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Messaggi del 13/04/2015

Fiori d'acanto (14)

Post n°1486 pubblicato il 13 Aprile 2015 da valerio.sampieri
 

Fiori d'acanto

XIV

Addio pe' ssèmpre póra finestrèlla,
'Ndove vedevo la ciumàca mia.
Io ppiù tte guardo, e ppiù... nun so cche ssia,
Ma ttu, finestra mia, non sei ppiù quella.

Sarà... cche tt'ho dda dì'?... la fantasia;
Ma pprima me parevi assai ppiù bbèlla:
Ogni vetruccio tuo m'era 'na stella,
Che mme faceva lume pe' sta via.

Che nun ce sbatte come pprima er sole?
Che nun ce tienghi ppiù cquer ber vasétto
Ch'imbarsimava l'aria de viòle?

C'è ttutto... sì! Ma Llei però indov'èlla?
Appòsta da principio tè l'ho ddètto:
«Tu, ffinestruccia mia, nun sei ppiù quella.»

Giggi Zanazzo
1 Aprile, 1885
(Da: "Poesie e prose scelte", Perino, pag. 38)

 
 
 

Rime d'amore 01

Post n°1485 pubblicato il 13 Aprile 2015 da valerio.sampieri
 

Rime d'amore di Gaspara Stampa

I

Voi, ch'ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l'altre prime,

ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de' miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagione è sì sublime.

E spero ancor che debba dir qualcuna:
- Felicissima lei, da che sostenne
per sì chiara cagion danno sì chiaro!

Deh, perché tant'amor, tanta fortuna
per sì nobil signor a me non venne,
ch'anch'io n'andrei con tanta donna a paro?

II

Era vicino il dì che 'l Creatore,
che ne l'altezza sua potea restarsi,
in forma umana venne a dimostrarsi,
dal ventre virginal uscendo fore,

quando degnò l'illustre mio signore,
per cui ho tanti poi lamenti sparsi,
potendo in luogo più alto annidarsi,
farsi nido e ricetto del mio core.

Ond'io sì rara e sì alta ventura
accolsi lieta; e duolmi sol che tardi
mi fe' degna di lei l'eterna cura.

Da indi in qua pensieri e speme e sguardi
volsi a lui tutti, fuor d'ogni misura
chiaro e gentil, quanto 'l sol giri e guardi.

III

Se di rozzo pastor di gregge e folle
il giogo ascreo fe' diventar poeta
lui, che poi salse a sì lodata meta,
che quasi a tutti gli altri fama tolle,

che meraviglia fia s'alza ed estolle
me bassa e vile a scriver tanta pièta,
quel che può più che studio e che pianeta,
il mio verde, pregiato ed alto colle?

La cui sacra, onorata e fatal ombra
dal mio cor, quasi sùbita tempesta,
ogni ignoranza, ogni bassezza sgombra.

Questa da basso luogo m'erge, e questa
mi rinova lo stil, la vena adombra;
tanta virtù nell'alma ognor mi desta!

Gaspara Stampa

Il sonetto numero 4 della raccolta delle Rime di Gaspara Stampa ("Quando fu prima il mio signor concetto") è stato già da me pubblicato in questo post.

 
 
 

Un quadro d'un banchetto

Le note al seguente sonetto del Belli sono tratte dal volumetto -di sole 38 pagine- "Alcune poesie in dialetto romanesco di G. G. Belli scelte ed illustrate dal P. Daniele Olckers o. s. b. ", Monaco, Tipografia accademica F. Straub, 1878.

14. Un quadro d'un banchetto. (1)

Ve vojjo ariccontà (2), ssora Pressede (3),
Un ber quadro c'ho vvisto stammatina.
C'era un vecchio sdrajato, e stava a vvede (4)
Co un zacco d'occhi (5) a pasce (6) una vaccina (7).

E cc'era puro' un giuvenotto a ssede
Co un ciufoletto (8), a ffà una sonatina,
Che in testa e ddar carcaggno d'oggni piede
Je spuntava un par d'ale de gallina.

Mentre che gguardo . . . sento un mommorio (9);
M'arivorto (10), e un ziggnore tosto tosto
Disce: chi è sta vacca, core mio?

E una siggnora che jje stava accosto
Li ppronta pronta j'ha arisposto: Io.
E vvoi cosa averessivo (11) risposto?

Giuseppe Gioachino Belli
(Sonetto 1801)

Note: 1. In questo sonetto un popolano parla d'un quadro rappresentante una scena mitologica. Io, figlia di Inaco, da Giove sedotta e trasformata in giovenca vien custodita da Argo, il cui corpo secondo la favola era coperto d'occhi, dei quali la metà restavano aperti, mentre gli altri dormivano. Sentendo il popolano il nome proprio Io l'intende in senso del pronome personale della prima persona. 2. raccontare. 3. Prassede 4. vedere 5. occhi senza numero. 6. pascere. 7, vacca giovane. 8. zufoletto, noto strumento di suono acuto e stridulo di cui servonsi i pastori. 9. mormorio. 10. mi rivolgo. 11. avreste.

 
 
 

Fiori d'acanto (13)

Post n°1483 pubblicato il 13 Aprile 2015 da valerio.sampieri
 

Fiori d'acanto

XIII

La sera, quanno mamma té vie' a pia,
P'accompagnatte a ccasa dòppo scòla,
Io a vvédévve assieme madre e fia.
Me ce sento 'na rabbia che ccónsóla!

Lei, gnente! té dicesse 'na paròla!
Sputa, bbróntola, inciampica, sbavia...
Mentr'io ch'ardo de ditten'una sola.
Me tócca a sta' llontano un par de mia.

E ddico: «Ma vvardate 'st'accidente!»
Io non so ccome facci mamma tua
A stàssene in quer modo indiferènte!

S'io fussi in lei, mannaggia san Pistello,
Staréssi bbène! 'Gni minuto o ddua
Té darebbe de guanto un tantinello!

Giggi Zanazzo
28 Novembre 1884.
(Da: "Poesie e prose scelte", Perino, pag. 37)

 
 
 

Liona Aldobrandini

Post n°1482 pubblicato il 13 Aprile 2015 da valerio.sampieri
 

Liona Aldobrandini figlia di Opizone, nacque il 22 novembre 1522. Fu questa dama dotata di un bellissimo spirito, onde applicatasi alla poesia volgare potè lodare con sue Rime i due poemi del nostro Giambattista Pescatore e nella raccolta delle rimatrici fatta da Luisa Bergalli un suo sonetto si legge. Fiorì circa l'anno 1550.
A Giambattista Pescatore.
Gloria d'amor non mai, né d'armi grido
Spirto gentil, che l'onde fresche e chiare

(Note tratte da: Rime scelte dei poeti ravennati antichi e moderni defunti, Ravenna, 1739, pag. 465). Nella raccolta della Bergalli, la poesia "Spirto gentil" è riportata a pag. 77 del primo volume.

Spirto gentil, che l'onde fresche e chiare

Spirto gentil, che l'onde fresche e chiare
del bel Montone illustri, e le tue chiome
Inlauri, e fai così famoso il nome
di Cavalieri, e Donne altre e preclare.

Ond'ei felici, poiché l'acque amare
d'obblìo lor levi con l'alte tue some;
e te beato, piché essi fan come
son le tue rime sì leggiadre e rare.

E se le debil'ali del mio ingegno
atte fosser per un sì grande oggetto,
farei te, come tu fai gli altri, degno.

Ma poiché ciò dal Ciel dentro il mio petto
non sorge, e fatto è al bel pensiero indegno,
biasma non me, ma il grave mio disdetto.

Liona Aldobrandina
1550 (da: Rime scelte dei poeti ravennati antichi e moderni defunti, Ravenna, 1739, pag. 24)


Gloria d'amor non mai, né d'armi grido,


Gloria d'amor non mai, né d'armi grido,
né di famosi Eroi inclite prove,
né fantasie più vaghe scritte altrove
dir si mosse altri in stil più scorto e fido,

come il mio Pescatore albergo e nido
d'ogni virtù, ch'or con sue rime nove
l'armi, e gli amor dolci cantar si move,
che il lontan ne risuona, e 'l vicin lido.

Per lui tante Madonne, e Cavalieri,
cui di bellezze, di virtudi, e d'armi
ha dato pregi, eterni viveranno.

Per lui da i lidi Eoi fino a gli Esperi
col dolce suon de' suoi vivaci carmi
mille portati, e mille altri saranno.

Liona Aldobrandina
1550 (da: Rime scelte dei poeti ravennati antichi e moderni defunti, Ravenna, 1739, pag. 25)

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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