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VON HAYEK: LE CONDIZIONI ECONOMICHE DEL FEDERALISMO TRA STATI (1939)

Post n°1041 pubblicato il 31 Ottobre 2017 da fresbe
 

di Friedrich August Von Hayek, il pubblico italiano sa già molto. 

Ne conosce certamente le notevoli doti di economista, i talenti di filosofo economico e politico, ch'egli coltivò in particolare a partire dagli anni quaranta, nella seconda fase della sua straordinaria parabola intellettuale. Tra le due fasi, vi sono una serie di saggi cosiddetti “minori”, poco noti al grande pubblico ma attestanti il progressivo passaggio del pensatore austriaco da problemi esclusivamente tecnico-economici, alle questioni più filosofico-politiche che avrebbero animato gli scritti della maturità, da “La via della schiavitù” a “La presunzione fatale”. Scritto nel lontano 1939, “Le condizioni economiche del federalismo tra stati”, appartiene senza dubbio a questo gruppo di saggi. Il saggio è accompagnato da una lunga introduzione che ne considera l'attualità e le implicazioni per il processo di integrazione europea, oltre che da una interessante postfazione, che lo colloca all'interno della grande tradizione euro-americana di studi federalisti. Nel suo saggio, Hayek si chiede quali condizioni economiche sarebbero necessarie perché una grande federazione continentale o intercontinentale sia sostenibile. Egli conclude che una tale federazione necessiterebbe di politiche economiche molto più liberali di quelle adottate dagli stati nazionali europei. Per creare una vera unione economica sovranazionale, gli stati federati dovrebbero infatti abbandonare molte forme di interventismo economico cui erano divenuti, e sono in parte rimasti, avvezzi. D'altro canto, lo stato federale avrebbe gravi difficoltà a reintrodurle a causa dell'eterogeneità di interessi e livelli di sviluppo che inevitabilmente caratterizzerebbe una grande federazione, rendendo difficile un accordo a livello federale. L'analisi hayekiana colpisce il lettore contemporaneo per la sua acuta preveggenza, e aiuta a comprendere vari aspetti controversi del processo di integrazione europea, che pure venne avviato oltre un decennio dopo la sua pubblicazione. Per esempio, il saggio sostiene che la libera circolazione di beni, servizi, capitali e lavoratori imporrebbe serie limitazioni alle politiche economiche degli stati nazionali, ciò che è puntualmente accaduto in Europa a seguito di varie sentenze della Corte di Giustizia europea a garanzia delle cosiddette “quattro libertà” del mercato unico. L'autore anticipa persino che una moneta unica federale funzionerebbe come “un rigido gold standard”, una previsione confermata nelle prime fasi della crisi economica europea, quando l'impossibilità di svalutare ha costretto numerosi paesi dell'euro-zona all'adozione di riforme liberali e ad un certo rigore fiscale. Tuttavia, più che per comprendere il passato dell'integrazione europea, questo profetico saggio merita di essere riscoperto e meditato per meglio prepararne il futuro. Vi si trova infatti tratteggiato il profilo di un “federalismo hayekiano”, capace forse di disincagliare l'Unione europea dalle secche in cui si è così pericolosamente arenata negli ultimi anni. Si tratta di un federalismo minimalista, competitivo e decentralizzato, che sembra saper rispettare le autonomie nazionali e regionali più dell'Unione attuale, troppo spesso incline a percepire i suoi poteri come un embrione di statualità destinato il prima possibile a pieno sviluppo. Scrive Hayek: “E' concepibile che gli inglesi e i francesi affidino la salvaguardia delle loro vite, libertà, e proprietà – in breve, le funzioni dello stato liberale – a un'organizzazione sopra-statale, ma che essi accettino di affidare al governo di una federazione il potere di regolare la loro vita economica, di decidere ciò che essi dovrebbero produrre e consumare, non sembra né probabile né desiderabile”. I suoi critici vi troveranno un'illustrazione delle storture che la rendono ben diversa dalla federazione liberale immaginata da Hayek e bisognosa di urgenti e coraggiose riforme.
di Reho, Rubbettino, Soveria Mannelli 2016

N.B.: Dopo la Brexit e la deriva nazionalista che si sta espandendo a quasi tutti i Paesi membri, l’unica "riforma" sarà rappresentata dalla IMPLOSIONE di una Unione, nata male e gestita peggio.

 

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