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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 08/03/2017

Sabrina

Post n°2079 pubblicato il 08 Marzo 2017 da namy0000
 

2017, Avvenire Viviana Daloiso martedì 7 marzo. “Non s’era arresa mai, Sabrina. Nemmeno quando qualche anno fa la tetraparesi che la tormentava dalla nascita aveva finito col toglierle persino la possibilità di camminare da sola. La carrozzina era diventata indispensabile per ogni spostamento, ma Sabrina era più forte. Della carrozzina e della tetraparesi. Anzi, a dirla tutta, la battaglia era persa in partenza: vinceva lei, sempre. Col suo sorriso travolgente, la sua voglia di fare, di partire, di organizzare, di lavorare, di dipingere. Di vivere. Sui giornali, anche il nostro, Sabrina è «la disabile uccisa dal padre a Firenze» sabato scorso. Il padre ha sparato a lei, alla moglie, e poi s'è tolto la vita. Troppo difficile, secondo lui, prendersene cura, troppo angoscioso pensare che prima o poi sarebbe rimasta da sola, «non ce la facciamo più» ha tagliato corto l’uomo, su un biglietto scritto prima di compiere la strage. Ieri a prendere carta e penna hanno pensato gli amici di Sabrina. Che ad Avvenire hanno deciso di raccontare la storia di una donna speciale. Una donna capace di cambiare, col suo coraggio, la vita delle persone che la circondavano e di un intero quartiere. Oggi in lutto.

Lavorava, Sabrina. I genitori non volevano, le avevano detto che no, non era proprio il caso. Ma lei non sopportava d'essere la sua disabilità: «La mia malattia è una cosa, io sono un'altra» ripeteva alla sua migliore amica, Silvia. Così s'era iscritta a un concorso pubblico e l'aveva vinto: impiegata al Quartiere 5 (una delle circoscrizioni del Comune di Firenze). La mattina venivano a prenderla presto, quelli dei servizi sociali: sorriso per tutti, il vestito curato, un filo di trucco. Sabrina, 44 anni, faceva la rassegna stampa per il presidente, poi trascriveva atti e documenti sul pc (che usava alla velocità della luce), ancora passava le scartoffie, gestiva la segreteria, aiutava i colleghi. Con lo stipendio si manteneva, e copriva le spese dei genitori anziani: Guerrando, 84 anni, e Gina, 82. Il resto - l'aiuto economico appena poteva, ma soprattutto l'impegno e la passione - era per gli amici: al Laboratorio di pittura della Comunità di Sant'Egidio, all'Unitalsi, alla cooperativa Barberi, in parrocchia e alla casa del popolo. Del Laboratorio, in particolare, Sabrina era l’anima e la forza motrice. Sempre propositiva, sempre presente. Quello era lo spazio dell’incontro con gli altri – i disabili, i volontari, i semplici appassionati di pittura –, del dibattito, della creatività, della fede anche. «Sabrina era inarrestabile – racconta Silvia –. Per ogni viaggio che facevamo, a Roma, ad Assisi, a Napoli, aveva un nuovo progetto, una nuova meta. Voleva andare a Parigi, voleva andare in Terra Santa, almeno una volta, nella vita». Solo l'aereo la terrorizzava, ma c'è da scommettere che avrebbe superato anche quella paura. E poi c’era il suo impegno per gli altri, tradotto nei gesti quotidiani e nella pittura soprattutto. «Si parlava della condizione dei bimbi nei paesi teatro di conflitti ed eccola a dipingerli, i piccoli, al lavoro per invocare il diritto all’educazione e all’istruzione. Una volta ha incontrato una signora rom, Ceija Stojka, che le ha raccontato di essere stata deportata e tenuta prigioniera nei campi di concentramento di Auschwitz e di Ravensbruck. Ed eccola pronta a rappresentare la vita della sua amica prigioniera nelle baracche del campo, costruendo con pezzi di cartone delle sagome e montandole su una tavola di compensato». Era difficilissimo, perché ci si metteva la tetraparesi a intorpidirle le mani, ma lei vinceva di nuovo. Quando ci si ritrovava tutti insieme, la domenica, magari dopo la Messa, qualcuno pregava ad alta voce per un mondo migliore. «Il mondo migliore lo facciamo di già – diceva Sabrina –, quando aiutiamo gli altri perché stiano bene». La frase fa parte di un piccolo diario, che nel corso degli anni (21 trascorsi insieme al Laboratorio) i suoi amici hanno raccolto e che ora stanno mettendo in ordine: «Lo facciamo leggere a voi intanto, poi chissà». Stava così bene coi suoi amici, Sabrina, che nel cassetto aveva il sogno di comprare una casa per tutti. Era andata con Silvia a vederne alcune, nel quartiere Brozzi: «Ho i soldi, ho chi mi ama, adesso voglio il futuro».

Tra Sabrina e il suo futuro c’è l’abisso d’una tragedia decisa da qualcun altro. Qualcuno che Sabrina, col suo futuro, non l'aveva mai vista. Ieri Silvia è stata chiamata dai carabinieri in caserma. Sul biglietto lasciato sul tavolo della cucina papà Guerrando ha scritto anche che i soldi della famiglia, tutti i loro averi, devono andare al Laboratorio di pittura. «Siete voi?», hanno chiesto gli agenti. «Sì», ha risposto Silvia con gli occhi pieni di lacrime. «Non so cosa succederà, dei soldi e del resto. So che il sogno di Sabrina, la casa di Sabrina, diventerà una realtà però. Noi, che tanto l’abbiamo amata e tanto abbiamo ricevuto da lei, vivremo per costruirla»”.

 
 
 

Daranno frutti

Post n°2078 pubblicato il 08 Marzo 2017 da namy0000
 

“Le donne delle nostre famiglie siano come queste vigne feconde che avvolgono il giro delle case. Esse vi daranno i frutti degni promessi da un amore perfetto” (Corneille, poeta francese, 1606-1684).

 
 
 

Sempre per ultime?

Post n°2077 pubblicato il 08 Marzo 2017 da namy0000
 

“‹‹Le signore le lasciamo sempre per ultime?››, ha detto papa Francesco, accomiatandosi dai cardinali. E ha aggiunto: ‹‹Andate avanti. Si tratta di studiare criteri e modalità nuove affinché le donne si sentano pienamente partecipi. Questa è una sfida non più rinviabile. Non siamo “il Chiesa”, ma “la Chiesa”››. È accaduto al termine dell’udienza che ha concluso la prima Assemblea plenaria voluta dal cardinale Ravasi sulle “culture femminili”, alla quale hanno partecipato prelati, filosofi, poeti, scienziati provenienti da tutto il mondo. Il cardinale Ravasi ha proposto una ‹‹Consulta permanente composta di donne››. Anche papa Francesco ha acceso sul tablet suor Eugenia Bonetti la candela del “non più schiave”. La battagliera “missionaria della Salaria” (cerca di salvare più donne possibile dalla schiavitù della prostituzione), ha proposto un “sogno” che condivide con migliaia di consorelle e di laiche, un ‹‹Sinodo tutto al femminile delle donne con le donne››. A prevenire obiezioni di tipo canonico, Lucetta Scaraffia: ‹‹Niente paura. Caterina da Siena ha parlato in un Sinodo nel ‘300, non possiamo ora farlo noi?››” (Mariapia Bonanate, da Un sogno per l’8 marzo un Sinodo con e donne, FC n. 10-2015).

 
 
 

Brava donna

Post n°2076 pubblicato il 08 Marzo 2017 da namy0000
 

La scrittrice francese Aurore Dupin era meglio nota con lo pseudonimo di George Sand. Nell’ottocento, poche donne si comportavano con la sua stessa sfrontatezza. Si vestiva con abiti maschili, fumava il sigaro, era una femminista convinta e frequentava luoghi riservati agli uomini. Ma era anche una madre affettuosa, le piaceva preparare marmellate, ricamare e fare giardinaggio. Preferiva lavorare da mezzanotte alle sei di mattina e dormire fino alle tre del pomeriggio. “Che uomo coraggioso che era”, diceva lo scrittore russo Ivan Turgenev, “e che brava donna!”.

 
 
 

Tradizionalmente dedicata

Post n°2075 pubblicato il 08 Marzo 2017 da namy0000
 

“La giornata tradizionalmente dedicata alla donna – una festa segnata da qualche retorica, mentre continuano tranquillamente a imperversare le violenze maschili – proponiamo una riflessione di indole generale sulla relazione donna-uomo. Da tempo si è lasciato alle spalle, almeno nelle società occidentali, il modello della subordinazione della donna all’uomo, un modello secolare che, però, non ha mai esaurito del tutto i suoi effetti perversi... La relazione uomo-donna dovrebbe riconoscere che ogni creatura umana è necessaria in quanto possiede, sì, un’identica natura, ma con modalità proprie. Si tratta – come scrive il teologo Rosino Gibellini – di ‹‹un compito pratico di superamento e di trasformazione sia del rapporto tradizionale di inferiorità/complementarietà, sia del rapporto femminista della parità/identità astratta, in un rapporto di reciprocità sulla base dell’equivalenza››. L’una è necessaria all’altro, e viceversa, perché si compia la pienezza della persona e del vero amore” (card. Gianfranco Ravasi, da La reciprocità uomo-donna, FC n. 10-2015).

 
 
 

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