Un mondo nuovo

Caro signor presidente

“‹‹Caro signor presidente, mi chiamo Ava Rose Olsen e ho sette anni››. Comincia così la lettera che la bambina ha scritto a Donald Trump. Il messaggio, datato 23 agosto 2017, esprime il dolore di una perdita e chiede al presidente di far qualcosa contro la diffusione delle armi che negli Usa circolano liberamente e si possono comperare senza permessi speciali. La lettera, pubblicata dal quotidiano Washington Post, è uscita anche sul Corriere della Sera. Il dramma che ha sconvolto la piccola Ava avvenne nel settembre 2016 in una scuola di Townville, South Carolina. Gli alunni sono in cortile per la ricreazione quando arriva un pick-up, guidato da un ragazzino di 14 anni che impugna la pistola sottratta al padre: spara contro i compagni, colpisce un’insegnante alla spalla, un alunno ai piedi e prende in pieno Jacob Hall, sei anni, che morirà in ospedale tre giorni dopo, poi la pistola s’inceppa. Racconta Ava: ‹‹Il mio miglior amico Jacob è morto. Sono molto triste, lo amavo e avevo deciso di sposarlo un giorno. Odio le pistole, una di queste ha rovinato la mia vita e si è presa il mio miglior amico. Lei, signor presidente, può proteggere i bambini? In che modo lo può fare?››… L’8 gennaio 2018 scrive un’altra lettera: ‹‹Caro presidente, le scuole dovrebbero essere più sicure. Se lei ha tempo, io qualche idea ce l’avrei››. Ava ha suggerito a Trump di spostare le scuole in aree più protette, di assumere persone che ne garantiscano la sicurezza, ma soprattutto di aiutare la gente a capire cosa succede ‹‹ai bambini come me che hanno visto e sentito cosa accade quando una pistola spara››” (FC n. 7 del 18 febbr. 2018).

Non v'è dubbio

“‹‹Non v’è dubbio››, sottolineava Giuseppe Lazzati, ‹‹che a determinare nei cittadini, in particolare per taluni aspetti nei cristiani, stati d’animo di diffidenza, talora di rifiuto della politica fino a forme di gretto qualunquismo, è stato ed è il modo con il quale troppo spesso essa è pensata e attuata e questo anche da cristiani››. Riflettendo sul comportamento della nostra classe politica, la tentazione di liquidare quasi tutti con un giudizio negativo e sommario è forte. Eppure a questa tendenza di giudizio generalizzato bisogna reagire. La politica e i politici non sono, non debbono diventare altro da noi. Altrimenti rischiamo di cadere in due eccessi opposti di sterile qualunquismo: da un lato sostenere che la politica è sempre una “cosa sporca”, contrapposta a una società che è pulita, lavora e prospera nonostante tutto; dall’altro è dire invece, con tono rassegnato, che abbiamo i politici che ci meritiamo. Mounier, a proposito di politica sporca, scriveva così: ‹‹Quelli che credono di avere le mani pulite, perché non le immergono mai nel fango, in realtà non lo fanno perché non hanno mani. Non si tratta di non sporcarsi le mani, l’importante è non sporcarsi il cuore››. È però opportuno ricordare che per risanare la vita politica non bastano alcune pur urgenti riforme: occorre una sua rifondazione morale. Non è giusto demonizzare i partiti e chi è impegnato in politica. In realtà la crisi è più vasta e complessa: siamo di fronte non tanto a una crisi economica, sociale e politica quanto a una grave crisi di valori morali. Recentemente, Nunzio Galantino, in riferimento alle prossime elezioni, ha puntualizzato le 4 qualità necessarie: ‹‹Onestà personale e del gruppo di appartenenza. Realismo, perché bisogna guardare negli occhi problemi, ma anche saper intercettare le attese. Umiltà, nel riconoscere le proprie capacità e metterle in comunione con quelle degli altri. Moralità, non solo riguardo al sesto e nono comandamento, ma anche su altre cose››. Papa Francesco ha ricordato: ‹‹Non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva dentro le nostre chiese: è necessario passare da una pastorale di semplice conservazione a una decisamente missionaria!›› - Renato P. – Verona” (FC n. 7 del 18 febbr. 2018).