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Messaggi di Maggio 2014

Donne in rinascita.

Post n°185 pubblicato il 25 Maggio 2014 da Noneraunsogno

 

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.

Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.

Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.

Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.

Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.

Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?

E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.

Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.

Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.

Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa. È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...(JACK FOLLA)

Dedicato a te che non ti arrendi mai, nonostante me e tutti gli altri.

 

 

 

 
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Profili evoluti.

Post n°184 pubblicato il 20 Maggio 2014 da Noneraunsogno

 

Nessuna incertezza sulle dita. Le mie continuano a battere sui tasti facendo attenzione a non fondere fra di loro consonanti e vocali, mentre le tue, così leggere,  quasi invisibili, sfiorano il mio sguardo lasciando sul muro bianco curiosità e desiderio dopo ogni passaggio.

Cerchiamo inutilmente di convincerci che siamo in viaggio, tu ed io.

In viaggio, da sempre, alla ricerca di qualcosa che ci possa ridare forza ed   entusiasmo.

Di  profilo in profilo, explorando, immaginando la bellezza che, con inquietitudine,  abbiamo imprigionato  dentro.

 
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Effetto notte (a sud-est del cuore).

Post n°183 pubblicato il 13 Maggio 2014 da Noneraunsogno

Saggia come la pioggia di maggio scende la sera. Pulisce, lava, toglie la luce che s'attarda lungo i muri delle case di questa ennesima periferia. Quante ne conosco? quante ne avrò viste in questi anni di viaggi? Non so nemmeno io perchè le guardo in questo modo, perchè mi sento attratto dalle interminabili file di silenzio e di vuoto.

Eppure si assomigliano tutte, le periferie;  hanno lo stesso colore, gli stessi sguardi, gli stessi strati di unto e di dolore.

Ovunque,  facce di cemento sputano per aria la rassegnazione; a muso duro, urlano dai finestrini  la loro rabbia, come se ci tenessero a far sapere che sono in guerra contro  tutto e tutti.

La macchina, per mia fortuna non segue i miei ragionamenti e  procede oltre, non si volta indietro, è insensibile persino al richiamo delle donne che misurano la notte in lungo e in largo.

Questo era l'ultimo incontro. Per oggi, avrei anche finito.

Mi passa accanto una volante, non la guardo nemmeno, faccio finta di essere concentrato sulla guida, mi do un'aria da turista, sto in campana, ma non rallento; ho  la mano sulla leva del cambio, sembro un manichino incatenato al sedile prima del fatidico crash test a cui sarà sottoposto.

Non importa se non mi rassomiglio oramai da molto tempo; canticchio la tua prima luna tanto per chiarirmi che sono sempre libero di frenare o di fuggire, ma non posso esagerare nel conflitto, potremmo rimanere paralleli nella corsa e sfidarci così per ore ed ore, ma ho le gambe raggelate, in preda ai crampi, e non potrei resistere a lungo in questa condizione,  sto tenendo stretta fra le cosce una bionda, gelida e frizzante come la morte.

Per fortuna, la macchina della polizia svolta a destra accendendo il lampeggiante,  inseguendo un'altra vita, un'altra birra, forse, più  bionda e spumeggiante della mia.

Apro il finestrino e respiro il sudore che ha lasciato fra i sedili il giorno in fuga.

Le birre cominciano a fare il loro effetto, bisogna che mi fermi prima che la vescica decida di svuotarsi in corsa, seduta stante, senza freno, come fiume in piena appena rotti gli argini.

Sul sedile posteriore il cosacco non da segni di vita. Ha un sorriso disegnato sulle labbra, quasi un marchio o una garanzia per  me  che lo sto osservando.
Il suo respiro è rimasto senza fiato non appena ha chiuso gli occhi.
Non ci siamo detti niente: niente nomi, niente saluti e nessuna falsa  presentazione. Solo due parole ad indicare provenienza e destinazione.
Entrambi siamo in viaggio.

Accosto su un breve rettilineo, spengo il motore e scendo, guadagnando in fretta il ciglio della strada come fosse un traguardo.

Guardo la città in lontananza mentre do fiato alle trombe e acqua alla campagna, in piedi oltre il guard-rail, oltre il confine disegnato dai fari delle macchine di passaggio.

Un tir, sorpassando, squarcia il liquido tintinnio che incessante accompagna la pioggia che scorre via dall'umana latrina ambulante.

Così, con un braccio sul fianco, quasi come un generale dopo la battaglia, osservo lo spazio che corre fino a valle, quel che resta di anni di battaglie.

Vedo luci che rimbalzano ovunque, imprecise come traccianti, ed altre luci che disegnano la vita di piccoli quartieri sdraiati sui tornanti che risalgono, a fatica, i fianchi accennati delle montagne.

Mi sento altro, nè luce nè ombra; sono consapevole di  appartenere al disordine interiore della notte.

So che domani sarò lontano, un'altra volta sulla strada,  clandestino dentro un corpo imbevuto di chilometri e di alcool.

Straniero ed ubriaco fra le braccia di una  bottiglia di cui non ricorderò  nome,  forma e contenuto.
Straniero nella mia terra che sa di arte, di scienza e di taverna.

Senza il cosacco che riabbraccerà all'alba la sua donna.

Si, perchè lui e lei,  finalmente, si ritroveranno  dentro un sogno liberato dalla polvere e dal fango.

Un sogno a cui in molti, come sempre,  non faranno caso o non vedranno.

 

 
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