Creato da: marcelloongania il 21/02/2006
Com'era l'ETA Com'era il franchismo

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Il processo - 3° giorno (II)

Post n°23 pubblicato il 14 Luglio 2006 da marcelloongania

Sabato 5 dicembre 1970

Tra i documenti letti dal giudice istruttore ne vanno segnalati alcuni che servono a scagionare l'esercito dalle torture usate agli imputati, la cui responsabilità viene lasciata esclusivamente alla polizia.
Per motivi di semplicità e di comodità riproduciamo a continuazione gli estratti di alcuni dei documenti letti in aula, senza peraltro attenerci all'ordine seguito nella lettura e facendo presente che questa è continuata anche nelle prime due ore della quarta giornata di processo.
Al foglio 2, il tenente della Guardia Civil, Lucio Tijero Tapia, mette a verbale l'arresto dei quattro membri del gruppo di Mogrovejo, Eduardo Uriarte, Hon Etxabe, Enrique Gezalaga e Jone Dorronsoro, avvenuto all'alba tra l'11 ed il 12 aprile. Dal verbale rileviamo due gravi contraddizioni venute alla luce nel corso del processo.
"... rispondendo gli occupanti della casa con spari ai quali, a loro volta, risposero gli agenti del corpo generale della polizia, che avevano stabiliti un cordone attorno alla casa, e parte del corppo della Guardia Civil, che pure fece uso delle armi. Durante la breve sparatoria tra i due gruppi, venne ferito da un colpo un tizio che poi si seppe rispondeva al nome di Enrique Gezalaga Larreta..."
Al foglio 65 troviamo un interrogatorio a Eduardo Uriarte Romero, datato Bilbao 16 aprile 1969. Viene a confermare quanto dichiarerà più tardi Uriarte sulla durata del suo interrogatorio.
Al foglio 371 la prima dichiarazione firmata da un ispettore della polizia di San Sebastiàn sulla cattura di Gorostidi Artola e sulla lesione che egli ebbe a procurarsi lanciandosi da una finesttra dell'appartamento in cui venne arrestato:
"... per far constare che l'arrestato Joakin Gorostidi Artola dice di sentire dei dolori ad un piede che egli si contuse saltando dalla finestra della casa dove venne arrestato. Si richiede la presenza di un medico che lo visita e gli appone una fasciatura; più tardi lo osserva ai raggi X ed assicura che si tratta soltanto di uno stiramento che si corregge con una benda, per cui non ha bisogno di essere internato in ospedale."
Alla pagina 374 la direzione generale della pubblica sicurezza di Bilbao certifica che alcune delle armi sequestrate a membri dell'ETA figurano nei registri della polizia come acquistate da cittadini francesi.
A pagina 507 una nota del direttore generale della pubblica sicurezza della Guipuzcoa, Josè Sainz Gonzales, chiede che vengano messe a disposizione di detta direzione generale i detenuti appartenenti all'ETA, i verbali in cui risultano le loro dichiarazioni e tutte le altre prove che possano servire a far luce sulla morte dell'ispettore Manzanas.
A pagina 521 un verbale della stessa direzione generale di pubblica sicurezza in cui viene descritto nei tratti somatici Xavier Izko De La Iglesia e quindi si aggiunge:
"... questi lineamenti sono molto simili a quelli a noi noti di Tomas Trifoll Madrazo, pure lui liberato dalla stessa organizzazione ed intimo collaboratore di Izko De La Iglesia."
A pagina 575 un "documento n°32" della direzione generale della pubblica sicurezza di San Sebastiàn in cui per la prima volta figura la pistola cecoslovacca Vzor 50 n° 24236 che si vorrebbe sia stata la pistola che uccise Manzanas. Questo documento fa riferimento ad un originale del carcere di Pamplona, mai venuto alla luce e che si contraddice con un altro originale della stessa direzione carceraria, di data 5 gennaio, che figura tra questi stessi atti. Il "documento n°32" costituirà per l'avvocato difensore di Izko una delle principali pezze d'appoggio tendeneti a dimostrare che la polizia di San Sebastiàn ha fabbricato le prove a carico di Izko.

 
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Il processo - 3° giorno (I)

Post n°22 pubblicato il 14 Luglio 2006 da marcelloongania

Sabato 5 dicembre 1970

Anche oggi, dopo le formalità ormai consuetudinarie che precedono l'ingresso in aula di giornalisti e pubblico, la seduta inizia con un dialogo tra gli avvocati e il presidente della corte, che cerca di contenere le proteste e le richieste di sospensione del processo da parte dei sedici difensori.

- Avv. Bandrès: "Il consiglio dei ministri, riunitosi ieri, ha decretato lo stato d'emergenza in Guipuzcoa; questa situazione giuridica limita di fatto, per lo meno per quanto si riferisce a noi avvocati di quella provincia, la libertà necessaria per compiere il nostro dovere professionale. In base a ciò chido la sospensione di questo consiglio di guerra fino a quando sia superata la situazione di emergenza."

Il presidente rifiuta la richiesta e concede quindi la parola all'avvocato Peces Barba il quale protesta per il modo in cui è stato redatto il sommario degli atti istruttori, che egli giudica "un costante martellamento accusatorio che può condurre alla parzialità i membri della corte."
Sul sommario degli atti istruttori prosegue il dibattito e proseguono le proteste perchè, come rileva l'avvocato Echevarrieta, in alcuni casi sono state citate parti staccate di verbali o di dichiarazioni messe a verbale che, lette separatamente, possono indurre colui che ascolta ad una falsa interpretazione dei fatti e delle circostanze. Tale è ad esempio il caso di certi capitoli che si riferiscono all'imputato Izko De La Iglesia, che lo collocano sul piano del condannato più che su quello dell'imputato.
Dibattito e scaramucce proseguiranno anche durante la lettura di alcuni documenti processuali, specialmente quando ne verrà fatta richiesta dal pubblico ministero.
Proprio mentre viene data lettura di uno dei rapporti balistici riguardante la pistola ed i proiettili cui è attribuita la morte dell'ispettore Manzanas, l'avvocato Ruìz Ceberio suscita un nuovo "incidente" che rasenta l'umorismo: egli si rivolge al presidente della corte ricordandogli che l'articolo 766 del codice di giustizia militare ordina che durante i processi venga collocato un crocefisso sul tavolo della corte, in un posto di visibilità assoluta. Il crocefisso in realtà c'è, ma si trova dinanzi al giudice relatore, il capitano Troncoso, alla sinistra del presidente. Il crocefisso viene preso e portato sulla destra. L'episodio non ha altro significato se non quello di mettere in rilievo ancora una volta il dispregio degli avvocati difensori nei confronti del giudice relatore.
Un altro episodio che contribuirà ad umentare ulteriormente il nervosismo della corte è quello suscitato dall'avvocatessa Galparsolo, la quale chiede per la terza volta che vengano tolte le manette agli imputati. "I processati continuano ad essere incatenati! Questa situazione vessatoria che non si è registrata mai in alcun'altra occasione, è insolita, sebbene sia vero che nessuno di noi era presente ai processi dell'Inquisizione!"

 
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Il processo - 2° giorno (IV)

Post n°21 pubblicato il 24 Febbraio 2006 da marcelloongania

Venerdì 4 dicembre 1970

Questo sommario degli atti istruttori non è poi altro che una nuova conferma del carattere strettamente politico di questo processo e lo sta a dimostrare la "Storia dell'ETA" scritta dal giudice istruttore, purtroppo con poca conoscenza di causa e soprattutto con un'evidente mancanza di capacità di sintesi e di giudizio politici. L'ETA viene ridimensionata ormai a semplice spauracchio per poter dimostrare alla pubblica opinione interna le rilevanti doti, le capacità tattiche e l'abnegazione patriotica della polizia spagnola e della Guardia Civil.
Ma ancora una volta poliziotti e militari franchisti dimostrano la loro grande ingenuità oltre ad una grandissima mancanza di serietà, poichè si contraddicono senza accorgersi nemmeno di farlo, da una pagina all'altra di questo sommario sul quale vorrebbero basare la giustificazione per sei condanne a morte e 752 anni di carcere.
Ci sono argomenti che il franchismo teme come le streghe l'acqua santa: quelli che possono stimolare lo spirito critico e ripulire le menti arrugginite. Così il franchismo impedisce (o si illude di impedire) ogni lievito dell'intelligenza e della discussione, sia pure clandestina. L'idea di Libertà e anche la sola parola lo mette in sospetto e in allarme. Non si doveva dunque mai permettere che la parola ETA venisse affiancata alla parola Libertà. Le veline del Ministero delle Informazioni e il ministro stesso, in una dichiarazione resa ad una radio straniera, dopo aver parlato di "terroristi" e di "banditi", affermano che si tratta di un nucleo così minoritario da ppoter essere definito insignificante, di un gruppetto di ragazzi che non può destare di preoccupazioni:
"Come si può parlare di un grande problema quando i suoi aderenti non superano le 300 persone? Nel quadro di una popolazione di 2 milioni di abitanti, l'esistenza di questo nucleo insignificante di attivisti, non può, nemmeno con un incommensurabile sforzo d'immaginazione, venire qualificato come un grande problema."
E' logico che il problema debba essere minimizzato affinchè nessuno abbia a chiedersi come e soprattutto perchè sia sorto.
Ma sebbene il problema debba essere minimizzato, lo stesso giudice istruttore non può fare a meno di leggere in aula quelli che lui definisce "i 116 principali fatti delittuosi commessi da attivisti dell'organizzazione ETA."
In quanto al periodo in cui questi 116 fatti sono stati commessi dai 300 e non oltre membri dell'organizzazione, va inquadrato tra il maggio del 1968 e la primavera del 1969. Soltanto due episodi si riferiscono al 1967 e al 1970. Se si può senz'altro affermare che sono troppi per uno sparuto gruppetto di 300 persone, si può anche aggiungere che l'esistenza di fatti delittuosi nel 1970, ad oltre un anno dell'arresto degli imputati, dimostra che le battute della polizia spagnola, gli interventi della Guardia Civil, le misure del Governo (che ha mantenuto per mesi lo stato d'assedio in Guipuzcoa), non sono affatto servite a distruggere l'organizzazione nè la solidarietà verso l'ETA di gran parte del popolo basco.

 
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Il processo - 2° giorno (III)

Post n°20 pubblicato il 24 Febbraio 2006 da marcelloongania

Venerdì 4 dicembre 1970

Gli scontri tra la presidenza della corte ed i sedici avvocati vertono tutti sul diritto all'uso della parola da parte di questi ultimi e si concludono con un telegramma di protesta che tutti e sedici gli avvocati dirigeranno nel pomeriggio al Consiglio Supremo della giustizia militare.
Nella mattinata odierna termina la lettura del sommario degli atti istruttori che, come è già stato detto, gli avvocati hanno definito un vero e proprio atto di accusa più che un riassunto dei documenti processuali. Cento pagine dattiloscritte a spazio molto stretto, ottantacinquemila parole circa.
Questo sommario inizia con un profilo dei sedici imputati, profilo nel quale viene definita la loro personalità e vengono enumerati tutti quei fatti che possono costituire un capo d'accusa, provati o anche solo dedotti dal giudice istruttore; vengono descritte le situazioni prodottesi in ognuno dei casi al momento dell'arresto ma non mancano affermazioni proprie più d'un pubblico ministero che di un giudice istruttore e si può rilevare nell'originale dell'atto stesso come in molti casi le espressioni "sembra" o "si deduce" oppure "da ciò sembra si possa dedurre" siano state cancella te e sostituite da altre come "ci consta" oppure "è stato provato". Non sappiamo se queste cancellature siano state fatte dallo stesso giudice istruttore, oppure se le abbia richieste una qualche altra autorità per poter causare maggiore impressione su chi doveva assistere alla lettura del sommario.
Va inoltre osservato che nella maggior parte dei casi in cui si citano documenti di importanza fondamentale, non si riassume il documento stesso ma ci si limita a evidenziare quelle parti che permettono al giudice istruttore di non interrompere anche per un solo istante il filo conduttore dell'accusa.

 
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Il processo - 2° giorno (II)

Post n°19 pubblicato il 24 Febbraio 2006 da marcelloongania

Venerdì 4 dicembre 1970

Come ieri l'udienza ha inizio con numerosi scontri tra gli avvocati e la presidenza della corte che non manca d'ammonire una volta ancora i sedici difensori; ma queste scaramucce puramente dialettiche passano in seconda linea quando il più importante tra gli imputati, Izko De La Iglesia, si alza improvvisamente in piedi e chiede che gli vengano tolti dalle orecchie i tappi che non gli consentono di ascoltare quanto si dice nell'aula. Il presidente ordina all'imputato di tacere e di sedersi, ma non appena il giudice istruttore riprende la lettura del sommario, Izko e il suo avvocato rinnovano la richiesta al presidente. Anche un'altra imputata ha le orecchie tappate. Un altro avvocato chiede al presidente il perchè di quei tappi nelle orecchie:
"Non devo dare spiegazioni all'avvocato!" Risponde il presidente.
Quindi ordina ai poliziotti di constatare se veramente gli imputati hanno le orecchie tappate ed in tal caso di togliere i tappi. Dai nostri posti in aula possiamo chiaramente osservare come i poliziotti tolgano dalle orecchie di quattro imputati dei tappi di plastica. Il perchè di questi tappi lo veniamo a sapere nell'intervallo dell'udienza.
Gli imputati vengono condotti dal carcere alla sala del tribunale a bordo di un pullman della polizia, blindato. Sono ammanettati con le braccia dietro la schiena, seduti, ognuno con a fianco un poliziotto. Questi poliziotti portano durante tutto il percorso dal carcere al tribunale la maschera antigas sul volto. Vicino ad ognuno di loro, fissata ai montanti dei sedili, una bombola di gas lacrimogeno pronta per l'uso. Prima di salire sul pullman vengono collocati negli orecchi degli imputati i tappi di plastica che hanno suscitato l'incidente. Oggi uno dei poliziotti deve essersi scordato di toglierli ad Izko ed agli altri tre. Questi tappi di plastica dovrebbero avere, a quanto ci dicono, una doppia funzione: quella di impedire ai processati di parlare tra loro in lingua basca, incomprensibile a chi non sia della regione (e non vi sono certamente poliziotti baschi tra quelli che scortano i sedici imputati) e quella di impedire lesioni ai condotti auricolari nel caso che motivi di emergenza obbligassero la forza pubblica all'uso dei gas.
Ma se questa è la versione tecnica che abbiamo raccolto nell'ambito del tribunale, ben altra è quella che ha voluto fornirci qualche ora più tardi un ispettore superiore della polizia spagnola: i tappi di plastica sarebbero serviti per proteggere gli imputati dal mal di mare durante il tragitto quotidiano in pullman, dato che il veicolo usato è un modello soggetto a forti vibrazioni. L'episodio non ha mancato di suscitare, pur nel quadro alquanto tragico di un processo con almeno sei condanne a morte già date per scontate, una certa ilarità.

 
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