a Dio.

Chi invece stringe i doni e se ne serve per sentirsi solo più importante degli altri, da quei doni nascono spine, perché lì ha messo le sue zampe fin dal peccato originale il diavolo.

 
 
 

OMELIA XXV DOMENICA TO ANNO C, 22-9-2013

Post n°57 pubblicato il 21 Settembre 2013 da beatoalano
 
Foto di beatoalano

Il Vangelo di questa domenica continua la lunga sezione che stiamo vedendo in queste domeniche, e tocca oggi il tema del tempo della vita, che Gesù paragona ad un lavoro di amministrazione. E per dire l’importanza del tempo della vita da usare per servire Dio e i fratelli, usa la metafora di un amministratore del mondo che usava le sue capacità per farsi amici sulla terra.

Sembrerebbe che Gesù avalli un esempio di frode, ai danni del datore di lavoro, ma non è così, perché Gesù commenta che i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce.

C’è da dire, in aggiunta, che nel testo greco non è proprio certo che l’amministratore viene lodato dal padrone, perché  il verbo in questione è Επήνεσεν, che è un aoristo, e può derivare sia da επαινέω, che da επανύω: dove però i significati sono totalmente diversi: infatti, επαινέω significa approvare, lodare, una traduzione che segue la Vulgata (“laudavit”), ma che non è appropriato come contesto, e l’altra επανύω: che significa rendere operativo, compiere una cosa, e nel caso specifico, significherebbe che il padrone rese operativo il licenziamento dell’amministratore, perché era stato disonesto. Dunque, sembra più la seconda forma verbale quella rispondente al contesto del brano.

Comunque, in un caso o nell’altro, Gesù usa un esempio di quello che significa il detto: “la necessità fa virtù”, o “il bisogno aguzza l’ingegno”, una struttura di salvataggio della vita che è presente nella natura non solo dell’uomo ma in ogni realtà vivente. Se provi a staccare un rametto con le gemme, ecco che subito, se hanno un briciolo d’acqua iniziano a fiorire. La pianta capisce che deve sbrigarsi a fare il seme, perché la sua fine è vicina. Così gli animali, che per quanto feriti, inventano qualche stratagemma per salvarsi la vita. E questa struttura è anche nella parte psichica dell’uomo, da cui Gesù trae l’esempio.

Che cosa vuol dire allora Gesù? Vuol dire che come i mondani usano il loro tempo per costruire una dimora terrena, così i figli della luce dovrebbero usare il tempo per costruire una dimora eterna, quando l’amministrazione verrà loro tolta e rimarranno solo i guadagni fatti. Ma cosa sono i guadagni per i figli della luce? I guadagni sono i meriti, che ci vengono dalle opere buone, dalla fede, dalla speranza, dalla carità, applicate alla vita, nel lavoro, nel silenzio, nella sopportazione, nella pazienza, nella fedeltà alla missione della vita, nella verginità, nella castità, nell’Amore a Dio. Tutte queste cose si amministrano nell’ingiusta ricchezza della vita. Perché non sono doni di giustizia la bellezza, l’intelligenza, la simpatia, l’allegria, ma sono doni per amministrare i meriti da acquisire. Ma se tu sei bello o bella e ti crogioli solo davanti allo specchio e usi la bellezza per sedurre e non per costruire famiglia, o per far innamorare di Dio, allora sciupi il dono, esso non produce meriti. Se sei intelligente e non pensi nulla per far conoscere Dio, per farlo amare, o per migliorare il mondo, allora quella intelligenza non produce meriti, è sterile. E così via. San Francesco d’Assisi in un celebre componimento scrive: “O Signore fa che dove c’è odio io porti l’amore; dov’è divisione porti l’unione…”, ossia fare del tempo un servizio a Dio perché Egli pensi a noi quando ci toccherà lasciare l’amministrazione della vita e sapremo di entrare non nel freddo buio della morte, ma nella Luce della Resurrezione. Pensate che la Madonna ha fatto della Sua infinita Bellezza un Merito, per questo quella Bellezza non è sfiorita nel tempo, per questo Ella nel Cantico dei Cantici viene definita come la più bella. Perché la Bellezza di Maria è diventata produttrice di meriti, mediante Essa, Ella ha fatto innamorare e ha sposato Dio, diventando la Madre del Figlio di Dio.

Oggi, dobbiamo stare attenti a tante idee distorte che girano anche nel mondo della Chiesa, quando ti viene detto che tu sei un peccatore e ti salvi solo per grazia. Non è vero, questa è un’idea non cattolica. Tu ti salvi per grazia, ma anche per i meriti, perché ti viene data nella grazia della Redenzione anche l’amministrazione della vita per compiere i meriti. In Cielo diceva Santa Teresa d’Avila ognuno sarà riempito d’Amore di Dio quanto sarà capiente di meriti.

 
 
 

OMELIA XXIV DOMENICA TO ANNO C, 15-9-2013 (MEMORIA DI MARIA SS. ADDOLORATA)

Post n°56 pubblicato il 14 Settembre 2013 da beatoalano
 
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Il Vangelo di questa domenica continua la sezione di domenica scorsa, quando Gesù parla della famiglia spirituale che i sacerdoti e le suore vengono a costituire sulla terra. Una famiglia che nasce da un cuore toccato dalla grazia, per fondare sulla terra una famiglia dove non è invitato il legame di sangue, ma i poveri, zoppi, ciechi, della parabola di due domeniche fa. Ecco il motivo profondo per cui il sacerdote non può essere come gli altri, perché è chiamato a fondare una famiglia non meno bella e non meno intensa, la famiglia delle anime: è il sacerdote che le genera alla santità con il Battesimo e i Sacramenti, sono il sacerdote e le suore che le tengono per mano e le nutrono d’Amor di Dio, per tutto il tempo della vita. Ma chi è il Sacerdote, chi è la Suora? Sono Sposi, l’uno di Maria, che è Persona fisica di cui la Chiesa è immagine, e la Suora, Sposa di Cristo, per parlare al Suo Cuore, per impetrare le Grazie, per intercedere per il popolo. Dovunque vi è un convento, dovunque vi è una Chiesa l’Amore di Dio fa diventare quel luogo una primavera in fiore. E’ un po’ l’immagine del Padre misericordioso, che guarda all’orizzonte impaziente, perché attende il ritorno di suo figlio, immagine di Maria che è la Casa del Padre, ovvero la Chiesa, e del suo Sposo, il Sacerdote, che, nel quadro del Rembrandt, ha una mano femminile e una maschile, simbolo della duplice mano, quella del Sacerdote, il Padre, e di Maria, la Madre.

Quanto bisogno c’è nella Chiesa di Sacerdoti e di Suore per fondare famiglie spirituali per accogliere tutti, perché se non li accoglie la Chiesa il mondo li rifiuta: questo si vede chiaramente nella parabola del figlio prodigo, dove il fratello, che simboleggia la carne e il sangue, il mondo, rifiuta il fratello, e il motivo lo indica chiaramente: lui ha speso il patrimonio con le meretrici, ovvero lui ha perso l’innocenza.

Questo viene ribadito nel brano anche per il fatto che quando il figlio minore perde l’innocenza, il mondo, simboleggiato nel padrone dei porci, non gli dà un valore in base al sentire del ragazzo, ma lo fa guardiano di porci, e non lo ritiene degno neppure di mangiare il cibo dei porci, chiaro segno dell’innocenza violata. L’innocenza, ragazzi, è il vostro tesoro più grande, su cui il diavolo vi scatenerà la battaglia più forte per farvi cedere, perché togliendovi l’innocenza, vi toglierà la meraviglia, vi oscurerà la gioia del vivere, vi toglierà la pace, che è la sicurezza della presenza di Dio, proprio come avvenne ad Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre dopo il Peccato Originale. E proprio chi ti dice, che se cedi ti amerà di più, proprio lui, o lei, saranno i primi a voltarti le spalle, come il fratello maggiore, che impersoni fica l’amore tradito.

Eppure, dopo quel disastro, un solo cuore è capace di accoglierti, il cuore del Padre, che è il Cuore di Dio e di Maria, che, donano una nuova Casa, la Chiesa, dove nuovi padri e madri, il Sacerdote e la Suora, mediante la loro innocenza, fondano una famiglia nuova, la famiglia di Dio, non fondata sulla carne e sul sangue, ma in Dio.

La Chiesa allora è la speranza prima del mondo che vive in grazia (dove la fede dà valore ai beni della vita), e la speranza ultima del mondo che vuole uscire dal vortice del peccato per ritornare a sorridere e ricevere quell’amore nel quale avevano sperato e non hanno ricevuto.  

 

 
 
 

XXIII DOMENICA TO, ANNO C, 8-9-2013, FESTA DELLA NATIVITA' DI MARIA SS., E DEL BEATO ALANO DELLA RUPE

Post n°55 pubblicato il 10 Settembre 2013 da beatoalano
 
Foto di beatoalano

Il Vangelo di questa domenica ci parla della storia personale della salvezza, che passa per il filo invisibile della chiamata. Quale grande grazia l’elezione da parte di Dio, eppure quali sentimenti di inadeguatezza sorgono nel cuore di ogni chiamato alla soglia della decisione. Ce la potrò mai fare? Riuscirò a costruire la torre della vita cristiana? Potrò affrontare gli eserciti dei demoni che vengono a combattermi? La domanda se la pose in modo magistrale Salomone, quando nel Libro del Qoelet scrisse: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare. Un tempo di malattia e un tempo di guarigione. Un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per la cercare e un tempo per perdere”. Davanti a questa altalenanza della vita, qualcuno dice: “Creo famiglia, per allearmi insieme a combattere contro lo spirito del male”. Ma Gesù ti avverte che spesso coloro che pensi sono tuoi alleati nella carne, spesso non lo sono nello spirito, perché sono lontani dalle tue mete e dai tuoi orizzonti della chiamata, e distoglieranno anche te dal raggiungerli. Ecco perché la Madonna che è la Persona di cui la Chiesa è immagine, ha voluto fondare una famiglia spirituale nella stessa Chiesa, la Confraternita del Santissimo Rosario, dove ciascuno porta a Maria la sua vita e i suoi meriti e le sue preghiere, in particolare quelle del Rosario, e quelle preghiere diventano l’ossigeno che sempre ci accompagna, anche quando la malattia, la vecchiaia, i problemi ci rendono incapaci di provvederci da soli il cibo spirituale, perché qualcun altro nella confraternita ci passa la sua preghiera. Infatti, nella Confraternita, le preghiere del Rosario  diventano un’immensa Corona di Rose, che gli Angeli di Maria portano a Dio, dove, insieme alle Rose, sono legate le preci di ciascuno, tutte unite, tutte inghirlandate insieme nella stessa mistica Corona. Questa icona, noi della Confraternita, ieri l’abbiamo vista e contemplata nell’antica Confraternita del Rosario di Bologna, dove, accanto a questa immagine, le preghiere di Confraternita vengono raffigurate come ceste piene di rose. Mediante le preghiere di tutti, disse la Madonna al Beato Alano, arriva la pioggia delle grazie, perché ciascuno avrà donato a Maria le gocce delle sue personali nuvole di pioggia, che unite insieme dalla preghiera di Confraternita, diventano ricchezza di propiziazione per noi e per il mondo intero.  

 
 
 

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