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Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)

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I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)

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Poesie varie (di Cesare Pascarella, Nino Ilari, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio)

Romani antichi e Burattini moderni, sonetti romaneschi (di Giggi Pizzirani)

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Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)

Picchiabbò (di Trilussa)

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Il Dittamondo, Libro Primo

Il Dittamondo, Libro Secondo
Il Dittamondo, Libro Terzo
Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
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OPERE COMPLETE: POESIA

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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
Rime inedite del Cinquecento Indice 2 (di vari autori)

 

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C’era una vorta... er brigantaggio (di Vincenzo Galli)

Er Libbro de li sogni (di Giuseppe De Angelis)

Er ratto de le sabbine (di Raffaelle Merolli)

Er maestro de noto (di Cesare Pascarella)

Foji staccati dar vocabbolario di Guido Vieni (di Giuseppe Martellotti)

La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)

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Li promessi sposi. Sestine romanesche (di Ugo Còppari)

Nove Poesie (di Trilussa)

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Messaggi del 23/02/2017

Er testamento d'un arbero

Er testamento d'un arbero

Un Arbero d'un bosco
chiamò l'ucelli e fece testamento:
- Lascio li fiori ar mare,
lascio le foje ar vento,
li frutti ar sole e poi
tutti li semi a voi.
A voi, poveri ucelli,
perché me cantavate le canzone
ne la bella staggione.



E vojo che li stecchi,
quanno saranno secchi,
faccino er foco pe' li poverelli.
Però v'avviso che sur tronco mio
c'è un ramo che dev'esse ricordato
a la bontà dell'ommini e de Dio.
Perché quer ramo, semprice e modesto,
fu forte e generoso: e lo provò
er giorno che sostenne un omo onesto
quanno ce s'impiccò.

Trilussa
Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, 1954, pag. 329

 
 
 

L'incontro

Post n°3623 pubblicato il 23 Febbraio 2017 da valerio.sampieri
 

XLVIII.

L'incontro


Vôi sapé come fu? lo me n' annavo
A fà un servizzio pe' la mi' padrona,
Quanno, sarà mancata un' ora bona
A mezzoggiorno, incontro er sor Gustavo.

Lui me guardava, io puro (1) lo guardavo;
Fa 'na risata, io fo 'na risatona
E me ne vado giù pe' Tordinona, (2)
Ma 'gnitanto, se sa, (3) m' arivortavo ...

Vedènno lui che (4) me veniv' appresso,
Dico: "Lei vadi pe' li fatti sui,"
E infilo er vicoletto; ma lui, sì,

Me l'aricordo come fussi adesso.
Me viè vicino, io scappo via, ma lui
M' arriva ... e tu già sai come finì.

Note: 1 Pure. - 2 Via di Roma, che conduce a Ponte Sant'Angelo e che ha preso il nome dalla Torre di Nona, la quale faceva parte d' un grande edifizio, che fino alla meta del secolo XVII servì ad uso di prigione, e poi fu tutto demolito. Si dice che in quella torre rinchiudessero Béatrice Cenci, prima di mandarla al patibolo. - 3 Si sa : naturalmente. - 4 Vedendo che lui, ec.

Luigi Ferretti.
Centoventi sonetti in dialetto romanesco, Firenze, G. Barbèra, Editore, 1879, pag. 96

 
 
 

Er distino

Post n°3622 pubblicato il 23 Febbraio 2017 da valerio.sampieri
 

XLIX.

Er distino


L'ho da sposà senza sapé 'r perché,
Ho da pijà marito e nu' me va;
Ma dimm' un po' si (1) che raggione c' è
Che m'abbi (2) propio da sagrificà?

E a mamma je l' ho detto: "Ma si a me
Nu' me n' importa de sta cosa qua;
Io ciò (3) più gusto a resta qui co'te;
Famm' er piacere, via, làsseme stà:

Sai che sto coso nu' me vô annà giù,
Sai che sta smania propio nun ce l' ho;
Si a te te piace, eh pijetelo tu."

Ma nun c'è verso, j'ho da di de si!
E si poi doppo ...? - Embè, si lui le vô,
E segno ch' er Signore vô cusi.

Note: 1 Se. - 2 Ch' io m' abbia. - 3 Ci ho.

Luigi Ferretti.
Centoventi sonetti in dialetto romanesco, Firenze, G. Barbèra, Editore, 1879, pag. 97

 
 
 

Dell'Arco 1959

Funtan de Trevi

Sopra a la chiesa un angelo che aspetta.
Come la piazza è vota,
un soffio ne la tromba
e dentro all'acqua piomba
la nicheletta de la prima nota.



L'ape barberina

Distrutta Villa Ludovisi, tutta,
da la ramata all' urtima panchina,
sboccia e svanisce da li serci un fiore
de fumo de benzina.

Pija e s' infirza ar core
er pungijone, l'ape
e la protesta
eterna resta dentro a la conchija.

La camionetta

Er parafango, e doppo
er faro, e doppo er cofano ... Purtroppo
la camionetta casca a pezzi.
Intatta,
dentro ar vetro der faro, ancora scatta
verso er celo la guja de San Pietro.

Mario Dell'Arco
Strenna dei Romanisti,1959, pag. 59

 
 
 

Vorebbe...

Vorebbe...

Io vorrebb'esse, pe' virtù d'amore,
Que' la rosetta rossa che ciai 'n petto,
Pe vede si ner coire ciai l'affetto
E pe' sentì si parpita pe' me.

Sopra a quer petto bello,
Gentile, immacolato;
Doppo d'ave acquistato
L'odore e la bertà,

Vorrebbe (tra er profumo
Mentre te sbatte er core)
Morì, matto d'amore
E de felicità.

Oppure vorebb'esse un rosignolo
Pe' volà infino a te, bella picchietta,
E mentre dormi, io su' la loggetta
Vierebbe 'gni nottata li a cantà.

E te farebbe un canto
D'amore, appassionato,
Dicennote, tra er pianto
Le pene ch'ò provato
A sta senza de te.

E doppo a 'na matina,
Lì tra li vasi in fiore.
Tra er pianto de la brina,
Morto de strazzio e amore
Ritroveressi a me.

Li su' la loggia tua, tesoro santo
Morte pe' te, pe' avette amato tanto!

Antonio Camilli
Tratto da: Poesie Romanesche, Roma, Tipografia Industria e Lavoro, 1906, pag. 88

 
 
 

Notte a Piazza S. Pietro

Notte a Piazza S. Pietro

Piazza deserta. Notte. Il colonnato,
a braccia aperte, accoglie
il dolce sonno dell'aprile.
Mormoreggiare delle due fontane
e inginocchiata l'ombra s'addormenta
cullata da una cantilena d' acque.
Più leggiera della brezza che la porta
arriva da lontano
la primavera dei giardini in fiore
e il silenzio marmoreo delle statue
è avvolto da una nuvola d'odore.
La cupola si leva nello spazio
come un'offerta della terra al cielo.
Il tempo sogna e vola nell' eterno
sull'ali di una pace d'oltre mondo.
Piazza deserta. Quiete. Solitudine.
Nulla che passi. Niente che si affanni.
Le lacrime che sono nelle cose
si sciolgono
sembra spento ogni dolore.
I pensieri s'affacciano ai confini
dell'al di là. E l'anima immortale,
distaccata dal buio della terra,
cristianamente sale
al vertice stellato della notte.

Luciano Folgore
Aprile 1958
Strenna dei Romanisti,1959, pag. 24

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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