viva la giustizia

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Post n°77 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da LIVEFIBA

La denuncia di privati *

L’articolo 333 del codice di procedura penale statuisce, riguardo alla denuncia di privati, che “Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta dal denunciante o da un suo procuratore speciale”.

Quanto al contenuto della denuncia esso, così come indicato dall´articolo 332 del codice di procedura penale, è costituito dalla esposizione degli elementi essenziali del fatto nonchè, quando è possibile, dalle generalità, dal domicilio e da quanto altro possa portare alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti

La denuncia quindi, secondo quanto sopra esposto, può essere relativa esclusivamente ad un reato perseguibile di ufficio ossia ad un reato che non necessita di alcuna manifestazione di volontà, da parte della vittima, nè di alcuna autorizzazione “esterna” al sistema penale per essere perseguito.

Può essere proposta da ogni persona che abbia notizia di tale tipo di reato e non solo dalla persona offesa dallo stesso.

Essa, come statuito dall´articolo 333 del codice di procedura penale, deve essere obbligatoriamente resa:

  • dal cittadino italiano che abbia avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge preveda la pena dell´ergastolo (art.364 codice penale);
  • da chiunque abbia ricevuto in buona fede monete contraffatte o alterate e si accorga della loro contraffazione (art.694 c.p.);
  • da chiunque abbia ricevuto denaro o acquistato o comunque ricevuto cose provenienti da delitto senza conoscerne o sospettarne la provenienza (art.709 c.p.);
  • da chi abbia notizia che nel luogo da lui abitato si trovano materie esplodenti (art.679 C.P.) o rinvenga esplosivi di qualunque natura o venga a conoscenza di depositi o di rinvenimenti di esplosivi (art.20 comma 6 L.18/4/1975, n. 110);
  • da chi abbia subito il furto o sia incorso nello smarrimento di armi, parti di esse o esplosivi di qualunque natura (art.20 comma 3 L.110/1975). Chiunque rinvenga un´arma o parte di essa è tenuto ad effettuarne immediatamente il deposito presso l´autorità locale di Pubblica Sicurezza o, in mancanza, al più vicino comando dei Carabinieri (art.20 co.5 L.110/1975);
  • dai rappresentanti di enti sportivi che, nell´esercizio o a causa delle loro funzioni, hanno avuto notizia di frodi in competizioni sportive.

In tutti gli altri casi la proposizione della denuncia da parte del cittadino è facoltativa ed è quindi rimessa alla sua libera scelta

Essa può essere presentata, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria (presente nelle Questure, nei Commissariati di P.S. e nelle Compagnie e Stazioni dei Carabinieri):

  • in forma orale, ed in tal caso lo stesso redigerà verbale,
  • in forma scritta, sottoscritta dal denunciante o dal procuratore speciale.

Generalmente non vi è alcun termine temporale entro il quale proporre la denuncia quando questa è facoltativa.

Diversamente, quando essa è obbligatoria, apposite disposizioni, contenute nel codice penale, stabiliscono il termine entro il quale deve essere proposta.

Inoltre, ex art. 107 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, la persona che presenta una denuncia o che propone una querela ha diritto di ottenere attestazione della ricezione dall´autorità davanti alla quale la denuncia o la querela è stata presentata. L’attestazione può essere apposta in fondo alla copia dell´atto.

La querela

Gli articoli del codice di procedura penale (dal 336 al 340) che regolano la querela sono inseriti all´interno del Titolo III intitolato “Condizioni di procedibilità”.

Ciò è dovuto al fatto che la querela è considerata una condizione di procedibilità ossia una condizione in mancanza della quale non si procede in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato non perseguibile d´ufficio.

La querela è costituita da due parti: la prima è la dichiarazione con la quale la persona che ha subito un reato, o il suo legale rappresentante, manifesta la volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato non perseguibile d´ufficio, la seconda è l´esposizione del fatto reato.

Il diritto di proporre querela spetta , come stabilito dall´art. 120 del codice penale, esclusivamente alla persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d´ufficio o dietro richiesta.

Per i minori di quattordici anni e per gli interdetti a causa d´infermità di mente, il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore.

I minori che hanno compiuto quattordici anni e gli inabilitati, possono esercitare il diritto di querela, e possono anche, in loro vece, esercitarlo il genitore o il tutore o il curatore, nonostante ogni dichiarazione contraria di volontà, espressa o tacita, del minore o dell´inabilitato.

Il diritto di querela non può essere esercitato, così come disposto dall´articolo 124 del codice di procedura penale, salvo che la legge disponga altrimenti, trascorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato.

La querela può essere proposta, personalmente o attraverso di procuratore speciale, alle stesse figure incaricate di ricevere la denuncia nonchè, all´estero, ad un agente consolare .

Inoltre, essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita in busta chiusa per posta raccomandata.

Quando la dichiarazione di querela avviene oralmente, il verbale in cui essa è ricevuta è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale.

L’autorità che riceve la querela provvede all´attestazione della data e del luogo della presentazione, all´identificazione della persona che la propone e alla trasmissione degli atti all´ufficio del pubblico ministero.

Eccezionalmente, la querela può anche essere proposta oralmente ad un agente di polizia giudiziaria, infatti, come previsto dall´ articolo 380 CPP, “se si tratta di delitto perseguibile a querela, l´arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all´ufficiale o all´agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l´avente diritto dichiara di rimettere la querela , l´arrestato è posto immediatamente in libertà “.

Il diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa ma, se la querela è stata proposta prima di tale evento, la morte della persona offesa non estingue il reato.

Al diritto di querela si può rinunciare in maniera espressa o tacita ancor prima di esercitarlo infatti, secondo l´art 124 del CP “ Il diritto di querela non può essere esercitato se vi è stata rinuncia espressa o tacita da parte di colui al quale ne spetta l´esercizio. Vi è rinuncia tacita, quando chi ha facoltà di proporre querela ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di querelarsi”.

La rinuncia espressa è fatta personalmente, o attraverso il procuratore speciale, con dichiarazione sottoscritta, rilasciata all´interessato o a un suo rappresentante.

Tale dichiarazione può anche essere fatta oralmente a un ufficiale di polizia giudiziaria o a un notaio che, accertata l´identità del rinunciante, redigono il verbale sottoscritto dal dichiarante.

Nella stessa dichiarazione può anche essere espressa la volontà di rinunciare all´azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno.

Se invece la querela è già stata proposta si può esercitare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, il diritto di remissione della querela con una dichiarazione diretta all´autorità procedente o ad un ufficiale di polizia giudiziaria che ne curerà la trasmissione alla citata autorità.

La remissione però non produce effetto se il querelato la ricusa espressamente o tacitamente compiendo fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione.

Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato.

Vi è infine da notare che non è consentita, per alcune ipotesi di violenza sessuale (art. 609 bis C.P.) o di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater C.P.), la remissione della querela.

Per tali reati, infatti, la querela può essere presentata entro il termine di sei mesi e, dopo la sua proposizione, diventa irrevocabile.

* Articolo redatto da M.V. - Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni

 
 
 

Post N° 78

Post n°78 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da LIVEFIBA

Bloggers: responsabilità e consapevolezza

Stanno aumentando sempre di più le ricerche (di qualità) che vogliono capire chi sono i bloggers e quale sia il loro mondo sociale di riferimento.

Fernanda B. Viégas, ricercatrice del Media Lab del Massachusets Institute of Technology (MIT) di Boston, nel periodo fra il 14 e il 21 gennaio 2004, ha svolto una websurvey con lo scopo di chiedere ai bloggers alcune informazioni relative alla loro attività online.
Nel numero di aprile 2005 del
Journal of Computer Mediated Communication (JCMC), sono usciti i primi risultati della ricerca (Bloggers’ Expectations of Privacy and Accountability:An Initial Survey).

Dato che il blog è uno strumento particolarmente potente che ha un impatto tutt’altro che indifferente sulla rete dei contati sociali e sui temi affrontati nel blog, scopo della ricerca è stato quello di vedere come il bloggers si relaziona rispetto ai temi della privacy e della responsabilità.

Le aree rilevate dal questionario sono state: contenuto del blog, gestione dell’identità del bloggers, conoscenza del pubblico che legge il blogger, atteggiamento nei confronti della persistenza dell’informazione sul blog.

Alcuni risultati sono:
1. I blogger decidono autonomamente di seguire le norme di condotta (netiquette) alla base del blog.
2. I blogger si considerano responsabili del contenuto messo online.
3. I blogger non hanno una conoscenza dettagliata del proprio pubblico, che li porta a fare congetture sul proprio lettore-tipo.
4. Alla domanda se hanno avuto problemi per aver postato alcune informazioni sul proprio blog, il 64% ha risposto di no, il 36% invece ha risposto di si (il 6% dei quali ha detto di aver incontrato problemi frequentemente).
5. Esiste una correlazione positiva fra post altamente personali pubblicati sul blog e problemi nati da questa attività.

Se volete dare uno sguardo alla ricerca, si trova qui:
Fernanda B. Viégas, Bloggers’ Expectations of Privacy and Accountability:An Initial Survey

fonte : tecnoetica

 
 
 

Post N° 79

Post n°79 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da LIVEFIBA

 
 
 

Post N° 80

Post n°80 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da LIVEFIBA

I blogger e le responsabilità per quanto pubblicano

Una questione che ha messo in allarme parte dei blogger è stata la problematica sulla responsabilità di quanto scrivono. BlogGoverno, una comunità di blogghisti che controllano e discutono l’agenda del governo italiano, ne discusse internamente ed espose i propri timori in un post nel giugno scorso (cfr. “BlogGoverno a rischio chiusura”, “La paura dei bloggers”).

Tentiamo dunque di dare un’interpretazione che tenga conto dei diversi aspetti giuridici che interagiscono nella blogsfera. Errori interpretativi e diffusione di questi reca inutile allarmismo tra gli utenti.

Responsabilità penale. E’ sempre “personale”, pertanto ognuno è responsabile personalmente di quanto scrive. Anche nel caso di blog collettivi è il singolo autore a rispondere dei propri scritti, non già la Web Community di cui fa parte. Non serve precisarlo in apposite note legali.
Ciò vale anche per i commenti inseriti dai terzi – anche se elaborati in forma anonima – poiché la responsabilità penale è, appunto, personale e non può essere direttamente perseguito il proprietario di un blog per un commento inserito da un visitatore: la Polizia Postale è in grado di risalire il mittente per il tramite di (complesse) indagini. Il proprietario del blog sui cui il commento viene inserito sarà, caso mai, responsabile della negligenza di controllo ovvero per la mancata rimozione del commento (ma di questo aspetto si veda oltre).

Responsabilità per negligenza. Nel caso di post su blog collettivi o di commenti che ledono diritti o immagine e dignità di terzi, il proprietario del blog non è responsabile personalmente dello scritto/commento lesivo – come dicevamo nel precedente paragrafo – ma può essere giudicato per il mancato controllo (negligenza) e/o la mancata rimozione di tale testo. Ad esempio, qualora un blogger trovi un commento offensivo (nei confronti di chiunque) sul proprio spazio web, è tenuto alla rimuoverlo tempestivamente per limitare i danni altrui. In tal senso, e non per la specifica responsabilità penale dello scritto offensivo, può essere avviata un’azione legale nei confronti del titolare del weblog.

Direttore del blog. Come di recente ha espresso il Tribunale di Aosta (sentenza del 26/05/2006), il titolare del blog assume le vesti di “direttore” delle proprie pagine web. A causa di errori interpretativi, forse dovuti a letture frettolose della sentenza citata, è stato frainteso il significato della chiave della sentenza: il blogger è il direttore del blog. Ragion per cui egli deve prontamente eliminare i contenuti offensivi, ovvero lesivi di diritti altrui, in quanto egli ne ha i pieni poteri d’intervento (di moderazione).
Questa raccomandazione non è tesa ad escludere i blog dalla cerchia di soggetti a cui è rivolta la legge 7 marzo 2001, n. 62, che molti bloggisti citano. La legge in esame è rivolta ai “prodotti editoriali” (si legga innanzitutto il titolo della normativa: “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416”), dove dovremmo ricondurre il termine “editoriale” al significato linguistico di “editoria” che riguarda l’industria di pubblicazione (in originale del libro), l’insieme degli editori e della loro attività, dove editore è chi stampa e pubblica a “scopo commerciale”. E il blogger è sempre a scopo commerciale? La risposta è negativa.
L’equiparazione del blog ad una testata giornalistica può adoperarsi solo per chiarire che il blogger, avendo il controllo del blog, è come se ne fosse il direttore. E al discorso si aggiunge, ancorché ormai esclusa l’applicazione, che il weblog non può essere soggetto alla normativa sulla stampa poiché non sussiste alcuna periodicità di aggiornamento (art. 1, comma 3 della L. 62/2001).

Efficacia del disclaimer. E’ ormai consuetudine deresponsabilizzare i weblog (anzi, i blogger) con l’ausilio di disclaimer. Questi sono utili al lettore per comprendere agevolmente l’ambito delle responsabilità, eventualmente esterne al sito. Dichiarare di “non essere responsabili” non serve: la legge vige indipendentemente dai nostri tentativi di dissuadere i lettori dall’agire in giudizio. E se, per esempio, declinassimo ogni responsabilità per i commenti inseriti dovremmo ricordare l’inefficacia parziale di questa clausola poiché il “direttore del blog” è responsabile per il mancato controllo e/o rimozione dei commenti offensivi o lesivi di diritto altrui (cfr. secondo paragrafo).
Disclaimer inutile? Ancora una volta la risposta è negativa, seppur parzialmente, in quanto possiamo utilizzarlo per chiarire ai lettori alcuni aspetti, come l’indicazione chiara dei nominativi di “chi fa che cosa” in un blog collettivo (es. moderatore, amministratore, ecc.), secondo un lecito valido accordo interno.

Accordi tra le parti. L’autonomia contrattuale è valida. In un weblog collettivo i membri che ne prendono parte possono stipulare contratti per la divisione dei compiti e responsabilità tra loro, ai sensi degli artt. 1321 e ss. del codice civile. Questi accordi potranno essere eccepiti in giudizio per escludere taluni soggetti da determinate responsabilità (salvo quella personale di tipo penale) ovvero come elemento probatorio nell’ambito di procedimenti legali.

Ringrazio l’avv. Daniele Minotti per la gentile collaborazione prestata discutendo e condividendo le tesi alla base di questo articolo.
Luca Lodi

fonte : Luca Lodi

 
 
 

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Post n°81 pubblicato il 14 Febbraio 2008 da LIVEFIBA

fonte: iureconsult

Sottrazione e soppressione di corrispondenza
616 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza

Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire 60.000 a 1 milione (15 Cost.; c.p.619).
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni (c.p.618).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa (c.p.120-126).
Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per "corrispondenza" si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza .

Sentenza della Cassazione
Sentenza n. 11360 del 1998

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.: Udienza pubblica
Dott. Luigi Sansone Presidente del 14/10/1998
Dott. Giovanni Caso Consigliere SENTENZA
Dott. Ugo Scelfo " N.1338
Dott. Antonio Stefano Agrò " REGISTRO GENERALE
Dott. Giovanni Conti " N.17405/98
ha pronunciato la seguente



SENTENZA
sul ricorso proposto da ......avverso la sentenza 19 febbraio 1998 della Corte d'Appello di Ancona.
Visti gli atti ed il ricorso.
Udita la relazione del Consigliere dottor Antonio Stefano Agrò. Udita la requisitoria del P.G. dott. Oscar Cedrangolo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. ....ricorre contro la sentenza 19 febbraio 1998 della Corte d'Appello di Ancona che, a conferma della decisione del Tribunale di Pesaro del 9 ottobre 1992, lo ha ritenuto responsabile di peculato e di violazione di corrispondenza (art.619 c.p.). 2. Con il primo motivo, prospettandole come vizi di motivazione, deduce in sostanza e innanzitutto la violazione dell'art. 49 c.p., dovendosi ritenere reato impossibile il peculato che gli era stato addebitato. Vi sarebbe ancora violazione dell'art. 314 c.p., per mancanza dell'oggetto del delitto, in quanto il denaro spedito, essendo stato contrassegnato, non era in realtà spendibile. Vi sarebbe poi errata applicazione dell'art. 323 bis, per il diniego della concessione dell'attenuante in parola.
3. Con il secondo motivo si duole che sia stata affermata la sua responsabilità nel reato di violazione di corrispondenza (artt. 616 e 619 c.p.), tale non potendosi configurare una lettera-esca. Il delitto sarebbe comunque assorbito, in virtù del principio di specialità specifica, in quello più grave di peculato Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
La valutazione dell'inidoneità dell'azione che rende impossibile il reato, secondo giurisprudenza costante di questa Corte, va compiuta con giudizio ex ante, che tenga conto cioè delle circostanze conosciute e conoscibili dall'agente al momento della condotta, in relazione al raggiungimento del risultato avuto di mira. E poiché al ...... era ignoto che l'amministrazione aveva predisposto una lettera civetta contenente banconote contrassegnate ed il controllo sull'inoltro del plico, l'apertura di questo plico e la sottrazione del suo contenuto configura pienamente un'azione idonea al compimento dei reati ascritti.
Tantomeno accoglibile è il rilievo sull'oggetto del peculato, in quanto è di comune esperienza come l'annotazione del numero di serie delle banconote non sia certo sufficiente ad impedirne la circolazione ed a renderle cosi prive di valore economico. Del tutto congrua è poi la motivazione del rigetto dell'attenuante di cui all'art.323 bis c.p., basata sulla particolare attitudine criminale dell'imputato.
2. In ordine all'idoneità della lettera civetta a costituire corrispondenza, deve osservarsi che l'art.49 c.p. si riferisce alla mancanza assoluta dell'oggetto, cosa che nella specie non ricorre, stante che il plico, contenente banconote ed uno scritto, era stato inviato ad un destinatario realmente esistente.
Va infine negato un rapporto di specialità tra l'art.616 e 314 c.p., sul rilievo della natura del bene protetto dal primo reato, tutela della libertà di cui all'art. 15 della Costituzione. Questo compito, di natura primaria nella gerarchia dei valori, non tollera subvalenze nella repressione della lesione della libertà, quale invece si darebbe se la violazione della corrispondenza fosse assorbita in qualsivoglia altra fattispecie realizzabile anche attraverso tale condotta.
In tal modo "il fatto preveduto da altra disposizione di legge" (art.616 c.p.) deve essere interpretato come quello tipico della presa di cognizione del contenuto di una corrispondenza, ovvero della sua sottrazione, distrazione, distruzione o soppressione, descritto in una norma penale diversa dall'art. 616. Comportamenti che peraltro non sono specificamente enunziati nel delitto di peculato, il quale dunque concorre con il reato in esame (cfr., per identica soluzione, VI, 16 ottobre 1974, Delle Grazie).
3. Il ricorso va quindi respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 
 
 
 
 

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Un blog di: LIVEFIBA
Data di creazione: 21/05/2007
 

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