FEDERICO PERIN

Pier Ferdinando CasiniAppoggi esterni, quadripartiti, salite al Colle, rimpasti, crisi al buio. È l'ora dei riti della prima Repubblica, dunque è il suo momento. "Pier è come il personaggio di quel romanzo di Peter Handke, "Prima del calcio di rigore"", spiega l'ex dc Enzo Carra, amico di Casini fin dai tempi della segreteria Forlani in piazza del Gesù negli anni Ottanta: "La palla è sul dischetto, lui deve solo appoggiarla in rete. L'importante è che la tiri nella porta giusta". Già, mica facile decidere da che parte buttarsi: l'ex golden boy della politica italiana, deputato a 28 anni, presidente della Camera a 46, fiuta di essere il sorvegliato speciale della crisi e subisce il fascino del corteggiamento incrociato.

La mattina del 9 novembre Casini si è fatto vedere nella sala del Refettorio di palazzo San Macuto, dove nel Seicento l'Inquisizione processò Galileo. Convegno sull'inverno della seconda Repubblica, democristiani di lungo corso schierati in prima fila, l'occasione scelta dal senatore del Pdl Giuseppe Pisanu per spezzare gli indugi.

"In caso di crisi", ha dettato l'ex ministro dell'Interno che ha sempre continuato a definirsi moroteo, "non sono utili governi tecnici con un mandato a termine. Credo a un governo di ampia maggioranza per far uscire l'Italia dalla crisi economica e ridare vitalità alla democrazia con una nuova legge elettorale". Un governo con tutti dentro (o quasi), che duri fino al 2013, con un nome in testa alla lista dei candidati a guidarlo: il suo.

Grande entusiasmo tra i nipotini della Balena bianca, ma Casini non nasconde il suo scetticismo. "Abbiamo bisogno di un governo di solidarietà nazionale", ragiona, e Pisanu andrebbe benissimo per guidarlo. Ma le probabilità che riesca a nascere in seguito a una crisi del governo Berlusconi sono molto scarse. Meglio riparlarne nella prossima legislatura e prepararsi al voto di marzo che l'ex presidente della Camera in cuor suo ritiene ormai inevitabile.

Con quali alleanze? A sinistra ci sono le avances di Massimo D'Alema, che non ha mai fatto mistero di puntare su di lui come candidato premier del nuovo centrosinistra. A destra Silvio Berlusconi, dopo averlo estromesso dalla coalizione vincente nel 2008 con una telefonata (mentre Casini era in treno, diretto a Milano per partecipare a "Invasioni barbariche"), si è pentito e gli ha offerto il vitello grasso per il ritorno a casa. Il potenziale alleato numero uno resta Gianfranco Fini, che nel 2001 arrivò a commuoversi fino alle lacrime, spettacolo mai replicato, quando Pier fu eletto presidente della Camera. I due riprovano a marciare uniti, dopo una lunga fase di freddezza. Ma senza fidarsi troppo: due anni fa Fini mollò Casini ed entrò nel Pdl con Berlusconi senza neppure avvertirlo. Ora Casini appoggia il tentativo di Fini di spingere il Cavaliere a un nuovo governo. Ma chiede al presidente della Camera la prova d'amore, non si sa mai: "Se vuole che Berlusconi si dimetta, deve passare per un voto parlamentare in cui assumersi le sue responsabilità, con un sì o con un no".

Per consumare il divorzio Fini dovrà votare contro il governo Pdl-Lega. Solo dopo questa rottura si potrà parlare di nuovi scenari e di nuove alleanze. "Ma io credo che Pier la sua scelta l'abbia già fatta: in caso di elezioni andrà da solo, con Fini in posizione subalterna", prevede Marco Follini che lo conosce bene. Casini prepara il partito della Nazione con Fini e Rutelli: il primo incontro pubblico dei tre il 13 novembre a Roma, al congresso dei liberaldemocratici. Con la speranza che il Pdl e la Lega non raggiungano la maggioranza al Senato e che il nuovo centro da lui guidato risulti determinante, aperto ad alleanze con il Pdl o con il Pd. Buttare la palla in rete, appunto: ma la porta giusta ancora non c'è.