Apollo ErranteProspettive rovesciate, segni e segnali dell'anima di Roberto Caravella |
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Post n°66 pubblicato il 03 Novembre 2011 da codadipavone
Il Tebano Plutarco, cresciuto e vissuto all'ombra della cultura d'Atene tra il 64 e il 119 d.C ci ha lasciato tante cosine belle e interessanti che i più "secchioni" - come li chiama mio figlio - forse troverebbero anche e curiosamente degne di attenzione. Tra queste spiccano i Moralia in cui sono contenuti aforismi morali spesso sagaci ma più spesso allusivi, in stile criptico ma asciutto, al contempo oracolare ed apodittico. Insegnamenti limpidi fondati su una moralità essenziale e salvifica in cui spicca l'amor patrio, la libertà, il coraggio, la coerenza. Penso al nostrano bue d'arcore ignaro emulo di cotanto laconico rigor d'intelletto. Purtroppo non è comprensibile come possa continuare a essere convinto che il suo sorriso sia magnetico e convincente come i suoi contenuti degni di nota e di rispetto. Continua implacabile a raccontare storielle come quella che gli ha riferito il suo amichetto russo. Sorride, riferendo una specie di barzelletta di cui egli stesso è protagonista (ma va'?) che - da come l'ha raccontata - non l'ha capita neanche lui, ma che non sa che milioni di italiani la conoscevano da decenni (la versione divertente...) e che gli è stata tradotta in italiano/romanesco dal russo. Chissà chi l'ha raccontata a Putin traducendola (e come?) dal romanesco al russo moscovita? Cosa avrà capito? probabilmente l'ha buttata lì pensando: "magari lui la capisce..." Ma il bue d'Arcore sorride. Ignaro e mentecatto. Sorride con la sua dentiera al corindone. Dietro di lui uno stuolo grigio e indefinito di oscuri seguacipusillanimi lo segue blandendolo e sorridendo condiscendenti lasciando lunghe scie di bava densa e biancastra che neanche un San Bernardo riuscirebbe a produrre dopo una corsa ai tropici. Gli stanno dietro, si sa, perchè così portano a casa la pagnotta, perchè in questo modo, sono esenti da procedimenti di qualsiasi tipo - civile, penale - nei loro confronti qualora ne avessero (!?!). Ma il bue d'Arcore farfalleggia svolazzando leggiadramente tra i banchi di camera e senato (come un macaone tra i fiori del frutto della passione) succhiando sostenitori come nettare qua e la nel tentativo di mantenere in vita questa situazione che sa più di trincea devastata che di crisi sociale. Forse non abbiamo capito che ormai tutto è perduto, la clessidra ha consumato il suo ultimo granello di sabbia. E lui sorride, racconta barzellette... Ci incita a fare lo stesso perchè così la vita appare meno dura. Chissà se io racconto una storiella alla cassa del supermercato mi fanno uscire senza pagare, o magari con uno sconticino e un sorriso? Voi tutti avete di certo un lavoro; molti di voi lavorano senza stipendio, molti di voi lavorano al nero, molti di voi non lavorano più perchè sono stati buttati fuori dalla finestra... molti lavorano per un tozzo di pane sgobbando come muli. Pochi, pochissimi non fanno un benemerito accidente, e magari sorridono beffardi, e si ritrovano in tasca fior di quattrini che neanche potrebbero usare in tre vite. Questa è una barzelletta! Come è una barzelletta la trovata geniale che ha avuto la fantomatica maggioranza di governo in questi anni tormentati. In un qualsiasi concorso per titoli, a parità di punteggio, si preferisce il candidato più giovane! Questa si che è una barzelletta! ah ah ah.... intanto però gli stessi vogliono mandare in pensione la gente a settant'anni... ah ah ah... Il bue Berly è proprio simpatico! Inoltre è ancor più esilarante l'idea che chi si ritrova a quaranta, cinquant'anni alla disperata ricerca di un lavoro che dia un pò di respiro almeno per due o tre anni, si veda scaraventato dentro il paradosso più paradossale: il figlio viene assunto (teoricamente...) e lui, papà, va a spasso; al sabato il padre va dal figlio per chiedergli se può lasciargli dieci euro per la paghetta settimanale... ah ah ah! Il pezzo migliore? Immaginate quale delle cinque dita della mano destra mostri l'amato figliolo: L'hai voluto Berlusconi? tiè!Ma il bue d'Arcore continua a mostrare la sua corindonica protesi da ottantamila euro. Provate a chiedere in giro chi sia disposto ad offrirvi un lavoro, loro si che troveranno il modo di ridere. Eppure tutto ciò che sa pensare il bue d'Arcore è di sfilare altri soldi dalle tasche di tutti meno che da quelle sue e dei suoi accoliti. Paese più tassato al mondo, più gabellato dell'universo, con meno lavoro di quanto ce ne sia nell'entroterra del Burundi, deriso da tutti i popoli della galassia, inaffidabile sotto ogni profilo, si cerca ancora di sottrargli quel poco che resta e anche quel che più non c'è in nome di un sacrificio collettivo per salvare l'italia dalla crisi! ah ah ah. Anche la Merkel ride come una cameriera ubriaca all' October Fest... E il bue d'Arcore riapre l'orrido delle sue fauci mostrando il corindone appena molato e lucidato credendo di essere stato simpatico e di aver fatto una sua solita battuta arguta e simpatica! E noi li, attoniti cercando di ritrovare quei dieci centesimi che avevamo poggiato sulla mensola qualche giorno fa... Suonano alla porta: La zingarella mi chiede se posso darle cinque euro.... Sono incerto se confessarle che non ho soldi neanche per comprare il pane (mi crederebbe?) o riderle in faccia. Magari le racconto la storiella del bue d'Arcore... Roberto Caravella
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Post n°65 pubblicato il 18 Giugno 2011 da codadipavone
Nella città antica
Ho lasciato che andassero Per la loro strada. Tutti. Senza destino ne compagni, nudo di me stesso mi sono incamminato; al mio fianco soltanto sole alto ed ombre larghe e rade.
In quel deserto di anime Portavo con me Soltanto timore di smarrirmi, indolenza e bisogno di andare avanti.
Compagni di giochi Paura e coraggio, intenti a beffarsi del mio sentire. Ma sono andato avanti.
Ho visto volti millenari Come demoni immortali Mutevoli e capaci Di rivestirsi di ogni sogno, di ogni desiderio, di ogni incubo.
Ho sostenuto i miei passi Incerti Senza cedere Regalando loro, per quanto mi fosse possibile, un incedere tranquillo e fiducioso, pur velato di dubbi e aspre amarezze.
Poi le ombre Si sono fatte Alte E il sole ha Allargate le sue luci Oltre il centro del cielo. Li, sotto l’arco antico Di pietra e sabbia, di fiori di cobalto lucente, ombrati si polvere mi sono fermato obbediente ad un richiamo silenzioso, e ho atteso.
Timore e coraggio Si sono dileguati. Poi nulla. Silenzio. Ma non invano.
Il buon servo Mi ha donato il suo sguardo, un sorriso, come una lacrima d’acqua all’ombra di un sasso nel deserto. Facendomi strada Mi ha aperto la porta Di cedro antico E ottone.
Il vestibolo, breve e oscuro, Ancor più Per contrasto Col sole ardente e Accecante, pareva Un abisso nero e bituminoso.
Oltre quell’abisso, il peristilio, Immenso, silente e pacato, con le sue colonne, la sua fontana d’acqua pura dove colombe planavano leggere come piume a dissetarsi.
Sono stato ristorato Con dolcezze infinite, mi sono nutrito di fresca aria, di un leggero tubare, di qualche frinire, del continuo cicalare di gocce d’acqua e del liquido fruscio del loro scorrere.
Ecco. Il mio cammino mi ha condotto Qui. Ove il buon servo mi ha Aperto la casa del suo signore. Ora. Non ho più Paura.
R.C. Giugno 2011-06-16 |
Post n°64 pubblicato il 10 Maggio 2011 da codadipavone
ODE
Non posso volere, non voglio. Non posso che desiderare Attraverso le necessità del tuo volere. E se guardo con i tuoi occhi Non posso che vedere i miei desideri. Vorrei poter contare su ogni uomo, donna, bambino o vecchio. Vorrei che ogni uomo, donna, bambino o vecchio Potesse contare su di me. Vorrei che la vita mi donasse Ciò che mi ha donato, mi dona e mi donerà. Nulla di più. Vorrei che l’oro fosse fatto Di carne e sangue, di sogni e di sensi Sottili e impercettibili come L’anima mia. Vorrei che dietro ogni minima parola Tracimasse, uno per ogni istante, Un diluvio di estasi e stupori. Desidero poter mangiare la terra che mi divorerà. Desidero che il tempo possa scorrere davvero Per condurmi lì dove ogni istante risuona Come nuovo e perfetto. Desidero che ogni desiderio Mai possa esuberare la pura necessità. Desidero guardare tra il ramo e la sua spina, tra il petalo e il suo fiore, tra il giorno e la sua aurora, tra la notte e il suo crepuscolo, tra i sensi e la pelle, per scorgere la soglia attraverso cui guardare al mondo. Desidero essere un Ulisse Per usare i miei giorni come un cavallo di Troia, Conquistare la città perduta E riportare indietro la donna rapita. Desidero ritrovare infine la quercia su cui Posare il capo e respirare piano di nuovo, accanto a lei, mia antica e giovane compagna. Desidero vagare all’infinito tra dune d’acqua E onde di pietra per scoprire Che la mia casa è solo là, in quel Dovunque perduto Tra ogni sasso, tra ogni granello di polvere Tra goccia e goccia, tra alito e sospiro Di questo mondo sognato. Desidero sposa la morte, come sorella la vita E un bacio, un umido bacio, al sapore di carne Bagnato d’umore, acuto, salato, dolciastro, tumido, caldo, profumato di ventre materno. Desidero un mare, profondo, oscuro Come la notte di Giovanni, Per godere dell’alito dei cedri E del palpito pacato dei gigli assaporato sul petto dell’amata. Vorrei dunque almeno ringraziare Per godere del nettare speziato Di questa imperdibile, impossibile, oscura luminosità. Roberto Caravella – 22 Aprile 2011 |
Post n°62 pubblicato il 12 Marzo 2011 da codadipavone
Il rischio maggiore, suppongo e non me ne vogliano quelli in buona fede, è quello che scivola attraverso le larghe maglie di una vera giustizia. Non quella di Berlusconi – manipolatore di anime e solleticatore di vizi connaturali – sia chiaro, non quello dei giudici e della magistratura ne quella costituzionale. Parlo del senso di equilibrio che, con buona pace della maggioranza degli uomini e delle donne della sinistra, fa sfoggio di se con esemplare rigore costituzionale. E’ condivisibile in un contesto equilibrato. E’ augurabile in una società e in uno stato responsabile che lavora alacremente per “tutto” il suo “popolo” e che si fa responsabilmente carico di interpretare ogni minimo impulso, bisogno, pprospettiva e ogni potenzialità del paese. Molto meno condivisibile è quando, in momenti come questi, in cui una vera e propria dittatura larvata in una sorta di scenografia demogratica, questo modo di fare "giusto" diviene puro fariseismo. Rispettiamo le leggi. Non facciamo passi falsi. Non si usino armi improprie per scalzare il tiranno e la sua coorte che nel frattempo moltiplica a dismisura le avversità di un paese semicadavere. Che si dimostri un esemplare dignità, una calma quasi mistica, che si misuri ogni singola parola e ogni minimo accento! Perchè nessuno possa mai obiettare che noi siamo altrettanto volgari come i nostri carnefici. Qui bisogna fermarsi perchè la misura dell’esemplarità conduce soltanto in un Moderno Colosseo in cui ognuno è assetato di sangue e i giusti vengono giustiziati; un anfiteatro in cui il cesare rovescia il suo pollice, la gente urla: “crucefige!” e i giusti cadono sotto i morsi di fiere inconsapevoli tra il sollazzo raccapricciato di una roboante folla inferocita senza un vero perchè. Basta! basta così grazie! l’eleganza non fa proseliti ne salva anime. Il potere dello stato deve diventare ciò che realmente è per ogni uomo: NON un potere ma un dovere. Attendo meno parole e più fatti, meno ipotesi e più certezze, meno leggi e più coscienza, meno politica e più responsabilità. Il mio grazie e la mia stima vanno soprattutto a quelle donne che questo hanno compreso. |