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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 17/02/2018
Post n°14299 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
1- DIFESA E RILANCIO DELLA COSTITUZIONE NATA DALLA RESISTENZA La nostra Repubblica è fondata su chi lavora: questo è scritto nel primo articolo della nostra Costituzione, nata dalla lotta di liberazione dal nazi-fascismo. Il Referendum del 4 dicembre ha mostrato la chiara volontà del popolo italiano di difendere la carta costituzionale. Noi vogliamo non solo difenderla, ma attuare pienamente le idee che erano espressione di chi ha partecipato alla Resistenza, la costruzione di una nuova società fondata sulla dignità e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, l’eliminazione di ogni discriminazione, il principio di eguaglianza sostanziale, i diritti sociali, la salvaguardia del patrimonio ambientale e artistico, il ripudio della guerra. Per questo lottiamo per: - ridare centralità e dignità alle lavoratrici e ai lavoratori;
- far sì che ogni discriminazione di sesso, etnia, lingua, religione, orientamento sessuale venga superata, rimuovere ogni ostacolo di carattere economico e sociale che limita l’uguaglianza;
- abrogare l’articolo 7 con il richiamo ai Patti Lateranensi, per la piena affermazione del principio di laicità dello Stato in tutte le sfere della vita pubblica;
- promuovere e supportare la cultura e la ricerca scientifica, salvaguardare il patrimonio ambientale e artistico;
- ripudiare la guerra e dare un taglio drastico alla spesa militare;
- rimuovere il vincolo del pareggio di bilancio, inserito di recente con la modifica dell’articolo 81, che sacrifica le vite e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori in nome dell’equilibrio fiscale e dei parametri europei;
- ripristinare il Titolo V della Costituzione com’era prima della riforma del 2001;
- contrastare in ogni modo CETA, TISA, TTIP, trattati internazionali aberranti che vorrebbero cancellare ogni parvenza di sovranità popolare e democratica in nome del primato del profitto;
- ripristinare l’elezione del Parlamento attraverso un vero sistema proporzionale, contro il maggioritario e il rafforzamento del potere esecutivo;
- contrastare e sciogliere le organizzazioni fasciste, requisire i loro patrimoni e riutilizzarli per finalità sociali, proprio come si fa per le mafie.
Post n°14298 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Lo scandalo di Fanpage: giornalisti nel mirino della procura per l’inchiesta sullo sversamento illegale di rifiuti Scoppia lo scandalo intorno all’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti portata avanti da Fanpage. L’indagine giudiziaria, su corruzione, rifiuti e scambio di voti è partita il 15 febbraio e ha già coinvolto alcuni personaggi politici appartenenti a vari schieramenti. Ma, sono finiti nel mirino della procura anche il direttore della testata, Francesco Piccinini e Sacha Biazzo, il giornalista che ha portato avanti l’inchiesta. Stamattina, 16 febbraio, nella redazione di Fanpage si è svolta la conferenza stampa. “Quando si tratta di reati ambientali, lo scoop non esiste dichiara Piccinini – Quindi io sono andato in procura e ho portato il video il 27 dicembre 2017. Siamo ritornati io e Sasha il 30 e abbiamo verbalizzato di nuovo, abbiamo consegnato tutto il girato fino a quel momento”. In quell’occasione, è stata la stessa procura a spiegare ai due giornalisti di aver seguito la corretta procedura. Se si fossero comportati in modo diverso, sicuramente sarebbero finiti tra gli accusati. Eppure, in questi giorni la redazione del giornale online è stata perquisita dalle forze dell’ordine e Piccinini e Biazzo sono stati denunciati. “Sono andato personalmente in procura due giorni fa a dire che noi eravamo intenzionati a pubblicare il servizio sabato – racconta Piccinini – se avessi voluto forzare le procedure non mi sarei comportato in questo modo. Ma non ho avuto risposta, lo dimostrano anche le intercettazioni. Infatti, il telefono mio e di Sasha è sotto controllo da due mesi. Certamente mi è sembrato strano che non ci abbiano detto niente ma, ho pensato che avessero già raccolto le informazioni necessarie. Ora rischiamo un altro procedimento a nostro carico per violazione di segreto d’ufficio”. I colleghi sono stati protagonisti di una inchiesta nella quale sono riusciti a documentare il traffico di rifiuti illeciti e i collegamenti tra camorra e politica grazie ai quali lo smaltimento delle sostanze tossiche avveniva senza alcun controllo provocando disastri ambientali. “La Procura – spiegano in una nota Federazione nazionale della Stampa italiana e Sindacato unitario dei giornalisti Campania – era stata informata già dal direttore Francesco Piccinini di quanto era stato documentato. Mettere i giornalisti sotto inchiesta e perquisire una redazione non possono essere considerati ‘un atto dovuto’, soprattutto perché sono in gioco la libertà di informare e la tutela delle fonti dei cronisti, la cui segretezza non può essere messa in alcun modo a repentaglio”. Il Sindacato unitario dei giornalisti della Campania e la Federazione nazionale della Stampa italiana “esprimono solidarietà ai colleghi, di cui difenderanno in ogni sede il diritto di fare il loro lavoro nell’interesse dei cittadini ad essere informati”. Sono intervenuti nel corso della conferenza anche Claudio Silvestri, segretario Sugc, e Carlo Verna, presidente dell’Ordine dei Giornalisti. “Siamo costretti ad appellarci contro il nostro Paese alla Corte di Strasburgo – ha detto Verna -. Non è possibile che ci sia stata qui una perquisizione, perché la redazione è un luogo sacro, dove la libertà di stampa viene esaltata. Un ulteriore discorso da fare riguarda la fantasia con cui vengono disegnate nuove fattispecie di reato a carico dei giornalisti, anche quando questi stanno svolgendo estremamente bene la loro funzione sociale a favore della democrazia. L’inchiesta penale è diversa da quella giornalistica, è bene ricordarlo, hanno rilevanza diversa. Quando poi ci sono elementi coincidenti si fa esattamente quello che ha fatto il direttore di Fanpage.it: si va in Procura e si offrono questi elementi. Per cui difenderemo in tutti i modi la libertà di stampa e il giornalismo, che implica a sua volta il diritto del cittadino di sapere”. Grazie all’inchiesta di Fanpage, sono finiti nel registro degli indagati anche il consigliere regionale e candidato alla Camera per Fratelli d’Italia Luciano Passariello e Roberto De Luca, secondogenito del presidente della Regione Campania, attuale assessore al Comune di Salerno, Agostino Chiatto (segretario di Passariello), il consigliere delegato della società Sma Campania Lorenzo Di Domenico, il commercialista Carmine Damiano e gli imprenditori Nunzio Perrella, Rosario Esposito e Antonio Infantino. Alla redazione e ai colleghi va tutta la solidarietà di Articolo 21. Questo tipo di giornalismo, che fa luce su chi da sempre fa scempio del nostro territorio, andrebbe premiato non indagato.
Post n°14297 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
di Alberto Negri*
Per capire con che tipo di media si ha a che fare in Italia basta toccare l’argomento Israele e Medio Oriente. Oggi la Rai è riuscita a parlare dei raid israeliani ma anche dell’operazione della Turchia contro i curdi siriani senza mai accennare una volta, una volta sola, alle vittime di questo conflitto, i siriani, 500mila morti 7-8 milioni di rifugiati interni ed esterni. Non una parola sullo scontro Usa-Turchia, poi.
Di Israele che occupa il Golan dal 1967 non si fa cenno, come se fosse per caso che gli israeliani siano lì, sulle alture, dal 1967.
Viene colpito un aereo israeliano? Il mantra è sempre questo: Israele “si difende” e gli altri “attaccano”.
Non solo: l’Iran viene rappresentata come la nazione che domina il Medio Oriente, non quella che ha “anche” subito le guerre volute da altri.
Allora si capisce bene in che cosa consistono i nostri cosiddetti esperti di geopolitica: narratori di una realtà fuorviante, asettica e senza sangue, senza neppure una storia che non sia quella del giorno prima, dove Israele rappresenta l’Occidente e gli altri sono i “barbari”. Ma la Rai è solo un esempio, accompagnata da un corteo di giornali colonizzati da una loro versione della storia senza attinenza con la realtà.
La conseguenza è che in Medio Oriente, da anni, non ne imbroccano una. Ma come dice Velasquez, bisogna sempre scrivere e lottare.
*Post Facebook del 13 febbraio 2018. Riproposto su gentile concessione dell'Autore
Post n°14296 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
È curioso che il titolo del film La classe operaia va in paradiso sia un’appropriazione ‘politicamente scorretta’ di Pirro che lo prende a prestito, manipolandolo, da quello di un’opera teatrale - per giunta sull’armata rossa – e che oggi torni a rivivere proprio sul palcoscenico.. In una lunga intervista rilasciata a Enzo Latronico poco tempo prima di spegnersi, lo sceneggiatore e scrittore Ugo Mattone, in arte Ugo Pirro, racconta la genesi del film: “Innanzi tutto bisogna dire che noi di sinistra, effettivamente, non sapevamo un cazzo della fabbrica, o meglio, ci sfuggiva la vita degli uomini dentro la fabbrica, della catena di montaggio, della vita, dei ritmi di lavoro e dei loro ragionamenti. In effetti, chi c’era mai stato dentro una fabbrica? […] Siccome non ci andava mai bene niente, fondammo un Comitato Cineasti contro la repressione. Pagavamo tutto con i nostri soldi, la pellicola, lo sviluppo, tutto insomma, e decidemmo di seguire una lotta operaia alla FATME, appena fuori Roma, all’Anagnina (la FATME si occupava di apparecchi telefonici). Era stato appena licenziato un operaio e Potere Operaio aveva organizzato una lotta, con cortei intorno alla fabbrica, per farlo riassumere. […] Noi filmammo tutto, e pensammo che la storia di questo operaio (mi sembra si chiamasse Zimbelli) potesse essere una buona idea da raccontare al cinema”. […] Il titolo l’ho inventato io e ti dico anche da dove l’ho preso, da un dramma teatrale dell’epoca della rivoluzione russa che s’intitola L’armata rossa va in paradiso.” La classe operaia va in paradiso è il secondo atto della così detta ‘trilogia del potere’, iniziata con Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e che si conclude con La proprietà non è più un furto (1973). Rappresenta inoltre lo zenit del sodalizio Pirro/Petri/Volonté; una sinergia di grandi talenti ma dai caratteri estremi, come per certi aspetti sono stati gli anni della contestazione. In Il cinema della nostra vita, Pirro ha dichiarato che “[…] fu proprio il titolo a ispirare la scena finale, allorché alla catena gli operai sognano senza illusioni il loro paradiso. Nessuno fra quanti presero parte al film e tanto meno la critica colse il significato di quella scena, così disperata e premonitrice”. Tra gli oltre mille fascicoli che compongono il fondo Pirro si trovano centinaia di pagine - "trafitte in ogni spazio bianco da quella scrittura minuscola" – dedicate all’elaborazione della sceneggiatura del primo film italiano che racconta l’esistenza degli operai. Ogni scena è stata pensata nei minimi dettagli, i dialoghi scritti e riscritti più volte, come l’incontro al manicomio dal sapore pirandelliano tra Lulù Massa (Gian Maria Volonté) e l’ex operaio Militina (Salvo Randone), o i diversi momenti di scontro fuori e dentro la fabbrica. Particolare attenzione è stata riservata alla scrittura dei dialoghi tra sindacati, operai e il movimento studentesco; se ne trovano diverse versioni. Invece, del feroce quanto straordinario finale onirico nulla, neppure una riga. Al suo posto, un finale che non muta l’interpretazione pessimistica di Pirro/Petri sul destino riservato ai lavoratori a cottimo, ma fa di Lulù Massa un eroe tragico, nel senso più classico del termine: “La sirena suona, è come un urlo di morte, i cancelli cigolano, Massa abbassa la testa, ha la cieca espressione di un toro sanguinante. […] Massa corre corre verso la palazzina dei padroni inseguito dalle jeep che gli urlano addosso. Ora Massa non corre più verso il tradimento, verso il suo posto di lavoro, ma verso il massacro, il sacrificio, si ferma alza le mani quasi a favorire la sua distruzione fisica e una jeep lo investe lo sbatte contro la vetrata della direzione. L’immagine si ferma sulla sua ultima smorfia della vita, il braccio destro è alzato, il pugno è chiuso teso verso il cielo. Sembra già bussare alla porta del Paradiso.” Una conclusione che avrebbe dato al protagonista un senso di riscatto, restituendogli la dignità umana e allo spettatore una possibilità di catarsi. E invece gli autori, tirano dritto, sfondano il muro, soffocando ogni speranza nella nebbia.
Post n°14295 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Post n°14294 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Post n°14293 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
E così, dopo tante piccole bugie e grandi fake news... gli Usa ammettono: non abbiamo prove delle armi chimiche di Assad da antidiplomatico
E così, dopo tante piccole bugie e altrettante spudorate menzogne, la narrativa anti-Assad subisce una ferita mortale: gli Stati Uniti hanno ammesso che non hanno nessuna prova che il presidente siriano abbia usato il sarin.
Inizia così un articolo che ho pubblicato per Occhi della guerra (cliccare qui) che dà conto delle sorprendenti affermazioni del ministro della Difesa americano James Mattis, il quale, in una conferenza stampa tenuta il 2 febbraio, ha ammesso che il raid americano di aprile in Siria, conseguente alla strage di Khan Sheikhoun (presso Idlib) causata da un gas tossico, non aveva alcun fondamento. Allora gli Stati Uniti avevano accusato Assad di aver usato il sarin contro i ribelli, mentre Damasco e Mosca respingendo tali accuse, spiegavano che l’aviazione siriana aveva colpito un sito dei “ribelli” nel quale era stipato il gas. O che gli stessi ribelli avessero inscenato l’attacco per spingere gli americani a intervenire in loro difesa.
Ma torniamo alla conferenza stampa di Mattis. Alla precisa domanda di un cronista, che gli ha chiesto conferma di quanto il ministro gli aveva confidato in privato, se cioè che gli Stati Uniti stessero ancora cercando le prove riguardanti le responsabilità di Assad sull’accaduto, Mattis ha risposto: «Non abbiamo la prova […] stiamo cercando le prove».
Una rivelazione che contraddice del tutto le certezze di allora, quando fu ordinata la ritorsione. E che mina nel profondo la narrativa volta a dipingere Assad come un criminale di guerra.
Peraltro, se gli Stati Uniti hanno mentito su una questione così rilevante, che ha tenuto per giorni il mondo con il fiato sospeso (si sfiorò uno scontro con Mosca), quante altre menzogne sono state propalate dall’Occidente su questa sporca guerra in cui propaganda e informazione sono legano in maniera indissolubile?
I gas di Assad somigliano sempre più alle armi di distruzione di massa di Saddam: artifici per giustificare un intervento militare americano in Siria.
Resta il dubbio del perché un uomo navigato e abile come Mattis abbia voluto rivelare un particolare tanto imbarazzante. Perché è evidente che non si tratta di uno scivolone.
Probabile che il generale, come gli altri che attorniano Trump e formano il nerbo della sua amministrazione, abbia voluto indirizzare un segnale a Mosca. Gli Stati Uniti non vogliono un’escalation in Siria. Ovvio che le due potenze hanno interessi contrastanti. E che la conflittualità alta.
È però più che probabile che i generali Usa vogliano conservare il conflitto nell’alveo di una cornice consolidata, che ne renda gestibile le inevitabili criticità.
Una posizione contrastata dai neocon e dai settori dell’apparato militare e di intelligence che rispondono a loro. Che invece stanno cercando in tutti i modi di far deragliare il conflitto per poter arrivare alla tanto agognata guerra contro l’Iran.
Probabile che il bombardamento della settimana scorsa, che ha falcidiato le forze siriane (e alleate) a Deir Ezzor provocando circa cento morti (Piccolenote), sia da inquadrarsi nell’ambito di questo conflitto interno agli Stati Uniti. Un’azione tanto anomala e tanto debordante poteva provocare appunto un’escalation. E certo non sarebbe stato sufficiente a evitarla solo l’usuale avvertimento previo inviato dal comando militare Usa in Siria all’omologo russo.
Come è evidente l’intento provocatorio successivo, quando gli Stati Uniti hanno comunicato che le bombe Usa avrebbero ucciso 200 russi (una probabile forzatura numerica, che ne acuisce l’intento provocatorio).
Certo, Mosca ha protestato vibratamente, ma senza assecondare la spinta all’escalation. Più che probabile che, sottotraccia, qualche messaggio sia intercorso tra Washington e Mosca. Che ha evitato il peggio. Alla Siria e al mondo.
Post n°14292 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Titolo originale: The Shape of Water - DATA USCITA: 14 febbraio 2018
- GENERE: Drammatico, Fantasy, Sentimentale
- ANNO: 2017
- REGIA: Guillermo del Toro
- ATTORI: Sally Hawkins, Octavia Spencer, Michael Shannon, Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg, David Hewlett, Nigel Bennett, Nick Searcy, Martin Roach, Lauren Lee Smith, Allegra Fulton, John Kapelos, Morgan Kelly, Marvin Kaye, Wendy Lyon
- PAESE: USA
- DURATA: 123 Min
- DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox
TRAMA LA FORMA DELL'ACQUA: Nella sua nuova opera, La forma dell'acqua, il visionario Guillermo del Tororacconta una fiaba gotica ricca di suggestioni fantasy, ambientata nel pieno della Guerra Fredda americana (siamo nel 1963) e incentrata su una giovane eroina senza voce. A causa del suo mutismo, l'addetta alle pulizie Elisa (Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grosse ambizioni o aspettative. Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda (Octavia Spencer) si imbattono per caso in un pericoloso esperimento governativo: una creatura squamosa dall'aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d'aqua. Eliza si avvicina sempre di più al "mostro", costruendo con lui una tenera complicità che farà seriamente preoccupare i suoi superiori.
Il film ha vinto il Leone d'Oro al Festival di Venezia 2017 ed è candidato a 13 Premi Oscar 2018. PANORAMICA SU LA FORMA DELL'ACQUA: "L'acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l'acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell'universo. Vale anche per l'amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l'amore resta sé stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura." Parla così del suo film, Guillermo del Toro, il regista messicano che non ha mai nascosto la sua passione per i mostri, per storie capaci di impaurire e incantare allo stesso tempo, così come facevano i classici horror della Universal di cui si è nutrito per anni, popolati di creature sì mostruose, ma intrappolate in uno stato transitorio - parte umane, parte qualcos'altro -, uno stato in cui chiunque si sia sentito emarginato, potesse identificarsi. Uno di questi esseri era proprio il Mostro della laguna nera protagonista del b-movie diretto nel 1954 da Jack Arnold e dei due sequel che ne sono derivati, il Gill-Man che è chiaramente un'ispirazione diretta per l'essere anfibio protagonista di The Shape of Water. Un film che nasce da una chiacchiera tra il regista messicano e Daniel Kraus, suo cosceneggiatore nella serie animata Trollhunters, avvenuta durante una colazione, durante la quale Kraus raccontò di un'idea avuta da ragazzo diventata poi il soggetto essenziale del film: quello di una donna delle pulizie di un impianto governativo che intesse un'amicizia con un uomo anfibio tenuto lì prigioniero. Nelle mani di del Toro, che per girare The Shape of Water ha rinunciato al sequel di Pacific Rim, questa trama è poi diventata una vera e propria storia d'amore, di un amore anche carnale che, per il regista, rappresenta la completa fusione tra due anime. Se il cast del film appare così azzeccato e funzionale alla storia che racconta, è di certo anche perché del Toro ha scritto il copione avendo fin dall'inizio in mente gli attori cui poi ha chiesto di partecipare al film: Sally Hawkins - che del Toro ha raccontato di aver approcciato da ubriaco ai Golden Globe del 2014, e che proprio in quel momento stava scrivendo una storia in cui una donna non si rende conto di essere una sirena - nei panni di Eliza, la protagonista; Richard Jenkins in quelli del suo amico e vicino di casa omosessuale, che l'aiuterà a salvare la Creatura; Michael Shannon in quelli del feroce agente governatico che ha catturato e che tortura la Creatura; Michael Stuhlbarg in quelli dello scienziato che invece vuole studiarla e proteggerla; Octavia Spencer in quelli della collega e grande amica di Eliza. Nei panni della Creatura, il cui aspetto definitivo ha richiesto nove mesi di lavoro, c'è Doug Jones, alla sua sesta collaborazione con del Toro, l'attore che è stato in precedenza per lui il Fauno del Labirinto del Fauno e l'Abe Sapien dei due Hellboy, giusto per citare due ruoli. L'attesa attorno a questo film è stata altissima fin da quanto è stato diffuso online il primo trailer, di fronte al quale Kevin Smith ha sentito di twittare che "Vedere qualcosa di così bello mi fa sentire stupido per definirmi anche io un regista". E se The Shape of Water è riuscito a vincere il Leone d'Oro al Festival di Venezia 2017, pur essendo un blockbuster, e rompendo quindi una consolidata tradizione festivaliera, un motivo ci sarà pure. CURIOSITÀ SU LA FORMA DELL'ACQUA: Alcuni dei film e telefilm citati in La Forma dell'Acqua:
Guillermo del Toro, la cui cinefilia è ben nota, riempie il suo film di citazioni, evitando di fare riferimento ai capolavori del musical e della Hollywood classica e preferendo inserire pellicole minori e attrici di grande successo popolare, per comunicare l'idea che qualsiasi film, per un ragazzo, rappresenta un mondo magico e di speranza. Ecco dunque che Elisa, la protagonista della storia, vede in tv col suo più anziano amico Giles. oltre ai notiziari dell'epoca (l'annuncio del presidente John F. Kennedy dell'inizio della cosiddetta crisi dei missili di Cuba, con l'inasprimento della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, il 22 ottobre 1962) telefilm come Mister Ed - The Talking Horse, ma soprattutto musical minori degli anni Quaranta, che risalgono all'epoca della giovinezza di Giles. Tre di questi hanno come protagoniste altrettante dive del periodo, oggi dimenticate dai più: l'esotica ballerina brasiliana Carmen Miranda, la cantante Alice Faye e la pin-up dei soldati americani Betty Grable, rispettivamente in Una notte a Rio (1941), Vecchia San Francisco (1943, in cui Alice Faye interpreta la canzone premio Oscar che Elisa canta nel sogno ad occhi aperti al suo amore anfibio, "You'll Never Know") e L'isola delle sirene, sempre del 1943. E' invece del 1935 Il piccolo colonnello, dove il più grande tap dancer della storia, Bill “Bojangles” Robinson, stella del Cotton Club, fa da spalla come in altri film alla diva bambina Shirley Temple, purtroppo relegato, per il colore della sua pelle, a ruoli insignificanti. Il ballo tra Elisa e la Creatura è invece ispirato, nelle coreografie, a due film con Fred Astaire: Seguendo la flotta (1936) e Balla con me (1940). La Forma dell'Acqua: guida ai contenuti dello scrigno magico di Guillermo del Toro Dal Trailer Uffciale in Italiano del Film Richard Strickland (Michael Shannon): Se sapete qualcosa su quello che è successo qui, è vostro dovere...denunciarlo.
Zelda Fuller (Octavia Spencer): Brava, fingi di non sapere niente
Generale Hyot (Nick Searcy): La tua unica preoccupazione è la risorsa, la vogliono i Sovietici, ce l'hai? Richard: Signore, la sto recuperando
Richard: Avete visto qualcuno entrare o uscire dal laboratorio? Zelda: No, niente di insolito
Fleming (David Hewlett): Potrebbe essere in assoluto il soggetto più sensibile mai ospitato in questo laboratorio!
Richard: Come sono entrati? Fleming: È un gruppo altamente addestrato di almeno dieci uomini: efficienti, spietati e meticolosi
Richard: Tu risolvi, è questo che fai, risolvi...giusto? Giusto??
Richard: Se sai qualcosa che non mi stai dicendo, me lo dirai!
Zelda: Sta venendo, vattene subito e porta via quell'essere
Elisa Esposito (Sally Hawkins): F-O-T-... Richard: Cosa mi hai detto? Che dice? Cosa sta dicendo?? Zelda: Sta dicendo "grazie" IL CAST DI LA FORMA DELL'ACQUA:
Post n°14291 pubblicato il 17 Febbraio 2018 da Ladridicinema
A casa tutti bene è un film di genere commedia, drammatico del 2018, diretto da Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi e Carolina Crescentini. Uscita al cinema il 14 febbraio 2018. Durata 105 minuti. Distribuito da 01 Distribution. - DATA USCITA: 14 febbraio 2018
- GENERE: Commedia, Drammatico
- ANNO: 2018
- REGIA: Gabriele Muccino
- ATTORI: Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi, Christian Marconcini, Elena Minichiello, Renato Raimondi, Elena Rapisarda, Elisa Visari
- PAESE: Italia
- DURATA: 105 Min
- DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
Il nuovo film di Gabriele Muccino, A casa tutti bene è il ritratto di una grande famiglia riunita per festeggiare le Nozze d'Oro dei nonni. Sbarcati sull'isola dove la coppia di pensionati si è trasferita a vivere, figli e nipoti si ritrovano bloccati sull'isola a causa di un'improvvisa mareggiata che impedisce ai traghetti di raggiungere la costa. Il nutrito nucleo/cast composto tra gli altri da Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi e Carolina Crescentini, sarà costretto a fermarsi più a lungo del previsto sull'isoletta, sotto lo stesso opprimente tetto e in compagnia di numerosi parenti invadenti. Il confronto inevitabile farà riemergere antiche questioni in sospeso, riaccenderà conflitti e gelosie del passato, inquietudini e paure mai sopite. Ci sarà persino un colpo di fulmine, o forse è solo la tempesta che imperversa all'esterno.
Anche se L'estate addosso era già un film italiano, perché parlato nella nostra lingua e interpretato per metà da attori non statunitensi, A casa tutti bene segna il ritorno ufficiale di Gabriele Muccino in patria, tanto che lui stesso lo ha definito fin dal principio "il film del ritorno a Itaca", paragonandosi a un Ulisse, se non più anziano, comunque più saggio del personaggio nato dalla fantasia di Omero, un uomo pacificato che ha firmato un'opera personalissima incentrata innanzitutto sulla famiglia, una grande famiglia, in questo caso. PANORAMICA SU A CASA TUTTI BENE: L'azione di A casa tutti bene si svolge su un'isola immaginaria, luogo simbolico dal quale a volte è difficile fuggire e dove una tempesta trattiene più a lungo del previsto figli, nipoti, cognati e cugini riuniti da Alba e Pietro, che festeggiano le nozze d'oro. I personaggi sono dunque numerosi e ognuno è chiamato a fare i conti con il proprio passato, con gelosie mai sopite, rapporti irrisolti e imprevisti colpi di fulmine. In un simile tourbillon di confronti umani, i sentimenti la fanno dunque da padrone, collocando il film all'interno del genere melò - anche se Gabriele Muccino parla di "racconto epico" - e accostandolo inevitabilmente a L'ultimo bacio. Da quell'opera, A casa tutti bene "prende", oltre ai travolgenti movimenti di macchina parte del suo cast: Stefano Accorsi, Stefania Sandrelli, Pierfrancesco Favino e Sabrina Impacciatore, mentre sono alla loro prima esperienza con il regista romano Ivano Marescotti, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Carolina Crescentini, Gianfelice Imparato, Giampaolo Morelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi e Sandra Milo. Giulia Michielini, invece, era già stata diretta da Gabriele in Ricordati di me. Ognuno di loro - ha raccontato il regista - ha messo qualcosa di sé nella storia, che risulta la "summa" di diverse anime. Scritto insieme a Paolo Costella (che è uno degli sceneggiatori di Perfetti sconosciuti), A casa tutti bene - la cui canzone "tormentone" è Bella senz'anima (cantato anche dai personaggi a cominciare dal trailer) segna anche un altro ritorno: quello di Nicola Piovani al cinema. Il compositore, autore della colonna sonora del film, è alla sua prima collaborazione con il regista, cosa che non si può dire per il direttore della fotografia Shane Hurlbut, che ha illuminato Padri e figlie. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Ufficiale del Film A casa tutti bene: Paolo (Stefano Accorsi): Dicono che la famiglia sia il nostro punto di partenza, poi di fuga e alla fine diventi quello di ritorno
Ginevra (Carolina Crescentini): Per le loro nozze d'oro i miei ci hanno voluto riunire tutti, era stato organizzato per stare bene tutti insieme, come quando eravamo bambini
Carlo (Pierfrancesco Favino): Poi, però, lì ci siamo rimasti bloccati e scopri che chi ti sta più vicino non lo conosci per niente
Isabella (Elena Cucci): Ti vedono come la scheggia impazzita a casa Paolo: Non mi vedono da anni...non sanno niente di me
Sara (Sabrina Impacciatore): Come hai fatto tu a sopportare tutti i tradimenti di papà?
Carlo: A te questa cosa proprio non ti va giù, io voglio che siamo solo tutti felici, porca puttana!
Ginevra: Da quant'è che ci stai addosso? Come un avvoltoio! Carlo: Basta...per favore! Ginevra: Te lo dico io! Sono nove anni! Elettra (Valeria Solarino): Ma te sei una malata di mente, sei!
Pietro (Ivano Marescotti): Io sono cresciuto orfano, a me una famiglia mi sta sul cazzo!
Nipote (Elena Rapisarda): Giuro che il giorno dopo che faccio 18 anni scappo e non mi vedono più
Paolo: Vorrei una vita normale Alba (Stefania Sandrelli): Le vite normali non esistono IL CAST DI A CASA TUTTI BENE:
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
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il 15/10/2020 alle 16:34
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il 13/11/2019 alle 16:33
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il 11/07/2019 alle 16:27
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il 02/04/2019 alle 14:45