TARTARUGHE

...tutto ciò che ha a che fare con le tartarughe...

 
 

NOTA

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Non sono un veterinario e questo è un Blog Amatoriale, pertanto, malgrado la cura posta nella raccolta del materiale, non posso assumermi la responsabilità totale delle informazioni riportate. In caso di seri problemi riguardanti la salute delle tartarughe, consiglio sempre e comunque di rivolgersi a persone qualificate e competenti.
Inoltre, molto del materiale presente è frutto di ricerche sul web, pertanto esiste la possibilità che nel blog siano state pubblicate foto o testi senza il consenso dell'autore o proprietario del diritto.
Se questo dovesse avvenire, vi chiedo gentilmente di contattarmi e in breve tempo verrà rimosso tutto il materiale non autorizzato.
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25-DAMIAN DE VRIES
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110-  MARIBEL CANTOS

 

 

IL BRANCO

immagine5 Testudo Hermanni :
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immagine5 Trachemys Scripta :
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LE MIE BELVE

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Messaggi di Aprile 2006

COME "TENERLE IN BRACCIO"

Post n°104 pubblicato il 15 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

I soggetti di piccole dimensioni non presentano particolari difficoltà per il contenimento, e possono essere afferrati a livello di corazza e piastrone (come un panino). Invece le tartarughe di grandi dimensioni richiedono qualche precauzione, in quanto sono molto forti e possono infliggere morsi e graffi dolorosi. La presa più sicura consiste nell’afferrarle per il bordo posteriore del carapace, con le dita nella fossa inguinale. Alcuni individui sono particolarmente docili, e si lasciano manipolare senza manifestare atteggiamenti aggressivi. In ogni caso occorre avere cura di non lasciare cadere l’animale, il che può causare fratture degli arti o della corazza.

 
 
 

Post N° 103

Post n°103 pubblicato il 14 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

CHELYDRA SERPENTINA

 
 
 

Post N° 102

Post n°102 pubblicato il 13 Aprile 2006 da G_ietta
 

forse andrò un pò "fuori tema", per una volta non parlo SOLO di testuggini:

http://www.novivisezione.org/mostra/pan12_en.htm

è qualcosa di atroce

 
 
 

DA RICORDARE

Post n°101 pubblicato il 13 Aprile 2006 da G_ietta
 
Tag: LETARGO
Foto di G_ietta

- Molto spesso le tartarughe giovani (1-2 anni) non necessitano un letargo, anche se è stato dimostrato che il letargo regolarizza le funzioni vitali, assicurando un ottimo funzionamento metabolico ed una crescita ottima.
- Se una tartaruga non desidera andare in letargo e rimane completamente attiva, non forzarla.
- Alcune tartarughe acquatiche invece di cadere in letargo, entrano in un periodo di riposo più o meno completo, caratterizzato    da assenza di movimenti e rifiuto dell’alimento offerto; in questo caso sarà necessario ridurre il riscaldamento e l’illuminazione del terrario fino a che gli animali non abbiano ripreso la normale attività.

- Le specie acquatiche tropicali rimangono attive tutto l’anno e si nutrono normalmente, purché la temperatura non si abbassi.
-Tutte le tartarughe terrestri provenienti da regioni geografiche in cui la differenza tra le temperature stagionali è notevole, vanno in letargo; le specie tropicali rimangono attive tutto l’anno, per cui si dovrà garantire loro un sufficiente calore in inverno.
- Anche se esistono diverse specie di tartarughe che sopportano temperature anche diversi gradi sotto lo zero, in inverno è consigliabile tenerle a temperature non inferiori a 5° C.
- Le tartarughe malate o in stato debilitante non devono assolutamente essere indotte al letargo, potrebbe essere fatale per loro.



 
 
 

280 MILIONI DI ANNI...

Post n°100 pubblicato il 12 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

La filogenesi (cioè lo studio della storia evolutiva) delle tartarughe è indispensabile per tentare di comprendere il successo biologico nel corso di milioni di anni. E' straordinario indagare il passato e le testimonianze fossili per tentare di risolvere uno dei più grandi misteri della storia biologica della Terra, l'estinzione avvenuta quasi contemporaneamente 65 milioni di anni fa (alla fine del
Mesozoico), di tantissimi ordini di rettili (tra cui i giganteschi dinosauri). Le tartarughe sembrano aver superato indenni quel cataclisma, conservando per di più caratteristiche anatomiche e biologiche primordiali. In effetti, l'ordine dei Cheloni è uno dei più antichi tra i rettili: le prime forme fossili che vi si possono includere risalgono al Permiano, e cioè a 280 milioni di anni fa.
I primi rettili comparvero nell'Era Paleozoica, probabilmente nel Carbonifero (345 milioni di anni fa), da un gruppo di anfibi primitivi già completamente affrancati dall'elemento liquido; questi esseri avevano un corpo tozzo con una robusta ossatura (il cranio era composto da poche ossa massicce e senza apertura) e si muovevano come le attuali salamandre, ondeggiando col corpo e con la coda e strisciando parzialmente con l'addome. Gli scienziati li hanno chiamati rettili Seymourioidi e raggruppati nei Cotilosauri. Da essi, anche se i passaggi intermedi sono dovuti più alla fantasia degli studiosi che ai ritrovamenti fossili, si andarono differenziando la altre linee evolutive di rettili, e soprattutto quella che porterà alle tartarughe.Un piccolo gruppo di cotilosauri, infatti, caratterizzato da piccole dimensioni (si estinse nel Triassico e cioè 225 milioni di anni fa), possedeva già un dorso "indurito" da numerosi noduli ossei nella pelle, mentre il torace era protetto da un allargamento e un appiattimento di tutte le ossa del cinto scapolare e dello sterno.
Le prime testimonianze fossili di questi discussi progenitori dei cheloni (le ossa ritrovate sono incomplete e non provano affatto che questi esseri siano il primo possibile gradino evolutivo delle tartarughe), provengono dal Sud Africa e gli scienziati li hanno chiamati Eunotosauri africani.I primi veri fossili (200 milioni di anni fa) di un gruppo progenitore degli attuali cheloni furono rinvenuti in rocce del Triassico superiore in Germania; si tratta dei resti di alcuni esseri con la disposizione delle lamine ossee sul carapace e sul piastrone simile alla conformazione anatomica delle attuali tartarughe marine e dei Dermatemidi.I Triassochelidi, come furono denominati, avevano però una caratteristica unica (che ricorda le origini cotilosauriane), cioè la presenza sul palato di piccoli denti. Di abitudini primitive terrestri, queste tartarughe si evolsero in una moltitudine di forme sia acquatiche sia palustri: tutte sono raggruppate nel sottordine Amphichelydia, estinto in tempi recenti (nel Pleistocene), ma dal quale si originarono gli odierni Criptodiri e Pleurodiri. Quest'ultimo è il sottordine più primitivo dei cheloni attuali, senz'altro staccatosi dagli amphichelidi in una fase iniziale della loro evoluzione. Raggruppa le tartarughe che svilupparono un collo retrattile secondo un piano di rotazione laterale (ed altre peculiarità anatomiche, come la fusione delle pelvi al "guscio"). Delle due famiglie conosciute (entrambe con rappresentanti viventi), i Pelomedusidi hanno resti fossili già nel Giurassico (circa 136 milioni di anni fa) rinvenuti in Inghilterra, Africa e Stati Uniti, mentre i Chelidi (con un lunghissimo collo e specializzati nella caccia ai pesci) si ritrovano fossili alla fine del Cretaceo in Europa e Nord Africa. Anche i Criptodiri si differenziarono precocemente dagli amphichelidi (le forme più primitive, molto vicine all'odierna Dermatemys mawii, erano semiacquatiche) e evolsero il più efficiente metodo di retrazione verticale del collo. Dalle forme vicine ai dermatemidi derivarono gli Emididi e i Testudini, sicuramente le famiglie di maggior successo evolutivo tra tutti i cheloni. Tra le altre famiglie di Criptodiri, hanno avuto in un certo senso storia evolutiva a parte i Chelonidi ed i Dermochelidi, gruppi che dopo un'origine terrestre si adattarono ad una vita prevalentemente marina od oceanica, con profonde modifiche anatomiche e biologiche e il mantenimento di caratteristiche primordiali (come l'incapacità di retrarre il capo). Allo stato fossile si conosce una terza famiglia di tartarughe marine, i Protostegidi, ben rappresentata nel Cretaceo, ma estinta nell'Oligocene. Vi appartenevano esseri di grande taglia, abili nuotatori (come indicano le grandi zampe a paletta e il guscio molto ridotto e senza lamine ossee); al genere Archelon si ascrive il gigante tra tutte le tartarughe mai esistite: era lungo più di tre metri e mezzo e pesava sicuramente più di due tonnellate.
Passata in rassegna a grandi linee la filogenesi dei cheloni, non risulta ancora chiaro il perché del loro successo evolutivo e, soprattutto perché essi per più di 150 milioni di anni siano rimasti relativamente immutati. Sicuramente molto di questo successo è dovuto all'acquisizione del caratteristico guscio, presente fin dai primordi della loro evoluzione, anche se in parte modificato nelle
famiglie attuali. Con questa protezione essi potevano resistere agli attacchi degli innumerevoli predatori nei loro ambienti: difatti le specie attuali più aggressive sono anche quelle con un guscio più ridotto e le zampe più "attrezzate" per la fuga o l'attacco. Segni di questa utilissima difesa passiva sono stati anche l'evoluzione, a più vie, di un capo retrattile nel guscio e di un piastrone mobile "a cerniera" per ritirarvisi completamente. Nei gruppi attrezzati per difendersi attivamente, invece, le fauci sono robuste armature di una tagliente lamina cornea e il capo e spesso protetto da larghe scaglie. La scomparsa dei denti è stata una scelta opportunistica motivata da una dieta inizialmente onnivora (un becco corneo era sufficiente per tagliare le erbe e le foglie di cui prevalentemente si nutrivano, e anche per dilaniare le prede occasionali o le carogne in cui si imbattevano). Questa mancanza di specializzazione nella dieta permise loro di espandersi in tutti gli ambienti disponibili adattandosi ai diversi climi; ciò permise alla maggior parte delle famiglie di superare le drammatiche conseguenze climatiche e ambientali derivate dal frazionamento negli attuali continenti dell'unica originaria piattaforma continentale (Pangea).
I primi cheloni erano sicuramente terrestri, poi via via prevalsero le forme palustri e semiacquatiche; quelle che acquisirono una vita prevalentemente o completamente acquatica assottigliarono il guscio, per rendere il corpo più leggero e quindi più facile la fuga, e ripresero caratteristiche primitive come il capo non retrattile. Forse non sono solo queste le scelte biologiche che hanno aiutato le tartarughe a giungere fino a noi; altre caratteristiche vi hanno senz'altro contribuito; purtroppo tutte non basteranno a salvarle da quello che è il peggiore cataclisma che stanno affrontando: la coesistenza con l'uomo.

 
 
 

PRINCIPI NUTRIZIONALI

Post n°99 pubblicato il 12 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

PROTEINE
I granuli per tartarughe: tutti gli alimenti (vegetali, carne…) contengono alimenti nutritivi essenziali, ma alcuni ne contengono in quantità troppo elevate. Gli alimenti che si trovano sul mercato si dicono adatti a tutti i tipi di tartarughe, ma questo è FALSO! Ogni specie ha dei bisogni nutritivi diversi. In più, questi alimenti hanno un forte contenuto proteico essendo spesso a base di pesce.
Anche se la vostra tartaruga mangia, ciò non significa che sia l’alimento a lei più adatto, anche se ne è attratta e lo preferiscie sopra ogni altra cosa.
Questi cibi sono iperproteici e contengono troppo ammonio (all’interno degli acidi amminici) anche se il resto è assimilabile. Gran parte dell’azoto viene assimilato dalle tartarughe sotto forma di acido urico, al fine di evitare la perdita d’acqua. Se l’alimento è troppo proteico, il surplus di azoto forma dei cristalli di urati; allora i reni non lavorano più correttamenteprovocando nella tartaruga delle malformazioni. Inoltre,i reni perderanno a poco a poco la loro funzione a causa della presenza dei cristalli che ostruiranno sempre di più i reni.
Un rene di una tartaruga sana è molto piccolo, infatti la fisiologia delle tartarughe è molto debole.
I sintomi per un problema ai reni sono: attività leggermente diminuita ma il resto rimane nella norma (nutrizione, riproduzione ecc.). Una volta che il rene è completamente ostruito dai cristalli, questi vanno nel sangue, negli arti…alla fine tutti gli organi sono infetti. Da questo momento la malattia è ben visibile a partire dall’articolazione della mandibola: i cristalli bloccano l’articolazione e la tartaruga non può aprire bene la bocca. Non potrà quindi più nutrirsi e questo causerà la sua morte.
Talvolta questa malattia è visibile anche dalla presenza di un liquido biancastro che esce dagli arti e da altre parti del corpo.

GLUCIDI
L’energia contenuta nel cibo è sotto forma di zuccheri. Gli alimenti che ne contengono di più sono il pane, i cereali…Se il cibo che si fornisce alle nostre tartarughe contiene troppa energia, l’animale prima di tutto crescerà più in fretta e poi andrà a formare molto grasso e alla fine delle bolle di grasso si accumuleranno un po’ dappertutto (soprattutto nel fegato). Queste bolle di grasso (che sono il risultato di un surplus energetico di cui le tartarughe non hanno bisogno, sono dunque delle riserve di energia) andranno quindi ad invadere il fegato fino a renderlo completamente invaso dal grasso. Da questo momento la tartaruga non mostrerà nessun interesse e sembrerà in piena forma continuando a nutrirsi e restando grassa.
Inoltre, se l’animale si trova in un ambiente dove la temperatura si aggira sugli 8-15 gradi C, il corpo continua a funzionare e questo surplusandrà a metabolizzarsi sotto forma di prodotti intermediari che sono tossici per l’organismo.
Per questo motivo, in cattività, bisogna fornire alle tartarughe una fase nutrizionale che sia debole in energia.
Talvolta il grasso si accumula anche nei tessuti cardiaci.
La migliore alimentazione per le nostre tartarughe terrestri consiste quindi solamente in piante naturali e soprattutto non in prodotti per ingrassare!!!
NOTE
Le malformazioni frequenti del carapace sono dovute a una carenza nutrizionale.
In natura, il cibo delle tartarughe è molto spesso secco e questo permette loro di limare il becco; da noi invece trovano quasi esclusivamente del cibo fresco, verde e tenero, la qual cosa provoca un becco da pappagallo. Se la parte cornea di un becco “da pappagallo” si rompe, la sua ablazione rischia di dare origine ad alcuni problemi. Effettivamente, se lo si taglia, esso spinge contro all’osso e può provocare delle infezioni.

PARASSITI
Sono del tutto normali negli animali, ma talvolta possono essere troppi.
I parassiti più frequenti nelle tartarughe sono i Cestodi.
Gli Ossiuri sono invece del tutto normali nel colon discendente (alla fine dell’intestino); i Flagellati sono anche normali.
Un sovraffollamento è mortale per quasi tutte le specie tropicali.
Con un’autopsia si può vedere questo surplus di parassiti a livello dell’intestino che diventa troppo grosso ed ha delle piccole ferite: è quindi molto rosso.
L’impiego sistematico degli antibiotici nelle tartarughe, permette la selezione di parasiti resistenti: se un parassita ha subito una mutazione (frequente in alcune specie) che lo rende resistente agli antibiotici, allorché si somministra un antibiotico ad una tartaruga, tutti i parassiti “normali” muoiono ma i resistenti continuano a vivere e a riprodursi. Per cui si favorisce così il prolificare degli individui che si vorrebbero eliminare!
Bisogna notare che la flora batteriologica è indispensabile poiché fornisce delle vitamine essenziali per la tartaruga, come la B2…
Una tartaruga che mangia regolarmente piccoli sassolini è una tartaruga malata; infatti non sono dei polli, la loro bocca e il loro stomaco tritano perfettamente gli alimenti.

CALCIO
Le preparazioni multi vitaminiche con molto Calcio provocano una crescita a piramide della corazza. Il problema di questo genere di malformazioni è che il carapace comprime tutti gli organi.
La cosa diventa ancora più grave allorché una femmina con questo problema ha delle uova, i suoi polmoni sono allora completamente schiacciati e può morire a causa di questo.
Il migliore integratore per gli elementi naturali è l’osso di seppia, ma anche dei gusci di uova bollite o delle lumache…

VITAMINE
La vitamina D3 prende il Calcio e lo trasporta nel sangue in modo da equilibrare la pressione osmotica.
Se c’è una carenza di vitamina D3, questo provoca del rachitismo: il Calcio non viene più trasportato in tutto il corpo al fine di sostituire l’ossatura esistente. L’irrigidirsi dell’osso diminuisce a poco a poco e porta a una crescita esagerata del carapace; il carapace diventa quindi tutto molle.
I cibi ricchi in minerali o farmacologici (multi vitaminici) non sono necessari poiché la tartaruga trova tutte le vitamine necessarie negli alimenti e ne fabbrica parte di esse attraverso questi alimenti. Ad esempio fabbrica la vitamina D3, nelle concentrazioni che le sono utili.
Le carenze di vitamina A provocano un rigonfiamento del collo, ma anche degli occhi. Questo lo si nota soprattutto nelle tartarughe acquatiche.
Se si danno ad una tartaruga troppe carote, questa con l’andare del tempo diventa cieca.
Il naso che cola è spesso sintomo di carenza di vitamina A.
Essa è essenziale per i tessuti in quanto permette a tutti i liquidi di restare nel corpo trattenendoli nei tessuti. Senza vitamine il liquido si riassorbe. I sintomi sono perdita di tonicità della pelle, molto simile a una ritenzione idrica. Da questo momento la tartaruga non ha più nessuna protezione contro i batteri e altri agenti patogeni.
Il problema grosso con le vitamine è il dosaggio poiché una carenza o un surplus sono nefasti per la salute delle tartarughe.
Bisogna quindi fornire loro un’alimentazione più naturale possibile in quanto contiene tutti questi elementi nella giusta proporzione.

IODIO
Le carenze in iodio sono visibili dalla formazione di un gozzo (aumento del volume della ghiandola tiroidea), specie nelle Testudo Kleinmanni.
Per rimediare basta aggiungere un po’ di iodio nell’acqua. Non dimentichiamoci che anche nel Sahara l’umidità è forte e quindi è possibile trovare dell’acqua all’alba e al tramonto.
Bisogna dunque sempre lasciare a loro disposizione una ciotola con dell’acqua affinché possano dissetarsi, anche se la specie in questione è desertica.
NOTE
Le tartarughe trovano il 5% delle proteine nella loro alimentazione naturale e quindi i granuli per tartarughe sono inutili.
Se una tartaruga soffre di diarrea, bisogna darle da mangiare dei crauti in modo da farle ristabilire la flora intestinale.E’ utile far digiunare le tartarughe 1 volta alla settimana poiché la nostra erba è troppo ricca. Questo le obbliga a nutrirsi di erba secca, che è eccellente per il loro becco.



 
 
 

ALIMENTAZIONE CORRETTA(espansione)

Post n°98 pubblicato il 12 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

Alimentazione di base quotidiana
Tarassaco - Trifoglio - Piantaggine

Due - tre volte la settimana
Insalata riccia - Cicoria - Crescione - Spinaci - Fragole - Lamponi - Foglie di broccoli - Prezzemolo

Raramente
Banana - Carota - Cocomero - Zucchina - Lattuga - Melone - Pera - Mela - Uva - Pomodoro - Lombrichi - Chiocciole - Lumache 

Coloro i quali forniscono alle tartarughe soltanto pomodoro, banane ecc. sbagliano in quanto provocano dei danni nella tartaruga che sono visibili a distanza di anni, quali bolle di grasso, carapace molle, malformazioni del carapace ecc. Senza una corretta alimentazione la tartaruga va incontro alla morte in poco tempo. Gli stessi problemi di salute vengono causati dalle proteine animali e quindi da chi nutre le tartarughe con carne in scatola per gatti, ad esempio.

 
 
 

NASCITA ED ALLEVAMENTO DEI PICCOLI

Post n°97 pubblicato il 12 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

Come tutti sanno, le tartarughe terrestri europee non ritrovano in cattività le stesse condizioni climatiche di quelle che troverebbero in natura. Se le riproduzioni in cattività sono frequenti, molti piccoli muoiono per mancanza di cure adeguate. Altri a causa di malformazioni come la crescita a piramide della corazza, provocata da un allevamento sbagliato. Questa piccola sezione vuole aiutarvi a limitare al massimo le perdite durante il vostro allevamento e favorire la crescita dei giovani in cattività.
Per allevare circa 10 neonati è sufficiente un terrario ricavato all’interno di un acquario di circa 30 l.
Come fondo si può utilizzare della terra mista a un po’ di sabbia per una profondità di circa 5 cm. Si pone poi in un angolo un piccolo rifugio dove i piccoli possano trovare riparo e dormire. Bisogna tenere il terriccio abbastanza umido ma non troppo. L’illuminazione è indispensabile attraverso l’uso di una normale lampadina da 60W che si può fissare sulla parete alta dell’acquaio e con l’ausilio di un neon per rettili, indispensabile per la sintesi delle vitamine.
Allorché il sacco vitellino dei piccoli è riassorbito, questi possono essere riposti all’interno dell’acquario sopra descritto. La durata dell’illuminazione va regolata in funzione delle condizioni esterne. Dalla loro nascita si consiglia di tenere le luci accese per circa 12 ore al giorno, verso metà dicembre si diminuisce fino a raggiungere circa 5-6 ore al giorno ad inizio aprile.
Da questo momento in poi i piccoli possono essere messi in un recinto all’esterno durante il giorno e all’interno durante la notte. Da fine maggio si possono lasciare tranquillamente all’esterno anche di notte.
Verso fine settembre i piccoli devono essere nuovamente riposti nel terrario per non farli andare in letargo affinché possano diventare più forti e siano quindi meno vulnerabili grazie ad una dimensione maggiore.
Nel secondo inverno si possono allevare allo stesso modo ma da metà dicembre a metà gennaio si consiglia di dimezzare le ore di illuminazione, di non dare più loro da mangiare e di riporre l’acquario in una angolo della casa più fresco. Queste condizioni permettono alle tartarughe di andare in un semi-letargo e di controllare il loro stato di salute durante questa fase.
Durante il terzo letargo questo periodo di semi-ibernazione va fatto per solo 2 settimane, poi è meglio mettere i giovani in una cantina fredda o in un frigorifero per il primo letargo, ad una temperature che non scenda mai al di sotto dei 3-5 gradi e non superi i 10. Questo letargo va fatto per 1 mese e poi invece si raccomanda un altro periodo di 2 settimane di semi-letargo ed alla fine vanno di nuovo messi in terrario.
A partire dall’anno seguente possono restare tutto l’anno in giardino e trascorrere anche il letargo all’esterno nelle stesse condizioni degli adulti
.

 
 
 

Post N° 96

Post n°96 pubblicato il 11 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

TESTUDO MARGINATA

 
 
 

Post N° 95

Post n°95 pubblicato il 11 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

TESTUDO GRAECA

 
 
 

Post N° 94

Post n°94 pubblicato il 11 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

EMYS ORBICULARIS

 
 
 

Post N° 93

Post n°93 pubblicato il 11 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

TESTUDO HERMANNI

 
 
 

Post N° 92

Post n°92 pubblicato il 10 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

 A differenza dei loro antichi progenitori, le moderne tartarughe palustri sono rettili evoluti, anche mantenendo caratteristiche anatomiche antiche. Per quanto possa sembrare spiritoso, le tartarughe sono molto simili agli alligatori e ai coccodrilli. Come loro si scaldano presso le rive dei fiumi per poi tuffarsi quando arriva il momento di cacciare, in fondo appartengono tutti e due alla famiglia dei rettili. Quando si originarono, 220 milioni di anni fa, erano molto diverse da come ci appaiono ora, anche se in comune avevano un becco corneo e una copertura ossea sulla schiena. Somigliavano molto alla tartaruga alligatore ( Macroclemmys ) e all' azzannatrice ( Chelydra ). Questi animali non ritraevano il capo e gli arti nella corazza, tuttavia la loro falange era sufficiente per scoraggiare eventuali antipatici predatori.

 
 
 

COME COSTRUIRE UN LAGHETTO

Post n°91 pubblicato il 10 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

La cosa migliore è mettere sul fondo un telone; la profondità deve essere compresa tra 0,75 e 1,05 m (ma ovviamente dipende dal numero e dalla grandezza delle specie che deve contenere).
Il sistema di filtraggio è quello che si utilizza negli acquaterrari, ma potete anche decidere per l’ecosistema, solamente che ci vorrà del tempo prima che l’ambiente sia adatto ad ospitare delle tartarughe.
Potete poi aggiungere dei vegetali come la yucca, lo juncus ensifolius o dei giacinti d’acqua o delle ninfee.Il laghetto deve essere poi recintato da un muretto alto almeno due volte l’altezza della tartaruga ed è anche necessario includere al suo interno una zona emersa dove le tartarughe possano prendere il sole.

 
 
 

Post N° 90

Post n°90 pubblicato il 08 Aprile 2006 da G_ietta
 
Foto di G_ietta

In caso d'acquisto:

  • Mettete in quarantena (1 mese) l’animale per isolarlo dalla popolazione esistente
  • Esaminate la vostra tartaruga: dinamismo, comportamento quotidiano, appetito, scolo nasale o oculare, presenza di zecche sugli arti, micosi sulla pelle…
  • Pesate la tartaruga
  • Fatele fare un bagno in acqua tiepida per idratarla e favorirne la defecazione
  • Esaminate le feci (consistenza, diarrea, presenza di vermi…)
  • Controllate il carapace (molle? setticemia?)
  • Si consiglia di effettuare un trattamento antiparassitario preventivo durante la quarantena

    Bilancio della quarantena:

  • Se la condizione sanitaria è soddisfacente la tartaruga, dopo essere stata pesata, può essere messa a contatto con i suoi simili
  • Osservate il comportamento della tartaruga nel suo nuovo ambiente e nei confronti delle altre (aggressività, predominio, isolamento…)

    Da evitare:

  • La sovrappopolazione e la mescolanza tra specie diverse (trasmissione di batteri, di virus da portatori ritenuti sani)
  • Sovrappopolazione = stress = calo delle difese immunitarie
  • Sovrappopolazione = predominio tra i maschi = conflitti

    Da rispettare:

  • Una buona igiene (pulizia della lettiera sporca, escrementi…)
  • Disinfettate le ferite (Dakin, Betadine…)
  •  
     
     

    Post N° 89

    Post n°89 pubblicato il 08 Aprile 2006 da G_ietta
     

    CE Regolamento n. 1332/2005
    che modifica il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio

    Regolamento (CE) n. 1332/2005 della Commissione del 9 agosto 2005
    (G.U.C.E. 19 agosto 2005, n. L 215)
     
    LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

    visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

    visto il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (¹), in particolare l'articolo 19, paragrafo 3,

    considerando quanto segue:

    (1) Nella 13a sessione della conferenza delle parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (di seguito "Convenzione"), svoltasi a Bangkok (Thailandia) nell'ottobre 2004, sono state apportate alcune modifiche alle appendici della Convenzione.

    (2) Le specie Orcaella brevirostris, Cacatua sulphurea, Amazona finschi, Pyxis arachnoides e Chrysalidocarpus decipiens sono state trasferite dall'appendice II all'appendice I della Convenzione.

    (3) Le specie Haliaeetus leucocephalus, Cattleya trianaei e Vanda coerulea, la popolazione dello Swaziland di Ceratotherium simum simum (al fine esclusivo di permettere l'esportazione di trofei di caccia e di animali vivi verso destinazioni adeguate e accettabili), la popolazione di Cuba di Crocodylus acutus e la popolazione della Namibia di Crocodylus niloticus sono state trasferite dall'appendice I all'appendice II della Convenzione.

    (4) Le annotazioni relative agli elenchi nell'appendice II della Convenzione, delle specie Loxodonta africana (popolazioni della Namibia e del Sudafrica), Euphorbia spp., Orchidaceae, Cistanche deserticola e Taxus wallichiana sono state modificate.

    (5) Le specie Malayemis subtrijuga, Notochelys platynota, Amyda cartilaginea, Carettochelys insculpta, Chelodina mccordi, Uroplatus spp., Carcharodon carcharias (attualmente nell'appendice III), Cheilinus undulatus, Lithophaga lithophaga, Hoodia spp., Taxus chinensis, T. cuspidata, T. fuana, T. sumatrana, Aquilaria spp. (ad eccezione di A. malaccensis, già contenuta nell'appendice II), Gyrinops spp. e Gonystylus spp. (precedentemente contenuta nell'appendice III) sono state incluse nell'appendice II della Convenzione.

    (6) La specie Agapornis roseicollis è stata eliminata dall'appendice II della Convenzione.

    (7) A seguito della 13a sessione della conferenza delle parti della Convenzione, le popolazioni della Cina delle specie Chinemys megalocephala, C. nigricans, C. reevesii, Geoemyda spengleri, Mauremys iversoni, M. pritchardi, Ocadia glyhpistoma, O. philippeni, O. sinensis, Sacalia bealei, S. pseudocellata, S. quadriocellata, Palea steindachneri, Pelodiscus axenaria, P. maackii, P. parviformis, P. sinensis e Rafetus swinhoei sono state aggiunte all'appendice III della Convenzione su richiesta della Cina.

    (8) Nessuno degli Stati membri ha formulato riserve in merito a tali modifiche.

    (9) In occasione della 13a sessione della conferenza delle parti della Convenzione sono stati inoltre adottati nuovi riferimenti tassonomici; è quindi necessario rinominare e riclassificare alcune delle specie elencate nelle appendici della Convenzione.

    (10) A seguito delle modifiche apportate alle appendici I, II e III della Convenzione, è necessario modificare gli allegati A, B e C dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97.

    (11) Nonostante la specie Haliaeetus leucocephalus sia stata trasferita all'appendice II della Convenzione, l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (²), ne giustifica la permanenza nell'allegato A dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97.

    (12) Conformemente alle disposizioni dell'articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (³), Orcaella brevirostris/ figura già nell'allegato A dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97.

    (13) Le specie Arisaema jacquemontii, A. speciosum, A. triphyllum, Biaris davisii ssp. davisii, Othonna armiana, O. euphorbioides, O. lobata, Adenia fruticosa, A. spinosa, Ceraria gariepina, C. longipedunculata, C. namaquensis, C. pygmaea, C. schaeferi, Trillium catesbaei, T. cernuum, T. flexipes, T. grandiflorum, T. luteum, T. recurvatum e T. undulatum, attualmente nell'allegato D dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97, non sono importate nella Comunità in quantità tali da esigere un monitoraggio. È quindi opportuno eliminare tali specie dall'allegato D.

    (14) D'altro canto, il volume di importazione nella Comunità di Selaginella lepidophylla, attualmente non compresa negli allegati A, B, C o D dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97, è tale da esigere un monitoraggio. È quindi opportuno includere tale specie nell'allegato D dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97.

    (15) La natura degli scambi commerciali di Harpagophytum spp., attualmente compresa nell'allegato D dell'allegato del regolamento (CE) n. 338/97, è tale da esigere un monitoraggio per quanto riguarda il commercio sia di materiale vegetale morto sia di piante vive. È quindi opportuno modificare l'elenco di tale genere inserendo un'annotazione in tal senso.

    (16) Considerata l'entità delle modifiche, è opportuno, a fini di chiarezza, sostituire l'allegato del regolamento (CE) n. 338/97 nella sua totalità.

    (17) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato per il commercio della flora e della fauna selvatiche,

    HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

    Articolo 1 
    L'allegato del regolamento (CE) n. 338/97 è sostituito dal testo dell'allegato del presente regolamento.

    Articolo 2 
    Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

    Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

    Fatto a Bruxelles, il 9 agosto 2005.

     
     
     

    Post N° 88

    Post n°88 pubblicato il 08 Aprile 2006 da G_ietta
     
    Foto di G_ietta

      Trionyx sinensis     (tartaruga a guscio molle)

     
     
     

    Post N° 87

    Post n°87 pubblicato il 08 Aprile 2006 da G_ietta
     
    Foto di G_ietta

    Trachemys s elegans   (tartaruga dalle orecchie rosse)

     
     
     

    Post N° 86

    Post n°86 pubblicato il 08 Aprile 2006 da G_ietta
     
    Foto di G_ietta

    Sternotherus  odoratus  (tartaruga del muschio comune)

     
     
     

    Post N° 85

    Post n°85 pubblicato il 08 Aprile 2006 da G_ietta
     
    Foto di G_ietta

    Sternotherus minor  (tartaruga del muschio capogrosso)

     
     
     
     
     

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    CHE COS'E' LA CITES



    La CITES è la convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione
    (CITES= Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora), firmata a Washington il 3 marzo 1973 (e per questo conosciuta in Europa anche come "Convenzione di Washington") è un trattato internazionale applicato in più di 130 Paesi del Mondo. Il suo scopo è di disciplinare il commercio internazionale di specie animali e vegetali affinché questo non ne minacci la sopravvivenza.
    www.corpoforestale.it

    L'Ufficio CITES puo' fornire informazioni sulle specie protette e sulle leggi in vigore.
    La polizia giudiziaria ha il compito di vigilare sull'applicazione delle norme in vigore. Per quanto riguarda il possesso di animali esotici e animali selvatici nostrani protetti e' competente l'Ufficio CITES presso il Corpo Forestale dello Stato (tel. 026709479).
    In particolare si ricordino alcune norme che riguardano le tartarughe:
    Tartarughe di terra (genere Testudo).
    Tutte le tartarughe del genere Testudo sono protette e il loro possesso deve essere denunciato all'Ufficio CITES, cosi' come, entro 10 giorni, ogni nuova nascita e i decessi.
    Tartarughe esotiche d'acqua: la maggioranza delle specie di tartarughe d'acqua esotiche in commercio non sono protette. Per verificare con esattezza se la specie in possesso rientra in questa categoria e' possibile chiedere informazioni al'Ufficio CITES presso il
    Corpo Forestale dello Stato tel. 026709479.
    Queste tartarughe sono esotiche e non possono quindi essere rilasciate in natura a causa dei danni che provocherebbero alla fauna locale. Per questo il WWF sconsiglia l'acquisto di specie esotiche, non solo tartarughe.
    Chi non fosse piu' in grado di occuparsi della propria tartaruga puo' rivolgersi a:
    ENPA sede di Milano tel 0297064220

    Centro tartarughe CARAPAX a Massa Marittima in Toscana
    tel 0566/940083 carapax@cometanet.it

     

    SEI PRONTO AD ALLEVARE UNA TARTARUGA?


    1-DA DOVE PROVIENE?

    conoscere l'esatta provenienza dell'esemplare scelto ci farà capire meglio le sue esigenze di allevamento.
    2-CHE DIMENSIONI RAGGIUNGE?
    è importante sapere anticipatamente quanto crescerà la nostra tartaruga, in modo tale da essere certi di poterle offrire uno spazio adeguato, senza poi,come succede fin troppo spesso, doversene liberare.
    3-SERVE IL CITES?
    Prima di acquistare l'esemplare che abbiamo scelto verifichiamo se,quella specie,necessita di documentazione, e che, il negoziante o l'allevatore ce lo rilasci.
    In modo da evitare sanzioni o addirittura il sequestro dell'esemplare.
    4- COSA MANGIA?
    La dieta deve essere varia equilibrata e deve evitare i mangimi confezionati.
    Deve,per quanto possibile,racchiudere tutti i cibi che normalmente la tartaruga troverebbe  nel suo habitat naturale.Un'alimentazione errata può provocare gravi danni alla salute delle nostre Belve.
    5- A CHE TEMPERATURA/UMIDITà ecc. DEVE VIVERE?
    Molte persone si preoccupano solo di avere un esemplare "particolare", ignorando però che magari, quell'esemplare è nato in foreste tropicali, e che quindi, avrà molte difficoltà a vivere nei nostri climi, o comunque in piccoli terrari dove si "cerca" di ricreare l'habitat naturale.
    Occorre conoscere a che temperature vanno in letargo e a quali si svegliano.
    Informarsi, quindi, su tutto ciò che sono le "necessità biologiche"(passatemela!) della tartaruga.cerchiamo magari di prediligere specie autoctone.








     

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