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Cinerama

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FREE TIBET!

Post n°194 pubblicato il 26 Marzo 2006 da Pars1fal
Foto di Pars1fal

"Sette anni in Tibet", "Seven years in Tibet", Usa 1997, di J.J. Annaud, con Brad Pitt, David Thewlis, B.D. Wong.

Nel corso della seconda guerra mondiale, Heinrich Harrer viene arrestato dagli inglesi durante il suo tentativo di scalare il Nanga Parbat. Imprigionato in India, riesce a fuggire e a rifugiarsi in Tibet, dove inizierà una profonda amicizia col Dalai Lama.

Quando ancora Brad Pitt era un attore e non il segugio della Jolie, regalava emozioni intense con le sue interpretazioni davvero convincenti al di là dell'involucro freddo che oggi ci rimane, rimpianto del talento che fu. "Seven years in Tibet" è testimonianza di ciò che intendo, un film che rientra alla perfezione nei canoni tibetani ma allo stesso tempo ci travolge nella frenetica evoluzione di un popolo oppresso ed oppressore quale quello cinese. Molte volte i film riescono nell'impresa (sbagliata ma alla fine utile) di sostituire un libro di scuola, o almeno potrebbero riuscire ad invogliare, ad incuriosire chi ha della Cina una proiezione mentale poco dissimile dallo spauracchio ebete odiernamente presente nel "grande fratello". La Cina fa paura e tutti noi ci inchiniamo ad una dittatura comunista capace di prendere il peggio dal sistema capitalistico occidentale, con molta soddisfazione di alcuni nostri industriali che in pubblico si dissociano sdegnati ma poi corrono ad aprire un'altra fabbricuccia in estremo oriente. Ed il popolo cinese? Il popolo cinese è morto nel 1989. Esistono dei fantasmi che lavorano 20 ore su 24 per 30 dollari mensili, esistono fantasmi che giocano a fare i turisti in Tibet, grazie ad un governo che in quei luoghi pratica prostituzione, gioco d'azzardo, deridendo e opprimendo luoghi sacri paragonabili alla nostra piazza San Pietro. Ed il mondo occidentale continua ad inchinarsi, anzi premia questo sistema incapace di concepire concetti basilari come il rispetto dei diritti umani, rispetto per chi piuttosto si sta facendo sterminare invece di reagire. Le olimpiadi erano sinonimo di pace e fratellanza all'insegna dello sport, l'olimpiade di Pechino 2008 è lo specchio del degrado morale dell'umanità, dell'interesse al di sopra della civiltà, di una globalizzazione deviata verso l'oppressione sociale. Sinceramente ho un'altra idea di globalizzazione, sinceramente spero di essere presto smentito dai governanti europei.

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