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Messaggi del 07/10/2015

La storia der monno 5

Post n°2088 pubblicato il 07 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

La storia der monno

XXI

Er giudio, poveraccio, è un minorato
perché crede sortanto ar Padreterno;
nessuno sgaro mai j’è perdonato
e dritto dritto se ne va all'inferno.

Er cristiano, ar contrario, è maggiorato
che appena nasce subito fa terno
perché cor fatto d’esse’ battezzato
lui s’assicura l’anima in eterno.

Er giudio nun conosce sacramenti:
cresima, ucarestia, estrema unzione,
che je conforta l’urtimi momenti,

perché pe’ lui nun c’è la redenzione.
E quante stragi e quanti patimenti
j’ha dato Itlè, da granne mascarzone!

XXII

E poi? Che corpa ci hanno ’st'innocenti
si so’ fiji de padri peccatori?
Er Padreterno, tra tutte le genti,
l’aiutò co ’gni sorta de favori;

e quelli invece, veri miscredenti,
credeveno alla testa delli tori
forse perché ci aveveno sporgenti
le corna; e je l’ornaveno de fiori.

Er Padreterno, bono e remissivo,
mo s’incazzava e mo li perdonava.
Quelli n’approfittaveno. Er corivo

je montava ar cervello, je montava.
Ogni giudio se fece più cattivo
e ognuno a modo suo se ne fregava.

XXIII

Che faceveno allora ’ste perzone?
Peccaveno magnannose er cammello
o l’aquila o la pica o l’aghirone
o er gufo o la ciovetta o er pipistrello

o la carogna der camaleonte;
viceversa sputaveno l’agnello.
E tanto era ’sto popolo zozzone
che je piaceva fà lo spojarello;

ma mica lo faceva come adesso
che paghi un tanto pe’ sbottontura:
in quer tempo diverso era er processo,

diverso er gusto della svojatura
che consisteva a traguardà er cesso
traverso er bucio della seratura.

XXIV

Er Padreterno, quanno vidde er fatto,
ci arimase de stucco. Amareggiato
che guasi guasi diventava matto,
penzava degna pena a quer peccato

e manco la penzò che dettunfatto
se trovò sur momento accontentato:
montarono le nuvole de scatto
e s’oscurò la volta der creato

e rimbombò la voce der Signore
pe’ tutto er monno e strillava «Noè!»,
l’unico che ci avesse un po’ d'onore.

E Noè j’arispose: - Beh! Che c’è?
- Ariparate all'arca! Tra du’ ore!
La speranza dell’ommini sta in te!

XXV

E subbito Noè diede l’allarme;
cursero all’arca tutti l’animali:
vacche, leoni, tigri, jene, tarme,
grilli, gorilla, bufoli, maiali,

le papere che vanno carme carme
e l’uccelli che voleno co’ l’ali.
E prese poi le fravole, le parme,
li semi delle piante veggetali.

Prese la moje, li fìi co’ le nore
e tutti inzieme, senza spiegazzione,
fenirono nell’arca der Signore.

Soddisfatto, Noè chiuse er portone,
s’asciuttò er grugno pieno de sudore
e cominciorno la navigazzione.

Gustavo Quadrini
Tratti da: La storia der monno
Cento sonetti spubbricati ner 1962

 
 
 

Ir gallo

Post n°2087 pubblicato il 07 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

Ir gallo

Ir gallo canta e ddice bbondì ar monno!
Mortacci sua! 'N cià ppropio da fà 'n cazzo?
A mme, 'n tipo ccusì me pare pazzo:
ma che? Se sveja tutti, si 'n ciài sonno?

Va bbene la natura ruggiadosa,
vabbè l'erba bbagnata de la notte,
ma 'r grugno io ciò dda riempì de bbotte
a 'na perzona tanto rumorosa!

Che ppuro ir gallo, si nun è pperzona,
resta pur sempre un essere vivente,
armeno fino a cche nu' mme scojona

ar punto che io poi je tiro 'r collo!
Si lo sapevo ch'eri 'n deficente,
me te magnavo già quann'eri pollo!

Valerio Sampieri
7 ottobre 2015

 
 
 

Dolcemente bambina

Post n°2086 pubblicato il 07 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

Santino Rocchetti - Dolcemente bambina
Festivalbar 1976 (di Renato Pareti)



Ora piangi e per me
sei dolcemente bambina
e capisco perchè
vorresti uscire di scena
per te l’amore e’ poesia
detta in buone maniere
un fiore un gesto
tramonti rosa e mari blu.

Ma stasera non ho
parole dolci nel cuore
questa sera non so
parlarti bene d’amore
vorrei gridarti lo sai
questo mondo va male
dimenticare
lasciare tutto dietro me.

Ora dici di si,
sei dolcemente bambina
e rimani così
tanto non vale la pena
almeno tu con la tua
innocente magia
puoi far l’amore
col sole il mare e il cielo blu
col sole il mare e il cielo blu.

 
 
 

Scenufreggio

Post n°2085 pubblicato il 07 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

Scenufreggio

Cazzo che scenufreggio (1), sur più bbello!
Tu ppôi chiamallo bbrugna (1) o ppricipizzio (1)
(si ddici colaìmme (1) nun c'è sfizzio),
ma ppoi 'r ziggnificato è ssempre quello:

inzomma, stâmo a ddì spianto (1) o strapazzo (1).
Certo, macello mejo se capiva,
però vvoi métte, pe' cchi tte sentiva,
com'è ggajardo, si 'n capisce 'n cazzo?

Imprimise (2), ce fai 'na gran figura,
si pparli che nnisuno te pô 'ntenne,
spece si ttu trapassi (3) 'gni mmisura.

Secunnise (4), bbisogna che ccapischi
che 'r disperatte mai te deve prenne (5),
si nno 'n disastro vero tu lo rischi.

Note:
1. Disastro, secondo il Dizionario Italiano-Romanesco di Giorgio Carpaneto. La “ì” di colaimme è apposta per pure ragioni metriche.
2. Innanzi tutto.
3. Oltrepassi.
4. In secondo luogo. Secunnise è termine inesistente in romanesco. Esso è però di evidente derivazione da “Imprimise” e rispecchia il vezzo tipicamente romano di inventare parole di etimologia estremamente incerta e discutibile.
5. Variante: che mmortificazzione mai te prenne.

Traduzione libera:
Perbacco, che "scenufreggio" improvviso! Puoi chiamarlo "brugna" o "pricipizzio" (se lo chiami "colaìmme" è meno gradevole), ma il significato è sempre il medesimo:
stiamo parlando comunque di "spianto" o "strapazzo". Certo è più comprensibile "macello", però non è infinitamente meglio se chi ti ascolta capisca poco o nulla?
Innanzi tutto, ci fai un figurone, parlando in modo incomprensibile, specialmente se tu esageri.
In secondo luogo, devi comprendere che mai devi disperarti o mortificarti, perché altrimenti rischi per davvero il disastro
.

Valerio Sampieri
6 ottobre 2015

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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