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Heidegger e la filosofia della scienza

Post n°175 pubblicato il 17 Agosto 2008 da mjkacat

di Bernard Bornoulli

La filosofia della scienza ha una scarsa considerazione di Heidegger,
probabilmente per due motivi: a) la filosofia della scienza ha
un'impostazione analitica e neoempirista, i filosofi che si interessano di
scienza hanno una formazione anglosassone e non continentale - inoltre
Heidegger fu bersaglio di una critica feroce di uno dei più grandi filosofi
della scienza, Rudolf Carnap, probabilmente questo ha contribuito a
rafforzare la reputazione negativa di Heidegger negli ambienti
filosofico-scientifici; b) la filosofia di Heidegger è impostata in modo
critico nei confronti del sapere scientifico occidentale, tuttavia la sua
critica si fonda su presupposti pregiudiziosi, vale a dire sul suo sistema
filosofico e non su uno studio approfondito dell'oggetto della scienza,
della metodologia scientifica e della storia della scienza.

In ogni caso, a mio modesto parere, si possono individuare due contributi
che Heidegger ha offerto alla filosofia della scienza, o meglio alla
sociologia della scienza. Il primo contributo è la visione ermeneutica e
storica della scienza, il secondo la critica alla visione scientifica del
mondo.

1. Il contributo ermeneutico-storico. Per Heidegger la realtà umana è detta
Dasein, Esserci. L'uomo è infatti l'unico essere che s'interroga sul perché
è e l'interrogazione fondamentale emerge solo quando il Dasein si sente
gettato nel mondo, cioè estraneo di fronte alla totalità dell'ente, e privo
di un senso, "nudo d'essere". La domanda metafisica fondamenale - "perché in
generale vi è l'essere e non il nulla" - conduce il Dasein alla comprensione
del suo essere-nel-mondo. La comprensione, tuttavia, non è definitiva o
assoluta, ma è vincolata alle possibilità del Dasein, il quale è progetto,
possibilità. La comprensione che il Dasein ha del suo essere-nel-mondo è
quindi una possibilità del Dasein stesso. Pertanto la storia dell'uomo è la
storia delle sue possibilità di comprensione del suo essere-nel-mondo. La
scienza occidentale per Heidegger è quindi una possibilità storica del
Dasein: essa non descrive il mondo, né permette al Desein di rinconciliarsi
con il resto del mondo, bensì è un particolare modo che il Dasein ha di
relazionarsi con la totalità dell'ente e di concepire l'essere. La modalità
di approccio della scienza occidentale - che secondo Heidegger nasce con la
filosofia greca di Platone - è detta "ontica", poiché riduce qualsiasi cosa
all'ente, al semplice apparire dell'ente. Per la scienza occidentale
l'essere è l'ente e tutto deve essere ridotto all'ente, persino l'uomo
diventa un semplice ente, un oggetto in mezzo ad altri oggetti. Ora questa
possibilità storica del Dasein, la scienza occidentale, è un particolare
modo di concepire l'essere e di vedere l'ente. Per *vedere* l'ente in un
certo modo è necessario pre-vederlo, cioè partire già da un presupposto
teorico-metodologico, che contiene una particolare visione dell'essere,
dell'Esserci e del suo essere-nel-mondo, che ci permetta di vedere l'ente in
un certo modo: lo scienziato *deve* impiegare il metodo scientifico o
particolari strumenti (che contengono già presupposti teorici, come
sosteneva Lakatos) per poter vedere l'ente in un certo modo. Heidegger
chiama questo apparato teorico-metodologico "pre-cognizione", Gadamer lo
chiamerà "pre-comprensione": il contributo ermeneutico-storico di Heidegger
consiste nell'aver definito la scienza come storicamente determinata e che
l'ente viene pre-determinato dall'apparato teorico-concettuale a cui ha
storicamente aderito lo scienziato. Questa posizione ricorda molto la
posizione di Kuhn espressa ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche.

2. Il contributo critico della visione scientifica del mondo. Nel classico
"L'epoca dell'immagine del mondo" (1938) - che avrà una grande influenza
nella filosofia continentale del Novecento si pensi ad Adorno, Lévinas o
Baudrillad - Hiedegger espone la sua critica alla visione scientifica del
mondo. Secondo Heidegger la scienza occidentale fondandosi sulla matematica,
e la matematica fondandosi sul calcolo di simboli, tende a ridurre tutto a
mero simbolo, astrazione e calcolo. La riduzione a semplice simbolo astratto
(la rappresentazione) ed al calcolo è il carattere fondamentale della
scienza occidentale. La natura così viene ridotta ad un unico grande metodo
precedurale: il metodo scientifico che tende a concepire gli enti come mere
rappresentazioni, simboli da calcolare. Tutto ciò che non rientra in questa
visione, il non-esatto, il non-riducibile, l'Altro, non viene considerato:
tutto è ridotto all'uguale in virtù dell'astrazione simbolica, dell'idea,
del calcolo, della manipolazione - non a caso qualcuno ha visto nella
scienza occidentale la radice del totalitarismo (sic!!). Ma questo modo di
procedere della scienza non fa che aumentare l'estraniamento dell'uomo nel
mondo: l'uomo si coglie come un semplice oggetto tra gli oggetti, una
rappresentazione tra le rappresentazioni calcolabile e manipolabile, e
dimentica che per esserci una rappresentazione dell'ente ci deve essere un
rappresentate, ovvero l'uomo stesso. In altre parole la critica della
visione scientifica del mondo consiste nel fatto la scienza riduce tutto ad
un'unica possibilità, quella dal calcolo rappresentazionale, obliando la
condizione esistenziale dell'Esserci come quell'essere che è in relazione
col mondo, relazione che è possibilità sempre aperta di comprensione del
mondo come Altro sempre da scoprire, comprendere, ma anche sempre
irriducibile.

 
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