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I CINESI CI FANNO LE SCARPE. CANCEROGENE

Post n°1140 pubblicato il 09 Giugno 2011 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

La Lombardia lancia l’allarme sul materiale delle calzature in vendita nella Chinatown milanese. Il consigliere Longoni presenta mozione  per bloccare il commercio dei prodotti tossici e contraffatti

di Andrea Accorsi

Un bel paio di calzature cancerogene ai piedi. Così i cinesi fanno le scarpe, in un colpo solo, alle nostre aziende e alla nostra salute. E noi paghiamo.
Il caso delle scarpe al cromo approda in Regione Lombardia su iniziativa del consigliere regionale Giangiacomo Longoni, che ha presentato una mozione per invitare il presidente e la Giunta a farsi parte attiva contro la vendita di prodotti contraffatti e tossici. Nel documento Longoni esorta anche le istituzioni lombarde a interfacciarsi con la commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
Nelle calzature made in China vendute in zona Paolo Sarpi a Milano - la “Chinatown” meneghina - è stato rilevato un tasso di cromo esavalente, una sostanza tossica che può provocare dermatiti ma anche il cancro della pelle, in misura fino a tredici volte superiore al limite di legge: 36,7 milligrammi per chilo contro i 3mg/kg tollerati. Il dato è emerso nei giorni scorsi da un’indagine della rivista dell’Unione nazionale industria conciaria. Un giornalista della rivista ha visitato alcuni negozi nel quadrilatero di via Sarpi comprando scarpe con «il logo della pelle stilizzata e il marchio “vero cuoio” su un fondo palesemente plasticoso».
Le scarpe oggetto dell’inchiesta erano in vendita al prezzo di 25 euro il paio ed erano prive dell’etichetta adesiva prevista per legge con l’indicazione dei materiali usati per tomaia, fodera e suola. La rivista dell’Unic ha provveduto a farle analizzare. Risultato: di pelle, in quelle scarpe, non c’è traccia. In compenso, in quelle scarpe è stata riscontrata una quantità di cromo esavalente - un componente chimico usato abitualmente nella lavorazione della pelle ma secondo precise norme nazionali ed europee - superiore, seppure di poco, ai limiti di legge: 3,7 mg/kg.
Nulla in confronto ad altre scarpe di fabbricazione cinese vendute nei negozi della stessa zona, che hanno superato i limiti fissati per il cromo in maniera preoccupante: il sottopiede ha svelato una quantità di cromo VI pari a 23,9 mg/kg, otto volte il limite. Dall’esame di altre scarpe esaminate è emerso poi il superamento del limite di dieci volte. Insomma, un calcio alla salute degli acquirenti.
«I dati sulla presenza di cromo esavalente nelle calzature - ha spiegato Longoni - emergono dalle inchieste delle riviste La Conceria e Lineapelle, specializzate nel settore dei prodotti in pelle e nelle calzature, condotte in zona Paolo Sarpi a Milano. In particolare, dall’indagine della prima rivista, La Conceria, e dalle analisi effettuate presso il laboratorio Conciaricerca R&S, è emerso che su otto paia di scarpe acquistate a Chinatown con marchio “vero cuoio”, ben cinque sono risultate di materiale sintetico, e tre paia hanno fatto registrare la presenza di una quantità di cromo esavalente (indicato dalla formula CR+6) pari, rispettivamente, a 23,9 mg/kg, 25,8 mg/kg e 36,7, quantità al di sopra mediamente di dieci volte rispetto alla soglia di tolleranza».
Analogamente, «dall’inchiesta di Lineapelle - ha proseguito il consigliere della Lega Nord - emerge che tre delle otto paia di calzature acquistate in zona Sarpi rivelavano quantità di cromo esavalente sensibilmente superiore ai limiti imposti dalla legislazione italiana. Inoltre, dalla stessa ricerca risulta che i negozi cinesi rivendono all’ingrosso a quelli italiani».
Le “scarpe killer”, dunque, possono essere in vendita anche sugli scaffali di negozi e centri commerciali non solo cinesi ma anche italiani. Come non solo cinese è la prassi di impiegare materiali nocivi per la salute nella fabbricazione di molti altri prodotti destinati al nostro mercato. «Il problema della tossicità dei materiali non è circoscritto solo alla Cina e alle calzature - conferma Longoni - ma riguarda anche le importazioni di abbigliamento dal Far East, compreso il Vietnam e i Paesi limitrofi».
Per il consigliere regionale del Carroccio, in definitiva, «è necessario schierarsi dunque in una battaglia a 360 gradi per bloccare le calzature in ingresso dalla Cina in Lombardia, sia per ragioni di tipo sanitario, sia per tutelare l’industria italiana e quelle imprese nazionali che, pur avendo delocalizzato la manifattura, continuano ad utilizzare pelli italiane. Infatti, anche dal punto di vista commerciale ciò rappresenta una forma di concorrenza sleale, perché vengono vendute scarpe a prezzi inspiegabilmente bassi se non si ricorresse a manufatti contenenti sostanze nocive».

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«Test alla dogana e sanzioni pesanti per chi sgarra»

La “ricetta” di Rossano Soldini per contrastare falsificazioni e adulterazioni nocive

Rossano Soldini, quali sono i rischi per la salute di chi indossa scarpe con una percentuale troppo elevata di cromo?
«Il cromo è un componente chimico che va usato nei termini e nelle quantità giuste, quelle previste da leggi italiane ed europee - risponde il contitolare di una delle aziende più importanti per l’intero segmento del made in Italy della calzatura ed ex presidente dell’Associazione nazionale calzaturieri italiani -. Ma il problema non è solo il cromo».
E quali altre sostanze tossiche ci sono nelle scarpe cinesi?
«Quand’ero presidente dell’Anci, fino a quattro anni fa, con l’allora ministro della Salute Storace fu fatta un’indagine per sei mesi sulle calzature alle dogane. Il 22% dei test rivelò la presenza di sostanze non consentite come pentaclorofenolo, formaldeide, nichel. Poi il Governo cadde e non se ne fece più nulla».
Quindi il problema è tutt’altro che nuovo...
«Già otto anni fa era così. Ma il successore di Storace (Livia Turco, nda) non ha mosso un dito».
Come viene contrastato il commercio di prodotti nocivi?
«Oggi non c’è nessuna misura. Non ci sono neanche laboratori per fare i controlli: il ministero della Sanità non li prevede. Per fare quei test, gratuiti, la nostra associazione ricorse a un proprio laboratorio di Vigevano».
Che cosa bisogna fare?
«Test campioni alle dogane, veloci, come nei laboratori dell’associazione che li fanno in cinque giorni. Poi decidere se bruciare o mettere in commercio questa merce. E punire con sanzioni pesanti chi importa prodotti proibiti, o dice il falso sulla loro origine o sui componenti».
Ritiene che sia utile anche l’educazione dei consumatori ad acquisti consapevoli?
«Oggi il compratore guarda al prezzo. Se compra scarpe di marca made in China da 400 euro, è consapevole dove sono fatte ma vuole il marchio. A quei livelli di prezzo, potrebbero essere fatte in Italia, e salvare così posti di lavoro. Quello che conta è il marchio di origine obbligatorio, che l’Europa non ci dà: esiste solo per pochi settori come tessile, abbigliamento, piastrelle...».
E perché non per le scarpe?
«Perché ci sono interessi contrari di lobby di compratori, italiani compresi, che non vogliono tutelare i fabbricanti ma solo le proprie tasche».

A. A.

dalla Padania dell'8.6.11

 
 
 
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