Creato da FraZigno il 05/10/2010

I viaggi

Racconti di viaggi e avventure nate in Australia e non solo....

Messaggi del 01/11/2015

Il Terrore naviga sul Lago Titicaca 1/2

Post n°60 pubblicato il 01 Novembre 2015 da FraZigno
 

Il Titicaca è il lago navigabile più alto del mondo: si trova infatti 3812 metri sopra il livello del mare.

Arriviamo a Puno con il bus verso le 19 da Arequipa: questa è l'ultima tappa prima di arrivare a Cusco e al tanto sognato Machu Picchu. L'aria della sera è fredda e rarefatta: nell'albergo che abbiamo prenotato, dopo una cena frugale, ci accoccoliamo sotto le coperte. Francesca è raffreddata e io incomincio ad avvertire uno strano cerchio alla testa che mi accompagnerà tutta la notte... questi sono gli effetti dell'altitudine. Come se non bastasse, soprattutto durante la notte mi è capitato di alzarmi perché avvertivo strani formicolii nelle braccia: davvero una brutta sensazione.

I giorni di permanenza al lago, stabiliti dal nostro programma di viaggio sono quattro: il giorno successivo al nostro arrivo facciamo un giretto per il paese e prenotiamo una crociera organizzata che ci consentirà di visitare le isole del lago che sono famose in tutto il mondo. Qui incominciano le nostre disavventure: in tutti i nostri viaggi (Gerusalemme compresa) non abbiamo mai rischiato così tanto la vita come sul lago Titicaca.

La crociera che abbiamo prenotato ci porterà alle isole Uros, ad Antamani, dove alloggeremo presso una famiglia, e a Taquile. La crociera è di due giorni e costa 80 soles a persona: il costo ci sembra un po' basso, ma in linea con quello che ci aspettavamo, e quindi prenotiamo a cuor leggero.

Siamo davvero curiosi di vedere soprattutto le isole Uros, isole galleggianti fatte utilizzando la Totora (Schoenoplectus californicus ssp.) che cresce abbondante nella zona del lago vicino a Puno, dove i bassi fondali sono ideali per la sua proliferazione.

Il giorno dopo siamo al porto di Puno: 8.45 qui iniziano le prime difficoltà. Sulla barca siamo in 23 ma i posti a sedere sono solo 22. Naturalmente, con la grande fortuna che ho, io rimango senza posto. Passo la prima parte di navigazione seduto sugli scalini. La barca è piccola e i fumi di scarico del motore entrano direttamente in cabina. Iniziamo proprio bene. Sull'imbarcazione, oltre a me e Francesca, ci sono altri 6 italiani, 4 francesi, 2 peruviani, 4 tedeschi, 3 spagnoli, una americana e uno sloveno.

A causa del fumo di scarico la cabina diventa a poco a poco invivibile così ci troviamo quasi tutti sul tetto dell'imbarcazione e lì iniziamo a conoscerci. Scopriamo che alcuni passeggeri hanno pagato meno di noi, mentre altri hanno pagato addirittura il doppio. Iniziano le prime incongruenze e la nostra guida Jeorge perde pian piano di credibilità.


La prima sosta è su di una piccola piccola isola dell'arcipelago delle Uros: scendiamo dalla barca e veniamo spinti su di una imbarcazione fatta di totora per un breve giretto intorno all'isolotto: prima di scendere il barcaiolo ci chiede di dargli 10 soles a testa perché siamo saliti sulla barca... ovviamente la cosa non era stata concordata in precedenza e suscita il disappunto di tutti noi. Tra il malumore collettivo in seguito ci viene spiegato come è costruita l'isola e le abitazioni. Scopriamo però, nel viaggio di ritorno, che il vero centro della civiltà Uros dove è sviluppato tutto il villaggio galleggiante si trova in un'altra zona del lago.

Probabilmente gli abitanti pagano delle tangenti alla guida e al comandante della barca per “dividersi” i turisti: iniziamo a pensare che le varie agenzie di Puno tengano per sé la maggior parte dei proventi dei turisti e che davvero poco arrivi agli abitanti delle isole. Insomma, l'isola è caratteristica, ma l'atmosfera che si percepisce è quella di una mezza fregatura. Dopo circa un'ora, l'imbarcazione guidata dal nostrogiovanissimo capitano, riparte alla volta di Amantanì dove, da programma, ci aspettano delle famiglie locali per il pranzo.


La navigazione procede bene fino a che, apoche miglia dall'isola, non veniamo abbordati da una lancia che trasporta il comitato locale dell'isola. Scopriamo che questo comitato è creato per far si che le diverse agenzie rispettino una turnazione. Su questa isola esistono sei comunità e il principale e, forse unico, introito per tutte le famiglie che abitano l'isola viene dal turismo. E' dunque importante che le varie agenzie smistino i turisti in comunità differenti seguendo una specifica rotazione. La nostra guida non l'ha mai ammesso però, secondo tutti noi, il comitato organizzatore ci ha abbordati perché non stavamo rispettando le regole. La guida e il comandante sono obbligati quindi a cambiare rotta e a dirigersi verso una comunità diversa da quella prevista. La discussione con il comitato organizzatore continua anche una volta raggiunta la riva. Alcuni ospiti lamentano il fatto che avevano prenotato il pernottamento in una famiglia stabilita il giorno prima con l'agenzia quindi non si arrendono al fatto che siamo finiti in un'altra zona. Abbiamo fame e loro continuano a litigare. Passa più di un'ora e finalmente la situazione si sblocca. Rimaniamo tutti in questa comunità. Onestamente a me e a Francesca non cambia molto, per altri invece la rabbia di esser stati nuovamente fregati fa ribollire il sangue. La famiglia che ci ospiterà per la notte ha una splendida casetta di mattoni vista lago: dalla finestra si sente lo sciabordare delle onde e il sole splende caldo in cielo. Siamo affamati e ci viene servito il pranzo: un pezzo di formaggio e un piatto di patate di tante forme e colori diversi. Abbiamo portato in dono, come consigliato dalla guida della frutta fresca: le persone sono davvero ospitali e molto gentili e cerchiamo di scambiare qualche parola anche se il nostro spagnolo è davvero stentato. Dopo aver mangiato ci rechiamo nella piazza principale del villaggio: da li iniziamo la salita verso i templi di preghiera di Pacha mama e Pacha tata, la Madre e il Padre terra. Queste antiche rovine si trovano nelle cime più alte dell'isola. I colori del tramonto del sole nel lago sono fantastici: finalmente, dopo una giornata un po' agitata, ci godiamo la bellezza della natura.


La sera è previsto un ritrovo in costume tradizionale di tutti i turisti in una specie di palestra comunale dove suona un gruppo locale. Carino, ma nulla di ché (anche questo si sentiva essere un evento solo turistico, privo di un vera cultura locale).

Andiamo a letto verso le 23 e passo la notte più brutta di tutti i 34 giorni di viaggio. L'altitudine mi fa esplodere la testa, mi viene addirittura da vomitare. Grazie all'aiuto di Francesca sopravvivo a questa notte che rimarrà per parecchio tempo nei miei ricordi più brutti.

 

Purtroppo però, la paura non finisce qui...

 
 
 

Il Terrore naviga sul Lago Titicaca 2/2

Post n°59 pubblicato il 01 Novembre 2015 da FraZigno
 

Il giorno dopo, è prevista la visita all'isla di Taquile. Durante l'ora di navigazione che occorre per andare dall'isola di Amantani a Taquile, la nostra guida riceve una telefonata dalla capitaneria di porto di Puno che lo avvisa del fatto che sta per arrivare vento forte dal golfo di Puno: tutte le imbarcazioni devono far ritorno il prima possibile in porto. Naturalmente sia il capitano che la guida, danno poco peso a questo allarme e ingannandoci con un ”Non vi preoccupate, il vento arriverà quando noi saremo già ormeggiati a Puno” continuano la navigazione verso l'isla di Taquile. Di per se, l'isla è molto bella. I magnifici paesaggi naturali ricordano vagamente un'isola del Mediterraneo. Raggiungiamo il centro dell'isola e lì abbiamo la possibilità di vedere le donne e gli uomini tessere tipici abiti peruviani.

Arriva velocemente l'ora di pranzo. Il ristorante si trova proprio in cima all'isola. E' qui che ci assale un vento fortissimo. Non ce ne eravamo accorti in precedenza perché eravamo nella parte dell'isola sottovento ma ora, in cima, il vento si mostra in tutta la sua potenza. Il tetto in lamiera del ristorante sembra saltare via da un momento all'altro. Tutti noi mangiamo ma ognuno sa che con un vento così il lago è agitato e la navigazione pericolosa.

La nostra guida è visibilmente preoccupata. Le barche non possono navigare con queste condizioni meteo ma purtroppo alcuni di noi insistono nel voler partire in quanto hanno tutto organizzato e restare un giorno in più a Taquile causerebbe la perdita delle coincidenze con i bus prenotati in precedenza. Nonostante tutte le altre barche siano ferme in porto, sotto questa continua insistente richiesta, il giovane comandante è costretto a lasciar gli ormeggi e a provare il difficoltoso rientro a casa. Finché navighiamo sotto-costa e sottovento la navigazione fila liscia ma appena la protezione dell'isola finisce, il lago manifesta tutta la sua terribile potenza. Onde alte più di due metri fanno sobbalzare la piccola imbarcazione come polvere al vento. E' ingovernabile. Iniziamo tutti a essere spaventati: urliamo al comandante di tornare indietro, alcune persone iniziano a piangere e, inoltre, poco rassicurante è la temperatura dell'acqua prossima ai 10 gradi che non ci lascerebbe molto scampo in caso di ribaltamento. Dopo tre onde che hanno messo la nostra prua sott'acqua e dopo l'isterismo di tutti i passeggeri che urlavano ”Go back!” finalmente il nostro comandante quindicenne e senza patente nautica decide di invertire la rotta e tornare indietro. Seppur per pochi istanti, la barca durante la virata si è messa ovviamente parallela alle onde e qui qualcuno dall'alto ci ha aiutato. Il rollio è stato terribile ma fortunatamente le mura di sinistra sono entrate solo parzialmente in acqua e come una molla, sono risalite rimettendo la barca in assetto. 

Il peso casualmente distribuito sull'imbarcazione, era fortunatamente ben ripartito o, forse, qualcuno dall'alto ci ha salvato. Lo spavento è stato forte e da quel momento in poi nessuno ha avuto più fiducia nella nostra guida Jeorge.

Rientrati nel porto, non rimaneva altro da fare che aspettare. I comandanti delle altre barche continuavano a dire che probabilmente verso le 3 della mattina il vento si sarebbe calmato. Una decina di barche sono ferme e tutti i turisti fremono per partire: prendiamo d'assalto i mini market del porto e ci rifocilliamo con snack e the caldo. Le famiglie del posto non possono ospitarci perché altri turisti sono arrivati e passiamo la notte in barca.

Verso mezzanotte arriva anche una imbarcazione veloce: il capitano chiede 50 dollari a chi vuole raggiungere Puno. L'imbarcazione sicuramente è grande e sicura, ma tutti vogliono salire e noi decidiamo di aspettare: quando parte è sovraffollata, hanno caricato molte più persone di quello che sarebbe consentito per navigare in sicurezza.

Verso le tre del mattino le altre barche incominciano a partire: il capitano vuol partire con gli altri perché non se la sente di navigare da solo. Ovviamente siamo tutti in barca tranne la guida che ha trovato ospitalità presso amici dell'isola: doveva essere in porto alle tre, ma evidentemente si era addormentato. Dopo averlo aspettato un po', vedendo che le altre imbarcazioni partivano, abbiamo deciso all'unanimità di lasciare Pedro sull'isola e siamo partiti. La nostra imbarcazione era molto vecchia, il fumo continuava ad uscire da sottocoperta e a intossicare i nostri polmoni. Eravamo molto più lenti degli altri e quindi dopo poco ci siamo trovati da soli, in mezzo al lago, nel buio della notte nelle mano di un sedicenne senza la patente nautica. Francesca si è accoccolata vicino a me e siamo rimasti vicini rincuorandoci uno con l'altro.

All'arrivo a Puno, la barca fumava, il nostro gruppo si è disperso verso le varie destinazioni, noi siamo tornati in albergo, abbiamo raccontato quello che ci era successo e abbiamo preso il primo bus in partenza per Cusco.

Dopo quest'avventura difficilmente io e Francesca torneremo a Puno e sul lago Titicaca.

Un suggerimento: se decidete di visitare il lago Titicaca, organizzatevi le escursioni da soli senza agenzie. Basta andare nel porto di Puno e utilizzare le imbarcazioni pubbliche, mi raccomando non aumentate lo sfruttamento delle agenzie nei confronti degli isolani!!!


 
 
 

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