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Torta al cacao

Post n°259 pubblicato il 21 Marzo 2009 da littlesparklingstar

Fuori soffia zucchero a velo e nella luce fredda di un inverno resistente allo sfratto elenco ingredienti e scandisco le ore, per accoccolarmi in questo pomeriggio morbido.
Voglio che sia come un divano comodo e voglio pensare solo a quello che c'è, ora e quì, a rendere le ore piume leggere, pagine di un libro da sfogliare senza fretta, in cui me, te, il da farsi, le piccolezze e la quotidianità, le sfide e le scommesse, il passato, quest'oggi e l'oggi di domani diventino inchiostro.
Mescolo le farine, scelgo il limone rugoso dalla buccia spessa affidando a gesti concreti il compito di zavorrare il pensiero e ricondurlo a terra tra gli odori e la materia, dove ciò che si vede è ciò che è.
Vizio di forma, vedere ciò che "dovrebbe essere" o che "sarebbe, se", vedere laddove non arriva lo sguardo ma il cuore, o peggio dove arriva la ragione. Si vede troppo senza poterlo dire, senza conferma nè smentita, e si è spettatori soli.
Sbriciolo burro e zucchero facendone sabbia candida e lucida, sguscio il primo uovo con forza incerta, mai memore della giusta intensità che credevo di avere in pugno, la volta precedente.
Come in tutto il resto: per avere una vita perfetta, bisogna non smettere mai di applicarvisi; e tutto sarà come volevamo, le torte lievitano, le camicie bianche non ingialliscono e si stira sempre una sola volta, senza pieghe.
Salvo poi le incursioni del caso. O la scoperta che la camicia piace stropicciata. Peccato, nell'armadio è tutto impeccabile e si devono rimescolare le carte.
La leggerissima polvere del cacao amaro si mescola alla farina, tra sbuffi scuri ad ogni cucchiaio: mescolo, prima che il limone liberi il suo profumo dichiarando che la magia sta avendo inizio.
Tante polveri diverse che si amalgamano, aiutate da liquidi che le fondono, e dal calore che ne consolida la nuova veste. Odori che isolati evocano mondi, la cui unione genera altre memorie.
Mescolo, pensando a come sarà, scegliendo di aggiungere o togliere a seconda di come voglio che sia il risultato finale, in uno scambio attento di forze, tra me e questa massa informe, che in fondo e come sempre è solo un viaggio attraverso me stessa.
Mi sporco le mani di burro percorrendo la teglia nel suo profilo zigzagante, perchè fa parte del rito anche il tempo di pulirsi le dita e cospargere tutto di farina; verso l'impasto e lascio che si prenda il suo spazio, col suo tempo, prima di infornare.
Fuori nevica ancora.

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