ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 28/07/2012

INTERVISTA AL CAPPELLANO DEL VILLAGGIO OLIMPICO: UNA PRESENZA AMICA NEL MONDO DELLO SPORT

Post n°7346 pubblicato il 28 Luglio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Una figura introdotta dall'Italia e oggi adottata da diversi Paesi

Nel mondo dello sport la dimensione scaramantica è fortemente presente, quindi la presenza di un cappellano è utile ad evitarla. E gli atleti riescono a capire che il prete non è un portafortuna, ma una presenza amica.

Nell'approccio alla fede, lo sport è un terreno fertile, perché è una metafora dell'esistenza stessa. Uno spazio, quello del villaggio olimpico, che per il cappellano si trasforma in parrocchiale o oratoriale, dove la figura del prete viene molto apprezzata e la molteplicità delle situazioni porta a stabilire rapporti differenziati.

A questo proposito ZENIT ha raggiunto telefonicamente il cappellano degli Azzuri, Mario Lusek, già a Londra in attesa delle Olimpiadi, che nell'edizione imminente ospiterà 26 sport, suddivisi in 35 discipline.

Come nasce questa scelta di inviare un cappellano ai giochi olimpici?

Don Lusek: La scelta del Comitato Olimpico Italiano di portare un cappellano risale alle Olimpiadi di Seul, quindi ormai di lunga data, ed è stata l'Italia, la prima ad ammettere questa figura, per merito del presidente Giovanni Petrucci. Una presenza significativa dal punto di vista dell'accompagnamento, della vicinanza, dell'attenzione della Chiesa verso il mondo degli atleti. Il mio predecessore, Don Carlo ha fatto cinque olimpiadi, per me questa è la terza, comprese quelle invernali.

Che compito svolge il cappellano?

Don Lusek: Anche se all'interno del villaggio olimpico esiste un centro multireligioso per le confessioni cristiane e le religioni più diffuse. La figura del cappellano italiano è originale perché all'interno di una struttura, che sta insieme agli atleti, quindi dimostra questa vicinanza amica tra il mondo della Chiesa e il mondo dello sport.

Da chi dipende un cappellano delle olimpiadi?

Don Lusek: La mia funzione di cappellano nasce dal fatto che sono direttore dell'ufficio della Pastorale del tempo libero, turismo e sport, quindi c'è un rapporto istituzionale tra la Chiesa italiana e il mondo dello sport in quanto tale. Promuoviamo anche, attraverso l'associazionismo di ispirazione cristiana, una presenza capillare nella Chiesa, nelle parrocchie, oratori, e centri di aggregazione, dove c'è una presenza storica.

Avete celebrato già qualche messa?

Don Lusek: Con la nostra delegazione, domenica scorsa abbiamo celebrato nella Chiesa degli Italiani a Londra, alla presenza del nunzio apostolico Antonio Mennini, ed è stata una esperienza molto significativa dal punto di vista religioso. Qui il cardinale Bagnasco ha inviato un suo messaggio particolare, e il 30 si terrà una celebrazione nell'abbazia di Westminster rivolta a tutte le componenti cattoliche.

Le altre nazionali hanno un loro cappellano?

Don Lusek: Alcune nazioni, dopo l'esperienza italiana si sono organizzate, come, ad esempio, la Polonia, l'Austria, la Germania, e anche l'Inghilterra visto che è un evento che si gioca “in casa”.

Come vive un atleta un rapporto con Dio quando deve dare il meglio di se in una gara sportiva?

Don Lusek: Noi viviamo una esperienza particolare poiché ci sono migliaia di atleti. Nel contingente italiano siamo oltre trecento persone, con una cultura ed un'esperienza sicuramente differenziata. Nell'approccio alla fede, lo sport è un terreno fertile, perché è una metafora dell'esistenza. L'agonismo sportivo e l'agonismo spirituale possono coincidere come prospettiva esistenziale. D'altronde lo sport predispone alla fatica, all'impegno alla responsabilità e questo, per un agonismo di natura spirituale, è importantissimo. Promuove l'unità della persona.

Quindi lei lavora all'interno del villaggio olimpico...

Don Lusek: Considero il villaggio olimpico come uno spazio parrocchiale o oratoriale, dove nessuno è indifferente alla figura del prete, una figura molto apprezzata e condivisa ma dove la molteplicità delle situazioni porta a rapporti differenziati. Quindi si incontrano persone che chiedono, domandano, partecipano alla Santa Messa, altri invece rimangono sui rapporti umani informali, di dialogo e di confronto, dove non c'è ostilità né rischio per la presenza del prete. E questo è già un fattore importante che ci rende prossimi, e fa percepire che la Chiesa è vicina a questo fenomeno, non è ostile e vuole accompagnare.

Ci sono stati casi di conversioni, o particolari?

Don Lusek: Esistono diverse inquietudini interiori che si manifestano con delle domande e delle ricerche. Conversioni improvvise sicuramente no, ma ricerca, dialogo e confronto sicuramente sì, e nei momenti e nei luoghi più incredibili. D'altronde non è la Chiesa che fa le Olimpiadi: siamo ospiti e si accompagna questa esperienza con un atteggiamento di disponibilità e di attenzione. Mettiamo al centro la persona e con la persona dialoghiamo in profondità, rispettando anche le situazioni faticose che qualcuno può vivere.

Quale è il profilo dell'atleta?

Don Lusek: Non dimentichiamo che la maggior parte degli atleti sono giovani e vivono la loro esperienza con tutte le tensioni tipiche della giovinezza. Quindi abbiamo giovani inquieti, giovani in ricerca, su cui sono puntati gli occhi di tutto il mondo e da cui tutti si aspettano il meglio. E questo per un ragazzo è anche tensione, ansia e preoccupazione. E quando arriva successo è una liberazione da questa ansia. E quando la fatica aumenta qualche disagio si manifesta.

Ma nel mondo dello sport, rimane chiaro al ragazzo che il fattore religioso non è un portafortuna?

Don Lusek: Nel mondo dello sport la dimensione scaramantica è fortemente presente, ma cerchiamo di evitare questa dimensione attraverso una vicinanza umana che fa percepire proprio il motivo per cui siamo accanto a loro, che il prete non è un portafortuna, ma una presenza amica che incoraggia e che vive la stessa esperienza degli uomini del villaggio.

Vale a dire che anche il cappellano in qualche modo vive questa esperienza sportiva?

Don Lusek: Sì, si entusiasma, si appassiona, condivide le gioie per le vittorie e rimane deluso anche lui quando c'è qualche sconfitta da subire. L'importante è capire che la sconfitta è un modo per ricominciare da capo, e che lo sconfitto non è un perdente.

E il fatto che alcuni fanno il segno della croce prima di cominciare?

Don Lusek: In genere non lo fanno per scaramanzia ma come una testimonianza della loro fede, e questo si trasforma in una testimonianza pubblica. Quindi sono favorevole.

- ZENIT -

 
 
 

PERCHE' LE DONNE SOFFRONO SEMPRE DI PIU' DI DEPRESSIONE?

Post n°7345 pubblicato il 28 Luglio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In Inghilterra una donna su tre prende psicofarmaci contro la depressione. Prozac e Cipramil vanno via come acqua fresca. Lo riferisce il quotidiano britannico The Independent, citando studi medici.

Ora, non vorrei entrare con la mia rinomata delicatezza da elefante in un ambito tanto privato e delicato come la salute mentale, ma qualche domanda vorrei farmela. Perché le donne? Perché con una frequenza che ha indotto il ministero della salute a parlare di “crisi nazionale”? E perché in un paese che è stato ed è all’avanguardia nella battaglia per l’emancipazione, per la parità dei ruoli di uomo e donna?

Se trentatré donne su cento, che è una cifra esorbitante, devono prendere antidepressivi per andare avanti, siamo autorizzati a pensare che sia un fatto culturale, sociale, di identità collettiva, e non di malattia, perché nessuna malattia può avere un’incidenza tanto alta.

Le femministe diranno come al solito che le donne devono fare troppe cose, tutte da sole, e daranno la colpa agli uomini e allo stato sociale che non le aiutano. La solita solfa. Io però ne ho conosciute di donne che hanno tirato avanti la carretta della famiglia, numerosa magari, in tempo di guerra, magari, con i buoni per il pane e lo zucchero, e il mercato nero, e le scarpe da mettere solo per andare in chiesa. Non ho mai sentito da loro la parola depressione, che ha molto più a che fare con la perdita di senso che con la fatica vera e propria.

Penso piuttosto che possa entrarci il fatto che la donna si è persa, non sa più chi è. Ha perso il bandolo della matassa. Noi donne per secoli siamo state le culle della vita nascente, depositarie di questo fuoco da tenere sempre acceso, di generazione in generazione. Da quando abbiamo cominciato a dire che questo non era abbastanza, e ce ne siamo liberate, vivendo la nostra sessualità in modo emotivo e disordinato, libero da rischi di concepimento (rischio? o miracolosa fortuna, piuttosto?), non sappiamo più da che parte andare. Anche se abbiamo figli, ci teniamo a dire che ci realizziamo anche fuori, e ci sentiamo in dovere di fare tutto, di essere tutto, di vivere troppe vite. Una fatica bestiale, insostenibile. Un continuo, frenetico, insensato multitasking, a volte imposto (e ci sarebbe da ragionare su alcuni meccanismi economici), a volte abbracciato con zelo.

In entrambe le eventualità, comunque, difficilmente l’essere madre, o comunque l’essere accogliente verso la vita, viene vissuta come una profonda, gratificante avventura che consente il dispiego di tutto il nostro genio. “Voglio di più, l’uomo non mi può dominare, costringere a questo”. Ma dove li vedranno poi tutti questi maschi dominanti e coercitivi? Io ne vedo tanti persi e disorientati, piuttosto.

E con le dimensioni dell’epidemia di depressione deve entrarci anche il fatto che rimuovendo la croce dal nostro orizzonte esistenziale, tutti – uomini e donne – pensiamo che ogni fatica, difficoltà, sofferenza vada evitata. Da chi non ha Cristo come compagno di strada, cadere e sbucciarsi le ginocchia non viene sentito come un prezzo da pagare per salire un po’ più su, ma come una fregatura, dalla quale quindi è meglio svicolare il più possibile. Se una pillola permette di farlo, ben venga.

Non è che noi cattolici siamo cretini, e ci piaccia soffrire. E’ che anche alla sofferenza, che neanche a Gesù piaceva (i malati li guariva, mica dava loro un buffetto sulle guance), Lui ha dato un senso. Ed è il senso che fa la differenza.

Quanto a me, lo ammetto, lamentarmi mi piace molto. Lo saprei fare molto bene. Sono creativa, attenta (trovo il pelo nell’uovo), resistente, tenace. Se un’amica ha da fare ne posso sempre chiamare un’altra, non mi arrendo facilmente. Se il lamento diventasse una specialità olimpica punterei al podio. Voglio l’oro nel lamento carpiato, perché posso rigirare il discorso di 360 gradi e giungere a una lamentela, in qualsiasi punto della conversazione mi trovi.

Mi sforzo a volte di non farlo, però, perché ultimamente vedo musi così lunghi, intorno a me, che penso che un’altra lagnanza in più porterebbe il mondo oltre la soglia accettabile di entropia.

E così, a parte il fatto che nonostante i colpi di sole di vari parrucchieri continuo a portare in testa un ratto muschiato (ma lo faccio con disinvoltura), mi faccio andare bene quello che ho.

Il fatto è che siamo adulti quando desideriamo ciò che abbiamo. E abbiamo tantissimo, tanti di noi. Quasi tutti, a parte quelli colpiti dalla sofferenza degli innocenti, che è una prova sconvolgente. Eppure non siamo capaci di gioirne. Così mi viene spesso in mente quel banchetto di cui parla il Vangelo: nessuno degli invitati viene alla festa, e allora il padrone di casa comincia a radunare in giro gli scarti, i malati, i poveri, un’accozzaglia di gente che almeno si goda la festa meravigliosa che era preparata per noi.

-  Costanza Miriano - Costanzamiriano.wordpress.com -

 
 
 

CHE COSA C'E' DI MISTERIOSO NELLE LACRIME?

Post n°7344 pubblicato il 28 Luglio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ho visto tanti scoppiare in lacrime: piccoli e grandi. Per una delusione amorosa, un lutto improvviso, uno scoppio d’ira.... Sono segno di debolezza? Non direi. E' un qualcosa d’irrefrenabile che la natura umana tiene in serbo.

A volte si straripa, si scatena una tempesta emotiva. Ho visto tanti scoppiare in lacrime: piccoli e grandi. Per una delusione amorosa, un lutto improvviso, uno scoppio d’ira.... Sono segno di debolezza? Non direi.

E' un qualcosa d’irrefrenabile che la natura umana tiene in serbo. Piangere è come mendicare: ascoltami, dimmi, dammi, aiutami.

A volte i pensieri-dentro sono a livello di guardia, tracimano. Ti chiedono in prestito una spalla su cui ancorarsi un cuore con cui aprirsi, un rifugio in cui nascondersi. Le lacrime vere non sono un trucco per sedurre, una strategia per conquistare.

Ritrovare la rotta in un mare in burrasca è l'approdo vero.

Piangere fa bene. Non aver paura di piangere. L'effetto domino è inevitabile se trovi un amico, un padre, un santo sacerdote. Ti danno ristoro. Non ti rendono nevrotico come quando vuoi tenere tutto dentro di te. Solo chi piange si rivela per quello che è. Osservati quando piangi.

Le tue lacrime non sono fredde, gelide come venissero da lontano, come non fossero tue. Sono vere, calde, spontanee: il cuore, i sentimenti i sogni sono in ebollizione.

Non sono ambiziose scivolano in basso fino a inumidire le tue labbra per dirti quello che a parole sembra impossibile.

E' un dono, una trovata di Dio per capire le profondità del tuo essere. Stanno a mezza strada tra l'anima e il corpo.

Quando piangi gli occhi sono aperti. Le lacrime ti fanno vedere la strada da percorrere, cambiano il modo di guardare il mondo, ti fanno scoprire ciò che accade dentro di te.

Fanno da lente di ingrandimento alle piccole cose da cui ripartire e quelle inezie all'apparenza senza significato che poco a poco hanno provocato l'esplosione  di una bomba.

Le lacrime lasciano le loro impronte sull'arena del tuo volto. Scompaiono quando ritorna l'alta marea della vita. Solo l'amore ridarà luce e verginità al tuo viso. Impara dai bambini.

In loro le lacrime e il sorriso vanno a braccetto. Si zoppica se manca l'uno o le altre. Piangere ti ripulisce, ti rinnova.

Conosco un fiore che di giorno si apre e di notte si chiude. L'ibisco.

La notte non dura più del giorno.

Se piangi, in agguato c'è un sorriso che ti attende.

Viceversa se sei luminoso come il sole, all'orizzonte è in arrivo una nuvoletta che ti porterà via la luce per un pò di tempo. Ti saluto

- autore: Carlo Terraneo - biesseonline.sdb.org -donboscoland.it -

 
 
 

I PRIVILEGI DEI POLITICI ITALIANI E QUELLI DEI POLITICI INGLESI E FRANCESI

Post n°7343 pubblicato il 28 Luglio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ho ricevuto oggi numerose mail di approvazione sull’operato di Hollande in Francia dopo appena 56 giorni di governo. Una sua iniziativa dettata presumibilmente dalla crisi in cui versa anche la sua Nazione, ha suscitato clamore un po’ ovunque ma molti quotidiani in Italia non ne parlano. Sono quei giornalisti amici degli amici, in pubblico fanno un po’ finta di lamentarsi e poi fanno le vacanze insieme ai politici che stanno in Parlamento da trent’anni. Questi giornalisti tacciono anche le notizie più scandalose dei loro amici, non hanno molta voglia di parlare delle auto blu che costano miliardi di euro agli italiani.

I parlamentari inglesi si recano alla Camera in metrò o con le proprie automobili, senza autisti e senza scorta.

Non hanno tutti i privilegi dei politici italiani, l’esperienza politica è vissuta in maniera opposta. È vero che tutto il mondo è paese, ma cosa può avere e valere di più un politico italiano da uno inglese? E pensare che il Parlamento inglese è spesso soprannominato “Padre di tutti i Parlamenti”, in quanto i corpi legislativi di molte Nazioni -in particolare, quelli degli Stati membri del Commonwealth- sono costruiti sul suo modello.

I politici delle due assemblee parlamentari inglesi, la Camera dei lord (Camera alta) e la Camera dei comuni (Camera bassa) non sembrano molto interessati alle auto blu, mentre i politici italiano non possono proprio fare a meno delle auto blu. C’è forse qualche complesso represso dell’italiano medio? La prova viene pure dalla pervicacia dell’attaccamento ad ogni forma di privilegio dei politici italiani, fino all’auto blu.

Ha suscitato molta indignazione un breve viaggetto di un ministro donna, è andata in un negozio con ben quattro auto di scorta e numerosi poliziotti al seguito, solo perché la sua riforma era stata contestata dagli operai. Oppure, una parlamentare ex ministro, andava sempre ai centri commerciali con due auto di scorta e i suoi carrelli li trainavano i poliziotti della scorta. E se qualcuno avesse voluto compiere un attentato a lei? Per quale motivo tutte queste auto e molti poliziotti come scorta dei politici italiani?

Hanno paura di qualcosa? Non sono stati capaci di aiutare gli italiani e temono reazioni da parte dei più poveri e dei disoccupati? Allora, andassero a lavorare dietro una scrivania o in una fabbrica, perché se occupi un posto in Parlamento e non ti assumi le responsabilità non sei sincero.

Andiamo a leggere cosa ha fatto l’uomo che è conosciuto in Francia come incompetente, perché in passato non aveva mai ricoperto incarichi istituzionali, Hollande, oggi presidente francese. «In 56 giorni di governo: ha abolito il 100% delle auto blu e le ha messe all'asta; il ricavato va al fondo welfare da distribuire alle regioni con il più alto numero di centri urbani con periferie dissestate. Ha fatto inviare un documento (dodici righe) a tutti gli enti statali dipendenti dall'amministrazione centrale in cui comunicava l'abolizione delle “vetture aziendali” sfidando e insultando provocatoriamente gli alti funzionari, con frasi del tipo “un dirigente che guadagna 650.000 euro all'anno, se non può permettersi il lusso di acquistare una bella vettura con il proprio guadagno meritato, vuol dire che è troppo avaro, o è stupido, o è disonesto. La nazione non ha bisogno di nessuna di queste tre figure”».

Questa frase che ho evidenziato tutti i telegiornali italiani dovrebbero ripeterla per diversi giorni, forse penetrerebbe all’interno di tanti cuori induriti peggio del granito. E su questo ci sono poche speranze. Però, la domanda che continuiamo a ripeterci non trova risposta, o meglio, conosciamo la risposta ma non troverà mai una soluzione.

Perché Monti ha tartassato tutti tranne i parlamentari? Perché non toglie tutte le auto blu? Perché non riduce a 100mila euro lo stipendio dei presidenti degli enti statali, invece di lasciar prendere anche oltre 1 milione di euro l’anno?

Indirettamente Hollande ha detto a tutti i politici italiani che sono o avari o stupidi o disonesti! E questi vogliono salvare l’Italia?

La parabola del seminatore di oggi ci dice che Gesù ha seminato la sua Parola un po’ ovunque, ma nel 99% dei casi non ha trovato terreno buono e non germoglia. I rappresentanti dello Stato non credono alla Parola di Dio, non se ne curano e seguono una direzione opposta al Bene. Se in questi giorni la situazione italiana è peggiorata, cosa avverrà nei prossimi mesi?

Noi che accogliamo fedelmente la Parola di Gesù siamo benedetti e fortunati, solo questa Parola ci restituisce la speranza di un futuro migliore, ma dobbiamo continuare a fidarci di Lui.

Non è l’agitazione la soluzione dei mali, è la Fede praticata in ogni circostanza della vita a darci la certezza che Gesù non ci abbandonerà nelle mani dei suoi nemici e trionferà su quanti perseguono progetti settari.

Liberiamo il cuore dalle preoccupazioni e dai cattivi vizi, accogliamo e viviamo la Parola di Dio per superare prove e sofferenze!

- Fonte: newsletter@gesuemaria.it - Padre Giulio Maria Scozzaro -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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