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Messaggi del 10/05/2017

Popolo armeno

Post n°2183 pubblicato il 10 Maggio 2017 da namy0000
 

Popolo armeno. “Alla fine del 1916 Martin Niepage, un insegnante di stanza presso una scuola tedesca di Aleppo, scrisse una lettera aperta al parlamento della Germania che un anno più tardi fu pubblicata in forma di pamphlet intitolato Gli orrori di Aleppo. È un resoconto agghiacciante delle sofferenze che vedeva intorno a sé in quella città. «Sono stato testimone, sono stato a guardare passivamente mentre gli alunni affidati a me venivano portati via a morire di fame nel deserto». Leggendo le sue parole cento anni dopo, si resta sconcertati dal ripetersi delle sofferenze in quegli stessi luoghi esatti. La storia non si ripete, ma sembra esserci qualcosa che lega Aleppo nel 1916 e Aleppo oggi. La Germania fra le due guerre discuteva del genocidio armeno, i nazisti sapevano del genocidio armeno, e ne sapevano molto. Lo stesso vale per il resto del mondo occidentale. È passato tanto tempo da allora e oggi nei libri di storia sulla Prima Guerra mondiale il genocidio armeno è relegato ampiamente ai margini. Non solo non è trattato come un argomento centrale, spesso è proprio escluso dal racconto del conflitto. Anche il genocidio degli herero e dei nama (1904-1907) e i campi di sterminio industrializzati del fronte occidentale della Prima Guerra mondiale dicono molto di quel che ha caratterizzato il sanguinoso XX secolo. Ma il progetto dei Giovani Turchi e il genocidio armeno lo simboleggiano in modo più adeguato. È questa svolta verso la deportazione, la sottomissione e infine lo sterminio di propri cittadini su larga scala a caratterizzare purtroppo il XX secolo.
Raphael Lemkin, l’ebreo polacco la cui famiglia perì nell’Olocausto e che sarebbe diventato il padre del termine “genocidio” e della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, ebbe una delle sue esperienze più istruttive quando nel 1921 lesse sui giornali di un processo in corso a Berlino. Era il processo nei confronti dell’assassino di Talât Pasha – la mente dietro il genocidio armeno. Lemkin ricordò in seguito che all’epoca aveva chiesto al suo professore di diritto a Cracovia perché non fosse stato possibile dichiarare Talât Pasha colpevole dei crimini che aveva commesso contro gli armeni in un tribunale al di fuori del suo paese. Il professore aveva risposto con una parabola incentrata sulla sovranità statale: «Prenda il caso di un contadino che abbia dei polli. Il contadino li uccide, e questo fa parte del suo mestiere. Se lei interferisce, commette una violazione». Scioccato, Lemkin replicò: «Ma gli armeni non sono polli». «In quel momento – scrive Lemkin nelle sue memorie – la mia inquietudine riguardo all’omicidio degli innocenti divenne più urgente per me. Non conoscevo tutte le risposte, ma sentivo che una legge contro questo tipo di omicidio doveva essere accettata dal mondo… La sovranità, pensavo, non può essere concepita come il diritto di uccidere milioni di persone innocenti».

Ma per l’epoca di Lemkim e per lungo tempo in seguito è stata questa la lezione della Prima Guerra mondiale – e i nazisti e molti altri la conoscevano e l’avevano udita forte e chiara: una nazione che si era macchiata di atrocità di massa e perfino di genocidio su larga scala era riuscita a restare impunita, aveva potuto perfino “godersi” i frutti materiali e i “benefici” del genocidio. Il genocidio armeno, il fatto che esso rimase impunito e che divenne una nota a piè di pagina della storia – questo è il peccato originale del XX secolo.

Ricollocare il genocidio armeno nella storia del mondo e dell’Europa non è un compito facile e deve condurre a una revisione radicale del XX secolo. Il genocidio armeno è stato un allarme importantissimo che il mondo non ha ascoltato. Il mondo sapeva ma sono state le persone sbagliate a trarre le debite conclusioni: che si può cavarsela impunemente con l’oppressione, la violenza e l’omicidio di massa.

Quanta strada abbiamo fatto e come proteggeremo mai i civili di uno Stato da coloro che hanno conquistato o stanno per conquistare il potere sovrano di quello Stato? Centodue anni dopo la deportazione dei capi degli armeni di Istanbul e l’inizio del genocidio armeno, novantasei anni dopo le riflessioni di Lemkin sulla sovranità, settantadue anni dopo la fondazione delle Nazioni Unite e sessantanove dopo la Convenzione per la prevenzione del genocidio, ancora non abbiamo risposte semplici, ma a quanto pare forse dobbiamo continuare a meditare e rimeditare sulle idee di Raphael Lemkin a riguardo della sovranità.
Il secolo dei genocidi | Tempi.it –
Stefan Ihrig è professore di Storia all’Università di Haifa, autore di Justifying Genocide (Harvard University Press), 9 maggio 2017.

 
 
 

Con nuovi occhi

Post n°2182 pubblicato il 10 Maggio 2017 da namy0000
 

“‹‹La vera scoperta non consiste nel visitare nuove terre, ma nel vedere con nuovi occhi››, scriveva Marcel Proust. Il suo genio gli permetteva di vedere sempre la realtà con occhi diversi, anche se negli ultimi vent’anni della sua vita non uscì quasi mai di casa. Ma per quelli che non sono geni, visitare nuovi paesi è uno dei modi migliori per vedere il mondo con occhi diversi. E sono arrivato a pensare che questa capacità di vedere in modo nuovo sia una componente fondamentale della creatività, della felicità e di una vita che abbia un qualche significato. La routine, come osservava un secolo fa il padre della psicologia moderna William James, è al tempo stesso il presupposto di una vita funzionale e la nemica di una vita appagante. Infatti, se vogliamo dedicarci ai progetti che per noi contano di più, per risolvere i problemi concreti dobbiamo assumere abitudini automatiche. Ma queste abitudini mettono radici e tolgono linfa alla vita, finché, come osservava James, l’esistenza diventa ‹‹solo una massa di abitudini››. (...) La routine per staccarsi dalla routine. E quindi, come diceva il filosofo e saggista George Santayana, per ‘dare più mordente alla vita’” (Oliver Bukerman, giornalista, Internazionale n. 1113 del 31 luglio 2015). 

 
 
 

Per un mondo nuovo

Post n°2181 pubblicato il 10 Maggio 2017 da namy0000
 

“Per un mondo nuovo ‹‹si sono rifiutati di diventare quello che, per tradizione e natura, avrebbero dovuto diventare››, dice Susanna Tamaro nel suo libro La tigre e l’acrobata (La nave di Teseo, 2016). 

 
 
 

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