“Quattro mesi dopo il brutale assassinio di Pio La Torre, nel 1982, viene approvata la legge Rognoni-La Torre, che consentiva il sequestro e la confisca di quei beni macchiati di sangue. Finalmente, lo Stato aveva le armi per attaccare gli ingenti patrimoni mafiosi. Nel ’96 grazie a Libera nasce la legge 109 che disponeva l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia, e finalmente terreni, case, immobili tornano alla comunità. Tutto bellissimo. Nella teoria. Qualcosa però non funziona. Questi beni, sequestrati, confiscati, falliscono l’uno dopo l’altro. Il 90% di imprese, aziende, immobili, finisce in malora spesso prima ancora di arrivare a confisca.
A non essere rispettata e ad aver bisogno di una riforma strutturale è la Legislazione Antimafia – Vittime della mafia e relativo Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
Parliamo di aziende e imprese sequestrate perché di dubbia legalità: aziende che forse furono acquistate con proventi mafiosi, o che svolgono attività illecito-mafiose, e che per chiarire questo dubbio vengono poste sotto sequestro ed affidate alla sezione delle misure di prevenzione del Tribunale competente. In questo caso, parliamo del Tribunale di Palermo, che amministra la grande maggioranza dei beni in Sicilia […] continua a leggere il testo della petizione e firmala su www.change.org/benisequestrati
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Messaggi del 16/12/2014
Post n°11979 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news Diretta a Presidente Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi e 4 altri C’è ancora un business di cui non si parla, un business di milioni di euro. Il business dell’Antimafia. Quattro mesi dopo il brutale assassinio di Pio La Torre, nel 1982, viene approvata la legge Rognoni-La Torre, che consentiva il sequestro e la confisca di quei beni macchiati di sangue. Finalmente, lo Stato aveva le armi per attaccare gli ingenti patrimoni mafiosi. Nel ’96 grazie a Libera nasce la legge 109 che disponeva l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia, e finalmente terreni, case, immobili tornano alla comunità. Tutto bellissimo. Nella teoria. Qualcosa però non funziona. Questi beni, sequestrati, confiscati, falliscono l'uno dopo l’altro. Il 90% di imprese, aziende, immobili, finisce in malora spesso prima ancora di arrivare a confisca. A non essere rispettata e ad aver bisogno di una riforma strutturale è la Legislazione Antimafia - Vittime della mafia e relativo Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Parliamo di aziende e imprese sequestrate perché di dubbia legalità: aziende che forse furono acquistate con proventi mafiosi, o che svolgono attività illecito-mafiose, e che per chiarire questo dubbio vengono poste sotto sequestro ed affidate alla sezione delle misure di prevenzione del Tribunale competente. In questo caso, parliamo del Tribunale di Palermo, che amministra la grande maggioranza dei beni in Sicilia. I beni confiscati sono circa 12.000 in Italia; di questi più di 5000 sono in Sicilia, circa il 40%. La maggior parte nella provincia di Palermo. Si parla di un business di circa 30 miliardi di euro, solo qui a Palermo. Questi beni sotto sequestro vengono affidati a un amministratore giudiziario scelto dal giudice del caso, che dovrebbe gestirlo mantenendolo in attività e tenerlo agli stessi livelli che precedevano il sequestro. Questa fase di sequestro secondo la legge modificata nel 2011 non deve superare i 6 mesi, rinnovabile al massimo di altri 6, periodo in cui vengono svolte le dovute indagini e si decide il destino del bene stesso: se dichiarato legato ad attività mafiose esso viene confiscato e destinato al riutilizzo sociale; se il bene è pulito viene restituito al precedente proprietario. Purtroppo la legge non viene applicata: il bene non viene mantenuto nello stato in cui viene consegnato alle autorità, né vengono rispettate le tempistiche. In media il bene resta sotto sequestro per 5-6 anni, ma ci sono casi in cui il tempo si prolunga fino ad arrivare a 16 anni. L’albo degli amministratori competenti che è stato costituito nel gennaio 2014 per legge dovrebbe essere la fonte da cui vengono scelti questi soggetti: in base alle competenze e alle capacità. Ma la scelta è arbitraria, effettuata dai giudici della sezione delle misure di prevenzione. Ritroviamo molto spesso la solita trentina di nomi, che amministrano decine di aziende e imprese. E non per capacità, perché la maggior parte di quei beni falliscono durante la fase di sequestro. Anche se poi vengono dichiarati esterni alla vicenda e gli imputati assolti da tutte le accuse. Telejato, la piccola emittente televisiva comunitaria siciliana che gestisco dal 1999 e che da allora non ha mai smesso di denunciare e lottare contro la mafia, ha sede a Partinico e copre un bacino d’utenza caratterizzato storicamente da una forte presenza mafiosa. La dichiarazione di fallimento e la messa in liquidazione dei beni confiscati è la strada più facile per gli amministratori, perché li esonera dall’obbligo della rendicontazione e consente loro di “svendere” mezzi, attrezzature, materiali, anche con fatturazioni non conformi al valore reale dei beni, girando spesso gli stessi beni ad aziende collaterali legate agli amministratori giudiziari. La pratica di vendere parti delle aziende stesse mentre sono ancora sotto sequestro, è abbastanza consolidata, e ci si ritrova con aziende svuotate e distrutte ancor prima del giudizio definitivo, che sia di confisca o di dissequestro. Questi sono solo alcuni esempi, alcune storture del sistema; ma molti sono i casi che riflettono un problema strutturale: una legge limitata, da aggiornare, che non permette gli adeguati controlli e conduce troppo spesso al fallimento dei beni per le - forse volute - incapacità del sistema. Posso fare nomi, esempi, citare numeri e casi. Chiedo alla Commissione Antimafia di essere audito per esporre questa inchiesta che stiamo portando avanti a Telejato, con notevole fatica, perchè non abbiamo nessuno al nostro fianco. LETTERA A Presidente Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi Vicepresidente Commissione parlamentare antimafia Luigi Gaetti Vicepresidente Commissione parlamentare antimafia Claudio Fava e 2 altri C’è ancora un business di cui non si parla, un business di milioni di euro. Il business dell’Antimafia. Nel ’96 grazie a Libera nasce la legge 109 che disponeva l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia, e finalmente terreni, case, immobili tornano alla comunità. Tutto bellissimo. Nella teoria. Qualcosa però non funziona. Questi beni, sequestrati, confiscati, falliscono l'uno dopo l’altro. Il 90% di imprese, aziende, immobili, finisce in malora spesso prima ancora di arrivare a confisca. Parliamo di aziende e imprese sequestrate perché di dubbia legalità: aziende che forse furono acquistate con proventi mafiosi, o che svolgono attività illecito-mafiose, e che per chiarire questo dubbio vengono poste sotto sequestro ed affidate alla sezione delle misure di prevenzione del Tribunale competente. In questo caso, parliamo del Tribunale di Palermo, che amministra la grande maggioranza dei beni in Sicilia. I beni confiscati sono circa 12.000 in Italia; di questi più di 5000 sono in Sicilia, circa il 40%. La maggior parte nella provincia di Palermo. Si parla di un business di circa 30 miliardi di euro, solo qui a Palermo. Questi beni sotto sequestro vengono affidati a un amministratore giudiziario scelto dal giudice del caso, che dovrebbe gestirlo mantenendolo in attività e tenerlo agli stessi livelli che precedevano il sequestro. Questa fase di sequestro secondo la legge modificata nel 2011 non deve superare i 6 mesi, rinnovabile al massimo di altri 6, periodo in cui vengono svolte le dovute indagini e si decide il destino del bene stesso: se dichiarato legato ad attività mafiose esso viene confiscato e destinato al riutilizzo sociale; se il bene è pulito viene restituito al precedente proprietario. Purtroppo la legge non viene applicata: il bene non viene mantenuto nello stato in cui viene consegnato alle autorità, né vengono rispettate le tempistiche. In media il bene resta sotto sequestro per 5-6 anni, ma ci sono casi in cui il tempo si prolunga fino ad arrivare a 16 anni. L’albo degli amministratori competenti che è stato costituito nel gennaio 2014 per legge dovrebbe essere la fonte da cui vengono scelti questi soggetti: in base alle competenze e alle capacità. Ma la scelta è arbitraria, effettuata dai giudici della sezione delle misure di prevenzione. Ritroviamo molto spesso la solita trentina di nomi, che amministrano decine di aziende e imprese. E non per capacità, perché la maggior parte di quei beni falliscono durante la fase di sequestro. Anche se poi vengono dichiarati esterni alla vicenda e gli imputati assolti da tutte le accuse. Telejato, la piccola emittente televisiva comunitaria siciliana che gestisco dal 1999 e che da allora non ha mai smesso di denunciare e lottare contro la mafia, ha sede a Partinico e copre un bacino d’utenza caratterizzato storicamente da una forte presenza mafiosa. La dichiarazione di fallimento e la messa in liquidazione dei beni confiscati è la strada più facile per gli amministratori, perché li esonera dall’obbligo della rendicontazione e consente loro di “svendere” mezzi, attrezzature, materiali, anche con fatturazioni non conformi al valore reale dei beni, girando spesso gli stessi beni ad aziende collaterali legate agli amministratori giudiziari. La pratica di vendere parti delle aziende stesse mentre sono ancora sotto sequestro, è abbastanza consolidata, e ci si ritrova con aziende svuotate e distrutte ancor prima del giudizio definitivo, che sia di confisca o di dissequestro. Questi sono solo alcuni esempi, alcune storture del sistema; ma molti sono i casi che riflettono un problema strutturale: una legge limitata, da aggiornare, che non permette gli adeguati controlli e conduce troppo spesso al fallimento dei beni per le - forse volute - incapacità del sistema. Posso fare nomi, esempi, citare numeri e casi. Chiedo alla Commissione Antimafia di essere audito per esporre questa inchiesta che stiamo portando avanti a Telejato, con notevole fatica, perchè non abbiamo nessuno al nostro fianco.
Post n°11978 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news da articolo 21
Post n°11977 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news Illuminare le periferie del mondo e quelle dell’informazione, riaccendere i riflettori su argomenti lontani o dimenticati quali sono oggi le guerre cancellate, i bambini sfruttati, le spese militari, il femminicidio, la violenza contro le donne, le forme di contrasto alla esclusione sociale, al razzismo, alla xenofobia, la denuncia contro le morti sul lavoro, i delitti ambientali. Così qualcuno (più di uno) ha deciso di puntare l’obiettivo mediatico e civico esattamente su queste storie impossibili. E’ l’obiettivo che si pone la rete tra associazioni nata nel corso dell’assemblea di Articolo21 del 13 dicembre e nella quale si ritrovano siti, blog e associazioni che già adesso cercano ogni giorno di tenere accesi i riflettori sugli argomenti che non fanno audience immediata o che non raccolgono pubblicità. Dunque d’ora in poi si metteranno insieme le energie per essere più presenti e ancora più incisivi. Alla rete delle reti hanno aderito subito Liberainformazione, Tavola della Pace, Rete delle Reti, Premio Morrione, Premio Luchetta, Comitato 3 Ottobre, Unione degli Universitari, Rete degli Studenti, JobNews.it, Confronti, rivista San Francesco, Riccardo Noury, Amnesty Italia, Andrea Iacomini, portavoce Unicef, Giulio Vasaturo, Sportello anti querele, Associazione familiari vittime dell’amianto di Casale Monferrato... E altre adesioni stanno arrivando a dimostrazione di quanto voglia ci sia di rimettere al centro dell’attenzione una serie di problemi dimenticati. Il primo appuntamento operativo per creare un coordinamento e promuovere da subito «campagne civili con l’obiettivo di sostenere e di dare visibilità e forza a chi rischia di essere condannato al silenzio e all’oscuramento» sarà fissato da Stefano Corradino direttore di Articolo 21 nei prossimi giorni. E una delle prime campagne condivise potrebbe essere quella contro la «legge bavaglio camuffato», così ribattezzata dopo aver letto la proposta presenta in Parlamento come «legge sulla diffamazione». Il testo mantiene solo uno degli obiettivi originari, la cancellazione del carcere per i giornalisti, ma in compenso in molti suoi aspetti è peggiorativo dell’attuale disciplina e probabilmente, se approvato, potrebbe contribuire oltremodo ad oscurare temi che sono già adesso difficili da trattare. Ecco perché la campagna per «illuminare le periferie» di Articolo 21 e della rete delle reti potrebbe partire proprio dalla «base» del problema.
Post n°11976 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news “Quanto accaduto in Turchia, con l’arresto di 32 tra giornalisti, editori e dirigenti dei media è sconvolgente, è un attacco sfrontato alla libertà di stampa e di espressione inaccettabile. La Fnsi è solidale con i colleghi dei media della Turchia e sostiene con forza le azioni promosse dal giornalismo tutto con le sue organizzazioni internazionali, la IFJ e la Federazione Europea di categoria (EFJ), che hanno denunciato una deriva autoritaria e vendicativa del potere politico contro le opinioni diverse dalle sue scelte e dal suo percorso. Quanto accaduto è l’ultimo atto di disprezzo per il giornalismo dopo che già in passato decine e decine di giornalisti e scrittori erano già stati messi in carcere ingiustamente e senza aver commesso nessun crimine. Il giornalismo italiano e mondiale non faranno passare sotto silenzio questa persecuzione intollerabile. La Fnsi apprezza le dichiarazioni delle autorità del Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, per il quale “la libertà di espressione è un valore irrinunciabile” e su queste deve ispirarsi ogni azione che tende a tenere aperto il dialogo tra l’Unione Europea e la Turchia. Ma è ben chiaro e condivisibile quanto affermato dall’ex Presidente vicario del Parlamento Europeo e capogruppo dei Socialisti e Democratici, Gianni Pittella: “Le recenti tendenze autoritarie del Presidente Erdogan “sono completamente incompatibili con i nostri valori e forniscono argomenti solidi a chi non vuole la Turchia nell’Unione Europea”. In conclusione per la Fnsi è più che mai fondamentale assumere i valori e la pratica della libertà di espressione e di stampa come paradigma essenziale delle alleanze strategiche di qualsiasi Paese democratico”.
Post n°11975 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news Giulietto Chiesa racconta al telefono l'arresto, la cella, il decreto segreto del governo estone che, senza accusarlo di reati, l'ha arrestato per non farlo parlare. Redazione lunedì 15 dicembre 2014 23:05
Pandora TV
Post n°11974 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news Giulietto di nuovo libero, ma il Cuore Nero dell'Occidente non vuole spiegare l'arresto in Estonia. Un'Europa da rovesciare usando di nuovo i diritti [Pino Cabras] Redazione martedì 16 dicembre 2014 01:54
di Pino Cabras. Giulietto Chiesa è stato dunque rilasciato, ma non ha ancora ricevuto dalle autorità dell'Estonia un'esauriente spiegazione dei motivi per i quali è stato arrestato. C'è un decreto di espulsione, dicono. L'ha emanato ad personam il governo di un paese membro dell'Unione europea: senza nessuna accusa formulata in nome di una qualche fattispecie di reato. Si è voluto colpire un cittadino di quella stessa Unione europea, una personalità pubblica nel pieno dei suoi diritti politici e di parola, da sempre proclamati come il miglior primato dell'Europa. In teoria, tutti hanno quei diritti, ma vengono usati poco e sempre meno.Per i diritti funziona al contrario dei vestiti: meno li usi più si sgualciscono. Giulietto indossa invece tutte le sfumature del diritto di parola e perciò mostra la veste integra della libertà, che spicca in mezzo a un sistema dell'informazione ormai agli stracci. Questa veste - a qualcuno - è sembrata troppo intatta. Non è un caso che si cominci da uno dei paesi baltici, quelli in cui, assieme alla Polonia e all'Ucraina, con la benedizione della NATO, si sta formando un cuore nero dell'Occidente: lì, in piena Europa, si sta "normalizzando" un modo di concepire l'Occidente alla maniera dell'America Latina degli anni settanta. È un sistema in cui le strategie militari e finanziarie le decide Washington, gli apparati repressivi sono in mano a manovalanza di ispirazione nazista, i simboli storici sono manipolati con ogni mezzo, si rimuove con la forza ogni memoria antifascista e si recuperano segni, monumenti, cimeli legati al peggiore nazionalismo. Per le idee diverse c'è la repressione. Una parte dei lettori conoscerà uno dei libri più "strani" di Giulietto Chiesa, "Il candidato lettone", che racconta una storia - la sua candidatura in Lettonia alle elezioni europee del 2009 - per narrare una storia più grande ancora, che quasi nessuno a Ovest ha saputo vedere: quella delle repubbliche baltiche post-sovietiche (e fresche di NATO e di UE), dove intere comunità di lingua russa sono state private dei diritti elettorali e della cittadinanza, per ritrovarsi con il passaporto segnato dalla scritta "alien". Un capitolo di quel libro parla dell'Estonia e sembra spiegare perché oggi c'è stato questo arresto:
L'acqua baltica dell'ultimo decennio è quella del recupero della memoria delle SS, della persecuzione dei russi, delle ondate repressive in stile G8 di Genova, tutte raccontate nel libro, che ancora non poteva descrivere gli sviluppi che invece nel 2014 ha poi raccontato Pandora TV: la guerra ucraina, la veloce e drammatica militarizzazione NATO dell'Est europeo; l'oltranzismo dei leader di quell'area, sempre più organici ai loro burattinai d'Oltreoceano, al punto che cedono platealmente i ministeri chiave e la finanza a ministri stranieri, come in Ucraina; le stragi naziste e i villaggi bombardati dall'artiglieria, le centinaia di migliaia di profughi, l'Europa delle sanzioni autolesioniste. Su questo fiume di eventi c'è l'alba cupa dell'Europa che va incontro alla guerra da Est, non trattenuta dall'altra Europa più a Ovest, a sua volta devastata dall'austerity del regime europeo. Solo in un contesto simile potevano eleggere il polacco Donald Tusk come presidente del Consiglio Europeo. Ai piani alti vogliono quanta più russofobia possibile. Non è che dovete andare d'accordo con Giulietto Chiesa. Non è che dovete leggere "Il candidato lettone". Vi basti rileggere Bertolt Brecht, quando riprende la poesia "prima vennero" di Martin Niemöller. Si tratta di capire in tempo dove si va. Questo arresto ci dice che il regime europeo non solo emargina le voci dissidenti ma non vuole più tollerarne l'esistenza. Il silenzio mediatico su notizie importanti non basta più alle correnti atlantiste che dominano il continente. Vedono che c'è chi non si rassegna al silenzio, mentre avverte - qui e lì per l'Europa - che bisogna fare molto chiasso, e urlare che la guerra non sarà in nostro nome. Le dichiarazioni a caldo di Giulietto Chiesa - di nuovo libero dopo le ore di cella e dopo l'estenuante lavorio dell'ambasciatore italiano - suonano, come di sua abitudine, in termini di un programma di impegni:«L'episodio è sicuramente grave. Ma è anche una lezione da imparare. Ci aiuta a capire che razza di Europa è quella che ci troviamo davanti ora. E che battaglia dovremo fare per cambiarla, per rovesciarla come un calzino. Se non vogliamo che questa gente rovesci noi.»
Post n°11973 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
da http://blog.screenweek.it/2014/12/italiano-medio-ecco-il-trailer-del-primo-film-di-maccio-capatonda-401449.php Per gran parte degli internauti si tratta di un vero e proprio evento! Stiamo parlando del trailer di Italiano Medio, il primo film diretto e interpretato da Marcello Macchia, fenomeno del web meglio conosciuto come Maccio Capatonda e autore di alcuni divertentissimi finti trailer come La Febbra, Mobbasta, Il Vecchio Conio e Rocchio 47 (indimenticabile il tormentone “Aveva i pugni nelle mani!”). Il video è stato diffuso da Gazzetta.it e potete vederlo grazie al player che trovate qui sotto:
Italiano Medio è ispirato all’omonimo finto trailer realizzato d Maccio un po’ di tempo fa. Nel cast troviamo anche alcuni collaboratori storici di Maccio, come Herbert Ballerina (nome d’arte di Luigi Luciano) e Ivo Avido (nome d’arte di Enrico Venti). Questa la sinossi:
Italiano Medio farà il suo ingresso nelle sale italiane il 29 gennaio 2015, distribuito da Medusa Film. QUI trovate la nostra intervista a Maccio Capatonda.
Post n°11972 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: recensioni
Post n°11971 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: recensioni Woody Grant ha tanti anni, qualche debito e la certezza di aver vinto un milione di dollari alla lotteria. Ostinato a ritirare la vincita in un ufficio del Nebraska, Woody si avvia a piedi dalle strade del Montana. Fermato dalla polizia, viene 'recuperato' da David, figlio minore occupato in un negozio di elettrodomestici. Sensibile al desiderio paterno e dopo aver cercato senza successo di dissuaderlo, decide di accompagnarlo a Lincoln. Contro il parere della madre e del fratello Ross, David intraprende il viaggio col padre, assecondando i suoi capricci e tuffandosi nel suo passato. Nel percorso, interrotto da soste e intermezzi nella cittadina natale di Woody, David scoprirà i piccoli sogni del padre, le speranze svanite, gli amori mai dimenticati, i nemici mai battuti, che adesso chiedono il conto. Molte birre dopo arriveranno a destinazione più 'ricchi' di quando sono partiti.
Post n°11970 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: recensioni
Post n°11969 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Tag: news da il fatto quotidiano
Il giornalista ed ex eurodeputato è stato fermato in albergo dopo aver partecipato a un convegno. Secondo il legale è stato dichiarato "persona non gradita", ma i motivi non si conoscono Il giornalista Giulietto Chiesa, ex europarlamentare e ex corrispondente della Stampa e dell’Unità, è stato arrestato inEstonia. Alle agenzie di stampa la notizia è stata data dalla moglie di Chiesa, anche lei giornalista al Venerdì di Repubblica,Fiammetta Cucurnia. Invitato a partecipare ad un convegno aTallin e arrestato per essere espulso, probabilmente perché considerato ‘persona non gradita‘ dal potere estone. Il segretario generale della Farnesina, Michele Valensise, ha convocato l’ambasciatore dell’Estonia, Celia Kuningas, per chiedere urgenti chiarimenti sul fermo del giornalista. “E’ un fatto molto grave una violazione dei diritti politici“, ha detto il suo avvocato Francesco Paola. “E’ molto grave che un fatto del genere sia avvenuto in Europa – ha sottolineato la moglie di Giulietto Chiesa, Fiammetta Cucurnia, giornalista a sua volta, che ha dato la notizia alla stampa – siamo nel cuore dell’Europa, per fare una cosa del genere ci deve essere un motivo”. Le ragioni dell’espulsione, però, non sono ancora state chiarite. Del caso si sta interessando anche la Farnesina e l’ambasciatore italiano aTallin, secondo quanto riferito dalla moglie, è andato di persona nel commissariato nel quale è stato portato il giornalista. A colpire, anche le modalità dell’arresto: la polizia ha raggiunto Chiesa nel suo albergo, dove aveva fatto tappa, dopo essere intervenuto alla conferenza “La Russia è nemica dell’Europa?“, per prendere i bagagli e partire per Mosca. La polizia, ha raccontato la moglie, gli ha comunicato che era in “stato di arresto” e sarebbe stato “espulso entro 48 ore“. Quando il giornalista ha chiesto se avessero un mandato, si è sentito rispondere: “No, potrà sapere qualcosa una volta arrivati alCommissariato“. Strada facendo l’ex europarlamentare è venuto a sapere dagli agenti che nei suoi confronti esiste un mandato di espulsione al ministero degli Esteri estone. Corrispondente prima dall’Urss e poi dalla Russia per vent’anni, firma dell’Unità e quindi della Stampa fino agli anni 2000, Chiesa ha sempre avuto una posizione piuttosto critica sulla politica occidentale sulla vicenda ucraina. Nel suo sito d’informazione online, nell’ultimo commento postato il 7 dicembre, commentando il discorso alla nazione di Putin ribadisce di ritenere che “laRussia non stia attaccando ma sia sotto attacco” e critica il modo in cui l’occidente la dipinge, “come uno stato canaglia che minaccia il resto del mondo”. Elementi di critica, nelle sue analisi recenti, non mancano in particolare nei confronti della Polonia e dei Paesi baltici: fra i più ostili verso Mosca e tra i più vicini agli Usa in seno alla Ue e alla Nato, di cui sono entrati a far parte fra la seconda metà degli anni ’90 e i primi dei 2000.
Post n°11968 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Dal 18 dicembre al 22 marzo 2015 l’appuntamento è con "Zero", la prima grande retrospettiva allestita nel cuore del quartiere romano di Testaccio, a La Pelanda, Centro di Produzione Culturale Renato Zero non è semplicemente un cantautore. Per i suoi fan storici, i “sorcini”, è uno di famiglia, una sorta di fratello maggiore, autentico, affettuoso, protettivo, irriverente. Probabilmente perché, in tempi culturalmente più difficili, con le sue canzoni e i suoi travestimenti ha sfidato le convenzioni sociali e l’opinione pubblica, ponendosi come baluardo della libertà di essere se stessi. Proprio per i suoi “sorcini”, che lo seguono da più di quarant’anni, e per tutti quelli che amano le sue canzoni, dal 18 dicembre al 22 marzo 2015 l’appuntamento è con “Zero“, la prima grande retrospettivache racconta la vita e l’arte di Renato. La mostra sarà allestita nel cuore del quartiere romano di Testaccio, a La Pelanda, Centro di Produzione Culturale, in collaborazione con il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma. Sei ambienti ad alta tecnologia raccoglieranno documenti inediti, suoni, immagini, musica, costumi e cimeli. Un allestimento monumentale e multisensoriale per raccontare un artista che ha segnato la storia della canzone italiana. Attraverso materiale inedito, si potranno rivivere travestimenti, battaglie e metamorfosi di Renato Zero, compiendo un viaggio nella parte ancora sconosciuta del suo pianeta. A partire dagli anniSessanta, quando “sui suoi zatteroni, tra sogno e degrado, palco e periferia”, quel ragazzo dalla mente libera, senza pregiudizi né tessere di partito, entrava nel Piper, lo storico locale romano di via Tagliamento, apprendendo i “trucchi” del mestiere e cominciando a costruire il suo personaggio. Poi nel 1973 arriva l’esordio discografico con l’album No! Mamma, no!. È da quel momento che l’eccentrico Renato, grazie ai suoi travestimenti, agli atteggiamenti ambigui e ai temi delle sue canzoni, ha iniziato a far breccia nel cuore della gente, sfidando gli occhi indiscreti e scandalizzati di un’Italia non ancora pronta a personaggi irriverenti come lui. Ma soprattutto spiazzata davanti alle canzoni che arriveranno poco dopo: Il triangolo, Mi vendo, Sbattiamoci. In un Paese in continuo cambiamento, tra vizi, virtù e contraddizioni, negli anni Settanta Zero si è ritagliato il suo spazio nella musica e nello spettacolo senza cedere agli sguardi inquisitori. Con i suoi successi, Il cielo, Amico, Il carrozzone, ha scalato le classifiche e conquistato intere generazioni. Nel corso della sua carriera ha vissuto anche momenti difficili, soprattutto intorno alla metà degli anni Ottanta quando la sua popolarità ha conosciuto unmomento di stallo. Ma alla fine, grazie ai “sorcini” che gli sono rimasti sempre accanto, Renato si è rialzato ed è tornato al successo. E ha trovato il rilancio definitivo al Festival di Sanremo del 1991 con Spalle al muro, brano scritto per lui daMariella Nava. Da quel momento non si è più fermato: dal progetto Fonopoli, nato per dare spazio e voce ai giovani, agli stadi, dai palasport alle piazze. Sempre un pienone di vecchi e nuovi “sorcini”. Sì, perché la “zerofollia” è una sindrome contagiosa, che si trasmette dai genitori ai figli, di generazione in generazione. Ecco perché oggi ai suoi concerti si possono trovare persone dai 5 ai 90 anni. Proprio per questa sua trasversalità generazionale, alla mostra è stata affiancata un’iniziativa dedicata agli adolescenti, promossa dall’associazione culturale Fonopoli: si tratta del concorso Zero in letteratura – percorsi poetici e sociali di Renato Zero. Il progetto è rivolto ai ragazzi delle scuole superiori di Roma e provincia che, fino al 31 gennaio, potranno analizzare i testi di alcuni suoi brani, scelti tra quelli proposti, attraverso un commento scritto o un’elaborazione visiva, un disegno o un lavoro informatico. Le canzoni e le tracce sono legate a temi di attualità dai molteplici risvolti sociali: La favola mia – Le nostre maschere, essere ed apparire, La tua idea – Disagi e opportunità nel mondo dei giovani, Dal mare – Storie di immigrazione e politiche di accoglienza, Immi Ruah – Ecumenismo e dialogo interreligioso e Qualcuno mi renda l’anima – I rischi della condizione infantile. Gli elaborati saranno valutati da un comitato composto daVincenzo Incenzo, scrittore e paroliere che da anni collabora con Zero, dal giornalista Malcom Pagani e dal condirettore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio. Il vincitore e l’istituto superiore di appartenenza riceveranno due premi dal valore di 1000 euro ciascuno. Sarà Renato stesso a premiarli, dando il via a una nuova generazione di “sorcini”.
Post n°11967 pubblicato il 16 Dicembre 2014 da Ladridicinema
Box Office Italia
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Inviato da: Mr.Loto
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Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
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il 13/11/2019 alle 16:33
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Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45