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Messaggi di Gennaio 2017

Termini di glossario

Post n°3525 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da valerio.sampieri
 

Bagarino
[Bernoni]: Corrisponde a "incettatore" o "accaparratore" della lingua nazionale. Secondo alcuni studiosi, andrebbe riferito al termine spagnolo (d'origine araba) che si scrive allo stesso modo e che si rende con "vogatore solitario"·. Il cronista romano Stefano Infessura (circa 1436-1500) assicura una vecchia presenza di bagarino nel parlar popolaresco dell'Urbe. Il noto storico e topografo Giuseppe Tomassetti (Roma 1848-1911) propose una derivazione della voce da baga ("mercato"). Nell'opera di G. G. Belli il termine compare più d'una volta nel tradizionale significato di "monopolista [abusivo ed esoso] di commestibili e altro".
Ecco bagarino in un sonetto belliano del 25 Agosto 1830: Ar su' tempo mi' nonno m' aricconta / che nun e' ereno un c ... bagarini, / se vedeva giucà co li quartini [ogni "quartino": mezzo scudo d'argento] / a piastrella, e a bucetta: e m6 se sconta. / L'ava in piazza s'aveveno a la conta / cento a pavolo [ovvero, "paolo": moneta d'argento del valore di circa mezza lira] e senza li purcini: / la carne annava a sedici cudrini [vale a dire, "quattrini": centesimi romani] / ar macello, e dua meno co la gi6nta. / Er vino de castelli e der contorno / era caro a un lustrino [o "grosso": moneta da cinque baiocchi] pe bucale, / e ott'oncia a boécco [per "baiocco": un soldo] la pagnotta ar forno. / E m6 la carne, er pane, er vino, er sale, / e /'accidenti, crescheno 'gni giorno. / Ma l'hai da vede che finisce male. ("Tempi vecchi e tempi novi"). Storia dei nostri giorni! E valeva la pena di riportare integralmente il sonetto di G. G. Belli: no? Il bagarino è stato e, purtroppo, resta il grande affamatore dell'onesto cittadino.
[Belli]: Bagherini: rivenditori e monopolisti specialmente di commestibili. Monopolisti di commestibili e altro.
[Ravaro]: Incettatore, accaparratore, trafficante; intermediario nei passaggi di merci tra produttori e rivenditori, cui è corrisposto un compenso per il suo intervento e che stabilisce il prezzo di una derrata. Dallo spagnolo bagarino (marinaio libero ingaggiato su una nave come rematore).
T1-1037, Le bbagarine: "Le bbagarine /// Te se sò infrascicate? Ôh adesso sbuffa. / È ccalata la piazza? Ôh mmó bbarbotta."
T1-0043, Tempi vecchi e ttempi novi: "Ar zu’ tempo mi’ nonno m’aricconta / che nun c’ereno un cazzo bbagarini, / se vedeva ggiucà co  li quartini"
T1-1001, Li polli de li vitturali: "Preti, frati, puttane, cardinali, / monziggnori, impiegati e bbagarini: / ecco la ggente che ppô ffà li ssciali."
T2-1761, [Er còllera mòribbus] 13: "Che li quadrini, a ccose piú avanzate / lui li farà ccacà a sti bbagarini / de bbanchieri e a le case intitolate.".



Biòcca
[Bernoni]: La femmina dei gallinacei domestici - considerata mentre sta covando le uova o allevando i pulcini - viene indicata dai popolani romani con il nome di biòcca (in lingua nazionale: "chiòccia"). Questo vocabolo deve essersi formato, con ogni probabilità, sul verbo latino vacare ("chiamare") mediato da vòcca di tradizione popolare. Quindi, vòcca e, poi, biòcca: cioè la gallina, vociante a suo modo, quand'è nelle piene funzioni di matrix ("femmina da razza, riproduttrice"). Conseguentemente, non ci resta che denunciare una origine onomatopeica per biòcca. G. G. Belli: Quattro angioloni co le tromme in bocca / se metteranno uno pe cantone / a sonà: poi co tanto de vocione / cominceranno a dì: "Fora a chi tocca". / Allora vierà sù una filastrocca / de schertri da la terra a pecorone, / pe ripijà figura de persone, / come purcini attorno de la biacca. / E sta biacca sarà Dio benedetto, / che ne farà du' parte, bianca e nera: / una pe annà in cantina, una sur tetto. / All'urtimo uscirà 'na sona;era / d'angioli, e, come si s'annassi a letto, /smorzeranno li lumi, e bona sera. ("Er giorno der giudizzio"). Trilussa: Un Gatto senza un filo de riguardo / rubbò l'avo a una Biacca e, d'anniscosto, / propio a lo stesso posto, / ie ce messe una palla de biiardo... ("La Gallina che covava ..."). - Brncco: maschile scherzoso di biòcca. Corrisponde a "vecchio", "anziano". Belli: ... Oggi eh' è biacco e nun pò fà più er ganzo, / dà in cojonella [prende tutto a gabbo] e nun se mette pena; / e 'gniquarvorta che se sente in vena / pe fanne delle sue trova lo scanzo [il momento giusto]. / Giuveddì grasso sto gallaccio vecchio / co certi cenci che je diede un prete / se vestì d' abbataccio mozzorecchio. .. ("La maschera").
T1-0051, A Checco: "ma a me», dice, «puliteve la bocca». / «Aùh», dicéee... «e perché nun te fai biocca?» / «Eh», dice, «e chi me mette sotto l’ova?»"
T1-0276, Er giorno der giudizzio: "pe rripijjà ffigura de perzone, / come purcini attorno de la bbiocca. // E sta bbiocca sarà ddio bbenedetto,"
T1-0276, Er giorno der giudizzio: "come purcini attorno de la bbiocca. // E sta bbiocca sarà ddio bbenedetto, / che ne farà du’ parte, bbianca, e nnera:"
T1-0554, Le vorpe: "o una gallina che tte fa la cova? / Pijja la bbiocca si nnun zei cojjone."
T1-0732, Lei ar teatro: "Nun pareva la Mastra co la scola? / Nun pareva la bbiocca e lli purcini? / Nun pareva er baril de San Nicola?"
T2-1157, Li fochetti: "e cquelle maravijje ar tempo nostro / le mettémo a ccovà sott’a la bbiocca."
T2-1575, Er chiacchierone: "E a tté cquanno che pparli chi tte tocca? / Strilli, cristo de ddio, com’una bbiocca, / e vvòi dà llègge a li discorzi artrui?"
T2-2162, Er guazzarolo sbiancato: "sor piripicchio mio, la fate franca! / Vacca o vvitella poi, bbiocca o ppollanca, / questo a mmé nun me smove una pennazza."
[Belli]: Ddormí ssott’a la bbiocca - Cioè: «da farlo maturare».
T1-0300, Primo, bbattesimo: "Ma sta bbocca e sto fiato è un paragone / da mettelo a ddormí ssott’a la bbiocca, / ché a nnoi sce tocca a rrispettà, cce tocca,"

 
 
 

Er matto da capo 2

Er matto da capo



Er cavarcante novo der Marchese
è aritornato in giú co li cavalli,
e ha rriccontato che da quasi un mese
er matto dà li luscid'intervalli.

Eh, ggià sse sa cc'a mmostaccioli, a bballi,
matterìa, maccaroni e mmal francese,
se sa che a ttrippa verde e a ggruggni ggialli
nun c'è da stacce appetto antro paese.

E ppe cquesto ho ppaura ch'in nemmanco
de 'n'antra settimana ar cucchieretto
j'è aritornato ar posto er fritto-bbianco. (1)

Ma inziememente ancora sce scommetto,
si ppassa da cassetta ar cassabbanco, (2)
che vva da capo a svorticasse er tetto. (3)

Note:
1 Cervello.
2 Dalla scuderia alla sala.
3 A voltarsi la testa.

Giuseppe Gioachino Belli
ivi, etc. Terni, 3 ottobre 1831- Der medemo
(Sonetto 158)

 
 
 

Tutti contenti!

Post n°3523 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da valerio.sampieri
 

Tutti contenti!

Sdrajato ne la tana, er Re Leone
riceveva le bestie d'ogni spece;
pe' prima entrò la Pecora e je fece:
- Noi stamo in una brutta posizzione:
er Lupo ce perseguita, e tu sai
che pe' nojantre Pecore so' guai!
Finisce che ce scanna a quante semo!
- Va bene. - disse er Re - Provederemo! -

Appena che la Pecora uscì fôri
ècchete (1) ch'entrò un Lupo. - Io - dice - aspetto
che li ministri faccino un proggetto
per abbolì li cani a li pastori.
Noi che vivemo co' le Pecorelle
come potemo sta' senza de quelle?
Se er cane abbaja, capirai da te...
- Provederemo! - je rispose er Re.



L'Orso, ch'era ministro de l'Interno,
je parlò d'un Somaro attempatello:
- Bisogna incoraggiallo, perché quello
è stato sempre amico der Governo.
Quann'era deputato c'è servito
a caricà le pigne (2) der partito ...
- Allora - disse er Re - che sia mannato
co' quelo stesso carico ar Senato.

- E er Pappagallo? - dice - che t'ha fatto (3)?
Trovàmoje un impiego, capirai:
quello è un ucello che figura assai,
je ce vorebbe un postarello adatto ...
Che fa?! campa d'entrata e se distingue
perché sa di' «va bene» in cinque lingue,
pepoi s'inchina a tutte le signore ...
- 'Be', - dice - lo faremo ambasciatore. -

E l'Orso seguitò: -Jeri ho veduto
er capo de le Vespe socialiste,
che m'ha rotto le scatole e che insiste
pe' via che vorebb'esse ricevuto ...
- Che venga pure! - disse er Re - Se vede
che adesso è socialista in bona fede ... -
L'Orso rispose: - Sì; prova ne sia
ch'hanno deciso de cacciallo via.

Note:
1 Eccoti.
2 Le fandonie. «Aver le pigne in testa» equivale ad aver la testa dura o piena di fisime.
3 Per dire: non t'ha fatto nulla perché tu lo debba trascurare.

Trilussa
Da: "Le storie", 1923
Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori 1954, pag. 311-312

 
 
 

Gli impieghi ai briganti

Post n°3522 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da valerio.sampieri
 

Gli impieghi ai briganti
(1871)

Ah! sta scena che qui nun po annà avanti ...
S'ha da vedè li veri liberali
Affamati, stracciati tutti quanti
Annà a stirà le cianche a li Spedali.

In der mentre li preti e li briganti,
Senz'obbrigo de tanti memoriali,
Marcieno tutto er giorno co li guanti
E ottiengheno l'impieghi principali.

Ma nun è cosa nova, e già se sa,
Ch'è mutato er maestro, ma l'orchestra
È sempre quella e sempre resterà.

E avremo da magnalla sta minestra
Finchè nun more d'accidenti er Pa...
- Pasquale, zitto; er Fischio te sequestra

Augusto Marini
1871
Da: Cento sonetti in vernacolo romanesco, Perino 1877, pag. 33

 
 
 

Frascati

Frascati

Che bellezza de fora a sto tinello
mo' che l'aria è un tantino rinfrescata!
È un piacere passacce la serata
pe' levasse le fresche dar cervello ...

Io me ne sto tranquillo a un cantoncello
facènnome un bicchiere e na fumata:
ciò er core in pace, l'anima beata,
e vedo tutto puro e tutto bello.



Certo m'illudo, ma me piace assai
la compagnia de sti penzieri boni
che me fanno scordà tutti li guai.

Qui l'aria fina t'apre li pormoni,
er vino nun fa male e, caso mai,
pô imbriacatte sortanto d'illusioni.

Vincenzo Misserville
Da: Strenna dei Romanisti, 1954, pag. 86

Nella foto: panorama da Villa Aldobrandini a Frascati.

 
 
 

Sedici cavallucci

Sedici cavallucci

Un sauro, un baio, un moro:
sedici cavallucci
che fanno trucci-trucci
(l'acetilene j' offre de straforo
quattro pajuche d'oro).

Un sauro, un baio, un moro
(un mantello diverso
ma un passo uguale) e in sella
a un sauro co la stella
in fronte, un pupo co un piedino perso.

Sì, co un piedino perso.
Nun fa un passo da solo: ma galoppa
in groppa ar sauro, er vento ne li boccoli
e er vàrzere coll' onne
nasconne er tuppe-tuppe de li zoccoli.

Fin che séguita er giro, e resta in sella
ar sauro co la stella,
è un pupo come l' artri (venti lire
hanno fatto er miracolo).
Gesù, fa' che sto giro nun finisca più.

Mario Dell'Arco
Strenna dei Romanisti 1954, pag. 53

 
 
 

Contro corente

Contro corente

Te ricordi der Mago? ... Quer vecchiotto
che sputava sentenze come gnente ...
e arigalava terni a destra e a manca
scarabbocchiati su la carta bianca?
Nun me lo so' insognato
che me dava li numeri pe' lotto? ...
Stava su 'na barchetta in mezzo a fiume
e cercava a vogà contro corente,
ma rimaneva sempre ar punto stesso ...
tanto che io strillai come 'n' ossesso:
- Piantela Mago mio ... te sei sbajato,
si seguiti a vogà in que la maniera
nun toccherai mai tera ...
Ma er Mago me rispose: - Fijo mio ...
si vado appresso a la corente, allora
nun se discute più, so' un'omo morto
che galleggio, me cunnolo, e sopporto
puro si me ne vado a la malora,
ma si 'je vado contro è un antro tono,
vordì che un po' raggiono
e che tengo un cervello puro io! ...

Goffredo Ciaralli
Strenna dei Romanisti 1954, pag. 42

 
 
 

Er vialetto de l'Ara Coeli

Er vialetto de l'Ara Coeli

A la sinistra de la cordonata
de Campidojo, a fianco e a mano dritta
dell' Ara Coeli, ce sta lì ìncastrata
'na stradetta in salita, zitta, zitta,
stretta come la via de la pupazza,
che te porta diretta su la piazza
indove Marc'Urelio sur cavallo
se smiccia Roma lì dar piedistallo.

'Sta strada ombrosa,
ricoperta dall' ellera e dar gricine,
s' arampica odorosa e te consola
cor verde e cor viola.
Chi mm se sente de pijà de petto
la scalinata a fianco,
imbuca 'sto vialetto
e s' arinfranca si se sente stanco.
Ce trovi quarche gatto accoccolato
che punta una lucertola che passa
e sta aspettà er malloppo che je lassa
la carità d'un vecchio pensionato.



Quann'è d'inverno, 'sto rifuggio bello
t'aripara dall'acqua e fa da ombrello;
l'estate, pieno zeppo de verdura,
t'arigala un po' d'ombra e de frescura
nell'aria che respiri.
La notte, pare er regno de le fate;
fra lucciche e sospiri,
dà ricetto a le coppie innammorate
che là drento se senteno ar sicuro,
protette da lo scuro.
Bisbiji, parolette a core a core,
er viale va in amore:
- Bella! quanto me piaci! ... -
Io che passo de lì a prima matina,
sento odore de baci
nell' aria frizzantina.

Francesco Possenti
Da: Strenna dei Romanisti, 1954, pag. 79

 
 
 

Porta Portese

Porta Portese

Un giorno me ne andiedi ar mercatino
pe' compra' 'n'anticaja de valore
d'appenne co' du' chiodi ar salottino
e sfodera' ' na botta de colore.

A 'n certo punto verso la fiumara
te sento 'na ventata de lamenti,
de urli disperati, 'na cagnara
come fusse 'na folla de morenti.

Vo' a vede'. E che te vedo? Appiccicati
contro le sbare de le gabbie chiuse
ducento cani, co' le zampe tese
come sui treni de li deportati.



Guardo quell'occhi persi ner terore,
tristi, abbottati de malinconia,
pare che stanno a di': portace via.
Piu' me li guardo e piu' se strigne er core.

Poi all' improviso me trovai accusi'
senza anticaje, ma legato a 'n cane
che tirava, tirava come a di':
sbrighete; annamo a casa, che cio' fame!

Zambo (Giulio Zannoni)
Da: Zambo 'na storia - Poesie in romanesco di Padre Giulio Zannoni S.J.

 
 
 

Doppo la lite

Doppo la lite

I

No, no, te lo dich'io si come è stato:
s'attaccassimo drent' a l'osteria
e, nun te dico un'ogna de bucia,
nun feci nè l'eroe, nè er gastigato.

Arzò la voce e je fu perdonato
grazie, capischi, a la presenza mia,
ma quanno s'azzardò da strillà spia
e fece l'atto da menà ar cugnato

j' arillentai un fioretto a cinque fronne
che lo mannò a infrocià su un caratello ...
poi, sai com'è, un po' l'oste, un po' le donne,

un po' er gendarme che sta lì, vicino,
quattr' e quattr' otto, je sfilai er cortello
e ... me n'annetti a caricà a Marino.

II

Lo so che te sei fatto un piantarello
e che stai male stai, pe' la questione,
me lo disse jersera tu fratello
quanno che l'incontrai qui, sur cantone.

Ma che c'era da piagne', amore bello?
E tutto questo pe' 'no sganassone?
Quanno incontri chi puzza de cortello
è giusta o nun è giusta 'na lezione?

Si quarcuno t'avesse ciufolato
- malignamoce sopra a modo suo -
che Giggi tuo se fusse aritrattato

pe' timienza de due o tre farisei
ch'avresti detto tu, de Giggi tuo,
tu romana der Fosso come sei?

III

Perciò da retta a me, nun fa la dura
si quarche vorta sgaro un tantinello,
ma che vói fa' si avanti a 'na stortura
er sangue me va subbito ar cervello?

Un'omo, sia chi sia, nun t'è fratello?
Allora, dunque, a che tanta bravura?
Perché fa' e' lupo avanti a chi 'n agnello
si tale lo creò madre natura?

Ecco, dunque, perché parlo sincero
ecco, dunque, perché a 'ste bojerie',
se sa, scantono e te fo sta in penziero.

Prega, perciò, si vói, prega er Signore ...
forse, chissà, che co' l' avemmarie
che tu je' dichi nun me cambi er core?

IV

Da quanno che m'ài detto: Ah, benemio!
si me vói bene, butta via er cortello ...
Ho dato retta subbito ar conzìo,
l' ò preso e l' ò buttato a un cantoncello.

Che nun farebbe io, tesoro bello,
pe' vedemmete come vojo io,
io che darebbe tutto er sangue mio
si vedessi da torcete un capello?

Perciò te voio sempre soridente
pe' le vie de Trestevere ... Tu, maga
d'ogni bellezza nostra strafottente.

E s'io sgarassi un giorno, u' momentino,
sai quello ch'ài da fa': chi rompe paga!
Sèmo de sangue o no tresteverino?

Romolo Lombardi
Strenna dei Romanisti 1954, pag. 26, 27

 
 
 
 
 

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