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Linguaggi non-verbali : MIMESI

Post n°482 pubblicato il 11 Dicembre 2009 da mjkacat

E' noto che i figli non ascoltano i genitori ma ne imitano i comportamenti.
Il padre può dichiararsi un santo ma, non si sà bene come, se sotto la
maschera è un delinqueste il figlio diventerà quel delinquente che è il
padre e non il santo che lui dice di essere.
Del resto "prediche" è diventato sinonimo di verbosità inutile se non
seguite da gesti adeguati.
E i figli non ascoltano le "prediche" dei loro genitori ma ne imitano i
DESIDERI nascosti

Almeno fino all'adolescenza, momento in cui inizieranno a sceglierli al di
fuori della cerchia famigliare e inizieranno a mimare gesti e abbigliamenti
di coloro che riterranno essere portatori di un "Sé" invidiabile.
Ed anche di costoro seguiranno i DESIDERI, preferibilmente i più intimi e
nascosti, al fine dell'immedesimazione più completa e non la "verbosità"
magari delle loro melense canzonette, se trattasi di rockstar, ma ben più
attentamente la vita privata riportata dal gossip.

I più svegli e maliziosi intuiranno poi ben presto che, lungi dall'implorare
amore, per suscitare il DESIDERIO di una bella e vanitosa, l'astuzia
migliore sia apparire "desiderati"; metodo infallibile per catturare la sua
attenzione e il desiderio, poi, di primeggiare sulle altre belle, e così
cadendo preda dell'abile rete di rimandi triangolari del precoce Casanova.
La premura che l'esca gli dimostra
risvegliano nella vittima il desiderio.

E il metodo vale per tutto, sia che si tratti di qualunque altra ambizione
oppure di affari
Lo sanno bene pure i meschini adescatori del gioco dei "tre bussolotti" che
all'angolo della strada agiscono in combricole truffaldine di maneggione e
finti avventori complici, per attirare polli da spennare.

Strano che i critici marxisti, per i quali le strutture economiche
costituiscono l'archetipo delle relazioni umane non abbiano ancora rivelato
l'analogia tra i loschi traffici e i maneggi amorosi
Ma forse non sono così abili di relazioni umane come credono e vorrebbero
far credere di essere.

Ma se la stessa cosa la si osserverà specularmente, si rivelerà esplicativa
della VIOLENZA sempre in agguato.

Come per la bella l'altra, nell'inconsapevolezza del trucco, è un'OSTACOLO,
così colui che punta all'angolo della strada basta poco che reclami una
puntata non sua nel rapido gesticolare degl'avventori veri e falsi ; e
scatta la RIVALITA' sulla vincita.

AMORE e GUERRA seguono gli stessi percorsi e basta un manovratore distratto
che il cambio di binari è subitaneo

In comune hanno l'OGGETTO DEL DESIDERIO
Quello che li rende contrari non è il fato ma la fiducia o viceversa la
sfiducia di riuscire ad appagarlo,  da soli.
Nel primo caso è la vittoria coronata dall'amore, dal successo, dal
raggiungimento delle proprie vanitose ambizioni.
Nel secondo caso è il RANCORE verso chi è riuscito a riempire il vuoto del
mancato obiettivo accusando il rivale e non il proprio scarso o nullo
valore; vera causa!
E' l'invidia, la gelosia, la rivalità.
Le "Parche" di tutte le guerre.

Ma tutto questo continuerà imperturbato,
e non solo
ma aumenterà a dismisura perchè nell'ansia MODERNA di UGUAGLIANZA, ogni
distanza sarà sempre più vissuta come intollerabile generando, altro che la
Fraternité per la quale bisognerebbe quantomeno conoscere questi meccanismi,
ma bensì un RANCORE crescente

E a nulla varranno verbosità sofiste, la scienza o la debole legge a porre
argine a ciò.
Come faranno gl'uomini ad arginarne la causa se "hanno occhi ma non vedono"
...e neppure capiscono che la "fraternità" non è puro nominalismo ?

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Commenti al Post:
daredevil665
daredevil665 il 11/12/09 alle 17:36 via WEB
Io credo che Dio ci abbia dato proprio un bel "giochino" con questo mimetismo del desiderio e, visto che il desiderio coincide con l'anima, almeno secondo me e te, in questa proprietà variabile dell'anima, poiché mimetica, dimora la possibilità del differenziarsi dello suo stato d'animo.

Se il desiderio è mimetico perché la sua condizione è di non conoscere a priori il suo oggetto, ma lo cerca in una forma ideale, io credo che la spinta primordiale della vita, in direzione di una condizione appagante del desiderio, sia appunto cieca o inconscia e che la capacità dell'uomo di migliorasi, cioè di convivere con la natura, dall'interiore all'esteriore, nel limitare le sofferenze, dipenda dal giungere alla consapevolezza che non è l'idea di un piacere purché piacere, suggerita dalla proprietà mimetica, ma l'idea di serenità eletta dall'abbandono del superfluo e dalla competizione nel superfluo dove per superfluo non intendo tanto un soprammobile, o un qualsiasi oggetto in sé, ma l'importanza che a questo oggetto viene attribuita in relazione alla vita. Quell'oggetto è realmente così vitale? dove lo pongo nella scala dei valori? Ora, però, sorge il problema, per tanti, di definire, di vedere, di distinguere il superfluo.

Sembrerebbe che la gente comune, visto che v'è giunto solo un filosofo antropologo, dopo anni di ricerche antropologiche, a definire così precisamente il volto e la natura del desiderio, con la sua proprietà del mimetismo, scalzando psicologi e filosofi affermati, non sia capace di focalizzare il nocciolo del malessere nonostante sia ribadito, anche dai mass media, ma forse non tanto spesso, che tutti quei mali, come ad esempio le anoressie, sono il frutto di un'assunzione di modelli di riferimento sbagliati. Vale a dire, nonostante si sappia che si possono assumere modelli ideali errati, in vista di una vera serenità interiore, anche solo personale visto che si è anche egoisti e narcisisti, cioè al di là di una più ampia visione, il mondo non diviene realmente conscio di questo meccanismo che, come meccanismo, è altresì semplice.

Quando nei mass media si parla di modelli ideali, si parla proprio di quel mimetismo, ma è proprio la conoscenza del suo meccanismo, nel fatto di esistere e nella sua logica, che non viene nettamente razionalizzata, tanto che, anche chi addita le vittime di quei modelli, non è immune dagli effetti del mimetismo, perché tende a crearsi l'elenco degli ideali errati anziché razionalizzare la logica di quel meccanismo e, ad un nuovo modello potenzialmente ideale, rischia di essere catturato ritrovandosi, inconsapevolmente, completamente mimetizzato edificandosi, ad esempio, in una ipotetica crescita personale in una civiltà che va alla deriva già nei suoi più alti ideali.

Nemmeno l'egoismo o il per sé, nell'ostinazione per la propria convenienza, è capace di spingere ad identificare la via migliore, il TAO, appunto per sé, e anch'esso cade nel tranello del mimetismo.

La non razionalizzazione di questo meccanismo porta ad essere in balia del mimetismo e ad andare verso lo svuotamento interiore come risultato di un inesistente appagamento dall'oggetto idealizzato oppure anche all'odio, alla guerra per la competizione.

Così il concetto di piacere, come meta in sé, è generato dall'assenza di razionalizzazione di quel meccanismo e viceversa, la serenità, dalla sua razionalizzazione.

Cos'è che si oppone al divenire conscio dell'immagine di questo meccanismo?

La paura di non divenire socialmente presente, accettato, seducente nel contesto di quell'ambiente che circonda che è la fonte degli ideali che fanno, già dall'infanzia, da imprinting. Per la paura di essere emarginati, non si ascolta il vero e più profondo sé rincorrendo dapprima l'essere e poi gli ideali altrui.

Capire quel meccanismo è capire il superfluo e la sua competizione. Una volta compreso questo meccanismo, automaticamente tutti gli oggetti, potenzialmente ideali, risplendono o si opacizzano di fronte al suo essere in luce.
 
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