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Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)

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Il Dittamondo, Libro Quinto
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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
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La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)

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Messaggi del 04/10/2015

Er ricurzo

Er ricurzo

Ch’edè e cche nun è, (1) ecchete un giorno
che ffâmio (2) a gatta-sceca-chi-t’ha-ddato, (3)
una man de giandarmi se n’entrorno
coll’ordine de facce er percurato. (4)

Senza dicce nemmanco: si’ ammazzato, (5)
aggnédero (6) freganno (7) attorn’attorno;
e smòsseno inzinenta er tavolato,
ma grazziaddio senza trovacce un corno.

Io fesce stenne a ppiazza montanara (8)
p’er general Quitolli (9) un mormoriale, (10)
che jje l’aggnede a ddà la lavannara,

discennoje accusí: «Ssor generale,
cuesta pe ddio sagrato è una cagnara:
ché de la grazzia eccetera. (11) Pasquale».

Note:
1 All’improvviso senza sapere che si fosse.
2 Facevamo.
3 Vedi nota del Sonetto...
4 Perquiratur: perquisizione.
5 Senza neppur dirci motto, senza pur salutarci.
6 Andarono.
7 Frugando.
8 V. nota del sonetto...
9 Il generale Sesto Miollis, già Governatore degli Stati Romani sotto il Governo Napoleonico. Il popolo lo chiamava Miòdine, Quitòllis e Quitòlli.
10 Memoriale.
11 Finale di tutte le suppliche romane.

Giuseppe Giaochino Belli
9 ottobre 1830
(Sonetto 82)

La nota 8 fa riferimento a quella numero 6 del sonetto 1059, che recita: "Il giuoco della gattacieca alla pilaccia si fa bendando una persona, la quale deve in quello stato avanzarsi verso il posto dove prima le si era mostrata in terra una pignatta, e, giunta ove la pignatta si trova, percuoter questa con un bastone."

 
 
 

Subblime

Post n°2078 pubblicato il 04 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

Subblime

Quanno ce penzo, sai, trovo subblime
l'odore tuo ch'è mmejo de 'na rosa ...
m'a vvorte c'è rimasto quarche ccosa ...
chessò, Tesoro, ... 'n poco de concime

che ffà cambià 'n pochetto la fragranza ...
nun parlo ppiù de fravole o dde fiori,
ma te lo dico cqui, co' i' mmano i côri:
"Nun è che tte fà mmale 'n po' la panza?"

Vabbè, Tesò, oramai ce semo 'ntesi:
io poserò la testa sur tu' petto,
li bbaci mia 'n te lasceranno illesi

bbrandelli de la pelle de le tette.
Però io m'avvicino circospetto,
si ddevo da bbaciatte le chiappette!

Valerio Sampieri
4 ottobre 2015

 
 
 

Il corvo impazzito

Post n°2077 pubblicato il 04 Ottobre 2015 da valerio.sampieri
 

Il corvo impazzito
(di Mauro Lusini, 1970)



Uscire senza ombrello e
camminare sotto a questa pioggia che
mi pulisce il cuore
lava i miei pensieri
rompe l’agonia dei giorni miei
come un corvo impazzito
il vestito dal mio corpo toglierò
la malinconia se ne andrà via
e volerò.

Pioggia non fermarti mai
cadi giù finché tu puoi
troppo male c’è quaggiù
lava tutto quel che puoi
poi l’amico sole ci riscalderà
e l’amico vento ci guiderà
ci guiderà.

Svegliarsi al mattino
e trovarti qui di nuovo accanto a me
con la pioggia negli occhi
con il sole nel cuore
con la voglia di amare dentro di noi.
E guardare poi quel corvo pazzo che
gridando su nel cielo va
la sua libertà
la sua libertà.

Vola e va non ti fermar
sali in cielo più che puoi
non aver paura mai
se la pioggia incontrerai.
Poi l’amico sole ti riscalderà
e l’amico vento ti guiderà
ti guiderà.

Su youtube è reperibile anche una versione migliore, ma ridotta a meno di un minuto e mezzo.

 
 
 

Le zzampane

Le zzampane

Come?! Zzanzare! E cche vvò ddí zzanzare?
Se chiameno zzampane ar mi’ paese.
Si vvoi volete ppoi fàcce l’ingrese,
le potete chiamà ccome ve pare.

Chi l’ha ddetto? er padrone? Ehèe, ccompare,
s’avessi da ridí dda quarche mmese
tante cojjonerie c’avemo intese,
ce ne sarebbe da dà ffonno ar mare.

Zanzare! Cristo! eh ssi lo dichi a un cane,
nun te strilla caino e scappa via?
Ggnente: zzampane s’ha da dí, zzampane.

Bbe’, sse dirà zzanzare pe le stampe;
ma ssò zzampane: eppoi, santa Luscia!,
nun je le vedi llí ttante de zzampe?

Giuseppe Giaochino Belli
2 aprile 1846
(Sonetto 2135)

 
 
 

All' incanto, all'incanto!

All' incanto, all'incanto!

All' incanto, all'incanto! 3)
E chi non mosse il Ciel, mova Acheronte!

Io vo' magici modi
tentar, profane note,
erbe diverse e nodi,
ciò che arrestar può le celesti rote:
mago circolo, onde gelide, pesci vari:
acque chimiche, neri balsami,
miste polveri, pietre mistiche;
serpi e nottole, sangui putridi, molli viscere,
secche mummie, ossa e vermini;
suffumigi che anneriscano,
voci orribili che spaventino,
linfe torbide che avvelenino,
stille fetide che corrompano,
che offuschino, che gelino, che guastino,
che ancidano, che vincan Tonde Stigie!

In quest'atra caverna
ove non giunse mai raggio di sole,
dalle Tartaree scuole
trarrò la Turba inferna:
farò che un nero spirto
arda un Cipresso, un Mirto:
e mentre a poco a poco
vi struggerò l'imago sua di cera,
farò che a ignoto foco
sua viva imago péra,
e quando arde la finta, arda la vera!

Salvator Rosa
Napoletano, sec. XVII
Canzone.

3) pag. 4. All' incanto, all' incanto!
Si crede composta prima del 1646, mentre il poeta trattava argomento simile coi colori. Una Strega di Salv. Rosa si vede nel Museo Capitolino a Roma.

Tratto da: Eugenia Levi, "Lirica italiana nel Cinquecento e nel Seicento fino all' Arcadia". Novissima scelta di Rime illustrate con più di cento riproduzioni di pitture, sculture, miniature incisioni e melodie del tempo e con note dichiarative di Eugenia Levi. In Firenze, Presso Leo Olschki, 1909. Pagina 2 (nota a pag. 400)

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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