Creato da: chinasky2006 il 01/08/2007
A sud di nessun nord...

 

In the death car

 

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TRASFERIMENTO. SE CAPISCO COME FARE

Post n°216 pubblicato il 12 Marzo 2012 da chinasky2006

Ora:
Scrivo per diletto su questa piattaforma, da circa tre anni. 
Scrivo, per mia fisima (o perché posso stare on line solo dieci minuti) su word, dopo di che incollo il parto letterario nell'apposito strumento di pubblicazione.
Tutto bene, tutto abbastanza penoso, retrogrado e farraginoso. "Libero" è dieci spanne dietro altri siti. 
Ma negli ultimi tempi accadono delle cose inquietanti.
Ieri è accaduto l'imponderabile, mentre riportavo il pezzo su Dell'Utri. Sarà un caso?
Provi il vecchio "editor"? Pubblicano uno scempio con parole legate, manco fosse uno sbocco del demonio. Bisogna dunque impiegare una buona mezz'ora per staccare le parole, quando se ne impiegano 15/20 per scriverlo...affare frustrante. 
Provi il nuovo, ed ultra moderno, "editor"? Molto benissimo. Le parole non ti appaiono incatenate. Gaudemus. Però ecco l'arte suprema: vedi apparire il tuo pezzo sotto forme di tossica pop art. Un paragrafo con carattere verdana grandezza 16. L'altro è un courier 12. L'ultimo un terrificante Georgia 36. Imbarazzante. Ok, allora provi a perderci tre/quattro minuti per omologare tutto. Ma niente. La pubblicazione risulta immutabile, nei secoli.
Pubblico in venti secondi un pezzo su blogger, non è quindi un problema relativo ad un pur credibile mio rincoglionimento. 
Perché su questa immonda piattaforma devono esserci tutti questi problemi? Riguardano solo me? Sono forse osteggiato dalla Cia?
Attendo per posta qualche dritta sul come trasferire in blocco un blog su altra piattaforma. Questa m'ha stracciato i maroni, è ufficiale.

 

 
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L'AMMAZZASENTENZE

Post n°215 pubblicato il 12 Marzo 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006


Nella magnifica villa di famiglia Dell'Utri, che volge il suo austero e sobrio sguardo al lago di Como, si tiene un sontuoso buffet tra amici di vecchia data. Occasione dell'allegro convivio, la sentenza della Cassazione che ha recentemente dichiarato da rifare il processo all'anfitrione, già condannato per "concorso esterno in associazione mafiosa". Tutto da rifare, come negli indimenticabili anni del giudice Carnevale. L'ammazzasentenze. Quello che cassava tutto, perché la Cassazione cos'altro deve fare? Cassare. Vecchi mafiosi, terroristi, criminali della Magliana, delinquenti conclamati e condannati fino a quell'ultimo grado di giudizio a sei/sette ergastoli per strage mafiosa ed atti di cannibalismo, vedevano aprirsi le porte per la libertà. Ora, con il caso Dell'Utri non si è a quei livelli, ma poco ci manca. Un vizio di forma che porterà a nuovo processo. Pare, ma è solo un'indiscrezione, che l'imputato si sia firmato "Don Marcellone", rendendo nullo il procedimento.
In villa l'atmosfera è di composto giubilo e sobria commozione. Giungono alla spicciolata gli invitati, in una villa blindata e controllata da guardie armate di lupara, per preservare una certa intimità. Una passerella incessante: rinomati politici, piduisti con la gotta, vecchie baldracche in pensione, mafiosi storici, corleonesi della prima ora, rappresentanti delle mafie cinesi e russe, cannibali, superstiti delle bestie di Satana, killer di Capaci, picciotti amici d'infanzia, depravati ittici, cocainomani, papponi, esattori del pizzo, narcotrafficanti. Per una sera, anche chi ha donato alla causa i suoi sporchi servigi, deve partecipare alla festa. Non sarà un'assoluzione e nemmeno una prescrizione ma è pur sempre uno "scancellamento", come ci tiene a precisare nella sua pagina twitter un sempre intelligentissimo, bellissimo, sveglio e moderato Gasparri, novello vincitore del premio "trota" 2012. "A VIGLIACCONI ce volevate prova', ma v'ha detto male!" specifica il suo illuminato concetto, l'indecente sgorbio. 
Gli invitati entrano, pronunciano la parola d'ordine ("libertà"), si genuflettono sbattendo ferocemente le rotule e baciano l'anello del potentissimo Don Marcellone. Da Fidel Confalonieri al papale Gianni Letta, fino ad Emilio Fede stretto tra due diciottenni aspiranti meteorine moldave. All'interno della villa seicentesca gli astanti si dedicano ad un frugale buffet a base di "pisci spada", frutti di mare, ostriche e sciampagna costosissimo, accompagnati dalle delicate e struggenti note di "Ridi Pagliaccio". Sbocconcellano compostamente e ciarlano con la moderazione che si confà ai saggi. Dissertano di arte, cultura, musica sinfonica. Vittorio Sgarbi, istrionico e geniale come non mai, diviene protagonista della serata mettendosi al centro della sala, come i barzellettieri professionali. Inveisce contro i giudici assassini ed invoca il garantismo di classe come principio indispensabile: "Capre! Capre! Dovrete morire dopo aver patito inenarrabili dolori fisici, maledetti sifiltici invidiosi. Brutti ed invidiosi. E capre!". Poi assurge al capezzolo di Vittoriona Risi, procace ed elegante pornostar sua accompagnatrice. E due infermieri se lo portano via a braccia. Ma v'è unanime approvazione tra i rappresentati le più alte forme d'intellighentia di destra e gli innumerevoli artisti della libertà: Da Belpietro a Sechi, per passare a Bondi, quindi Platinette accompagnata dal fido Giovanardi. Per chiudere con la solita Iva Zanicchi invitata perché Toto Cotugno era indisposto ed Apicella costipato dopo l'esperienza dell'isola. 
Don Marcello è commosso quando scorge anche l'invitato d'onore: Silvio, il messia. D'un tratto s'interrompe il rumore di manducanti mandibole, ritmatamente a tempo con i locali scacciapensieri siculi. Sua santità eccelsa atterra col suo jet personale, accompagnato da dodici guardie svizzere e trentadue escort diciottenni. Non poteva mancare il suo omaggio al fedele all'amico d'infanzia. Quel tipetto scapigliato con cui nei ruggenti anni sessanta, tra crociere e barzellette, progettava e fantasticava su come mettere sotto scacco l'Italia con mafiose gassazioni di stato, sempre pulite-pulite. Silvio è incontenibile: "Tutto è bene quel che finisce bene, amici cari delle libertà! Auspicavamo una sacrosanta prescrizione, ma è già qualcosa che quella indegna sentenza sia cassata per sempre! Ora un nuovo processo, ma lo mandiamo a prescriversi in men che non si dica. Chiameremo a testimoniare seimilaeduecento mafiosi. Metà latitanti e metà ormai salme da riesumare. Ed arriviamo a matematica prescrizione. Esultiamo, e brindiamo alla libertà!". Applausi irrefrenabili, brindisi e cori da stadio: dai classicheggianti "Sil-vio! Sil-vio!" a "Li-ber-ta! Li-ber-tà!", fino a qualche spontaneo "Ma-fia! Ma-fia!" prontamente interrotto, affinché i faziosi non abbiano a pensar male. Rinvigorito con sangue di lattante unicorno albino, l'ex sultano riprende il comizio improvvisato. "Diciannove anni di calunnie vergognose! Un accanimento senza eguali ha colpito l'amico Marcello ed il sottoscritto. Hanno provato ad abbattere coloro che fondarono il nostro partito di libertà! Pensate amici...volevano farlo passare per mafioso...un uomo così buono, colto e saggio. Ma lo sanno quale cultura possiede? E vogliono metterlo sullo stesso piano di un mafioso ignorante che non ha nemmeno la licenza elementare!". Il divo di Arcore fa fatica a conchiudere il discorso, interrotto dalle belluine urla d'incitamento. 
Il corleonese martire della patria, a riprova delle parole del suo fraterno amico, invita tutti nell'imponente "sala della cultura". Quadri d'epoca che ello illustra con perizia: "Vedete questo quadro qui? Eh? Sapete quanto m'è costato? E la cornice d'oro massello? Ah già, sbadato...ci sta ancora il prezzo sopra...". Nella sala troneggia un busto aureo del Duce, salutato con fervida commozione dagli invitati. L'anfitrione mostra dunque gli indimenticabili ed autenticissimi diari di Mussolini. Vera chicca del colto uomo di lettere, da vero archeologo del sapere. Quindi illustra un simbolico affresco dell'eroe Mangano, ultramafioso e trentennale stalliere di Arcore, raffigurato nell'atto di schiacciare la testa a Falcone e Borsellino. Ed è qui che il momento si fa alto. Applauso scrosciante e lagrime che grondano dal viso del potentissimo senatore, che non si tiene: "Quest'uomo coraggioso e senza macchia è un eroe della patria. Pensate che, malgrado vergognose pressioni, egli tacque. Non fece nomi, non si pentì. Uomo d'onore d'altri tempi, mica un infame figgh 'e buttana!". Il messia è colpito da quelle parole, e promette che appena tornato al potere, tra le altre cose, provvederà ad intitolare una sala di Palazzo Chigi alla memoria del fido stalliere. "Eh sì, caro Marcello. Sempre più rari sono gli uomini in possesso di tali valori cristallini...ma ora basta parlare di brutture...pensiamo al bene. E che ancora c'è qualche giudice equo!"
Il neo cassato annuisce: "Tiene ragione santità...come diceva l'amico zu Totò, ogni cosa s'aggiusta. Pure le sentenze s'aggiustano...". E via ad un brioso rutilar di valzer viennesi, prima che la gaiezza empisse i loro animi superiori intenti a rimirare un maestoso spettacolo pirotecnico. Tra fuochi d'artificio e colpi di lupara che risuonano nell'aere.

 

 
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"L'ULTIMA LUNA (UNA STELLA COSì BELLA, CHE DOVREBBE QUASI VERGOGNARSI)"

Post n°214 pubblicato il 01 Marzo 2012 da chinasky2006
 

Mi piace aggiungere in testa a questo inutile pezzo una canzone che, rendendo superfluo il resto, un po' riassume il tutto. L'essenza artistica di Lucio Dalla, che all'aspetto da ridicola maschera (di chi ha imparato a ridere di se) aggiunge geniale ironia, dissacrazione, spiritualità, poesia.

http://www.youtube.com/watch?v=aEnozbCUv3o&feature=related

Avrò avuto diciassette anni. Tanti capelli, poco cervello, nessuna volgare idea rivolta ad un gelido futuro di metallo. Ero come adesso, in pratica. Complice l’atmosfera di totale annebbiamento neurocerebrale con cui la scuola contribuiva a disabituare le nostre menti all’arte, rimaneva l'ancora di salvezza rappresentata dalla musica. Leggere non mi piaceva. Un rigetto disgustato, in cui il libro fa rima con tetri poeti morti, versi vecchi e stupidi, gobbi onanisti o depravati esteti intenti nella folle elegia del regime. Come fa ad appassionarti la lettura, se non ti fanno capire che esistono anche John Fante, Neruda, Bukowski, Hemingway… oltre a quella mondezza imposta? Ti educano all’aridità, nelle scuole. Scrivere poi, appariva come triste attività di atrofia spirituale. Ho iniziato a crederla una valvola di sfogo, un dolcemente bastardo palliativo alla droga, solo tre o quattro anni fa.
Rimaneva la musica. Andavo in ascetica venerazione mistica per Faber De André e per i Metallica. Battiato, il genio irriverente di Rino Gaetano o le deliranti schitarrate dei Judas Priest. Stravinsky, Guccini o Ingwie Malmsteen. Un folle spaziare che qualche coraggioso strizzacervelli potrebbe agevolmente tradurre. Magari intravvedendone i chiari segnali di una distorsione della mente. Un triste figuro incapace di scelte nette. Di decisioni coraggiose, e nitide idee. Uno che a 23 anni avrebbe assaltato da solo l’ambasciata americana con una fionda o con una molotov per poi diventare ministro moderato. Un potenziale apprendista suicida o uno che indossando una calzamaglia rosa porcello, avrebbe danzato una struggente “morte del cigno”.
Divagazioni a parte, provavo a credere che quei cantautori, un giorno, li avrebbero studiati nei libri di scuola. Un ragazzino che legge ed ascolta quelle canzoni, crescerà bene. Potrà abituarsi alla sensibilità d’animo più che con versi imparati a memoria di qualche vecchio poeta morto. Fanculo Petrarca, Pascoli e la sua fottuta “nebbia agli irti colli”. Le canzoni, la musica, possedevano il dono di farmi viaggiare con la mente. Credere ed immaginare storie, folli, virulente o delicate. Uno di quelli che più affascinava ed eccitava la mia curiosità da ragazzo-adolescente, era Lucio Dalla. Ed il cantautore bolognese ha continuato a nutrire la mia anima di ascoltatore, fino ai giorni nostri. Mai mancavano nelle mie personali compilation artigianali, delle autentiche poesie in musica del cantautore bolognese. Una volta dedicai qualche verso della canzone “Cara”, ad una stupida amica dal capezzolo volitivo. Pensavo, da pusillanime e ridicolo bamboccio che non riesce a trovare parole sue ma si rifugia in quelle dei poeti, di comunicarle qualcosa di delicato e profondo. Quella lesse incuriosita, face una strana smorfia, poi a casa ascoltò la canzone ed il giorno dopo m i disse facendo un’espressione di cemento: “Va bene, e adesso? Che vuoi dire che mi volevi spiaccicare al muro come una farfalla?”.
Ad ogni modo… “Cara”, “Anna e Marco”, "Futura" e genialmente scollacciati ritornelli lazzaroni come “Disperato erotico stomp”, rimangono dei piccoli grandi capolavori di un autore geniale. Una specie di bohemienne giullare, folle, profondo, ironico ed anticonformista, capace di leggerezza profonda. Di cantare le vicende degli emarginati e l'emarginazione mentale, un allegro ritornello tormentone. "Tu corri dietro il vento, e sembri una farfalla...e con quanto sentimento ti blocchi e guardi la mia spalla...", e poco dopo "il silenzio che ingrossa la cappella". Capace di spaziare, mostrare a nudo la sua anima, tutta. Cosa assai preziosa e difficile da rinvenire in un artista, camaleontico nella sua essenza sempre immutabile. E dove lo trovate un sol uomo capace di scrivere queste due canzoni?

http://www.youtube.com/watch?v=cYz8Pq3W-KE

http://www.youtube.com/watch?v=JDNGvuXBAaY

Stamattina la triste notizia della sua morte. Spiace e mi rattrista, come la scomparsa di tutti coloro che hanno contribuito con opere, musiche o imprese sportive, ad emozionare la mia trista vita.

 

 
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L'IMMACOLATA PRESCRIZIONE

Post n°211 pubblicato il 27 Febbraio 2012 da chinasky2006
 

 Foto di chinasky2006

Il Messia destituito è stremato, completamente distrutto da una giornata campale.  Il processo Mills è al fin giunto a scontata conclusione, con la gioiosa prescrizione che purga e sana i diritti dei giusti. I trentacinque luminari della medicina che provvedono alla sua superiore salute sono fiduciosi che possa superare la notte e dimostrare ventotto anni innanzi alle telecamere, durante le interviste di rito. Provvedono quindi ad imbustarlo nella calotta in grafite che da anni lo tiene in piedi, nemmeno fosse il mollo corpo di una centenaria tartaruga. I luminari sono però preoccupati. Ormai da tempo il vecchio despota mostra segni di morte apparente. S’appisola ogni due minuti, neanche fosse un normale vecchio dei giardinetti. La triste fine di ex potente che sfugge all'esecuzione di piazza, per miracolo o codardia del popolo. Un maldestro e tirato fisico adibito a gioventù, nel corpo da ottantenne nonno Simpson rincoglionito.
Gli addetti al maquillage riescono a donargli un umano e vitale color roseo pesca, coprendo quel grigio-giallastro tendente al verdognolo, tipico della cassa mortuaria. Ed è quindi pronto ad affrontare i giornalisti giunti nella sua magione, tra flash, scatti, urletti di eccitazione. L’ex sultano in disgrazia veste la maschera della finta delusione. “Miravo ad una piena assoluzione, ma tant’è…anche questa prescrizione ce la teniamo, non ho tempo per queste cose, debbo aggiustare il paese…”. Piove qualche risolino. Un coraggioso: “Ma scusi che c’entra lei ancora con l’Italia, ora c’è Monti che coi suoi suppostoni prova a mettere una pezza ai danni che lei, le puttane e gli inetti del suo governo avete causato…”. Il vecchio satiro squilibrato non si scompone, distende il viso di plastica in decomposizione, in un sorrisetto. Poi si rivolge al prono Cicchitto. “Maleodorante schiavo, questo essere viscido dice il vero? non siamo più al governo? che fa, vuole provocare o mi avete celato la verità sul vostro insuccesso? Chi è un infiltrato, un terrorista rosso? Al termine dell’incontro lo faccia riposare, lo renda satollo con un ricco pasto, ostriche, sciampagna e bevande arlecchine. Poi lo faccia divorare dai piranas.”. Cicchitto obbedisce sbattendo in terra le rotule e se ne va, lasciando dietro di se una disgustosa scia di cavolfiori marci.
Il messia chiude quindi il banchetto-conferenza stampa offrendo un frugale spuntino. Tra uno sboccoccellio di tartine al caviale beluga e fiumi di champagne a rinfrescare il gargarozzo, rivolge ancora un pensiero alla freschissima sentenza di prescrizione. “Ci addolora assai di non esser stati assolti con formula piena, come giusto che fosse. Ma un pensiero lo vorrei rivolgere anche a questo Mills, che hanno condannato perché corrotto da un tale Silvio Berlusconi mio omonimo. Non sono mica l'unico al mondo che si chiama Silvio Berlusconi, cribbio...ed i miei avvocati lo hanno dimostrato. Un altro pensiero lo rivolgo a quel governo che ha consentito questo mezzo successo, diminuendo i tempi di prescrizione…il buon governo delle libertàààà. Che casualmente presiedevo io in personam. Ma in ogni caso vi tranquillizzo, non molliamo il paese nelle mani dei comunisti. Stiamo giù preparando la REMUNTADA elettorale grazie al nuovo inno…la gente di libertààà. Evviva!”.
Conchiusa la stancante conferenza, ello ripassa alla sala trucco. Lo attende ancora un impegno fondamentale, allo stadio. “Forza servi della gleba, che dobbiamo fare le leggi importanti. Disposizioni di ammodernamento degne di un paese civile. La riforma della giustizia, la proibizione delle intercettazioni pena la lapidazione…”, si rivolge ai colonnelli strafatti di trielina, capeggiati da La Russa. Quindi s’appisola, sbattendo il cranio in avanti. Proprio come era avvenuto in mattinata, durante l’udienza. Assunti due ettolitri di essenza vitale, eccolo scalpitante e pronto ad una serata spumeggiante: Il big match Milan-Juventus a San Siro e poi un frugale e sobrio bungabunga per festeggiare il successo processuale. Ospiti d’eccezione i due principi del foro Ghedini e Grosso che, smessi i panni di pavoni azzeccagarbugli pronti financo a chiedere l’audizione di Elvis Presley pur di far giungere il processo a prescrizione, potranno divagarsi la mente. E magari sarà consentito loro di masturbarsi guardando qualche ballerina seminuda. In realtà, v’è grave penuria di donnini da reclutare. Nicole Minetti e Fede sono sotto processo. Lele Mora a San Vittore. Giampy ai domiciliari ed un’altra dozzina di papponi di dubbio gusto, latitanti datisi alla macchia dopo il disfacimento dell'impero. Ecco dunque che, perduto il potere, le ancelle da offrire in pasto all’anfitrione in disgrazia, non sono disponibili a chilate, come in passato. Nessuna futura parlamentare o ministra pronta al sodomita sacrificio, ma solo piccole aspiranti starlette della tv. 
L’ex tiranno riceve quindi il geometra Gallina, cui chiede numi sulle condizioni della squadra rossonera. Gallina, pelato e orripilante addetto alla cura dei sarcofaghi nella cripta mortuaria di Arcore, nonché Amministratore delegato del Milan come secondo lavoro, tranquillizza il presidentissimo. Saliti nella lussuosa limousine di sei metri, presi carte e penna, scrive la formazione da comunicare al manichino della standa messo a far l’allenatore fantoccio. Da gran competente anche del calcio, stende un 1-2-7 d'arrembaggio. “Tutti all’attacco, sette punte voglio. Siamo o non siamo il Milan?? Non dobbiamo avere paura, ma dominare lo avversario dall’inizio alla fine! Io, se vorrò, entrerò nel secondo tempo come centroattacco per prendermi gli applausi e segnare almeno due goals. Due gran marcature farò.”.
Durante il viaggio poi, si rabbuia un poco. L’autista sembra davvero maldestro alla guida. “Ma chi è quest’indegno cocchiero? Un menagramo, un attentatore? con quella faccia da vecchio orrendo, poi...”. Il maggiordomo Emilio Fede, incaricato di accompagnarlo, lo tranquillizza: “Stia calmo santità…è tal Angiolino Alfano. Nuovo segretario del partito e futuro candidato Premier. Lo ha..hm...scelto lei, dopo accurato casting tra i suoi sottoposti, cuochi, autisti, sguatteri e lavapiatti.”. Silvio ha un mancamento. “Chi, il figuro pelato? Un anziano, mio successore? Ma se non sa guidare nemmeno una macchina! Subito un trapianto, ed insegnategli il sorriso da tranquillizzione della plebe…”. Il maggiordomo, annuisce: “Sua divinità celeste, è solo una cosa momentanea. Così, tanto per…sarà anche radio comandato da lei in persona e dai vertici di massoneria e mafia, tramite una cimice elettronica che gli sarà conficcata nel cervelletto. Stia sicuro che nel 2020 tornerà lei come candidato premier e salverà la Itaglia.”. L’ex monarca sembra rassicurato dalla parole dell'untuoso servo. “Bene, posso anche comprendere…ma proprio questo becchino qui deve fare il presidente? Almeno una bella topa, cribbio…Non c’era proprio nessun altro?”. Il maggiordomo srotola un papiro: “Santità, era al primo posto nei sondaggi effettuati su un campione di elettori della Pdl tra pubblico di ‘uomini e donne’. Il più credibile di tutti. Ha preceduto di un’incollatura: Il Gabibbo (che però essendo pupazzo non può essere candidato). Belen e la sua farfallina biricchina, però è straniera. Mannaggia. A parimerito con la Belen pare ci fosse anche un tandem eccentrico, Zio Binnu Provenzano e 'u curtu' Totò Riina, ma sono impossibilitati da una dozzina di ergastoli. Al quarto posto è arrivato Lele Mora che purtroppo è al gabbio, a seguire il Divino Otelma. Ma quello pare sia anche satanista…”.


 
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FESTIVAL DI SAN REMO 2012 : PREDICOZZI, FARFALLE, PATATEPASSERE E CANZONACCE

Post n°210 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Il pulsante quadro di un irreversibile degrado fisico. Potendo, e sapendo tenere un pennello in mano, mi sarei fatto un mirabile autoritratto dal titolo: “la morte di uno spirito agonizzante”. 14 Febbraio, festa degli sciocchi innamorati che non ho mai santificato, nemmeno quando davo ad intendere che il mio prepuzio fremesse d’amor cortese, e mi trovo ridotto ad un cencio. Nella solitudine meditabonda, ho spento il pc. Bollito patate e cicoriette selvatiche. Mi piacciono assai le cicoriette, per quel sapore amarognolo che rimanda a sopite atmosfere incontaminate e spontanee. Ho cenato ascoltando il cinegiornale alla radio transistor. Poi mi sono appollaiato stancamente sulla poltroncina da attempato spettatore televisivo, con le babbucce a forma di paperella ed una copertina di lana a riscaldare i ginocchi artritici da ex atleta in pensione. Capello arruffato, dolori alla schiena, qualche linea di febbre. Alla tv c’era San Remo, il Festivàl, con quelle rutilanti esibizioni canzonare e maramalde scenette, che tanto piacciono, fanno discutere le genti e danno il quadro della salute di un paese. Ad onor del vero, non era necessario vedere la kermesse, per capire che siamo un paese ormai alla deriva. Eccomi qui allora, il 14 Febbraio, con una spremuta di arance tarocche nella destra. Niente birra, niente sigarette, nessuna insana ed inconsciamente masochistica voglia di autodistruzione. Cos’altro vuoi distruggere? Sono già morto.
Via allora ad uno spumeggiante pagellone festivaliero, che lo scorso anno mi era tanto piaciuto stilare. Anche se manca l’ultima giornata, che temo non guarderò in quanto intento a sbronzarmi come si deve.

Gianni Morandi: 6 politico. Come lo scorso anno, il presentatore del circo. Per carità, mi sta anche simpatico. Provoca molta tenerezza. Ha quasi settant’anni ma coi capelli di un color castagno naturale e le movenze ancora brillanti. Però a tratti mostra l’impacciata lentezza da anziano dei giardinetti, malgrado le migliaia di chilometri macinati durante l'anno. Anche quel “Io non sono contro i gay”, lo lascerei cadere come quasi normale dazio da pagare al tempo. Invece Platinette (quella che fa le conferenze stampa in onore di Lele Mora e Berlusconi difendendo l’innocentissimo “meglio amare le donne che essere gay”), lo bacchetta con fare piccatissimo. In sostanza, ascolti alla mano e malgrado gaffes sciorinate come fosse tambureggiante grandine, salivazione azzerata, mani sudate ed inglese che manco La Russa, gli ascolti sono dalla sua. Avrei comunque preferito Pino Scotto o Richard Benson, ai microfoni.
Belen: 5, alla patatapassera. L’aura di primordiale sfiga che avvolge l’inizio festival (artata anch’essa, forse), vuole la titolare della cattedra di valletta, tal Ivanka (5,5. Bellona dell’est con due zanne da roditore che farebbero felice un’equipe di coraggiosi odontoiatri muniti di motosega) dare forfait per le prime due giornate, causa torcicollo. Anche le gnocche ne soffrono. Ecco allora che dall’armadio degli abiti usati riciclano le due passere della scorsa edizione. Le vallette di riciclo (ma come, il tanto vituperato "velinismo", qui in voga da oltre sessant’anni, non sconvolge?) obbediscono. Una sempre più insostenibile Canalis (2-) fa il suo ingresso nel siparietto di Celentano con l’occhio pesto, vestita di stracci e coi capelli arruffati. Doveva rappresentare l'Italia in crisi. Più realistico mostrare un rapporto contro natura con un simil mandingo abissino (che poi, viste le dicerie, Canalis forse non avrebbe nemmeno protestato più di tanto col bruno abissino). La Eli possiede il dono di risultare incapace in ogni cosa che fa. Non sa fare proprio niente. A guardare quell’infelice e maldestro videotape non si direbbe, ma la sua compagna Belen sa fare più cose. E’ smaniosa e sovraeccitata. Talmente talentuosa ed istrionica che ci tiene ad esibire l’inguinale farfalla tatuata nei paraggi più nobili. Va bene che il pubblico sanremese, e quello davanti alla tv, ha un’età media attorno ai 75anni e quindi non avrà potuto goderne della visione in rete per problemi di cataratta, ma la regal patatapassera di questa argentina è stata abbondantemente esibita in ogni salsa, inquadratura, angolazione e primo piano. Di quel vigliacco video ella s’era anche costernata con fare da virginal pulzelletta. Ora ci ostenta la farfalletta svolazzante. Quale altro scandalo voleva ancora provocare? L’attrice hard Selen, per sbalordire, s’era rapata a zero. I capelli. Perché mostrando furtivamente un tatuaggio sulla ciccabaffetta, sarebbe risultata grottesca.
Celentano: 6. Cosa c’entri con un festival di canzoni la sua accorata filippica, non lo si riuscirà mai a capire. Ha il dono d’esser dichiaratamente popolare e di parlare facendosi capire da tutti. Un po’ un Berlusconi, che però dice cose giuste, sulle quali non si può non essere d’accordo: Il referendum cassato dalla consulta, la guerra, gli armamenti, il vaticano in tutte le sue abominevoli contraddizioni. Arriva anche ad auspicare una rapida chiusura dei giornali cattolici. Adriano l’intransigente chierichetto scagliatosi contro la legge sull’aborto, ora si lancia  abomba come un kamikaze contro le oscenità di una chiesa che ha smesso di svolgere le sue funzioni. In ogni caso, un violentissimo predicozzo politico di quasi un’ora, nel mezzo di un festival di canzonette. Perché non da Santoro o da Floris? Forse, e qui l’intento sembra chiaro, sfrutta la sua popolarità per poter predicare come il messia in una manifestazione nazional popolare, seguita da milioni di spettatori. Per farlo, novello Robin Hood, si fa anche lautamente pagare con soldi che devolverà ai poveri. Diabolica mente. Meglio la sua lunga invettiva solitaria, del siparietto con Morandi e Pupo (Pupo? Sì, Pupo). Poi canta anche, ed ancora bene, quasi migliorando con gli anni.
Rocco Papaleo: 6,5. Lui a me fa ridere. Ed è un attore molto bravo. Ragion per cui lo ritenevo fuori posto su quel palco. Invece ne esce alla grande. Poi leggo sul giornale che alla nipotina del duce capoccione ha dato molto fastidio, ed allora la mia convinzione si rafforza.
Sabrina Ferilli: 1. Queste due tette enormi attorno ad un becero nulla indisponente, fanno rimpiangere Celentano. Intervista imbarazzante. La più inutile del millennio. Discute di televisione, dei tanti canali e financo dell'invenzione del secolo: il telecomando... mica un caso che questa qui è il simbolo della sinistra ed era lo sponsor di Veltroni e Rutelli.
Pellegrini: 2. Eccola lì, a riempirci di spocchiose ovvietà. Balla con un imbarazzato Morandi, impaurito che il suo sguardo possa ricadere tra le tette inesistenti. Sta a Sanremo come la Santanché in parlamento. Con quell’arravogliato accento, fa calare le mie povere pudenda sotto i tacchi. E dire che l’accento veneto, da cultore dei film del Maestro Tinto Brass, in una donna mi piace anche.
I soliti idioti: -2. Sarò anche anziano, ma non avevo mai visto questo duo che imperversa tra i decerebrati adolescenti. Quanto di più stupidamente pecoreccio e trash sulla faccia della terra. La versione moderna, più banale e sciocca, del duo Bombolo-Milian. Con in più i soliti stucchevoli luoghi comuni suoi froci, per far ridere.
Dolcenera 4,5. Una specie di ragnetto esagitato, dotato di fornace dentata al posto della bocca. Il ciuffo argenteo  la fa tanto nipotina di Morgan. L'atteggiamento estenuante la rende sorella illegittima di Emma Marrone, più sfigata perché non è ricaduta sotto l’aura protettrice di Maria. Anfibi e vestito con paillettes sono il simbolo di una personalità disturbata e non ancora definita: ragazzaccia alternativa da osteria, o femme fatale di un metro e mezzo. La canzone, pur musicalmente non tra le peggiori, è di una banalità disarmante. Lei la interpreta gridando a bocca spalancata, inframmezzandola con ghirigori che rimandano ad una Vanoni avvinazzata. Il testo, dicono impegnato, non l'ho sentito.
Matia Bazar: 3,5. Per carità. Lei mi fa un discreto sangue. E’ elegante, con vestito da strega cattiva ed anello sbrilluccicante a coprirle tutto l’anulare. Ma da quando il Baudelaire di Trastevere Franco Califano, agitando la linguetta da rettile, provò a baciarla languidamente dopo essersi strafogato una padella di pajata, non è più lei. Ha perso serenità mentale. La canzone ha il pregio di riportarmi al 1989. Rimangono in gara fino a venerdì, e ci vuole Platinette per farli eliminare.
Samuele Bersani: 6-. Cantautore bravo, in genere. Ricordo qualche bella cosa scritta, anni addietro. Qui si limita al minimo sindacale, con una filastrocca cantata sul pallone sgonfiato come metafora della crisi italica e del dorato ed illusorio mondo dello spettacolo. L’estro è tutto in quelle scarpe da calcetto sotto il vestito da pinguino.
Noemi: 3. Dicono sia brava. Forse lo è, ad interpretare. Quanto abbia una bella voce, e forse ce l’ha. A me proprio non piace, a pelle. Con quell'ugola forzosamnete graffiata ed i capelli rosso arancio fluorescente, sembra la nipote di Gabriella Ferri travestita da Milva che delira al festival degli obesi di Brandeburgo. Canta una canzone modesta e senza infamia. “Sono solo parole”, ripete per quasi tre minuti. A trovarle, quelle parole. Con qualcosa di più moderno ed originale, farebbe meglio.
Marlene Kuntz: 7+. Ogni edizione del Festival deve sempre avere un gruppo alternativo o rock, utile a farci capire quale spazzatura sia il resto. E quanto vetusta sia la tradizione musicale italiana, se questi gruppi vengono puntualmente sacrificati in luogo degli Albani o dei Matii Bazar di turno. Cantano una bellissima canzone nel loro ricercato stile rock graffiante e raffinato, mettono sul palco uno storico duetto con Patty Smith (la signora McGenious), vincono il premio della critica, si prendono l’eliminazione e se ne vanno. Tutto nella norma.
Chiara Civiello: 1,5. Non sapevo chi fosse. Mai ignoranza fu più salutare. Morandi ce la presenta come la cantante jazz migliore della sua generazione, nel mondo. Wow! Uno si aspetta una struggente esibizione, in stile putativa figlioccia di Miles Davis, accompagnata da un morente sassofono. Invece questa ragazza che pare una monachella, sciorina una canzoncina che nemmeno Gigliola Cinquetti nel 1957. Eliminata solo al venerdì. Sempre troppo tardi.
Eugenio Finardi: 7,5. Monumento assoluto della musica italiana, fuori posto sul palco sanremese. Presenta una  canzone dal bellissimo testo, interpretata da par suo, in modo intenso. Il migliore in assoluto. Potrebbe ricalcare le orme di Vecchioni, ma i miracoli si verificano una sola volta. E la canzone sembra avere sonorità meno ammiccanti e nazional popolari rispetto a quelle di Vecchioni, trionfatore lo scorso anno.
Emma Marrone: 4=. L’hanno travestita a gran femmina fatale, mentre in realtà è solo una ragazzina dal portamento maschio. E infatti, quella barcolla sui tacchi come un’avvinazzata che esce a notte fonda da un bar dove s’è presa una ciucca biblica. Canta una canzone dei Modà, al solito struggente come un’ernia fulminante e sofferta quanto una colica renale (buon dio, liberateci dai Modà). Perché a questa ragazza, che in fondo interpreta neanche malaccio, danno sempre brani terrificanti? Una canzone talmente raccapricciante e con un testo così pseudo-impegnato-a chiacchiere, che potrebbe anche vincere. O andarci vicinissimo. Lo scorso anno fu battuta da Vecchioni. Quest’anno rischia d’esser uccellata da Gigi D’Alessio. Bello scatto di carriera.
Arisa: 1-. Ha sbancato qualche edizione fa, truccata come una piccola fiammiferaia sciocca, cui manca qualche venerdì. Occhiali enormi e bardamento da racchia. Con una vocina demente, cantava filastrocche imbarazzanti e snervanti. Levato il trucco di scena, tira fuori un'altra identità. Decolté in bella mostra, sguardo maliardo e voce poderosa, malgrado l’urticanza di fondo. Perché allora prenderci per culo gli anni passati? Finta e ridicola, semplicemente. Allora, come adesso. Arriverà tra i primi tre. Forse terza.
Nina Zilli: 4,5. La canzone di un paio d’anni fa, mi era piaciuta. Forse perché ascoltata distrattamente, in radio. Incolonnato a due all’ora sulla Salerno-Reggio Calabria, agevolava il tacco-punta frizione-acceleratore. Intravvedevo una qual certa  originalità. Debbo ricredermi. Vestita come una bambola di carta retrò, con antologiche acconciature parruccate anni ’60 stile Mina delle “mille bolle blu”, e le sempre uguali ed insopportabili mossette ancheggiate, canta una canzone dalle melodie vetuste. "Tanto rumore per nulla", è il sentimento che lascia la sua esibizione. Quasi voglia artatamente scimmiottare una dozzina di altri cantanti (la Winehouse in primis). Rischia anche lei di arrivare sul podio, o appena sotto.
Renga: 4. Bah. La voce questo se la porta da casa. E’ passato da capellone frontman di un gruppo rock metropolitano, a scapigliato singer rock pop, quindi a boccoluto cantante melodico marito di Ambra che vinse l’edizione di qualche anno fa, per finire a quasi lirico romanzo. Il brano presentato (niente di che) è un po’ una summa di questo percorso musicale. La voce continua ad essere una reminiscenza dei poderosi inizi. Solo quella.
Loredana Berté/D’Alessio: 7. Ci fosse solo la Berté, tiferei per lei. Assolutamente fuori come una zucchina panata. Unica a possedere geniale imprevedibilità folle. Nel senso che con quella faccia sfatta e labbroni di caucciù che la rendono simile ad un nefasto incrocio tra Richard Benson e Marilyn Manson, da un momento all’altro speri che possa impazzire sul palco e prendere a cazzotti nelle gengive lo sventurato D’Alessio. Intendiamoci, la coppia è improponibile. La canzone, agghiacciante. Il demente tormentone, assicurato. Ma Loredana è Loredana. La mortale voce al vetriolo c'è sempre. Bizzosa, pazza  e capricciosa, come le star di un tempo, che ancora non vogliono rassegnarsi all'ospizio. E pazienza se canta in playback. Riesce quasi a farmi rendere meno detestabile il Gigione D’Alessio versione badante (che, per sua stessa ammissione, la mette a letto a mezzanotte attento a non farle capire che sono stati eliminati, per evitare che le parta la brocca), vestito da giovinetto con giubbetto di pelle e jeans strappati, o conciato come il quinto dei Village People. Eliminati dalla giuria tecnica, recuperati dal televoto. Gli itaGliani rischiano di farli vincere. In ogni caso, anche nella peggiore delle ipotesi, ci andranno vicini.
Carone/Dalla: 6,5. Non sapevo chi fosse quel ragazzetto coi baffetti poco irsuti, da sedicenne onanista. Poi ho saputo l’amara realtà. Così giovane, già sconta due colpe mortali: L’aver scritto la storica frase “in tutti i luoghi, in tutti i laghi…”, ed essere un figlio di Maria. Però occorre non farsi traviare. Questo giovinetto coi denti storti sa scrivere bene. Presenta una canzoncina delicata che denota un buon talento cantautorale, col sempre sfruttato tema delle mignotte. Certo, trattato in maniera più intelligente rispetto  a come lo fece Al bano lo scorso anno (voglia il cielo se ricordi il titolo dell'abominio). Narrando della meretrice Nanì, si vede lontano un miglio che è cresciuto a “pane e Rino Gaetano”. E questo è già un pregio, rispetto a chi è cresciuto a “pane e Modà”. Lucio Dalla non avrebbe certamente rischiato di macchiare quarant'anni di carriera, accompagnando qualcuno che non meritasse attenzione.
Irene Fornaciari: 0 (zero). Il niente agitato. La figlia di papà Zucchero si scompone tutta come un crotalo obeso, convinta e tarantolata manco fosse Pippo Inzaghi ad Atene 2007. Ogni anno dobbiamo sorbircela sul palco dell’Ariston, quasi fosse una fastidiosa tassa, addobbata come una figlia dei fiori. Anzi, come una che si è mangiata qualche figlia dei fiori, vista la silhouette. Motivetto carino (Di Davide Van de Sfross, quello di Yanez). S
tavolta ci sono dentro il gufo, il merlo, il pipistrello e il gatto nero. Per trascurare le "lune a dondolo", "monete di sole" e "rasoio dei giorni". Testo che avrei potuto scrivere anch'io, dopo essermi fatto due boccioni di vino alla trielina. Cantata da altri, brano nemmeno così male. Ma lei è chiaramente inadeguata. Malgrado continui ad agitarsi tutta.
"I piedi grinzi": 9. Come le mie pudenda a fine serata. Il picco di un Festival dove la scrittura musicale la fa da padrona è quel “malgrado i piedi grinzi”, cantato da una ragazzina, probabilmente pazza, nel mezzo di una canzone dal titolo altrettanto leggendario: “Nella vasca da bagno del tempo".

 
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BOCCA SE NE VA, RESTANO I SERVI DEL NUOVO REGIME

Post n°209 pubblicato il 31 Dicembre 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Se n’è andato Giorgio Bocca, una delle ultime penne fieramente al vetriolo, in quest’epoca di servi. Perché Bruno Vespa, usando le sue parole, “non è un giornalista, ma un servo di regime”. Gli scritti ultimi rimangono una specie di amaro e tagliente dileggio dell’orrido pollaio cui si era ridotta l’attuale politica. Lui che di politica (quella vera) si era occupato per anni. Persino il ventennio “lungo”, al cospetto di quello “breve” costretti a sciropparci negli ultimi anni, doveva apparirgli dominato da fieri ideali. La tanto discussa adesione al “manifesto della razza”, in piena era fascista, prima che s'innamorasse della resistenza, poi del socialismo, infine del centro-sinistra. Colorazioni a parte, fa calare un velo di amarezza la scomparsa dell’ultimo grande giornalista dello scorso secolo, accompagnato da uno stridulo e commovente “Bella ciao”. Uno di quelli che non aveva paura a tirare sassi puntuti verso la casa del nuovo regime.
La morte non guarda in faccia nessuno, ma dopo Monicelli volato via lo scorso anno, il direttore storico del “Manifesto” Lucio Magri, andatosene a morire quando voleva lui, nella civile Svizzera, la scomparsa di Bocca in coda a questo 2011, lasciano quell’amaro retrogusto e l’innato fatalismo pessimista travestito da luogo comune, secondo cui se ne vanno solo le menti superiori. Fresche e lucide, malgrado i passati novant’anni. Poi, verso mezzodì del 31 dicembre appicci il televisore, ed ascolti finalmente la buona novella, tanto attesa. E’ crepato, schiattato d’infarto fulminante, Don Verzè. Eccolo il tanto agognato passo indietro del religioso miliardario amante delle lunghe nuotate nell'oro zecchino. Quello della benedizione berlusconiana. Del Silvio quasi santo e da beatificare. Il vegliardo pluri prescritto e pluri imputato per corruzione. Il prete megalomane che voleva la cupola del suo San Raffaele, svettare più in alto della “madunina”. Emerso, il religioso, come fulcro dell'indagine sul fallimento della sua creatura, struttura attorno alla quale gravitavano soldi sporchi, malavita, mafie, suicidi strani, bancarotte ed il solito, amicizia con l'immancabile (quando si tratta di illegalità) gnomo satiriaco incline alla delinquenza (il quasi anto). Uno, il Verzè, che, lo vado sempre ripetendolo, bastava guardare in faccia per catalogarlo nella fitta schiera dei criminali efferati. Non si aveva poi bisogno nemmeno di processi, carte e palesi amicizie con i peggiori affaristi e corruttori del paese, per capire quanto fosse marcio. Forse suicidato da qualcuno per evitare che, in un possibile sussulto di dignità, potesse rivelare i disgustosi retroscena dell’affare San Raffeale, o spirato in modo naturale. Ma chi se ne impipa. Chi se ne frega anche dell’umana pietà. Basta solo la dolce idea che non sarà più su questa terra e nemmeno nell’altra immaginaria, un simile essere ripugnante. Se ne andrà, presumibilmente, in una bara d'oro massiccio, tempestata di diamanti, diademi e zaffiri, condotta a braccia da schiavi negri, comunisti o poveri semplici, in cambio di un piatto di sbobba, avanzata ai suoi cani. Non passerà per la cruna di un ago, questo miliardario delinquente. Si spera solo in una trave ben assestata in altri orefizi.
Tralasciando queste inattese gioie, vorrei ritornare a Giorgio Bocca. Non sono mai stato un suo grande lettore, o estimatore. Succedeva, di tanto in tanto. Capitò lo scorso anno che, in pieno scandalo mignotte, qualcuno tirò fuori un vecchio articolo del giornalista partigiano, firmato nel 1988 o1986. Raccontava il Berlusconi ancora semplice imprenditore e di mezza età, cui l’idea di entrare in politica per sfasciare le fondamenta del paese non balenava nemmeno nei più lontani pensieri. Bastava Craxi a coprigli le flaccide terga. Il giornalista descrive un guitto semplice, che andava comprandosi Milano ed amava circondarsi di troie d’alto borgo, eminenze grigie dell’economia masso-fianziar-mafiosa. Puttaniere e ricco megalomane kitch ancora con una calvizie a donargli sembianze umane, e non ancora irreversibile vittima del delirio malato degli ultimi anni. Molti anni prima, Bocca narrava di un becero potente ignorante e stupido come una capra attorniato da ballerine di quinta. Di party in cui gravitavano finanzieri, uomini politici, porporati, delinquenti, grassatori. La gente bene della Milano da bere, da scopare e da vendere. L’immondo germoglio di letame che anni dopo avrebbe pervaso l’intero paese, grazie alle poderose gesta di quell’ominide pazzo, disceso in campo come terrificante caterpillar dell'orrore. E mai si poteva pensare, allora, che potesse succedere una simile catastrofe irreale al paese, nemmeno come il peggiore degli incubi.
Accennava soltanto, Bocca, con grande ironia, a quelle allegre festicciole prive del minimo buon gusto. Tutti dietro alle starlette che si concedevano all’anfitrione ed ai fortunati invitati, di rimando. Per gratitudine. Come raccontò uno sconvolto Chirac, sul tavolo d’ingresso era sapientemente stipato un catalogo patinato zeppo di attricette ignude, zizze e culi al vento. Alla domanda di uno sprovveduto ed ignaro su cosa ci facesse un simile giornale in quel posto ben visibile, lui si allargava in un sorriso compiaciuto, aggiustava il doppiopetto addentrandosi in racconti fiume: “Ah, quella me la feci nel 1983, quell’altra nel 1979 in un camerino, all’impiedi…sapesse! La bionda poi, la mandai storta per mesi, ah che fusto! Le donne mi amano, mio caro…”. Un drappello di attricette diventavano famose passando dal letto del miliardario impresario. In principio il “drive in”, trent’anni dopo, tutte le trasmissioni dell’etere. Mai però si poteva pensare che quel modo di reclutare ballerine, potesse essere utilizzato dallo stesso guitto capo-comico, nella scelta della classe dirigente, delle politiche, delle ministre.
Se non ti invitavano a quelle feste, contavi meno di zero. Meno di Costanzo, addirittura, sempre di casa in quegli impedibili appuntamenti ove riti massonici si mescolavano a chiappe al vento. Lui, Bocca, non c’era allora, non c’è stato nemmeno trentenni dopo. E se ne compiaceva, facendo finta di lamentarsene. Mai partecipato a quell’orrido cenacolo di potere marcito, girotondo di troie, nefandezze e caricatura di regime. Ma lo aveva già previsto, descritto, irriso e detestato, prima ancora della deflagrazione.

 

 

 
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DI CRUNE, AGHI, E RICCHI CAMMELLI

Post n°208 pubblicato il 12 Dicembre 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Riassumo per chi non ha troppa voglia di leggere le stronzate che seguono : Il governo dell'unto, un guazzabuglio nauseabondo di corruzione, incapacità e barzellette, ha finito per portarci al fallimento, facendo esclusivamente gli interessi del vecchio monarca, degli evasori, dei criminali e delle classi abbienti che lo sostenevano. Ora al governo ci sono i tecnicissimi, dei luminari dalle fulgide intelligenze chiamati a riparare quei riprovevoli errori. E come lo fanno? Punendo gli immondi esseri che ci hanno condotto sul baratro? No. Riparano succhiando altro sangue a quei poveracci, già vessati dal governo che ci ha condotti alla deriva. Siate fiduciosi nel futuro.

Il neo presidente tecnicissimo è reduce da una logorante giornata di lavori. Una sagoma allampanata e dinoccolata che incombe nella notte, avvolto dalla nebbia, in un mantello nero. Come Dracula travestito da Luca Giurato e con un testone che pesa sedici chili. Competente, misurato, asettico, apprezzato, stimato, efficiente, incensurato, serio, anziano senza truccarsi a giovinetto, apolitico, bipartisan, sposato, fedele. Un paradosso voluto. Il latte dopo la sbronza. Lui ed i suoi ministri, impacciati, silenti, schivi, brutti, buffi, sembrano dei nerds di 70anni. Davvero una presa in giro di ogni cosa. Emilio Fede, dopo aver mandato le immagini delle vecchie massaie al mercato rionale che (d’improvviso, senza più la luce divina del satiriaco) non ce la fanno ad andare avanti, nel suo tg manda le immagini del ministro horror per i rapporti col parlamento: un sagoma di venti chili con orecchie a sventola e faccia da Shrek. Una caricatura, certo. L’ottuagenario rammendatore/giornalista di Arcore allarga le braccia: “E vabbè, questi sono in nuovi ministri, mah…”, ride amaro e sbuffa. Riassume, il vegliardo imputato di prostituzione minorile, uno smarrente sentimento collettivo. Dopo anni di atroce, inetta ed insostenibile gazzarra mass-mediatica cui il criminale di Arcore ha ridotto la politica, pare davvero una cosa fuori dal mondo vedere questi ominidi che non dicono una parola, agiscono per le cose concrete e non per le intercettazioni o processi lunghi o corti (a seconda) e si scherniscono. Abituati e rincoglioniti dalla disgustose scenate e dai pollai nei vari talk, dove mezzi figuri lombrosiani strappati ad un reality show si azzuffavano come galline, tra macchiette stupide ed imbonite, catechizzate anche su come muovere la testa, tutto ci appare irreale.
Gli esponenti del nuovo esecutivo d’emergenza sono professori (veri), rettori o ex rettori della Bocconi, della Cattolica, vengono da anni di comprovata esperienza in posizioni di grande responsabilità. Gli altri, quelli creati dal raccapricciante oscurantismo berlusconiano, erano mezze veline bocconiane e senza mutande, ministre dell’istruzione che per fare l’esame di stato si recavano a Reggio Caloria, mezzi tappi ripugnanti che giravano l’Italia con la valigetta in mano per cercare la più inutile cattedra nella più sperduta università italiana in facoltà inventate ad arte. C’è da sorprendersi che questi immondi esseri di caprina ignoranza non fossero capaci di fare niente per il bene del paese, se non condurci al fallimento? I tecnicissimi testoni, invece, non vendono nulla, non ci tengono, ma fanno i fatti. Armati di cetrioli oversize e con i denti aguzzi, sono pronti a sderenarci.
Una ventata di sodomitico benessere purificatore, insomma, col nuovo governo e grazie al sollevamento dell’indegno essere, impostoci dall’Europa. La non politica al posto della miserrima politica cialtronesca. Una resa, quasi. Avvolto dal suo mantello nero da macabro super eroe, il Professor Monti vaga nel paese, alla ricerca di danari, idee e risorse per farci ripartire di slancio. E come no. I propositi sono magnifici, edificanti. Tagli alla casta, diminuzione di parlamentari, caccia all’evasore delinquente, liberalizzazioni, patrimoniale durissima che tassi i patrimoni dei ricchi milionari. Idee talmente splendide da farci ingollare di buon grado il salasso personale. Perché se a pagare sono principalmente i ricchi e i ladri, lo farebbero anche i cenciosi, nel loro piccolo. A maggior ragione poi, se te lo impone una persona apparentemente seria ed affidabile, mica un ottuagenario clown nano travestito da giovinetto che racconta barzellette submentali, va con centinaia di prostitute ventenni e continua a vaneggiare sul benessere della popolazione. Altra cosa se i sacrifici te li chiede un tipo che fa dell’equità la propria bandiera. E poi via…verso nuove misconosciute avventure: Investimenti in innovazione, ricerca, sviluppo, scuola e formazione, proprio come la Germania e gli altri paesi normali. Da non crederci, diventiamo normali? Quasi-quasi vien da masturbarsi furiosamente, per festeggiare. Eccitarsi come la Markel alla visione di quelle impressionanti misure, degne del “Terribile ispettore” di “Villaggesca” memoria.
Ma poi, occorre vedere anche i fatti, porco di un dio sifiltico (scusate la parola grassa, ma come dicono in sacri ambienti vaticani, il bestemmione va decontestualizzato. Puttanalamadonna.). In fin dei conti, dei personaggi che sono apprezzati da tutti, mi sono sempre fidato poco. Non mi piace Fiorello, per esempio, che piace a tutti, i coglioni. Ed allora vediamola come la intende questa trionfale equità, “O professore”. Il primo incontro del neo premier è col Papa Ratzinger. Iniziamo bene. Cominciano a venirmi dei dubbi. Che fossero soltanto un trucco per imbonirci la pillola, diviene chiarissimo in seguito. Patrimoniale dura? Ma figurarsi. Nemmeno leggera. C’è l’ex messia che punta i tacchi e minaccia di staccare la spina. Al limite s’inventeranno una tassa su chi possiede una navicella spaziale Enterprise, immatricolata nel pianeta Nibiru dopo il 1978. Meglio tirare il sangue, cavare otturazioni d’oro a pensionati sdentati e miserabili non abbienti frequentatori delle mense caritas.
Gli sbandierati tagli alla casta? Diminuzione dei parlamentari? Abolizione di vitalizi e pensioni d’oro dei politici? Ma manco per idea. Puntano i piedi, i ripugnanti esseri, rappresentati degnamente da Razzi, contro una demagogia imperante che li vorrebbe su una strada, loro che un mestiere non ce l’hanno. Quasi ridotti alla fame ed al conseguente suicidio, come sottolinea la procace nipotina del duce, più freudianamente attratta alle impiccagioni di piazza, forse. “Levateli a Floris, Lerner o ai magistrati, quei soldi”, tuonano. E ancora, “perché devono pagare solo le nuove generazioni di politici?”, s’indignano alcune giovani leve, rigorosamente cialtroni bipartisan. Al professore mummia, che non si scoraggia, non resta che cercarli altrove, i danari. Per il bene della Itaglia. Piuttosto che tagliare pesantemente su pochi miliardari eletti (tra l’altro ignoranti come capre beduine), si accanisce come un ossesso sulla suburra. Invece di prelevare, che ne so, 10mila euri l’anno ad arci miliardari corrotti e su quel 10% di cittadini che detengono la maggior parte delle ricchezze italiane, meglio levarne 300 l’anno a miserabili cenciosi che non hanno di che vivere. Più agevole aumentare l’Iva. Facile accanirsi sul popolino facendo salire alle stelle il prezzo della benzina. Avevamo proprio bisogno di questo consesso di luminari, per vedere aumentata Iva e benzina, o l'accanimento sadico sui pensionati?
Va beh, dai, speriamo almeno che puntino tutto sul recupero dall’evasione fiscale, dopo anni in cui siamo stati retti e sorretti dal maggior evasore fiscale del secolo. Ci si spera. Niente, neanche qui. Gli uomini dell’ex sultano (sempre più patetico e rincoglionito, ma tutt’altro che morto) inveiscono ferocemente contro misure di polizia tributaria. Niente, insomma. Viene, tristemente, da pensare che la politica, tecnicismi di facciata a parte, continua a reggere le fila. La “cosa”/destra berlusconiana difende gli interessi della casta, degli evasori e dei criminali, come coerente che sia. Ma a quelli dei poveri cristi, chi ci pensa? La sinistra? Dov’è? Esiste? In questa oscena situazione, hanno finito per farselo piazzare al culo un’altra volta. Ottenuto che il mostro se ne andasse, ma che continuasse a dettare legge col lavoro sporco di un presunto tecnico e grazie alle nuove indegne leve. Le uniche forza realmente di sinistra, Radicali, Socialisti e Vendola, chiedono che in questo periodo di assoluta crisi in cui tutti sono chiamati a contribuire, anche la chiesa ed il Vaticano facciano la loro parte. Mica con misure clamorose. Semplicemente iniziando a pagare l’Ici, come tutti i normali cittadini. Si levano cori di dissenso. Anatemi. Maledizioni. Scomuniche. Bagnasco scorreggia, sdegnato e piccato. Poi inizia a parlare, con quelle melodiosa vocina, tipica di chi ha una trave nello sfintere: “Potremmo anche discuterne”, (al limite, proprio).
Ed allora eccomi, in un trionfo di indecorosa e criminale demagogia, che stamattina, facendo il pieno di benzina ho discusso animatamente col benzinaio. Sono sceso dalla macchina ed ho iniziato una filippica inarrestabile. Perché debbo pagare il carburante a1,700 euri al litro? Potremmo anche discutere di questo aumento, vieppiù, ma non lo pago di certo. Discutiamone, caro il mio benzinaro. Per misteriose ragioni, mi hanno condotto a braccia in questura. Poi in un ospedale psichiatrico, sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio.
E intanto, aizzando due nonnetti alla rivoluzione armata ed allo sgozzamento pubblico della casta come unica via d’uscita, vaneggiavo d’esser religioso, mi prodigavo illuminate citazioni della Sacre scritture: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. D’un tratto m’è apparso il Papa Ratzinger travestito da cammello, con fascia delle SS al braccio, che sorrideva benevolo ed accomodante: “Quelle parole, caro peccatore, non vanno interpretate in senso così estremo e comunista. Gesù era mica un bolscevico, stolto ragazzo…”. Ed ha iniziato a leggermi un terrificante saggio teologico sulla variabilità gnoseologicamente empirica ed insondabile delle dimensioni di un cammello, con qualche richiamo al terzo reich.

 

 
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12 NOVEMBRE, FESTA DI LIBERAZIONE AMMEZZATA

Post n°207 pubblicato il 15 Novembre 2011 da chinasky2006

Foto di chinasky2006

Che poi, forse, uno se lo aspettava un filo diverso, più romanticamente romanzato, passionale e violento, questo trapasso di regime. Un po’ pregustavo la scena: tutti in fila, innanzi a Palazzo Chigi, legati come salami a dei pali della cuccagna, i ripugnanti mercanti e servi dell’immondo impero di sterco e fard. Magnaccia e puttane, clericali e depravati, corruttori e massoni, mafiosi e criminali, escort e faccendieri, Lavitoli e Tarantini, Lele Mori e Bisignani, ladri e dementi. Speravo intimamente di vedere quegli occhi una volta rancorosi, faziosamente talebani ed emblema della feroce inettitudine ultrà, improvvisamente gonfi di paura nei confronti della ruspante ferocia popolare che gli fa pagare il conto. Tutto e d’un colpo. Me li vedevo finalmente confrontarsi col giudizio finale della piazza, di milioni di persone. Loro che da mesi richiedevano la responsabilità penale, civile e morale dei giudici che sbagliano, proprio come il medico o il venditore di urne cinerarie. Tutti giudicati. Che, se non qualche aula di tribunale, almeno la folla popolare potesse giudicarne l’indegna opera politica ed un agire che ha portato il paese fino al commissariamento europeo.  Quale migliore e più democratica sentenza per un politico, quella del popolo? A maggior ragione come contrappasso per chi da mesi si trincera dietro il bandierone di un bieco populismo di stampo sudamericano. Il popolo ti elegge, il popolo ti innalza, il popolo ti ammazza, se il caso.
Ah che bel giudizio immaginavo, verso la disgustosa casta d’inutili ed incapaci genti che hanno svilito il ruolo della politica ad indegno sfacelo morale. No, non pensate a Mussolini o Craxi, io li speravo ancor più feroci e finali, i titoli di coda. Senza morti ok, perché si rimane sempre non violenti nello animo. Un carico di umilianti sbeffeggiamenti ed esposizione al pubblico ludibrio per almeno una settimana, quello sì. Echecazzo.
Invece una simile e meravigliosa scena potrò solo immaginarla. Il grande messia al centro della scena. Privato degli effetti scenici alla base del suo credo politico. Senza più i capelli posticci ma con due canuti pelucchi arruffati in testa. Sdentato e privo di trampoli, somiglia ad un nano del circo. I punti di sutura ed i lifting che una volta gli donavano una giovinezza di caucciù, partono via. Senza  più nemmeno ombrati stratagemmi televisivi degni della D’Urso a levigarne le rughe, fa proprio ribrezzo. Quel volto di maiale cartonato, un po’ Cher e metà Michael Jackson sarebbe tornato di colpo a dimostrare i suoi quasi ottant’anni. Ah che immenso gaudio, quale meraviglioso raccapriccio reale ed impagabile gioia vedere il messia denudato da ogni fittizio orpello di artata gioventù. Quale soddisfazione ammirare gli occhietti pavidi e vinti dalla malattia mentale, invocare la pietà, senza più difese e maschere di cipria. E la gente, sorda alle invocazioni pietose, continua ad inveire contro quel simulacro di nefandezze senza eguali. Sputi e sberle schioccati sulle carni marcite. Passa un 73enne pensionato a 600euro al mese senza capelli e con due denti malfermi, lo schiaffeggia con veemenza inaudita e gli morsica la jugulare con le gengive. Poi una precaria venticinquenne parte di manrovescio terrificante, quindi con tre calcioni puntuti nelle palle rinsecchite, nel tripudio da stadio della piazza.
Eccotela la gente, vecchio pazzo. Quel popolo di cui ti riempivi la bocca per poter partorire ogni nefandezza, il famigerato consenso pregno vaneggiante populismo, verrebbe da dirgli. Glielo avrei fatto sentire tutto, il consenso. A lui, ma ancor di più ai viscidi servi di regime. Se possibile, più ripugnanti del loro guru, senza il quale sarebbero merda seccata al sole. Schiaffi, sputi e piscio in faccia ai sostenitori dell’impero di guano. In fila, e pronti ad essere impalati. Da destra a sinistra, quelli che per anni siamo stati costretti a vedere, persino ad accettare come nostri legislatori. Ma quel livore demente diviene improvvisamente pavida invocazione di clemenza, tipica del codardo. Piscio di maiali riversato sui loro orripilanti volti lombrosiani, disgustosi, repellenti come viscidi vermi: L'untuosissimo belusconiano dal volto umano Letta. L’uomo ombra, che non parla mai, ma c’è sempre. Stimato da tutti, non si sa per quale misterioso motivo. Che mentre il capo ha più processi di Al Capone, il Gianni che ne è intimo consigliere e quasi badante, ne esce sempre lindo e pulito. Un vero galantuomo col passamontagna, rimasto ad attendere lo svaligiatore col motore acceso. Poi Bonaiuti, il portavoce che racconta dell’odor di santità del pazzo satiriaco di Arcore. A seguire i gerarchi balilla, i camerati del regime Gasparri e La Russa. Sì, siamo stati costretti a sopportare anche questi maleodoranti avanzi del precedente regime fascista, autoproclamatisi moderati. Al loro fianco tutti, ma proprio tutti gli altri esseri rivoltanti ed effigie vivente dell’eccidio di ogni dignità che in un Parlamento della Repubblica, arrivano a considerare Ruby la nipote di Mubarak. Sotto dunque col piduista Cicchitto, ormai pronto per la bagina, un ospizio per vecchi massoni rincoglioniti. Vicino a lui Rotondi, ma da dove esce fuori una simile macchietta di totale insipienza? Alfano, Lupi, Capezzone, Crosetto. E come dimenticare la faccia da barbagianni Paniz? Una sorta di gerarca fascista anni 30. Sì, quello stoccafisso che invocava impunemente l’arresto coatto per i giornalisti.
Si passa quindi alle altezzose ed assai convinte ministre-veline delle libertà Carfagna, Prestigiacomo e Gelmini, ed alle altre esponenti dell’altra metà del cielo. Le inconsolabili ed infaticabili ancelle devote delle grinzose pudenda sultaniche: Bernini, De Girolamo, Ravetto, etc…sempre pronte a compiacerlo, al costo anche di giocarsi a briscola quel soldo di cacio che hanno al posto del cervello, per trascursare una dignità di donna mai conosciuta. Esposte alla piazza anch’esse, finalmente. Da quelle parti anche Brunetta, per cui basta uni stecchetto di ghiacciolo. L’orrendo nano, come contrappasso, diverrà priapo vivente per sollazzare le escort ormai disoccupate.
Filiera d’eccellenza quella dei padani. Una sfilza di invertebrate mezze bestie inculturate e belanti stronzate xenofobe a gettito continuo, neanche fossero pecore merinos con le turbe psichiche. Merde fumanti capeggiate dall'ultrà nazista Borghezio e da quel soggetto diversamente dentato col volto paonazzo tipico dell’avvinazzato, che chiamano Calderoli. Infimi e subdoli più degli altri, questi decerebrati e rozzi razzisti che invece delle patrie galere e di condanne a grappoli per vilipendio dello stato, sono stati sdoganati e portati al governo grazie al malato di mente di Arcore. Scienti profittatori del regime per i loro indegni scopi, e che adesso, un po’ come Ilona Staller, dopo esser stati sodomizzati dal “mafioso di Arcore” (cit. l’Umbert) non vedono l’ora di rifarsi una verginità. E lo dicono anche, senza vergogna. Con un refolo di umana pietà, risparmierei solo il rantolante Bossi, perché dei malati, fisici e mentali, bisogna avere c0mpassione. Dicono.
Ma come trascurare i servi liberi? Genuflessi anche quando sono appesi. Un palo rinforzato per l’immondo mammuth di due tonnellate Ferrara, quello che da 17anni scrive ogni discorso del submentale duce (che da solo sarebbe capace di scrivere solo perle indimenticabili come: 316-8 traditori/ribaltone/Pres.Rep./Dimissioni/una soluzione). Il popolo gli pagherà il resto dei trentamila euro giornalieri per l'osceno atto di servitù al sultano. Il mammuth unto di sugna, ultimo baluardo a difesa del monarca, fino alla fine ha provato la folle resistenza suicida. Pronto e disposto a giocarsi a rubamazzetto l’intera nazione, in modo definitivo, pur di lasciare al timone quella patetica parodia di dittatore. Perché senza, gli tocca di tornare a fare il direttore di un giornale,. quello usato dai pesciaioli per incartare le triglie marcite. Assieme al gran cetaceo, il resto della truppa di fedeli servitori del regime: l’immancabile Feltri ormai fuori di melone, nosferatu Sallusti, più bello che intelligente, e quella specie di sacerdotessa dell’insipienza malata, Saltamiquì. Una che in tutto questo bailamme, col paese a mezzo passo dal baratro, inveiva contro i soldi dati al futuro premier Monti. “Uno stipendio in più, che vergogna!”, tuonava questa cosa mezzo caucciù e mezza carne putrescente in cui scorre sangue di una zucca travestita da strega di Halloween. Senza che la povera submentale potesse arrivare a capire il senso del ridicolo delle sue parole. Figuriamoci a chiedersi come mai gli altri mille e passa cialtronacci della politica, che quello stipendio lo percepiscono da tre anni, non riescoino a farci uscire dalla crisi a causa della loro evidente isipienza, ma anzi in quella tragica situazione ci hanno mandato. Per questa svitata che col crollo dell’Impero potrà solo tornare a lavorare (Briatore un posto da cameriera al Billionaire glielo tiene sempre caldo), ci sarà anche il gustoso contrappasso:  un rapporto contro natura con un extracomunitario di colore, islamico e moderatamente comunista. Defilati e piangenti anche gli altri materiali servi della gleba, maggiordomi, rammendatori, giardinieri. Dagli storici Vespa e Fede (pronto ad emigrare in Sierra Leone), a Belpietro, Sechi ed il direttorissimo Minzolini.

Buon dio, e quante me  ne dimentico di obbrobriose essenze di strisciante servilismo. Mi sarei masturbato due volte a fila, per la contentezza, nel vederli giudicati dalla folla inferocita. Invece lo faccio solo una volta, stappando uno spumantino sgasato per festeggiare questa mezza liberazione farlocca. Perché il 12 novembre non è la festa di liberazione dalla dittatura berlusconiana, ma al limite potrebbe esserlo. Il verme strisciante si è dimesso senza essere nemmeno sfiduciato dalla comatosa opposizione (brava solo ad inveire contro l’appestato radicale). Bersani brinda in piazza. Ok, lasciatelo fare. Ma dai 17 anni di regime del terrificante mostro e teleimbonitore televisivo ci ha liberato l’Europa, la Merkel, Sarkozy e le banche europee. Quelli, e solo quelli, hanno costretto l’incapace pazzo malato a farsi da parte, mettendolo di fronte all’evidenza della sua inadeguatezza. Il grande populista incantatore, ma impossibiltato per evidenti limiti mentali suoi e dei seguaci partoriti da una politica stile Bagaglino porno-massonic-mafiosa, di fare qualcosa. Nessun atto concreto per lo sviluppo del paese. Nulla. Solo l’Europa è riuscita a sbugiardarlo e renderlo nudo nella sua imbarazzante e somma incapacità. Di certo non l’opposizione o una rivolta del popolo italiano, che per 17 anni ha dovuto sopportare le menzogne di un miserabile cialtrone.
La caduta del fantoccio di cartapesta dunque mi rende felice, ma conserva un retrogusto di amarezza, e nessuna sicurezza per il futuro. Perché "la cosa" non è morta. Politicamente non s'è riusciti ad ammazzare il suo ideatore. Annientarlo in modo violento, come tutti i dittatori che si rispettano.  Una fine truculenta, ma non per voglia di rivalsa o vendetta, ma per utilitaristici fini politici. Sarà anche a causa di quella stramba forma di dittatura che conservava subdolamente una infarinatura di fittizia democrazia, ma all’orrido serpe non si è schiacciata la testa in modo definitivo, come anche le Sacre Scritture ci insegnano. Lo si è battuto, ma non vinto. E quello, ferito di striscio, come un tafano appena confuso dal baygon rischia di riprendersi in poco tempo, forte dell’atroce impero che ha costruito attorno a se.
Se non ne siete convinti, basta vedere l’evolversi della situazione. L’arlecchino che dopo concitate consultazioni coi vertici delle sue aziende (e con chi se no? Coi vertici dello stato?) si decide al grande passo, perché altrimenti, con l’Italia nel baratro, ai suoi eredi rischia di non lasciare nulla.  Poi altri vertici istituzionali, sempre accompagnato dal vero presidente del consiglio (Letta), il politicante giuridico Alfano, e l’avvocato Ghedini, buono per ogni evenienze, dovessero provare a sbatterlo nelle segrete come merita. E invece, nemmeno lui ci crede, pur uscendo dalla scena politica, pare farla franca, salvando almeno la ghirba. Per le aziende è “disceso” in campo e per le aziende ne esce, laddove per una volta e a causa della tragica situazione economica, interessi personali ed interessi del paese coincidono. Ma non lo vedo politicamente vinto in modo finale. Anche scenicamente, quell’impressione si rafforza. Attorno al Quirinale un migliaio di coraggiosi si riuniscono (ma solo un migliaio? Fossi stato qualche centinaio di km più vicino alla capitale, quell’evento storico non lo avrei perso per niente al mondo). Qualcuno balla, altri fanno un trenino, si intona un “alleluia” di redenzione, altri cantano “Bella ciao” a squarciagola, i più lazzaroni inveiscono contro il tiranno, lo insultano, fioccano i “buffone”, “pagliaccio”, “mafioso”. Tintinnano anche tre o quattro monetine. Insomma, una contestazione spontanea, ma composta. Eppure quelli, politicanti bipartisan, trovano il modo per deprecare simile astio. Tutte le componenti politiche sdegnano lo sberleffo ai vinti. Casini in primis, e ti pareva. Uno nasce democristiano e muore tale. Nemmeno più i9l diritto di contestare pacificamente ed in modo non violento ma colorito, si può. Il popolo ha perso anche il sacrosanto diritto d'inveire contro chi per un ventennio lo ha fatto vergognare d'essere italiano. Le più gaudenti manifestazioni di giubilo, per assurdo (ma anche no), che farebbero un baffo alla contestazione innanzi al Quirinale, si hanno sui giornali stranieri. Paradosso dell'essere italiani. L’Economist, Le Monde, El Pais, in ogni parte del globo festeggiano l’uscita di scena del tiranno con sberleffi ed insulti caustici. Si va dal “fallito” al “ciao!”, all’uomo che “ha portato l’Italia sul baratro e messo in pericolo anche l’europa”, fino al “bye-bye faccia di maiale”. Solo in Italia si invoca la clemenza, e si condanna qualche coro di felicità di un centinaio di persone. E ci tocca vedere quell’indegno orsetto merdino Straquachecosa che si barrica dentro una camionetta della polizia. Per difendersi dal popolo inferocito che vuole dargli quello che merita, a mani nude? No, per scappare da una decina di giornalisti.
Dio Onnipotente, che grande colpa lasciarli impunemente per le strade.
Poveri tristi idioti. Sarà solo un’impressione scenica, mi dico, ma anche politicamente, se il male non lo ammazzi alla radice, in modo drastico, quello prima o poi ti asfissia di nuovo. Ti avvolge con le sue tentacolari spire, come una piovra o una pianta carnivora. Ne volete una conferma? Si ciucciassero pure l’ennesimo videomessaggio del viscido serpe che intanto, ormai diventato parodia del "dittatore dello stato libero di Bananas", grazie ad un paio di pullman di supporters portati a Roma dalla devota ancella submentale Biancofiore, prova pateticamente a far dimenticare alla comunità internazionale quella sgradevole contestazione finale. Non lascia, ma raddoppia anche. Biascica qualche invettiva velata, non connette nulla, sbaglia anche a leggere il gobbo, quel povero vecchio rincoglionito. Gli si è lasciato il modo di poter ancora inveire. La sfacciata e quasi comica pretesa di avere un ruolo nel nuovo esecutivo tecnico. La balzana idea di chiedere scusa agli italiani, di ammettere il fallimento personale, a questa gente non potrà mai arrivare. Figurarsi. Guai a lasciarli in vita, questi. Riescono a gonfiare il petto, invece di ringraziare il cielo e benedire la scongiurata resa dei conti violenta in stile Piazzale Loreto, alzano la gracchiante voce. Ben lungi dall'emettere un rantolo di sconfitta, rivendicano successi mirabolanti, grandi politiche svolte, condannano la faziosità dei vincitori. Minacciano apertamente di avere ancora il coltello dalla parte del manico e di poter spegnere la luce sul nuovo esecutivo tecnico.
Brutta razza i fascisti. Ancor più brutta e pericolosa i fascisti mascherati. Ed errore colossale avere pietà del nemico, lasciandolo in vita, in una guerra mascherata da politica. Ancora più grave se quel nemico non ha decenza o pudore, e possiede ancora le armi per riprendersi il potere.
E non mi resta che immaginare quei pali di frassino.

 

 
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DA "FORZA ITALIA", ALLA BADANTE

Post n°206 pubblicato il 04 Novembre 2011 da chinasky2006

Foto di chinasky2006

Che pessimisti e catastrofisti eravamo, quando lo pensavamo sedici anni fa, scrivendo un tema in classe di quinto liceo. Non si scriveva di commisariamento, ma di semplice catastrofe economica cui questo pseudo tele imbonitore avrebbe condotto il nostro paese, ma siamo lì.
Stremato dallo stress e dal lavoro, dopo la logorante missiva inviata all’Europa, il messia divino divaga la mente e allevia le putride carni dalle scorie dello stress, con qualche giorno di meritata vacanza. Sempre però, col cuore grondante sangue per le sorti del paese. 
Ma non v'è pace per i giusti. Proprio mentre faceva il bagnetto nel latte d’asina è convocato a Roma d’urgenza. Le borse crollano, il tempo stringe e l’Italia sta per fallire. Questione di ore. Lui si cruccia un pochino. "Ma che cazzo vogliono ancora? Cosa non andava bene nella lettera, cribbio? Forse non è piaciuto lo svolazzo sulla “o”?”. Alfredo, il maggiordomo autista possessore di sim sudamericane, prova a spiegargli la politica economica europea:
“Maestà, i mercati hanno bisogno di essere tranquillizzati. C’è bisogno di credibilità…insomma…”.
Il sultano è tesissimo. Ancora ebbro di viagra non connette nulla, dà i numeri, recita qualche parabola, chiede all’autista di fermarsi sulla tangenziale per piparsi due puttane polacche. "Maledetti impiastri…io che sono il più grande imprenditore della Italia negli ultimi 1500 anni, ora sarei incapace di salvare il paese? Ma sono pazzi, questi europei. Una guerra ci vorrebbe, magari chiedo aiuto a Putin, faremo un asse italo-russo e conquisteremo la Europa tutta….”.
Alfredo scuote il capo. “Mio sultano, più che una guerra di conquista il suo governo dovrebbe dare qualche segnale forte all’Europa. Che quelli in fondo vogliono salvarci. Magari il tanto promesso decreto di sviluppo…”.
L'unto dal signore dà quindi alle stampe una dichiarazione sfolgorante. Proprio per stabilizzare i mercati, l’euro e quell’Europa che prova faticosamente a salvarci: “L’euro è inadeguato. La causa della crisi è la moneta unica!”.
Alfredo sbatte la testa sul volante. Dalla presidenza del consiglio, Letta e i suoi sguatteri, s’affrettano a smentire quella dichiarazione di folle suicidio: “Il presidente è stato male interpretato…non voleva dire quelle cose. Poi era ancora sotto gli effetti del viagra…”.
Quindi il messia indice un immediato consiglio dei ministri. Notte tempo. Il settecentoventiseiesimo in venti giorni.
Ci sono solo cinque luminari delle libertà attorno al tavolo. Gli uomini che dovranno salvarci. Evitare la catastrofe, portando al vertice di Cannes qualche misura concreta di crescita economica: Il premierissimo con tanto di corona di diamanti delle occasioni solenni in testa. Strafatto di viagra non sa nemmeno chi è, quando è nato e cosa ci fa lì. Vede solo una grande passera alata che gli sorride. A Cannes porterebbe una dozzina di escort, per calmierare i mercati. Vorrebbe, al limite, inviare un libricino contenente i suoi tanti successi, le coppe campioni vinte etc…C'è La Russaancora livido di rabbia per i fischi ricevuti al festival del cinema Roma, che inveisce contro l’attore de “I Cesaroni”: “E’ uno stronzo!” ripete inconsolabile il ministro degli Interni che ci salverà dal terrorismo e dai Cesaroni. Ma al tavolo dei supremi lavori spicca anche la ripugnante mezza porzione di nano bizzoso, che si batte per evitare gli sprechi nella PA. Il grande e fulgido esempio di meritocrazia capace di accaparrarsi una cattedra per insegnare a nessuno, nell'inesistente università dei puffi. Per intenderci, uno che di crescita economica se ne intende. Potrebbe portare il suo caso e narrare agli astanti delle migliaia di euro ricevute per voli fittizi in inesistenti sedute parlamentari europee, con cui s’è comprato il maseratino. Ma quella specie di gremlins alto quanto il cazzo di Rocco Siffredi, guida pure?
Ovviamente, tanto per tranquillizzare ulteriormente i mercati sulla nostra affidabilità, alla riunione manca il ministro dell’Economia. Tremonti infatti, è impegnato alla sagra della zucca. Assieme a lui il capo storico della lega, il cerebroleso. Ma occhio a definirlo così, sembrereste insensibili verso un uomo malato. Se poi argomenti che un uomo malato è più adatto ad una casa di cura più che decidere per il bene di un paese, ti rispondono che il malato di mente è lucidissimo. Poco male, anche il neuroleso dà il suo fondamentale contributo al rilancio della nostra credibilità agli occhi dell’Europa: “Eh, eh (rantolo)…non ce la facciamo. Non ce la fa il governo, eh...eh (rantolo bis)… l’Europa non capisce che l’Italia non è intera. C’è la padania e poi quell’altra cosa…”. E le borse s’impennano. Quindi il gravemente malato fa un gestaccio, una pernacchia e sputa sulla bandiera italiana. 
Il tesissimo vertice a cinque ha comunque un caposaldo padano: Calderoli. Uno che lo guardi e ti salta alla mente l'idea che brucante una vacca al brado pascolo abbia più intelletto di questa zampogna ripugnante. Il ridicolo essere, dice un paio di cose, dando il suo bel contributo. Cita “le braghe calate”, ed ammonisce sugli eventuali “uccelli paduli”.
Il Messia non si capacita. Vorrebbe poter arricchire il paese come ha fatto per le sue aziende. Ma si trova con le mani legate, da costituzione, magistrati, e quell’orribile rispetto delle leggi cui dei magistrati sovversivi vogliono obbligarlo. Non ce la può fare. Vorrebbe, come disposizione di slancio, fare un mega condono che premi il nucleo di evasori più infaticabili, nonché suo elettorato medio. Una patrimoniale non si può proprio, mica si vuole punire l’élite di miliardari che lo vota con fervore. Le pensioni d’anzianità, manco a parlarne. Vuoi forse adirare il nord padano (perché solo lassù ancora si preoccupano dei contributi). Il licenziamento facile ed immotivato li farebbe godere come vicci, ma potrebbe altresì portare qualche protesta della suburra. “Ci scappa il morto! Ci scappa il morto!” s’è premurato di comunicarci Sacconi (ministro del lavoro che non c'è). Non prima d’aver scarcerato “er pellicca”, buono per ogni stagione. 
Ed allora? Questo manipolo di inetti lazzaroni che non sarebbe capace nemmeno di fare una “o” col bicchiere è rimasto lì, a guardarsi. Si presenteranno al vertice di Cannes con altre promesse imbarazzanti. Solo che le banche ed i capi di stato dell’UE non sono mica elettori da poter imbonire. E neppure qualcuno da poter apostrofare come comunista, solo perché dimostra ed afferma l'incapacità del fantoccio. Ed allora ecco che 'unica soluzione possibile è il commissariamento dell'Europa. Una affidamento coatto, la badante o un tutore per l'incapace di intendere, volere ed agire. A seconda della metafora che preferite.
Ecco. 
Qualcuno avrebbe ancora fiducia in questa gente? 
Crede che questi miserabili impiastri possano fare qualcosa di buono, aiutando paese ad uscire dall’empasse?
Levate anche le loro inclinazioni delinquenziali, che nel caso concreto non interessano, ma davvero questi indecenti figuri paiono lontanamente capaci di partorire qualcosa di efficace? 
Mi piacerebbe davvero capire se chi li ha votati è ancora convinto che questi viscidi esseri capeggiati da un vecchio avanzo di galera immaginaria, possono risolvere dei problemi. Non parlo dei malati di mente, mafiosi o ultra miliardari (lo zoccolo duro del suo elettorato), ma di quei poveri cristi sulla soglia della povertà e che han pensato al grande serpe come sincero salvatore della patria inviato dall'alto. Ne sono ancora convinti, anche adesso che ci ha portati al primo commissariamento della storia? Non lo escludo.

 
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NON RIDETE DEL GIULLARE (Perché ridono di noi, questi pazzi europei)

Post n°205 pubblicato il 31 Ottobre 2011 da chinasky2006
 


Foto di chinasky2006


Basta solo sentire il nome, magari abbinarlo a quelle paroline strane: “garanzia”, “sviluppo”, “piano economico”, “crescita”, e la risata sorge spontanea. Merkel e Sarkozy lo fanno in mondo visione, durante un vertice di fondamentale importanza. Francia e Germania decidono tutto, l’Italia sventrata dai fascio-berluschin-padani non solo non siede più nella cabina dei bottoni, ma come Cacasenno inetto e ridicolo, deve provare ad essere salvata per la collottola. Col carico della derisione, sbertucciamento e ridicolizzazione mondiale.
C’è da sorprendersi? Provate a chiedere ad un italiano che abita in Botswana, di come gli aborigeni lo guardino con estrema commiserazione. “Oh, italian…bungabunga, mafia Berlusconi, Ruby…”. La credibilità del medio cittadino italiano all’estero è lacerata ed umiliata da questo ripugnante essere con la pelle di rettile in faccia, che l’ha colpita a morte, distruggendola.  E allora ci si deve sorprendere se anche i rappresentanti delle potenze mondiali ci considerino un paese economicamente morente perché governato da un inaffidabile pazzo terminale, travestito da giullare? Si pretende anche che gli altri paesi d’Europa s’adeguino alla nostra pagliaccesca dittatura democratica come fossero un Minzolini o un Cicchitto qualsiasi, senza nemmeno che gli scappi un risolino?
- Magari fuori dai nostri confini un po’ suscita sconvolto raccapriccio che il padrone della quasi totalità del sistema informativo, si candidi alle elezioni, le vinca e per vent’anni crei una cappa di  orrido bavaglio editoriale? Sono strani questi tedeschi.
- Sempre a quella Europa sberleffante, fa molto ridere un anziano signore gravemente malato di mente, coi capelli posticci, il fard e i tacchi rialzati che si circonda di escort diciottenni (tendenti ai sedici). Che le paghi, non considerandole escort però. Ma anzi le foraggi proprio per non prostituirsi. Che reputi una di queste, minorenne, come nipotina di Mubarak, da aiutare comperandogli anche un macchinario per la depilazione pubica. E che rutte queste ridicole menzogne le faccia votare in Parlamento, ai suoi beceri schiavi senza più dignità. Che inneggi continuamente al bungabunga in pubblici consessi internazionali. Dobbiamo davvero sorprenderci se altrove la cosa faccia ridere, mentre noi dobbiamo sopportare tutto ciò?
- Invece che sganasciarsi, i due capi di stato avrebbero dovuto avere gran fiducia in un governo che da anni non fa altro che progettare leggi e leggiucole salva premier, lodi, scudi, processi sventrati, giustizia ammanettata, decreti bavaglio sulle intercettazionie, e non è capace di fare niente per lo sviluppo e la crescita? All’estero ridono di una cosa simile. Che strani paesi.
- Solo dei faziosi coglionerebbero questo fantoccio pazzo che vuole fare la rivoluzione mettendo a fuoco e fiamme i tribunali ed i giornali?
- Tutti invece dovrebbero prendere sul serio qualcuno che è imputato in una ventina di processi. Credere ciecamente nella congiura rossa contro di lui. Quelli invece ridono pensando che da loro la gente si dimette perché ha copiato una tesi di laurea vent’anni prima.
- Merita rispetto e stima chi si occupa di far girare la patonza, invece della crescita economica? Davvero si può considerare serio uno che per le più delicate questioni di politica estera chiede dotti consigli al latitante Lavitola chiamandolo con schede panamensi del maggiordomo Alfredo (sua dichiarazione spontanea) e che ha creato un governo ombra retto da faccendieri, massoni, magnaccia e spacciatori?
Gesù Cristo. E mi fermo qui che non posso scriverle tutte.
Eh no, Merkel e Sarkozy non dovevano ridere.
Quell’ironia fastidiosa è stata accolta con unanimi dichiarazioni di sdegno e turbamento da parte dei ripugnanti servi del regime da Bagaglino. Un fortissimo richiamo alla difesa dell’onore italiano al quale deve unirsi anche l’opposizione. Per una volta, anche lei a difesa della dignità del tricolore. Intanto Bossi, l'uomo di governo, in un pubblico congresso ha pisciato sulla bandiera italiana. Il cetaceo orrendo antiaborista e vivente emblema di aborto spontaneo da parte di una mammuth rincoglionita, indice un sit-in di protesta innanzi all’ambasciata francese. Stretto in un tazebao balla, ride in faccia a questi francesi che non sanno cosa vuol dire essere servi liberi e venerare fino al grottesco stremo il proprio despota inetto e pazzo, prima di tornare nelle loro fogne.
La vaiassa diretta discendente del duce dà pieno sfoggio di classe, continenza e sagacia politica. Il presidente francese ha una moglie che canta canzoni bruttissime. Che lezioni ci può dare? La Merkel indossa delle giacche ridicole degne della Germania comunista. E questi due ci vengono a fare la morale? Chiosa. Ecco, ascolti questi due fulgidi esempi di merda secca e ti accorgi di quale degrado morale, etico e culturale, viva il nostro povero paese. Di come il verme strisciante sia riuscito a consegnarlo a queste menti marce, maleodoranti e nauseabonde come una fogna di Calcutta. Ci vorranno anni, decenni, per bonificarlo. Forse non se ne dovrebbe ridere, ma avere pietà certamente.
Pare evidente come, se questo regime non fosse così ridicola parodia di una caricatura, sarebbero pronti anche a dichiarare guerra a Francia e Germania. Pur di proteggere il macchiettistico duce e non arrendersi alla realtà. Almeno ad uscire fuori dall’Europa ci ha provato lui in persona, il Premierissimo squilibrato. “Nessuno può dare lezioni all’Italia- scrive. Enessuno in Europa può nominarsi commissario.”. Una cosa così, detta da uno stato membro dell’UE, non merita risate, ma un internamento. Ancora una volta, ci pensa l’anziano uomo del colle a mettere pezze alle follie del guitto.
Il messia vive notti concitate. Non si capacita dell’onta subita. Strano destino il suo. Racconta barzellette submentali e nessuno ride. Poi basta che si pronunci il suo nome, e scattano fragorose risate. Fa strane congetture. Sono diventati comunisti anche loro? Non bastavano giornali, giudici, televisioni, opposizione, confindustria, Fini, Bocchino Italo, Marcegaglia, Casini, i vescovi, le agenzie di Rating, la Bce. E’ circondato da cospiratori bolscevichi, lo sappiamo. Che sono comunisti, e se non lo sono si lasciano abbindolare dai giornali comunisti. Chiaro.
In piena notte indice un consigliori supremo, e scrive di sua penna l’ormai famosissima lettera d’intenti all'Europa. Con la biro e tanto di svolazzo sulla “o”. A metà tra la lettera di Totò e Peppino, la lettera di buone intenzioni a Papà Natale o a Gesù bambino, ed il libricino delle tante cose belle fatte dal governo, spedito ai cittadini italiani. Poiché quella di fare delle leggi ad personam è una droga un po’ come la gnocca, ci piazza dentro anche una disposizioncina di riforma testamentaria, altrimenti detta “ammazza Veronica Lario”, per favorire i figli di primo letto. Un volano per l’economia di tutto il paese, insomma.
Ma poi, voglio dire, l’Europa non chiede nemmeno una legge, ma la fanciullesca promessa del discolaccio ripetente che studierà, farà la benedetta legge. E quello, il serpe incantatore, ci va a nozze con le promesse. Nessuno meglio di lui riesce a promettere. Da vent’anni lo fa. Promise un milione di posti di lavoro, entrando in politica, vuoi che non possa spergiurare a quei bacucchi l'impegno per qualche inapplicabile disposizione di crescita? Ora un po’ di quel milione di posti di lavoro che avrebbe anche potuto garantire (volendo), li mette a rischio di licenziamento senza motivo.
Ditemi voi se questo non è un genio. 
Quelli sono rimasti basiti, senza fiato e parole. Contentissimi.

 
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GRANDE FRATELLO 12, IN SCENA L'ITALIA DEI MINZOLINI E DELLE MINETTI

Post n°204 pubblicato il 28 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

Ecco finalmente l’evento televisivo dello autunno. Santoro e le sue tristezze retoriche? Giammai. Al via anche quest’anno il “Grande Fratello”. Un’edizione che già si prospetta rutilante e spumeggiante, tra roboanti peti, rutti cerebrali, docce sexy, sfondoni culturali che tanto ci fan ridere, accoppiamenti pudicamente censurati (sia mai che si dia scandalo, in un paese così pio e retto da gente morigerata), frasi ad effetto (le mai troppo inflazionate: “qui dentro le emozioni sono AMPLIFICATE”, oppure “io sono una persona vera”).
E' poi così difficile capire come andrà a finire, senza vedere più di mezz'ora di trasmissione? Per niente. Ma vediamo, alla rinfusa, i partecipanti di questa edizione. Una ventina di ragazzi scelti dopo certosini casting e che ben rappresentano la società italiana. Il GF sta al medio cittadino italiano, come il parlamento sta all’italia vera
 :

- L'ex fidanzato (per sette anni, dicono) di Nicole Minetti, la reclutatrice/formatrice della puttane che animavano le eleganti cene presidenziali. Così pensano i magistrati. Probabilmente stava in casa e cucinava un bel brodino vegetale mentre la compagna andava erudendo le giovinette ed inesperte escort su come diventare “importanti” eseguendo un perfetto boccaglio alla sultanica seppia morta. Invece d’esserne marchiato a vita, rinchiudersi in un convento di frati cappuccini o fuggire all’estero stravolto dalla vergogna, ha ricevuto in premio la partecipazione ad un reality. Probabilmente farà strada.
- Una fiamma di Minzolini, assai acculturata. Cioè, una bambola tonta che si proclama piena di cultura fin sopra il capezzolo. Divora libri a iosa, questa. Di solito chi sbandiera esondante cultura, finisce per rivelarsi nient’altro che una pecora brucante. E spesso a quattro zampe riesce a dare il meglio di sé, con la sua cul-tura. Questa è ancora peggio: narrano sia stata musa e amante dell’untuoso direttorissimo leccascroti presidenziali. Di peggio non c’è niente. Ma proprio niente. La ragazza avrebbe anche potuto ben figurare in Parlamento, ma ormai ha optato per la più gravosa via del reality.
- Una "miss lesbica". Che probabilmente darà scandalo, sul suo fintissimo e presunto lesbismo peccaminoso. Potrebbe persino, in direzione di camera, dare un furtivo bacetto ad un’altra sfuggita alla legge Merlin, facendo impennare gli ascolti e rimanere sbigottite le genti.
- Una ballerina di burlesque. Ormai anziana (32enne) e fuori target, con anacronistiche grandi tette naturali. Sposata e mamma di famiglia. Anatema! Pure lei darà scandalo alle famiglie. Facendo rizzare i peli pubici dalla vergogna a molti partecipanti del "family day". Tra cui quelli che vanno a puttane nigeriane, ma al contempo le vorrebbero fuori dalla scatole e venerano un ottuagenario tossico di figa a pagamento.
- Una trentenne del sud tirolo che ha spontaneamente dichiarato, senza vergogna, un quoziente intellettivo superiore alla media (di una sardina antartica, temo). Anche lei quindi in età di pieno disfacimento fisico (“vecchietta”, direbbe il sultano, per chi ha passato i 21 anni). La poveretta vive schiava della sua presunta intelligenza. Anticipo, senza pericolo di sbagliare: si rivelerà triste, acida e scarsamente incline all'amoreggiante copula. "Insomma tutto sto cervello a che straminchia serve? Meglio una quinta di reggipetto":  L’insegnamento stringente che ne uscirà fuori.
- Una decina di starnazzanti pr/promoter/escort senza cervello, che farebbero impallidire d’invidia la profondità di pensiero di un pungitopo. Scollature generose, perizomi, docce sexy, vezzosi e significanti salvadanai che sbucano dai pantaloni ed invitano alla donazione spontanea, etc…immagino qualcuna piangerà anche lagrime inconsolabili quando le faranno vedere il peluche che ha abbandonato a casa.
- Due fotomodelli subnormali, con tatuaggi e pettorale scolpito, che hanno raggiunto il traguardo di una vita. "E' un sogno, Alessia!". La sublimazione sarà fare il tronista da Maria De Filippi. Ma una piena maturità si avrebbe solo col contratto nell’agenziadi Lele Mora (ora galeotto, però).
- Un tristissimo e scapigliato ricercatore. Pessimista, bruttino, noioso e sfigato. Le pr/escort lo osservano come uno strano animale. Non gliela daranno mai, nemmeno dopo aver bevuto una bottiglia di vodka a 70°. Semplicemente perché temono di poter morire durante l’amplesso o essere contagiate dalla malattia pessimista. Gli prefererirebbero anche un pescivendolo o un cane bastardo, un labrador o uno stura lavandino.
- Un povero ignorantone del sud. Ma molto “vero”. Sboccato, chiaramente vittima di trogloditismo conclamato, possibilmente ex galeotto e delinquente. Ma fa tanto “ridere”. Un cretino "alla buona" del sud, il tipico scansafatiche che preferisce "rubbare"  o scippare le vecchiette, piuttosto che lavorare. Oppure lavorare 18 ore al giorno, scippando lo steso le vecchiette. Questo essere quasi certamente darà sfoggio di una cavernicola e rude visione patriarcale della vita, provocando roboanti fischi. Tanto per far esclamare lo spettatore, aizzato dalla checca Signorini: “Ma che bestie ignoranti e naturalmente inclini alla delinquenza questi del sud Italia. Però è un ragazzo vero, eh…”
- Un contadino nero, deriso da tutti. Trattato come feccia umana. Una specie di pazzo fuori dal mondo, che lavora in campagna. Pascola le pecore e non conosce gli aperitivi, la Milano da bere, il maramaldeggiante jet-set di niente. Uno così ci voleva, tanto per far capire che al mondo ci sono anche i normali anormali, chiaramente sfigati. Però, se non impazzisce, potrebbe anche vincere. E in fondo la trasmissione darebbe un grande insegnamento. Il solito:  Pure gli sventurati, una volta sola però, possono farcela.
In conclusione, sembra SUL SERIO la fotografia dell'Italia delle libertà. Un paese di nani ballerine, trapezisti, pagliacci, fiere e domatori, finte retoriche e recite studiate di quella brilluccicante giostra di nulla televisivo che ha sostituitola realtà delle umane miserie.

 
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SIMONCELLI, FLYING IN THE SKY

Post n°203 pubblicato il 24 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006


Qualche giro visto così, mentre si addenta un frugale pranzo domenicale o sorseggiando un bel caffè prima che incombente ed oziosa, la sonnolenza post sabato del villaggio ti porti via. Non mi eccita come un tempo quel rombare pazzo, due o quattro ruote. Non ci trovo più l'ardimentosa poesia degli uomini eroici, palpabile nel recente passato. Lo sport in generale vive una fase di orrendo progresso che appiattisce tutto. Omologa i talenti, svilisce l’uomo di fronte allo strumento. Una racchetta, ma anche le moto, divenute macchine obbligate a correre su binari prestabiliti. Le gomme sono dure e ingestibili, tanto per consentire l’ulteriore appiattimento di talento, sfavorendo l’abilità estrema di chi era capace di emergere negli ultimi giri, coi pneumatici a pezzi o simili a chewingum. Ora sono dure, fredde, rendono tutti un po’ uguali, meno umani e sicuri del proprio polso. Sprazzi d’avanguardia tecnologica imposti dal progresso e dagli stessi piloti, meccanici e ingegneri, per inseguire il limite. E se da quel binario vuoi umanamente fuggire, non ci riesci. Semplicemente, drammaticamente. E’ stata quella la sensazione che mi ha colto vedendo il tragico incidente in cui ha perso la vita ieri Marco Simoncelli. Oltre all’innegabile, tragica, fatalità, ed un ragazzo di 24 anni che se ne va così. 
Diventa tutto innaturale, impossibile. Guardi le immagini e non riesci a capire. Il pilota italiano invece di scivolare via, rimane aggrappato ad un mezzo che continua la sua folle corsa mortale verso l'interno, prima d’esser centrata in un tremendo schianto dai due inseguitori. Il rispetto per una morte così violenta ed inattesa, impedisce che se ne parli. Ma nei prossimi giorni fioccheranno teorie e rimostranze sull’accaduto. Si parlerà forse dell’elettronica esageratamente dominante, di gomme ingestibili. Qualcuno, come avvenne dopo la tragedia di Imola in cui scomparve Ayrton Senna, parlerà di sicurezza. Forse si dirà che migliorare le protezioni delle piste e delle tute conta poco, se mettono nelle mani dei piloti dei destrieri tecnologici soggetti a tilt che non possono gestire.
Ma ci sarà anche chi si soffermerà sulla sola fatalità. Quella moto che innaturalmente s’avvinghia all’asfalto procedendo verso l’interno curva, invece che scappare all’esterno. Della beffa d’esser colpito dal suo amico storico, idolo d’infanzia, maestro di corse e moine, Valentino Rossi. La fatalità ha un peso enorme in ogni episodio della nostra vita. Figurarsi in una pista dove una ventina di ragazzi sfrecciano a 300 km/h su due ruote. Ci si soffermerà ancora sul dolore, che tira sempre. Come un maledetto reality tremendamente vero. Dove le lacrime sono reali, quelle del padre e della giovane ragazza, appresa la notizia. Mette davvero una grande tristezza, tutto. Compreso quel barbuto inviato che piangente ne dà la notizia in diretta, vero come nient’altro. Ingiusto come le cose più morbosamente crudeli, rimandare quelle immagini.
A memoria d’uomo è forse la tragedia sportiva che più ha colpito al cuore l’opinione pubblica, i cittadini tutti ed i tifosi. Me, povero sciocco, in primis. Te ne rendi conto, aprendo un qualsiasi sito sportivo. Anche in quella Spagna spesso ostile al boccoluto e dinoccolato ragazzone romagnolo. Succede, inevitabilmente, ogni volta che se ne va uno sportivo e lo fa in maniera così tragica e violenta. Un po’ ti senti di conoscerlo da sempre, anche se non sapevi chi era, non conoscevi la sua vita. Lo sport rende immortali eroi dei ragazzi. Che rimangono ragazzi coraggiosi, gioiscono, soffrono e muoiono, quasi da eroi. Perché così vogliamo immaginarli.
Tra eroismo e progresso, questi mitologici personaggi metà uomini e metà moto, continuano a sfidare vento, velocità e morte, come fosse cosa naturale. Ce lo hanno nel sangue e bolle nelle loro vene, l’amore per il limite. In questo sport meno umano e più elettronico, Simoncelli piaceva per il suo essere diverso. Per quell’aria scanzonata e un po’ bambina, il casco di capelli ribelli che rimandava ai tempi ruggenti dei motori anni ‘70, quei lineamenti del volto infantili e smussati e l’intercalare romagnolo che rende simpatico tutto. Sembrava quasi vivesse una sua gentile realtà parallela, con disincanto fanciullesco. Un Peter Pan incurante nato per scompigliare un mondo diventato ormai sterile, nevroticamente ingessato.
Quel Peter Pan si trasformava in cagnaccio ruvido una volta in pista. Quasi nessuno riusciva a comprendere quel ragazzone con un pagliaio dorato in testa, che viveva la sua realtà differente. Abbrancava il limite imposto dal rischio col sorriso ed una disinvoltura esuberante tale da non poter essere accettata da tutti. Specie dai mamma santissima del mondiale. Quelli che vedono la normalità elettronica da playstation come regola di vita, da dover salvaguardare dal diverso mascherato d'imprevedibile. Un sorpasso all’esterno o una manovra al limite dell’impossibile, del tutto inutile, forzata, irrazionale. Bisognava pensare, avere pazienza. Attendere un altro giro. Doveva fare così. Il buon pilota maturo che pensa al futuro, fa così. Simoncelli, e forse anche per questo era uno che piaceva,  non pensava, non aveva malizia. Azzardava, ma senza nessuna scorrettezza da dover essere punita, malgrado stizzite proteste degli avversari. Grezzo, acerbo, dicevano gli addetti ai lavori. A Montezemolo ricordava Gilles Villeneuve. Parallelo azzardato, ma condivisibile, per assurdo. Al piccolo aviatore canadese lo lega lo stesso folle desiderio di superare il limite. Temerarietà o follia, forse. La stessa pazzia che deve accompagnare chi decide di voler raggiungere il vento, di mestiere. Ed ora li lega anche la tragica fine.
Uno spagnolo ingrugnito e con la faccia che sembra un’albicocca incazzata in una pubblica conferenza stampa gli diede del pazzo. Chiunque sarebbe sceso nella dialettica della guerra, ma lui incassa, sbianca come un bambino sgridato dal babbo, scuote il capo e penserà “diobo'!”, senza alcun retropensiero. Ecco, è quell’immagine che ricorderò del pilota italiano, assieme ad un sorpasso all’esterno o a quella che ho messo lì sopra, dove sembra accarezzare il vento dolce. 

 
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COME IL REGIME TI SPEGNE IL PENSIERO

Post n°202 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

Un manipolo di submentali bestie libere e brade, sfasciano una città e distruggono sul nascere la manifestazione degli “indignati” nostrani. In parte sono tifosi delle curve, in crisi d’astinenza da violenza e guerriglia urbana a causa del daspo dell’illuminato ministro Maroni.  Si sfogano allora nelle manifestazioni di protesta, come in libera uscita dallo zoo.
Avviene solo in Italia, anche questo. La globale giornata d’indignazione ha avuto scontri e violenze solo qui. Perché? Chi li protegge? Come mai un sistema d’intelligence come il nostro da anni non riesce ad identificarli? A chi servono? Chi li manda? A chi giova agiscano liberamente? Perché quella gestione dell'ordine rabberciata? Qualche temerario se lo chiede, a mezza voce. Poi però, quando si tratta di dare una risposta, nicchia. La mezza voce diventa afona pavidità. La risposta provo a darmela guardando alcune facce. Potevano mancare Gasparri e Cicchitto? Rotondi e La Russa? Mi provocano qualche abbondante sbocco di vomito caldo (cit. una divertente blogger dei tempi lontani), che riverserei con piacere sui loro turpi volti di cemento. Ed è un rutilar di aberrazioni: “Cattivi maestri”…”la politica della sinistra li spinge a questo..”, “colpevole come loro è l’opposizione che ha armato la loro mano.”. Così parlarono i nuovi emblemi della moderazione. Quelli che negli anni ’70 tiravano bombe, usavano manganelli e passavano metà della loro esistenza tra una questura e l’altra, accusati di terrorismo di matrice fascista.
Qualche foglio filo governativo dà pieno sfoggio della propria demenza satirica involontaria: “Eccoli i cocchi di sinistra”, troneggia a caratteri cubitali su uno di essi. Intanto Maroni, ministro dell’interno e futuro premier da radio elettra, è ancora lì, a metà del suo epocale discorso. Ciancica con lo stesso eloquio che si ode nei bar tra avvinazzati, solo che lui pronuncia le frasi con tono ferale e solennemente-demente: “Ci poteva scappare il morto”, sintetizza. Poi chiude promettendo che dalla prossima manifestazione saranno prese misure drastiche. Perché non questa volta, evitando ai vari “er pelliccia”, di rovinare tutto? A chi è servito allora ammazzare nella culla una manifestazione di semplice indignazione? Chi può, grazie a quella mandria di ultrà da stadio, crogiolarsi in prestampati, e scritti da giorni, assiomi: black bloc=indignati=contestazione al governo=comunisti=contrari alle libertà=brutto-brutto? Chi ne approfitterà per impedire nuove manifestazioni di dissenso, rafforzando la sacrale inviolabilità del regime? 
Si torna all’inizio, tristemente. Perché solo in Italia avviene questo? A chi giova? Chi li manda? Mi rispondo, con vaga confusione mentale dovuta ad eccesso di gin: Sarà perché solo noi abbiamo una dittatura mascherata da elezioni democratiche (pure Hitler fu eletto dal popolo), bieco populismo e “libertà” sbandierata nel nome di un partito. Regime non dichiarato, ma conclamato nei fatti.
Già. Ma a proposito, il despota che fa? Ha appena vinto alle camere, ottenendo il voto di fiducia. Vincere è l’unica cosa che sa fare, sempre e comunque, con ogni mezzo, lecito o illecito ma reso prassi consolidata. A saper governare anche nell’interesse degli italiani si sta attrezzando. Ci vogliono almeno diciassette anni di studio. Via, un pugno di danari, due sottosegretariati ed un vice ministero per gli altri martiri immolatisi alla sua causa. Così, apertamente, senza dietrologie e sotterfugi. “Povera patria, tradita da gente che non sa più cos’è il pudore”, cantava quello.
E sui disordini, che dice il sommo? Ferma e sdegnosa condanna per le azioni di quei terroristi sovversivi. Nemmeno dodici ore di tempo ed ecco apparire una folgorante intercettazione del leader moderato, che confabula freneticamente col suo maggior consigliere politico: Tal Lavitola, latitante affarista e delinquente conclamato, nonché ministro ombra degli esteri e tessitore di tutte le più raffinate trame internazionali della Farnesina. Sì, Lavitola, il latitante. Quello del finto dossier su Fini, avete capito. Il pluri imputato premier si sfoga col fidato consigliere latitante. Tra tanti paradossi, questa mi sembra una cosa in linea. Il sultano sbotta: “Ci vorrebbe una rivoluzione…mettere un milione di gente in strada, assaltare il palazzo di giustizia di Milano, assediare Repubblica (il giornale, eh)…e cose del genere insomma.”. Il latitante si fa silente, pensoso. Poi gli dà appuntamento per discuterne bene-bene a quattr'occhi. “Buona giornata Dottore, un bacio!”, e chiude.
Cosa sia avvenuto nei successivi incontri non è dato sapere. Si può solo immaginare. Forse è stato uno dei tanti consigli dei ministri annunciati. Quelli in cui si dovrebbe discutere di sviluppo. Solo che il Ministro dell’Economia non c’è, ed il Ministro dello Sviluppo in quelle stesse ore è nello studio televisivo di “Ballarò” a dicutere di escort. Ecco svelato allora cosa sono in realtà quei finti consigli dei ministri di cui si leggono gli annunci: solo e soltanto vertici del sultano coi suoi affaristi, col ministro degli esteri ombra Lavitola e con quello degli Interni, il massone Bisignani, quando era a piede libero. 
In buona sostanza, al despota travestito da ottuagenario Che Guevara rifatto, coi tacchi ed il parrucchino, non deve essere riuscita l'auspicata rivoluzione violenta. Il rivoluzionario moderato di Arcore non ce l'ha poi fatta a mettere in piazza un milione sostenitori coi rolex al polso e gioielli tintinnati, a bordo di lussuose Lamborghini coupè. Ma solo una dozzina di vecchie bacucche, comparse di “uomini e donne”.
Paradossi e surreali controsensi di questa oscena realtà che siamo chiamati a vivere. Aprite gli occhi su quella che è stata la più orrenda rivoluzione apportata da monarca posticcio:  Spegnerci il cervello. Abituarci a ragionare per un'unico indirizzo “col regime o contro”, annullando le ideologie, sovvertendo ogni credenza. Tale e tanto è l’orrore che porta dietro di se. Ed allora ecco altri paradossi e pillole che ci chiama ad ingollare, scientemente. Alla gente di sinistra rimane il superpoliziotto Di Pietro. Bravo Di Pietro, eh. Forza Tonino nostro. E pazienza se è fascista nell’animo, se propone leggi speciali ed arresti preventivi per i dimostranti potenzialmente violenti.  Ce lo dobbiamo far piacere diamine, perché è contro Berlusconi. Ha l'ardire di dirci che quell'impiastro si fa le leggi ad personam! Bravi, belli e di sinistra anche chierichetti e suore in borghese come Franceschini, Franceschetto e Rosy Bindy. Loro sono la sinistra reale. Turatevi il naso e appoggiateli, dicono che Berlusconi è malvagio. 
Ogni tanto anch’io cado vittima di questa spirale dell’assurdo e penso che anche un frigorifero guasto o un topo morto da idolatrare, sarebbe meno dannoso. Ma quando il regime del 106enne tiranno, nel 2042, sarà caduto, cosa rimarrà in concreto? Niente dalla sua parte, perché sgretolatosi lui ed il su regno da demagogo, attorno c'è il vuoto tombale. E dall'altra, che rimane? Di Pietro con le sue leggi di polizia e trovate da Gestapo? Cattolici fintamente di sinistra che reintrodurranno il divorzio ed il divieto di aborto legale? Morto il despota o caduto (per sua volontà, figurarsi se riescono a batterlo loro), cos’hanno da dire questi figuri che il regime ci ha spinto a sostenere indirettamente come i possibili liberatori perennemente incapaci di farlo sul serio? Che politica produrranno? Continueranno a supplicare il fantasma dell'imputato premier a dimettersi? Lo definiranno, con feroce invettiva, “pietoso” o "zuzzurellone"? Cosa potrà partorire questo branco di incapaci sfascisti frutto di un aborto paradossale creato dall'indegno mostro di Arcore? Potranno ancora sparare al Radicale, certo. Dargli la colpa di tutto, di ogni fallimento di sinistra.  Solo perché quelli, i venduti Radicali capeggiati da un logorroico vagamente sclerotico e con canuta coda di cavallo, si ostinano a votare no. Mentre loro, quelli che non sanno nemmeno fare dei conti matematici da quinta elementare sul numero legale, se ne vanno sull’Aventino. Sono i buoni. E continuano a candidare Scilipoti, Calearo ed un altro drappello di responsabili folgorati sulla via del Messia. I venduti Radicali, intanto, dopo loro esposto, vedono riconosciuto da un tribunale il broglio della lista Formigoni/Minetti in Lombardia. Cose che non potrebbero fare Franceschetto e la suora in borghese, pur'essi avvezzi a brogli e raggiri. Solo che sono meno scaltri e sfacciati. Poca roba, vero. Ma è un segno. Gli unici a fare opposizione concreta, sono quei radicali venduti al soldo del gran serpe tentatore. Che però dal serpe rifiutano il Ministero della Giustizia, votano contro e smascherano i brogli delle liste elettorali della Pdl. Noi dobbiamo tenerci Di Pietro, la sua legge Reale, le sue mostruose creature Scilipoti e co., ed altri aborti intellettuali cui ci ha costretto chi ci vuole esseri non pensanti.
Paradossi, si diceva.

 
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LETTERE DI UN ERETICO CHE NON COMPRENDE L'ERESIA ISTITUZIONALE

Post n°201 pubblicato il 15 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

Da alcune mie lettere di San Paolo agli apostoli, scritte nel sito Radicale. Come commenti. Considerazioni di chi non riesce a comprendere la coerenza in un periodo d'emergenza democratica, e neppure il rispetto di inesistenti istituzioni. E non si capacita dell'eretico esibizionismo di chi si sente prigioniero e vuole distinguersi da scelte discutibili del suo partito, diventando indirettamente servo di un regime. Insomma, riflessioni al vento, tipiche di chi non ha capito, e non capirà mai un cazzo. 
(E che, stamani, vedendo in prima pagina nel giornale del gran camalonte-ideologo crociato anti-abortista Ferrara la foto di un bell'assegnone di mille danari a sostegno di radio radicale come ultimo, persino irridente ed umiliante sberleffo di foraggiamento alla escort parlamentare, ha pensato che un mattutino suicidio fosse cosa meno dolorosa).


14 ottobre, 2011 - 19,34

Tutto sacrosanto, per carità.
La disinformazione. I numeri, ok.
Il quorum sceso a 262 ed atri sofismi alfanumetrici, va bene.
L'assoluta ininfluenza dei cinque votanti ai fini del quorum, ci siamo.
La ben nota mancanza di una politica di opposizione seria del PD, ci può stare.
Il Partito Democratico che dà scarsa attenzione a quelle che sono le tematiche Radicali, è pure vero, anzichenò.
La malsana voglia della sinistra di liberarsi di questo drappello di stracciacazzi (in senso bonario) in nome di più ecumeniche e vaticaniste personalità equilibrate ed odoranti d'incenso, pure questo ci sta.
L'irrefrenabile desiderio del "tiro di schioppo" sul radicale come sport nazionale della sinistra, per mascherare i propri innegabili flop (ancora ricordo chi incolpò della sconfitta a Roma, la scelta della Bonino).
Il rispetto per le istituzioni, (un po' meno accettabile come motivazione) ma facciamocelo passare. O meglio, proviamo ad immaginare che esistano ancora istituzioni democratiche in questo paese oramai zimbello internazionale, che ci fa vergognare ogni giorno di più.
Ma vedere Rosy la chierica pulzelletta d'Orleans che si fa paladina dei diritti degli uomini di sinistra, etichettandovi come quattro "stronzi" (cito letteralmente la poetica Rosy del sacro cuore), è davvero il paradosso del surreale che si sublima. In questo paese senza più uno straccio di decenza.
Ciò che più mi preme è però sapere cosa ne pensa il vero elettorato Radicale, di questa trovata. Chi per anni ha votato Radicale, come giudica l'odierno coup de theatre. Azzardo, il 12% sarà felice. Una trovata che (posso anche considerare lecita, senza dover ripetere le motivazioni di cui sopra) ha, sia pure indirettamente, favorito il protrarsi di questa tragica e lenta agonia del sultano e della sua allegra combriccola/compagnia teatrale di quinta fila composta da pseudo colonnelli balilla e xenofobi padani, massoni, razzisti, criminali semplici, omofobi e vetero cattolici ortodossi estremisti. Indirettamente, vi siete accostati a quella roba lì, il che è un orrore raccapricciante, per il mio modo di vedere le cose (se ancora esiste). E mi frega relativamente, se quei cinque NO alla fine siano serviti a poco, a niente.
Ed ora, dopo anni che passo a difendervi, in tutta franchezza, proprio non me la sento di farlo ancora. Difficile ed ardimentoso trovare motivazioni per controbattere chi sostiene un mero baratto in cambio dell'amnistia o chissà cos'altro. Tutto ha un prezzo diceva quello, anche assecondare il tiranno per i propri scopi.
In tutto questo pero', stranamente, mi è venuta in mente una sinistra immagine. Ancora più stridente dopo oggi: Un vecchio squilibrato e fuori controllo che vaneggiava sulla capacità di procreativa di una ragazza in coma da 17 anni. Il grido di dolore del padre, che invoca clemenza e rispetto per la dignità dell'essere umano. Degli assassini efferati di religiosità umana (che niente ha a che vedere con le religioni), che travestiti da ultrà religiosi, notte tempo, si prodigavano per imbastire un aberrante decreto salva/Eluana che avrebbe fatto impallidire di disgusto le più feroci specie animali. Mi chiedo come si possa, anche indirettamente, porre in atto qualcosa (voto, partecipazione o quant'altro) che vada a favore di "gente" simile. E non c'è ininfluenza, numero legale, rispetto delle istituzioni che tenga. Tutte queste inutili e cialtronesche parole, per concludere che, nemmeno sforzandomi di ricordare le vostre tante battaglie di civiltà, riuscirò più a votarvi.
(scusandomi per le lungaggini e qualche errore dettato dalla foga)
Cordiali saluti.

 

15 ottobre, 2011 - 11,26

Riflettevo, ancora coi postumi di una sbornia moderata, sulle conseguenze di questa scelta strategica Radicale.
Alcune sono bene evidenti:
1- Sito sommerso da visite, commenti, insulti ed anatemi. Tutti che vi votavano (ma come mai non si arrivava al 15%, allora?Misteri) e non lo faranno più. "Spiacere è il mio piacere, io amo esser odiato", cantava quello.
2- Giornali che si occupano dei Radicali, ne parlano come novelli "giuda iscariota", dopo averli ignorati per anni. E va bene, purché se ne parli, che ce ne impipa.
3- La logica numerica stretta che evidenzia "il danno non procurato" e la, anche secondo me, sbagliata scelta di non entrare delle opposizioni. La coerenza Radicale inviolata, che mica si è votato a favore del governo come hanno fatto gli Scilipoti&Calearo ed il rispetto delle istituzioni (istituzioni? ancora? va beh...).
4- Ma la ben più importante conseguenza che si avrà, inevitabilmente: Scomparsa ed autoesclusione dell'unica componente laica, liberale, libertaria ed anticlericale dal PD, lasciando tali prerogative a Rosy Bindi ed agli altri catto-fintoateo-comunisti ammuffiti. Bene, ottimo risultato. Vista la logica bipolare (sì, la stessa malattia dei pazzi) da anni anelata ed ottenuta, cosa rimane per il futuro? Scomparire dalla scena politica. O rientrare nella coalizione del grande unto fautore della rivoluzione liberale, colui che tutto puote. Il protagonista di questo "ventennio" sfascista, ben più bieco dell'altro. Magari contribuendo ad una bella leggina sul testamento biologicamente cattolico al fianco di LaRussa, Cicchitto e Gasparri.
Con gli stessi gerarchi fascisti lacchè dei garantisti (per la casta) pensare a qualche decreto che autorizzi l'uso della manganellata nelle gengive ed il carcere preventivo per i dimostranti e la sacrale inviolabilità del potente parlamentare sfiorato da indagini (ah, l'istituzione). Quelli sì che sono garantisti autentici, coi fiocchi. Magari, visto che ci siamo, considerare il metodo Cossiga (una prece. Anche se qualcosa dovrebbe ricordare, per chi ha memoria) quasi antico e superato. Pensare ai diritti delle minoranze, al matrimonio civile tra gay assieme a Carfagna, la moderata Saltamiquì, Calderoli e quant'altri. Col progressista slogan meglio puttaniere che frocio. Legalizzare il tiro di schioppo per i migranti, autorizzare i fili spinati attorno ad edifici di culto diversi da quello cattolico etc...
Un successone, insomma.
Pazienza se mi si accappona la pelle.

 
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MUOIA SANSONE CON TUTTI I FILISTEI

Post n°200 pubblicato il 13 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Avrei voluto scrivere il celebrativo pezzo n°200 di questo postribolo di allegoria morta, dopo la gran notizia. Ma tant'è, non mi sono tenuto. Perché non accadrà nulla. Solo altra vergogna che si aggiunge a vergogna.

Ore convulse, frenetiche, ansiogene per l’esecutivo delle libertà condizionate. Sembrano avere i minuti contati, mercanti e servi di questa sgangherata pseudo compagnia criminal-cabarettistica. Poi per loro ci sarà la disoccupazione, San Vittore o una normale attività delinquenziale, senza stridenti incarichi istituzionali.
C’è tensione tremebonda, tra i lacchè. L’unto s’è dato alla macchia per tre giorni. Irrintracciabile, intento in danzanti rituali orgiastici a Mosca, per onorare al meglio il compleanno dell’amico Putin. L’ultimo rimasto. L’altro, Gheddafi, con la sua tenda beduina in fuga nel deserto, è ormai dimenticato. Di lui rimane solo un immortale lascito di fine politologia estera tramandatogli: Il bungabunga. Ma prima di partire, il divino ha lasciato precise direttive ai suoi colonnelli: “Il nuovo nome del nostro partito sarà FORZA GNOCCA!”.
Proprio mentre il sultano, ormai avvolto da pazzia delirante è intento in folli balli tra tette e culi russi, nella triste penisola arrivavano notizie incresciose: Lo spread in galoppante aumento, le borse che crollano, default incombente, l’ennesima bocciatura delle agenzie di rating, le borse a picco, la Bce che un giorno sì e l’altro pure manda edulcorati messaggi: “I paesi a rischio (tra cui l’Italia, sottolineato in neretto) debbono affrettarsi a porre in atto misure di crescita”. Tradotto, "ma quando cazzo la presentate una stracazzo di legge per lo sviluppo economico? E la migliorate sta legge oscena?". Il governo incassa bene: “Ci stiamo attrezzando con un bel mega condono che premi l’evasore.”. E via rutilanti riunioni fiume. Per lo sviluppo tanto richiesto? Manco a parlarne: intercettazioni, processo breve ed altre cialtronaggini imbarazzanti. Il paese muore malinconicamente ed i servi si agitano scomposti, sprecano ogni scassa risorsa delle loro menti asfittiche, sommamente ignoranti e clamorosamente inclini al servilismo criminale, per salvare un sol uomo. Il dittatore pazzo e malato, colui che garantisce loro vita. Nitto Santa Paola manda gli ispettori a controllare le procure che indagano sul Premierissimo ed i suoi stretti amici: pseudo papponi, latitanti, spacciatori di cocaina e puttane d’alto borgo. Per questo sommo incarico di cristallina vigilanza sceglie una specchiata personalità invischiata in indagini su p2/p3 e p48.
Dall’estero invece continuano ad arrivare sberle, schiaffoni e spernacchiamenti a gettito continuo. Tripla promozione per la politica economica di Francia e Germania. Triplo e sonante pernacchione per l’Italia. Merkel e Sarkozy si incontrano in un vertice della massima importanza per l’economia europea. Frattini, ministro degli esteri per meriti acquisiti sul campo (gran solerzia nel dare lezioni di sci ai pargoletti di Arcore) reagisce in modo stizzito. “Ma come, a noi non ci invitano ai tavoli dei grandi della Europa? E’ inaccettabile!”, tuona. Patetica, ennesima figuraccia internazionale. Come non ci fossero già altre cose di cui vergognarsi e che ci hanno reso barzelletta a vita. Sembra il presidente del Portogruaro calcio che si lamenta del troppo peso politico di Milan/Inter/Juve/Roma in Lega calcio. Il maestro di sci non ci sta proprio, è piccatissimo.
L’Italia, insomma, affonda clamorosamente. In modo inesorabile. Intanto il malato di mente è sempre irrintracciabile. Sta ballando una kalinka assieme a ventidue diciottenni cecene, fiero bottino di guerra di Putin. Ma dopo tre giorni l’ospite inizia a puzzare come il pesce, dunque ecco che l’unto, avvolto da una luce aurea, riatterra nel patrio suolo. E’ fiaccato dall’estenuante tre giorni danze-scopereccia. Malgrado la stanchezza ed i provati lombi, lo squilibrato messia calza la corona ed indice una riunione notturna. La trecentoduesima in due mesi. Ordine del giorno: “Come salvarci?”.  Lo stesso delle altre trecentodue adunanze segrete. Intanto qualcuno gli fa notare che il buon governo del fare non è riuscito nemmeno ad approvare il bilancio consuntivo del 2010. Qualcosa che farebbe scappare chiunque, notte tempo. Costringerebbe tutti i membri dell’esecutivo a sparire dalla politica. Il sultano batte i pugni sul tavolo. Una gaffe marchiana. Uno smacco. “Bisogna essere presenti e votare sempre, cribbio!”, urla al cielo. Quando ci si affida agli Scilipoti e ad un drappello puttane della politica comprate al calciomercato, può succedere. Succede che Scilipoti rimanga al capezzale "dalla mamma che sta poco bene".
Napolitano, viva iddio, non può non inviare una missiva con cui chiede immediata verifica della maggioranza. I servi riescono a stento a trattenere il livore. La Russa intervistato decanta le lodi del Presidente della Repubblica. Serra la mascella e con gli occhi vorrebbe prenderlo a manganellate nelle gengive. Il gerarca fascista ha proprio lo sguardo fiero e sprezzante del pre piazzale Loreto. Violento, rabbioso ed eroico. Prontissimo e solerte, una volta affondata del tutto la barca, a disconoscere il suo messia.
Arriva il grande giorno. In nottata somministrano al sultano due dosi di metadone da gnocca. Solo quattro escort invece di dodici. Ma pare ugualmente nervoso. La mattina passa al maquillage, dal parrucchiere dei divi Signorini. Due schiavette gli calzano il parrucchino, danno una ripassata di bitume, lo ricoprono di fard e gli mettono due retine nuove di zecca. Imbustato con una zincatura d’emergenza, è pronto e scattante per il gran discorso in transatlantico. Quello che deve convincere tutti a dargli ancora fiducia. Dimostra ventisei anni, invece di settantacinque. S’informa. “Ma che ci stanno parole di anglese? Che andrei un po’ in difficoltà e dovrei impararmele bene”. Ferrara, l'ideologo occulto, che ha scritto il discorso di suo pugno perché è l’unico a saper scrivere in italiano corretto, lo tranquillizza.
Ed eccolo il papa-re, impettito e fiero, mentre l’opposizione se ne va. Rimangono solo un gruppetto di stoici radicali esibizionisti. E perché l’opposizione se ne va? Ah, si ritirano simbolicamente sull’Aventino. Un Aventino meno simbolico ma reale, andandosene definitivamente in blocco, no? Ah già, "la pensione è davvero importante", cantava quello. Il malato di mente non fa una grinza ed inizia a sciorinare parole che suonano come sberleffo alla dignità di tutti. Non la sua, che se l’è giocata a rubamazzetto all’età di dodici anni. Ridicolo e senza futuro non è mica un governo con maggioranza raccattata per strada, incapace di approvare il rendiconto del  bilancio di stato. Ridicolo, nel suo mondo irriducibilmente malato, sarebbe un governo tecnico. Bossi al suo fianco, lucido come uno scarafaggio colpito a morte dal baygon, sbadiglia solo tredici volte. Dimissioni manco a parlarne. Mera disattenzione, un errore tecnico ma non nel merito. E poi il profluvio delirante, il solito vaniloquio contro le opposizioni. Senza vergogna alcuna, nemmeno per la figura patetica cui si sta sottoponendo agli occhi degli italiani e del mondo. Il pluri-imputato poi ci tiene a precisare: "Non ci sono alternative al nostro governo". Ha fallito conducendo il paese nel baratro, ma secondo lui c’è “bisogno di continuità”. Continuità del disastro. Dopo di me il diluvio, in sintesi. Muoia Sansone con tutti i Filistei. L’Italia affondi pure, io sono il condottiero che l’ha portata alla deriva affondo con essa. Quasi eroico capitano coraggioso che optò per la resistenza ad oltranza a Palazzo Chigi, pur di non finire a San Vittore. Un eroe moderno. Vengono sinistramente alla mente quelle frasi di accorato amor patrio, che ne accompagnarono la "discesa" in campo. 
Cosa avverrà domani? Presumibilmente avranno ancora la maggioranza. Li aspetta una febbrile nottata di compravendita, giusto per coprirsi le spalle da eventuali agguati dell’ultimo minuto. Ed ecco tanti piccoli, vecchi e nuovi scilipoti col cartello “comprami” come neanche nelle vetrine di Amsterdam. Ora, a maggioranza risicatissima ottenuta, sarebbe troppa grazia un intervento del Presidente della Repubblica che ponga fine a questa dannosa e patetica agonia? Un atto che lo consegni alla storia come partigiano e liberatore dalla dittatura, per la seconda volta. Così impensabile che Napolitano preso atto della situazione kafkiana, mandi a casa questo governo di inquisiti, pregiudicati ed escort? Un'accozzaglia che oltre a farci vergognare nel mondo risulta profondamente incapace di approvare le basilari leggi di uno stato. Davvero non riesce a prendere il coraggio a due mani e mandare dove meritano questi incapaci impiastri con facce lombrosiane, come ci chiedono da mesi l’Europa ed i mercati, per riacquisire un minimo di fiducia?
Possibilissimo, anzi sicuro. Non avverrà niente.

 
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