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Ai bordi del linguaggio

Post n°372 pubblicato il 29 Aprile 2009 da mjkacat

"Se per la densità, la tortuosità, la sinuosità, l'ineffabilità del nostro
sentimento trovassimo la parola giusta, questa lo racchiuderebbe come una
lapide sigilla  una tomba.  E' infatti nella natura del sentimento non
lasciarsi esaurire dalle parole che lo nominano e, grazie all'insufficienza
espressiva delle parole, il sentimento può lasciar trasparire quello che è
suo proprio: l'inesprimibile.

Il sentimento, infatti, vive proprio nel non riuscire mai a dirsi
completamente, esattamente come la parola poetica che non nomina mai
 "questo" o "quello", se non per alludere a un'eccedenza di senso a cui
nessuna parola propriamente corrisponde.

Per questo ogni parola dettata dal sentimento è orlata dal silenzio, dove
risuona tutto il senso che la parola enunciata non riesce a dire.  Ma chi
vive il silenzio come una riserva di senso? Chi va alla ricerca del  suo
risuonare? Chi si pone sulla soglia del non-detto, che non è il taciuto, ma
ciò che nessuna parola riesce propriamente a dire? Nessuno. Perché la nostra
cultura, che è una cultura dell'inflazione delle parole, ama l'esplicitazione
totale, l'enunciazione chiara, la significazione definita e, temendo tutto
ciò che sfugge al controllo, guarda con sospetto ciò che si sottrae alla
verbalizzazione, come per esempio l'insondabilità del silenzio, l'impenetrabilità
del segreto, e in generale tutti quei recessi dove la profondità del senso
non si espone, non si esplicita, ma si custodisce.

L'insufficienza del linguaggio non è semplice povertà linguistica, ma segno
che l'orizzonte del sentimento è molto più ampio dell'orizzonte della
parola. E proprio là dove la parola manca, siamo nella prossimità di un
evento sentimentale non ancora usurato dal linguaggio o non ancora raggiunto
nella sua abissalità.

Ma chi ama gli abissi del sentimento che non si lasciano esprimere nei modi
di dire?  Chi, senza terrore, sa porsi in ascolto di ciò che non giunge alla
parola e, proprio perché non si lascia codificare dal linguaggio abituale, è
l'assolutamente nuovo che turba la quiete?

Noi, che diciamo di amare le novità, in realtà ci teniamo assolutamente
lontani dall'insolito, dall'inusuale, dall'imprevisto, che  sono i tratti
con cui il nuovo si annuncia e, nel suo annunciarsi, inquieta. E allora
bisogna essere forti per abitare  i bordi del linguaggio, le sue
insufficienze, le sue inesprimibilità che sono costitutive del sentimento,
come ci ricorda Platone là dove scrive: - Gli amanti che passano la vita
insieme non sanno dire che cosa vogliono l'uno dall'altro. Non si può certo
credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una
passione così ardente ad essere insieme. E' allora evidente che l'anima di
ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con
vaghi presagi , come divinando da un fondo enigmatico e buio.- "

 (Umberto Galimberti)

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Commenti al Post:
salvatore.romeo
salvatore.romeo il 02/05/09 alle 00:42 via WEB
Concordo in pieno (e come si sarebbe potuto altrimenti?)La parola è razionalità, innanzitutto, strumento di espressione esplicita, ma l’emozione è evidente in sé, per chi riesce a coglierla, e non necessita di chiarificazioni. Il mondo sentimentale e spirituale anima una dimensione che trascende ogni ipotesi di spiegazione e la sua comprensione avviene essenzialmente attraverso un “sentire” e non un “capire”. Le più antiche forme di espressione umana servivano bene a questo scopo ed infatti erano essenzialmente associative d'altra parte...
 
daredevil665
daredevil665 il 20/05/09 alle 18:02 via WEB
Non solo le parole non possono descrivere pienamente un'emozione, ma anche un qualsiasi concetto, per es. "bicchiere" , la parola in sé assume significato se ad essa è associato l'insieme simultaneo della percezione fisica e funzionale del bicchiere. Nel momento in cui io tentassi di spiegare a parole cosa sia un bicchiere a qualcuno che non lo sconosce, dovrei dirgli che serve per bere, di cosa è fatto, che forma ha ecc...sempre che egli sappia distinguere un materiale da un'altro, una forma da un'altra e, se così non fosse, entrerei nel vortice infinito dei concetti sino ad arrivare a Dio. Ogni presenza sia materiale che emozionale del cosmo è ciò che è nel suo modo di essere percepita. è chiaro che l'emozione provata da una persona è interna ad essa e dagli altri può essere compresa dall'espressione fisica sempre che essi ne abbiano già il seme dentro. Per esempio, non è detto che chi vede una madre piangere per la morte di un figlio provi la stessa emozione. Chi la comprende meglio è chi l'ha già provata su di sé sempre che sia a conoscenza del motivo e le parole, in questo caso, sarebbero superflue. D'altro canto, la stessa persona che soffre, se dovesse anche riuscire a spiegare a parole il suo dolore, dovrebbe essere un poeta talmente profondo tanto quale colui che ascolta, per essere compresa. Viceversa sono certo che anche che il modo e sopratutto le parole giuste, possono trasportare un'emozione profonda da un uomo ad un'altro. Poi l'interpretazione è parallela all'esempio di colui che non ha mai provato quella situazione. Ma già anche una frase priva di riferimenti emotivi come ad esempio "la casa è bianca" è idealizzata da ognuno come da esperienze passate, poiché ognuno ha in sé un'immagine di casa, come il mondo, che si offre uguale per tutti, è in realtà percepito da ognuno secondo la propria filosofia o il proprio stato d'animo.
 
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