MA CHE GOVERNO DI MERDA!!! (PARTE 1^)

Post n°17 pubblicato il 03 Novembre 2006 da STARSKY72
 
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COME IL GRANDE FRATELLO

TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

 
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LA FACCIA COME IL CULO

Post n°16 pubblicato il 24 Ottobre 2006 da STARSKY72
 
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SI!!!...HA PROPRIO LA FACCIA COME IL CULO!!!...

 
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SE I RICCHI PIANGONO I POVERI SI DISPERANO

Post n°15 pubblicato il 18 Ottobre 2006 da STARSKY72
 
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ORMAI SIAMO ALLA FOLLIA TOTALE...IN POCHI MESI LA NAZIONE E' STATA SCARAVENTATA, DA QUESTO GOVERNO,  NELL'OBLIO DI TASSE E PROVVEDIMENTI CATASTROFICI, DISTRUTTIVI E LESIONISTICI PER TUTTE LE CATEGORIE SOCIALI PRIME IN TESTA QUELLE PIU' DEBOLI...CI VOLEVANO QUESTI SIGNORI, PRODI E LA SINISTRA...LO SAPEVAMO, MA NON LO SI AMMETTEVA...SAPEVAMO SIA I METODI CHE LA CATTIVERIA...CONOSCIAMO LA SETE DI POTERE DI QUESTA GENTAGLIA...SAPEVAMO CHE L'ASSE DEL POTERE CHE DA DECENNI DOMINA L'ITALIA, DC - PCI ESISTE E RESISTE, ORA SI CHIAMA MARGHERITA - RIFONDAZIONE, MA E' LO STESSO ED IDENTICO, COME GLI STESSI INDIVIDUI...UN APPELLO ACCORATO A TUTTA L'ITALIA MANDIAMOLI A CASA ANZI...IN CINA...

 
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PRODI GRANDE BUFFONE

Post n°14 pubblicato il 09 Ottobre 2006 da STARSKY72
 
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Storia degli interessi privati e delle inchieste giudiziarie di Prodi, nuova bandiera della questione morale

di FOSCA BINCHER ed EMILIO GIOVENTÙ PRIMO

Il «Vietnam» dell’Iri, dove il «tecnico» Romano Prodi soggiornò a singhiozzo quasi un decennio. A sceglierlo per l’istituto di via Veneto furono un giornalista influente, Eugenio Scalfari, e un politico amico, Ciriaco De Mita, che fu presidente del Consiglio e segretario della potentissima dc dell’epoca. Primi sette anni all’Iri: Prodi fece 170 nomine in società controllate. Di queste 93 manager con tessera democristiana. Dei 93 ben 78 legati a doppio filo a De Mita. Un esecutore. Un lottizzatore con i fiocchi della prima repubblica. Allora comandava il pentapartito. E infatti 23 manager furono rigorosamente con tessera socialista. E 20 equamente divisi fra i partiti laici minori, il Pli, il Pri e il Psdi. Fa scandalo oggi l’accordo sulla Rai con il diessino Claudio Petruccioli? Anche Prodi fece la sua Rai dall’Iri. Cercò di bloccare, è vero, due consiglieri di amministrazione impostigli che nel lontano 1984 non gli andavano a genio: il socialista Massimo Pini e il giovanissimo rampante democristiano, Marco Follini. Non per nominare chissà quale Enzo Biagi. Puntava sui suoi famigli. Un professore che gli era molto vicino, Tiziano Treu. E un giornalista che forse oggi dice poco ai più: Roberto Bencivenga. Era il suo addetto stampa. Già, la famiglia. Il Professore poi prestato alla politica e rimastoci incollato per un decennio è solito, rivelano le cronache di regime ulivista, prendere ogni decisione riunendo la famiglia. O i famigli (amici e militanti dilunga data del prodismo). E la famiglia torna sempre in primo piano: fu la moglie Flavia Franzoni a ottenere con la sua Ase srl importanti consulenze pubbliche e private. Fu il fratello Vittorio a seguirne le orme in politica, divenendo anche presidente della Provincia di Bologna. Fu la nipote, l’ingegnere nucleare Silvia Prodi, a finire nel mirino dei giornali inglesi, Daily Telegraph in testa per avere goduto con la Itlatrend, dove lavorava nel top management, di appalti importanti in Russia da parte della Unione Europea guidata dallo zio Romano. Scandalo per nomine e inciuci, come sostengono Prodi e il suo profeta, Artuto Parisi? Allora meglio riprendere l’agenda di governo con Prodi premier e Parisi suo fido sottosegretario. Dal primo giugno 1996 al 9 ottobre 1997 il governo Prodi mise il suo timbro sulla bellezza di 1.936 nomine pubbliche. Lottizzazione selvaggia nei ministeri e nelle aziende di Stato con il ritmo invidiabile di una nomina ogni sei ore e 10 minuti. Circa 4 nominati al giorno, ed è rimasta la più grande occupazione dello Stato che un governo abbia mai fatto nella storia della Prima e della Seconda Repubblica. La Rai farcita come un panino di famigli. Da Enzo Siciliano, gradito al vice-Prodi, Walter Veltroni. A Franco Iseppi, divenuto direttore generale della Rai per sussurro di Biagi. L’ex parlamentare Ds, Stefano Rodotà, nominato garante della privacy, e suo fratello, Antonio, inviato alla guida dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Antonio Cariglia, già segretario Psdi e con Schietroma fu regista dell’approdo dei resti di quel partito nelle fila dell’Ulivo? Prodi nominò suo fratello, Nicola, alla guida della Rai di Firenze. In quei giorni in viale Mazzini infornata di figli: quelli di Tanino Scelba, di Corrado Augias, di Angelo Guglielmi e di Nerino Rossi. Tutto in famiglia, che è più morale secondo il dna del prodismo. Nella grande famiglia anche Nomisma, la società di consulenza nata e cresciuta sulle fortune di Prodi. Da

lì crebbe la sua fama di professore. Verso Nomisma arrivarono le generose attenzioni de manager amici di Prodi. E talvolta anche i guai. Come quelli derivanti dai contratti fra la società bolognese e le Ferrovie dello Stato (ricerche un po’ improbabili per 10 miliardi di vecchie lire). Ma anche e soprattutto ol caso Sme, che ha contrassegnato buona parte della esperienza giudiziaria del professore senza macchia e senza peccato. I fatti sono questi. Anno 1985. L’Iri, presieduta allora da Romano Prodi, controlla attraverso la Sme l’attività agro-alimentare. Nell’aprile di quell’anno il futuro premier sigla un’intesa con Carlo De Benedetti, allora presidente di Buitoni, secondo la quale l’Iri avrebbe ceduto l’intera sua partecipazione nella società alimentare, ovvero il 64,36% del capitale. In base a quell’accordo la Buitoni di De Benedetti ne avrebbe ricavato il 51%, il restante 13,36% sarebbe stato rilevato da Imi e Mediobanca per l’assistenza alle parti. Il condizionale è d’obbligo visto che l’operazione di lì a poco avrebbe preso ben altra direzione per l’intervento dello zampino della politica. Che cosa si dice allora? In pratica che Prodi avrebbe venduto la Sme a De Benedetti senza un bando di gara né uno stralcio di una gara d’appalto: una trattativa privata. Cosetta per modo di dire, visto che Iri avrebbe brindato a un incasso pari a 497 miliardi di lire. Apriti cielo. L’annuncio di quella sigla tra Prodi e De Benedetti irrompe sulla scena politica italiana con la forza di un terremoto. Contro l’affaire Sme tuona Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio. Il suo fiuto lo porta a sospettare un’operazione politica, oggi si direbbe un inciucio, visto che Prodi allora gravitava dalle parti della sinistra democristiana vicina a Ciriaco De Mita così come all’uomo di Nusco allora era vicino De Benedetti. Figuriamoci. Da quel momento in poi, la cronaca racconta di altre tre nuove offerte: dalla Iar (Barilla-Ferrero-Fininvest), dalla Cofima e dalla Lega delle Cooperative. Si dice che la prima cordata è ispirata proprio da Bettino Craxi per contrastare De Mita: l’allora premier avrebbe coinvolto due grossi industriali alimentari, ovvero Barilla e Ferrero; e Berlusconi, l'unico imprenditore in quel momento in Italia - almeno così sembrò - che avesse potuto vantare immediata e consistente liquidità. Su tutto decide di intervenire il ministero delle Partecipazioni Statali allora guidato da Clelio Darida che invita Prodi, quindi l’Iri, a compiere esami comparativi delle offerte giunte. L’effetto domino è innescato. Prodi e l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giuliano Amato, si affrettano a dichiarare in un comunicato congiunto che il documento firmato con Buitoni altro non è che un'intesa preliminare. Il caso finisce nelle aule di tribunale. Contro la decisione, De Benedetti avanza come un carrarmato citando l'Iri davanti al tribunale di Roma. Ma mister Buitoni non riceve la soddisfazione sperata visto che né in primo né in secondo grado il contratto di vendita viene dichiarato valido. Il caso Sme diventa un osso da spolpare anche per il giudice per eccellenza di "Mani pulite". Nel 1993, infatti, Prodi si trova faccia a faccia con Antonio Di Pietro, oggi nella sua stessa coalizione politica. Serrato il confronto tra i due in una stanza della procura milanese dove, raccontano le cronache, Prodi sfiora le lacrime temendo l'imminente arresto. Due giorni dopo, dal Quirinale si leva imperiosa la voce di Oscar Luigi Scalfaro: il Presidente della Repubblica lancia un duro monito contro i presunti abusi della carcerazione preventiva. Per due anni e più non si parla più di Prodi, Iri, Sme e di De Benedetti. Almeno fino agli anni '95 e '96, quando, come in un romanzo poliziesco, compare il teste "Omega, ovvero Stefania Ariosto, compagna di tale Vittorio Dotti. Parla, eccome se parla. Racconta la sua versione dei fatti ai magistrati e inguaia Silvio Berlusconi, Cesare Previti, Renato Squillante e Attilio Pacifico. Il teste "Omega" conquista la credibilità della pubblica accusa secondo la quale gli "incriminati" allora avrebbero concorso per aggiustare la sentenza del tribunale civile di Roma che annullò l'accordo tra l'Iri e De Benedetti. Come è andata a finire? Berlusconi e Prodi nemici

in politica entrambi alla guida del Paese. Ma Prodi si lascia alle spalle un altro capitolo sul quale in molti ancora chiedono di tenere accesi i riflettori, e non soltanto quelli del confronto politico. Siamo nel 1993. L'Iri decide per la scissione parziale della Sme in due nuove società: la Italgel e la Ced. Il 25 febbraio di quell'anno il Cda dell'Iri approva la cessione con procedura d'asta pubblica. Il 26 luglio la Fisvi formalizza l'offerta legittima per l'acqusito di Ced per 130 miliardi. Il 29 luglio il Cda Iri dichiara l'unica offerta Fisvi incompleta e avvia una trattativa privata con tutti gli offerenti. Partono lettere agli indirizzi tra gli altri di Parmalat, Cragnotti, Eridania e Unilever. Il 7 ottobre il Cda Iri dice sì a Fisvi e dà mandato a Prodi di firmare il contratto da 310 miliardi di lire. Il contratto viene giudicato dai periti nominati successivamente dal tribunale che indagò sulla faccenda "sensibilmente rischioso a causa della quasi totale assenza di garanzie rilasciate dall'acquirente al momento della stipula". Si noti bene che nella faccenda accanto a Cirio-Bertolli-De Rica spunta Unilever della quale, i bene informati, ricordano che Prodi è stato consulente. Ma Prodi compare anche nella saga dei Tanzi, ovvero l'affare Parmalat. Nell'inchiesta sui finanziamenti di Tanzi ai politici, infatti, un capitolo è dedicato proprio al professore di Bologna, all'epoca presidente della Commissione europea. Il 27 gennaio 2004, Calisto Tanzi dice di avere effettuato due versamenti da 150 milioni ciascuno a Gianni Pecci, fedelissimo di Prodi al punto da essere l'ispiratore del pullman elettorale. I versamenti sarebbero stati effettuati da Piergiovanni Tanzi, segretario del re del latte per le politiche del '96 e nel 2003. Prodi, faccia a faccia con Vito Zincani, procuratore reggente di Parma, nella procura di Bologna ridimensiona e smentisce tutto in due pagine e mezzo di verbale nel quale dice che con Pecci non ha da tempo più rapporti, afferma di avere avuto sì due finanziamenti, ma di 5 e 4 milioni di lire per il pullman elettorale versati all'associazione "L'Italia che vogliamo" e poi transitati nell'associazione "I democratici", e che le somme erano regolari in quanto sotto i limiti della legge sul sovvenzionamento ai partiti. Prodi ammette di conoscere Tanzi visto che è stato ministro dell'Industria dal 1978 al 1979, presidente Iri dal 1982 al 1989 e dal 1994 al 1995, presidente del Consiglio dal 1996 al 1998 e presidente del comitato scientifico di Nomisma. Quindi i suoi sono stati rapporti di lavoro. E dice al magistrato di non ricordare un presunto passaggio sull'aereo di Tanzi da Roma a Bologna con D'Alema. La versione dei fatti fornita da Prodi viene anche confermata dallo stesso Pecci. A tutto ciò bisogna aggiungere un altro paio di questioni "morali". Prodi intasca 13.750 euro ovvero 27 milioni di care e vecchie lire, come eredità di quando era europresidente. Cioè, a Prodi fino al 2007 viene garantito il 55% dello stipendio in quanto ex capo della commissione europea grazie a una legge aggiornata dal Consiglio Ue nel 2004. E in qualità di candidato premier, riceve dalle casse della sua coalizione un milione di euro l'anno.

 
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GLI AMANTI

Post n°13 pubblicato il 26 Maggio 2006 da STARSKY72
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Chi sono costoro? Vittime o carnefici? Angeli o diavoli? Un uomo e una donna che si sfidano, si scrutano, lasciano cadere ogni inibizione, iniziano un lento e sensuale gioco, una ricerca, di ciò che non hanno...per loro non basta quello che non può più essere, loro hanno bisogno di sentirsi vivi...lo sguardo di lui penetra gli occhi di lei, che inizia una danza fra il dire ed il fare...rinnegare se stessi, per godere istanti di passione? In pochi attimi la verità decisa a venir fuori, perchè hai sempre aspettato e lasciato che le cose andassero e tu lì, umile spettatrice di una vita che non ti appartiene, di cui hai paura e in cui ti rifugi...Nel loro mondo la regola è la passione e il diritto è l'emozione...Via l'ipocrisia! Non centra lì...Non si tirano indietro, almeno per una volta... 

 
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