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Il Terrore naviga sul Lago Titicaca 1/2

Post n°60 pubblicato il 01 Novembre 2015 da FraZigno
 

Il Titicaca è il lago navigabile più alto del mondo: si trova infatti 3812 metri sopra il livello del mare.

Arriviamo a Puno con il bus verso le 19 da Arequipa: questa è l'ultima tappa prima di arrivare a Cusco e al tanto sognato Machu Picchu. L'aria della sera è fredda e rarefatta: nell'albergo che abbiamo prenotato, dopo una cena frugale, ci accoccoliamo sotto le coperte. Francesca è raffreddata e io incomincio ad avvertire uno strano cerchio alla testa che mi accompagnerà tutta la notte... questi sono gli effetti dell'altitudine. Come se non bastasse, soprattutto durante la notte mi è capitato di alzarmi perché avvertivo strani formicolii nelle braccia: davvero una brutta sensazione.

I giorni di permanenza al lago, stabiliti dal nostro programma di viaggio sono quattro: il giorno successivo al nostro arrivo facciamo un giretto per il paese e prenotiamo una crociera organizzata che ci consentirà di visitare le isole del lago che sono famose in tutto il mondo. Qui incominciano le nostre disavventure: in tutti i nostri viaggi (Gerusalemme compresa) non abbiamo mai rischiato così tanto la vita come sul lago Titicaca.

La crociera che abbiamo prenotato ci porterà alle isole Uros, ad Antamani, dove alloggeremo presso una famiglia, e a Taquile. La crociera è di due giorni e costa 80 soles a persona: il costo ci sembra un po' basso, ma in linea con quello che ci aspettavamo, e quindi prenotiamo a cuor leggero.

Siamo davvero curiosi di vedere soprattutto le isole Uros, isole galleggianti fatte utilizzando la Totora (Schoenoplectus californicus ssp.) che cresce abbondante nella zona del lago vicino a Puno, dove i bassi fondali sono ideali per la sua proliferazione.

Il giorno dopo siamo al porto di Puno: 8.45 qui iniziano le prime difficoltà. Sulla barca siamo in 23 ma i posti a sedere sono solo 22. Naturalmente, con la grande fortuna che ho, io rimango senza posto. Passo la prima parte di navigazione seduto sugli scalini. La barca è piccola e i fumi di scarico del motore entrano direttamente in cabina. Iniziamo proprio bene. Sull'imbarcazione, oltre a me e Francesca, ci sono altri 6 italiani, 4 francesi, 2 peruviani, 4 tedeschi, 3 spagnoli, una americana e uno sloveno.

A causa del fumo di scarico la cabina diventa a poco a poco invivibile così ci troviamo quasi tutti sul tetto dell'imbarcazione e lì iniziamo a conoscerci. Scopriamo che alcuni passeggeri hanno pagato meno di noi, mentre altri hanno pagato addirittura il doppio. Iniziano le prime incongruenze e la nostra guida Jeorge perde pian piano di credibilità.


La prima sosta è su di una piccola piccola isola dell'arcipelago delle Uros: scendiamo dalla barca e veniamo spinti su di una imbarcazione fatta di totora per un breve giretto intorno all'isolotto: prima di scendere il barcaiolo ci chiede di dargli 10 soles a testa perché siamo saliti sulla barca... ovviamente la cosa non era stata concordata in precedenza e suscita il disappunto di tutti noi. Tra il malumore collettivo in seguito ci viene spiegato come è costruita l'isola e le abitazioni. Scopriamo però, nel viaggio di ritorno, che il vero centro della civiltà Uros dove è sviluppato tutto il villaggio galleggiante si trova in un'altra zona del lago.

Probabilmente gli abitanti pagano delle tangenti alla guida e al comandante della barca per “dividersi” i turisti: iniziamo a pensare che le varie agenzie di Puno tengano per sé la maggior parte dei proventi dei turisti e che davvero poco arrivi agli abitanti delle isole. Insomma, l'isola è caratteristica, ma l'atmosfera che si percepisce è quella di una mezza fregatura. Dopo circa un'ora, l'imbarcazione guidata dal nostrogiovanissimo capitano, riparte alla volta di Amantanì dove, da programma, ci aspettano delle famiglie locali per il pranzo.


La navigazione procede bene fino a che, apoche miglia dall'isola, non veniamo abbordati da una lancia che trasporta il comitato locale dell'isola. Scopriamo che questo comitato è creato per far si che le diverse agenzie rispettino una turnazione. Su questa isola esistono sei comunità e il principale e, forse unico, introito per tutte le famiglie che abitano l'isola viene dal turismo. E' dunque importante che le varie agenzie smistino i turisti in comunità differenti seguendo una specifica rotazione. La nostra guida non l'ha mai ammesso però, secondo tutti noi, il comitato organizzatore ci ha abbordati perché non stavamo rispettando le regole. La guida e il comandante sono obbligati quindi a cambiare rotta e a dirigersi verso una comunità diversa da quella prevista. La discussione con il comitato organizzatore continua anche una volta raggiunta la riva. Alcuni ospiti lamentano il fatto che avevano prenotato il pernottamento in una famiglia stabilita il giorno prima con l'agenzia quindi non si arrendono al fatto che siamo finiti in un'altra zona. Abbiamo fame e loro continuano a litigare. Passa più di un'ora e finalmente la situazione si sblocca. Rimaniamo tutti in questa comunità. Onestamente a me e a Francesca non cambia molto, per altri invece la rabbia di esser stati nuovamente fregati fa ribollire il sangue. La famiglia che ci ospiterà per la notte ha una splendida casetta di mattoni vista lago: dalla finestra si sente lo sciabordare delle onde e il sole splende caldo in cielo. Siamo affamati e ci viene servito il pranzo: un pezzo di formaggio e un piatto di patate di tante forme e colori diversi. Abbiamo portato in dono, come consigliato dalla guida della frutta fresca: le persone sono davvero ospitali e molto gentili e cerchiamo di scambiare qualche parola anche se il nostro spagnolo è davvero stentato. Dopo aver mangiato ci rechiamo nella piazza principale del villaggio: da li iniziamo la salita verso i templi di preghiera di Pacha mama e Pacha tata, la Madre e il Padre terra. Queste antiche rovine si trovano nelle cime più alte dell'isola. I colori del tramonto del sole nel lago sono fantastici: finalmente, dopo una giornata un po' agitata, ci godiamo la bellezza della natura.


La sera è previsto un ritrovo in costume tradizionale di tutti i turisti in una specie di palestra comunale dove suona un gruppo locale. Carino, ma nulla di ché (anche questo si sentiva essere un evento solo turistico, privo di un vera cultura locale).

Andiamo a letto verso le 23 e passo la notte più brutta di tutti i 34 giorni di viaggio. L'altitudine mi fa esplodere la testa, mi viene addirittura da vomitare. Grazie all'aiuto di Francesca sopravvivo a questa notte che rimarrà per parecchio tempo nei miei ricordi più brutti.

 

Purtroppo però, la paura non finisce qui...

 
 
 
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