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mi querido

viaggio nell'anima di Buenos Aires

 
 

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BENTORNATO TANGO

"L'essenza del tango sta nel suo carattere di musica di quartiere, di marginalità.

Il tango lo canta sempre un poeta impegnato. Anche se i tanghi non hanno un contenuto esplicitamente politico, tutti i tanghi sono impegnati perchè sono politicamente scorretti. E oggi lo sono ancora di più, in questi tempi dove la sconfitta, la povertà e l'emarginazione mostrano il loro essere effetto politico. Il tango è scorretto, trasgressivo, e per questo è tornato. In questi tempi di vigliaccheria davanti alle incertezze, questa musica aiuta ad affrontare l'angoscia, a fare riflettere su noi stessi, sul nostro domani.

Dove suona un tango, si stabilisce una complicità di spazio, tempo ed emotività. E questo è il mistero dell'universale. L'energia del linguaggio al di là della lingua, il rito, la corporeità. E' il mistero che ci unisce e ci separa".

(Adriana Varela, cantante di tango)

 

FOTOTANGO

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TANGUEANDO

“El tango, hijo tristón de la alegre milonga, ha nacido en los corrales suburbanos y en los patios de conventillo.
En las dos orillas del Plata, es música de mala fama. La bailan, sobre piso de tierra, obreros y malevos, hombres de martillo o cuchillo, macho con macho si la mujer no es capaz de seguir el paso muy entrador y quebrado o si le resulta cosa de putas el abrazo tan cuerpo a cuerpo: la pareja se desliza, se hamaca, se despereza y se florea en cortes y filigranas.
El tango viene de las tonadas gauchas de tierra adentro y viene de la mar, de los cantares marineros.

 

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LA DANZA DELL'UNIVERSO

"LOS PLANETAS GIRAN, HAY UN SISTEMA EN EL UNIVERSO QUE ES CIRCULAR Y EL GIRO, LOS ATOMOS TAMBIEN ESTAN GIRANDO SOBRE SI MISMOS Y A LA VEZ EN ORBITA CON OTROS, Y TODO ESTA VIBRANDO Y GIRANDO, TODO ES CIRCULAR Y REDONDO. Y PARA MI EL TANGO COMO DANZA ES ESO"

 
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Bruna Bianchi

Bruna Bianchi Giornalista

 

Messaggi di Marzo 2017

Il potere del Papa

Post n°723 pubblicato il 29 Marzo 2017 da malenamil

Bergoglio riceve applausi e suscita commozione in Italia appena si tuffa tra la gente o parla. Gli argentini, invece, non hanno affatto dimenticato che poco dopo la sua nomina al soglio di San Pietro, è andato in Brasile e nella sua terra non ha messo piede. Smacco mica da poco per un paese cattolico e sufficientemente arrogante da non potere ammettere di essere lasciato in disparte. Allora c'era Cristina Kirchner, che lo osteggiava in ogni modo, da arcivescovo di Buenos Aires, ben sapendo che il suo potere in Argentina non era (e non è) solo ecclesiastico, ma fortemente legato ai conservatori, tanto da essere stato, durante gli anni delle presidenze dei Kirchner, un sasso nella scarpa da rendere inoffensivo, senza peraltro riuscirci quando le alleanze sono diventate più definite e il cambio politico è stato netto. Nestor Kirchner aveva approfittato di una frase disgraziata pronunciata dal cappellano militare addirittura per denunciarlo al Tribunale. Misteri d'Argentina, dove i poteri politici entrano in quelli ellesiastici e viceversa. Da allora sono passati dieci anni e quella nomina era rimasta vacante dopo il pensionamento forzato del porporato. Ieri il pontefice ha colmato quella lacuna approfittando del fatto che i Kirchner non governano più e che l'ex presidenta, con la quale mai si è riconciliato a dispetto delle apparenze, sta tentando di tornare al suo posto alle prossime elezioni. Il Papa, che apre ai gay e ai voti a religiosi sposati, sembra un rivoluzionario. Benchè molto male si possa parlare dei Kirchner, nente si può dire sul loro tentatvo, fallito miseramente, di promulgare una legge sull'aborto. Opposizione fortissima del Parlamento e della Chiesa, cui i gay non danno nessun fastidio (e consente loro di sposarsi) , mentre con l'aborto andrebbe a toccare una delle pietre miliari del potere conservatore su un popolo )America latina tutta) assolutamente incapace di giudizio libero e moderno, che non a caso è legato a un'ala che sa fare affari e di cui è attuale espressione Macri. Macri è altrettanto ferocemente antiabortista, benchè la sua politica liberista sia estremamente positiva rispetto all'ottusità della chiusura di Cristina. Cristina, ricordano moltissimi argentini che la sostengono ancora, aveva fatto rinascere l'Argentina. Qui dicono: potevamo viaggiare, comprare, stavamo bene, e avevamo tutto gratis come prima, dai musei alle scuole, dalle tante attività culturali agli aumenti degli stipendi garantiti. A parlare è però solo la classe media.  Apparentemente sembra colpa di Macri, che in verità si è ritrovato un paese senza materie prime e senza soldi nelle casse statali, senza rapporti con l'Europa nè con gli Stati Uniti e neppure coi paesi confinanti del Mercosur. Cristina pensava di chiudere il Paese e diventare autosufficiente, tagliando i ponti con tutti e cessando di pagare debiti esteri stampava moneta virtuale, cioè soldi che in realtà non esistevano pur circolando. Non sono esperta in economia ed è difficile addentrarsi in meccanismi oltretutto poco conosciuti rispetto alle normative economiche dell'Europa, ma ciò che si nota è il solito divario tra chi sta benissimo, chi benino e chi molto, molto male. In realtà qui il lavoro qualificato non manca, tanto che anche dall'Italia arrivano le nuove generazioni di espat che possono emergere perchè c'è spazio per tutti per investire e lavorare. Le mansioni umili resistono e basta entrare in un negozio di ferramenta all'ingrosso per capire immeiatamente la differenza con l'Italia (e non  solo) sul numero dei lavoratori impiegati: decisamente in eccesso. Le nuove tecnologie faticano ad entrare e i posti di lavoro, se non vengono decimati dalla chiusura delle fabbriche inutili e fallimentari, hanno ancora nicchie notevoli.  Cosa c'entra tutto questo ccon la Chiesa? Molto. La Chiesa in Argentina, ha rappresentato come in Italia un un potere occulto ma peggio che in Italia ha mantenuto il controllo pur, apparentemente, fingendosi una Chiesa lontana dalle Istituzioni e vicina ai poveri. L'equivoco sta proprio in questa abilità di manovre opposte all'immagine che si vuole dare. Papa Francesco ha conquistato subito il mondo con le prime frasi appena eletto, frasi che al mondo suonavano non retoriche, di grandi aperture, di enorme disponibilità a cambiare una Chiesa vecchia, arroccata sul potere, appunto conservatore, e sul denaro.  

Bergoglio, dal '90 al '92 è stato mandato, praticamente in esilio dai gesuiti di Cordoba dopo aver avuto screzi pesanti all'interno dei porporati di Buenos Aires. Lo definivano addirittura pazzo per i suoi comportamenti stravaganti, almeno questa la versione ufficiale che collima ben poco non solo con la nomina alla quale è arrivato, ma con la stessa nomina ad arcivescovo di Buenos Aires giusto dopo essersi pesantemente purgato in un bagno di umlità a Cordoba. Ha questo a che vedere anche con la dittatura e le accuse del suo vice, poi ritrattate, sul suo coinvolgimento? Non c'è alcun dubbio che la Chiesa di allora, nonchè i grandi e piccoli gruppi economici del Paese, abbiano colluso coi generali, unica forza decisionale che elargiva e cercava consensi per mantenere il potere preso non a vaso quand l'inflazione era arrivata al 600 per cento. Mi sono sempre chiesta come mai i generali non avessero ucciso i bambini che le ragazze rapite, torturate e infine uccise, partorivano nei centri di detenzione, al pari di un disegno perverso di voler far crescere in famiglie compiacenti i futuri piccoi despota. Nemmeno i tedeschi sono arrivati a tanto, e sì che non mancava al nazismo la crudeltà o la capacità di mantenere in fortissima soggezione il suo popolo per scopi decisamente più alti che erano la conquista di altri stati e altri equilibri e non solo il mantenimento del potere interno. 

Una risposta vera non l'ho trovata. Non arriva dalle Madri, non arriva dagli argentini. Non è arrivata neppure dai nipoti recuperati  (120 ad oggi su circa 500) che mai hanno parlato di lavaggi di cervello da parte dei falsi genitori. 

La storia dell'Argentina non smette di avere collegamenti importanti con l'Italia e Bergoglio non è certo un Papa scelto a caso e votato piuttosto all'unanimità solo per la sua simpatia viscerale. La nomina conclusasi ieri in Vaticano per suo volere indica la riaffermazione del potere ecclesiastico che persino il Tribunale argentino ha dovuto accogliere, annullando fuori tempo massimo, e cioè solo al consolidamento della presidenza di Macri, la cacciata del precedente cappellano dei militari. Macri si è detto un forte sostenitore della divisione netta del potere dei giudici, ma non certo di quello della Chiesa. 

Difficile in questo caos non immaginare la rottura netta del paese che deve sostenere gli uni o gli altri senza però poter tradire il Papa, figura che nemmeno noi, ben più liberi e moderni, riusciamo a comprendere lasciando fuori i sentimenti viscerali che Bergoglio sa tanto bene suscitare. 

Qualcosa di certo c'è: la povertà argentina e la violenza domestica su donne e bambini sono a livelli impressionanti. Contro il machismo assassino lotta il governo, non certo la Chiesa. Ovunque ci son consultori pubblici che corrono in aiuto alle donne e ne ho visiato uno, uscendone fortemente colpita da qunto sapevo ma non immaginavo a livelli così evidentemente dolorosi. Le villa miseria di Buenos Aires esistono ancora (a parte una rasa al suolo dalla costruzione dei nuovi grattacieli), compresa quella di Flores dove andava Bergoglio, barrio dove è cresciuto e ha continuato a farsi vedere. Farsi vedere, appunto. Questa è l'immagine di Bergoglio, non è Bergoglio. 

 
 
 

La città che stritola

Post n°721 pubblicato il 28 Marzo 2017 da malenamil
 

Buenos Aires fa respirare con venti improvvisi che tolgono la cappa asfissiante i primi giorni di autunno. Cieli plumbei e di colpo celesti, sole che sbuca dalle nubi e poi splende ficcandosi ovunque, e umido umido a non finire. Non si capisce mai perché il vento non riesca a spazzare una spicie di acquerugiola che riveste i capelli e  le braccia, ma qui non si capiscono tante cose. Un mese vola via e non hai fatto niente, o forse hai fatto tantissimo e sembra niente. I semafori hanno tempi di attesa infiniti, sui collettivi puoi starci anche un'ora e mezza, finchè dici basta: ora scendo. L'autista sostiene di essere abituato a muoversi tra le auto e sfiorare gli altri autobus, frenare a un millimetro dai mezzi davanti che sembra inghiottirli, tanto che ti viene istintivo guardare di sotto per assicurarsi che non siano incagliati tra le ruote. Poi di colpo ti morde un cagnetto stronzo, di quelli piccoli col pelo arruffato, al guinzaglio di una che sembra uno, faccia di plastica tirata a lucido, labbroni rifatti nel secondo paese al mondo per chirurgia estetica. Ma chissà, forse è un travestito. Di sicuro è isteria argentina, unico luogo dove un cagnetto ti attacca furiosamente piantandoti i denti nel menisco solo perchè, dice la padrona, hai una gonna che non gli piace. Mai successo. Qui succede quello che mai è successo altrove. Buenos Aires la ami e la odi. Sempre. Adesso odi particolarmente i prezzi altissimi, insopportabili e ingiustificati per una moneta tanto debole. Si cercano i negozi più scalcagnati dove ci sono avventori argentini ancora più scalcagnati sperando che l'acqua costi di meno e invece una bottiglia è sempre tre euro. Gli argentini mi stupiscono ogni volta e forse ogni volta che torno, anche fosse l'anno successivo, avrei qualcosa che mi va di traverso. Ho lasciato il tango, ho lasciato i tassisti, ho lasciato le cene nei ristoranti. Non ho lasciato l'immensa curiosità di capire come mai qui c'è un crogiuolo emotivo che non ha nè capo nè coda. Cerchi di spiegartelo con la politica, come fanno loro, e non sta in piedi, con le classi sociali sempre ben differenziate, l'isolamento economico voluto dai Kirchner e fortemente osteggiato dalla classe bassa e parte della media. Non capisci perchè Paseo Colon a distanza di 13 anni sia sporco come 13 anni fa, coi poveri che vivono per strada come 13 anni fa, e case cadenti come 13 anni fa. Eppure, in questa importante avenida, stanno costruendo il metro leggero di superficie, segno di modernità, così come i tanti grattacieli che ho trovato aldilà di Puerto Madero, costruiti con la velocità della luce e impeccabili come l'ex palazzo delle poste dedicato alla cultura e intitolato per ultimo volere di Cristina presidente al defunto marito. Scacco matto alla sconfitta elettorale inaccettabile. Solo in Argentina si può fare quello che si vuole: opposizione debolissima, e la capitale fortemente schierata con il populismo dei KK che sembrano i veri sostenitori del socialismo finchè non fai i conti con il concetto base del socialismo: l'uguaglianza e il potere decisionale del popolo. Niente di tutto questo. Qui viene da stare solo dalla parte dei desaparecidos, benchè lontani 41 anni, unici ad avere combattuto davvero la dittatura iprocrita  e violentissima che a nessuno sembrava tale, nè alla Russia, nè all'Italia, nè agli argentini stessi che ne hanno beneficiato e non possono nepure ammetterlo o crollerebbe l'immagine vittimistica che usano a più non posso per gli schieramenti politici. La mia amica Amalia stasera mi ha detto che gli abitanti delle case vicine al Club atletico di San Telmo, uno dei più cruenti dove venivano torturati i ragazzi presi dai militari, udivano grida sovrumane. E', questa del sapere o no quello che stava accadendo, una cosa che mi sono chiesta il primo giorno che sono  venuta in Argentina e sono andata subito alla Esma, la scuola di meccanica dove ne hanno rinchiusi 3000, rimasto il vero simbolo della carneficina silenziosa con metodi algerini utilissimi per spazzare via i dissidenti senza dover mostrare al mondo la faccia violenta della dittatura come era accaduto in Cile tre anni prima suscitando riprovazione e orrore. Questo popolo sembra discendere dalla menzogna e dal dolore, dall'umpunità e dallo strazio di volere soffrire per poter essere vittima di se stesso. L'gnoranza continua a regnare sovrana ed è meno evidente di quella americana finchè non ti fermi a chiedere a una donna che indossa ua maglietta durante l'immensa manifestazione del 24 marzo: non so cosa significhi la scritta, mi hanno chiesto di  metterla e l'ho messa. Oppure quando vedi un cartello scritto a mano e appeso al cancello che protegge dal 2001, anno nero del corralito, la Casa Rosada, con scritto 30.000 pelotudos (tradotto coglioni) che ti fa sobbalzare e te lo spiegano con una polemica interna senza prendersi la briga di correggere , aggiungere, spiegare, o infine, come avrei fatto io, toglierlo e stop. Bisogna essere pungenti con loro e ancora non basta. Si può parlare di tutto con gli argentini che di tutto parlano, ma se tocchi argomenti che non vogliono sentire, usano due metodi: rompere anche col più caro amico, insultare o inventare, scivolando su terreni che fingono di conoscere solo per averlo sentito in tivù o, peggio, passandosi la voce. E' incredibile come si possa giustificare Ebe De Bonafini, la madre della linea Fundadora, che ha approfittato dei tanti soldi offerti da Cristina per farsi affari suoi e della figlia, che ha rifiutato di presentarsi in Tribubunale a testimoniare perchè intoccabile, e il giorno della memoria possa dire impunemente che il 24 di marzo sia una data eclusivamente politica, tagliando corto sui figli uccisi. Qui la pancia ha sempre la meglio sul cervello, e la pancia si agita nelle piazze, nelle strade bloccate dai cortei, nelle migliaia di cose che non vanno e hanno sempre una giustificazione populista per non andare. Il presidente Macri sta cercando, secondo la linea liberale della sua politica lontana mille miglia da quella dei governi precedenti, di recuperare immagine e soprattutto soldi all'estero, Europa in primis. Il paese si spacca e tira fuori dal cappello consumato, la nostalgia dello Stato assistenziale, dei miti, delle lotte fini a se stesse, del finto socialismo che riesce a mostrare due facce conflittuali: consumismo sfrenato e pretesa di vincere l'inflazione, richieste di aumenti al governo, rincorrendo il medesimo copione ben sperimentato,  e corse in auto al confinante Cile per acquistare a prezzi decisamente più bassi. E poi, accuse continue di ogni cosa (persino l'appoggio alla dittatura quando non era nemmeno  nato) a un presidente che governa da un anno e mezzo. E' sempre stato difficile capire la politica argentina, ma oggi lo è ancora di più, perchè la politica entra prepotentemente in ogni cosa. Chiedere quale è il salario medio di un argentino per tentare di capire come possa permettersi di uscire di casa e spendere in un attimo almeno 100 pesos, pari a 6 euro, è impresa ardua. Non si capisce mai se mentono o non sanno, se vogliono fingere davanti allo straniero curioso o se conviene fare gli affamati senza esserlo. La povertà c'è, eccome, e poco importano i dati ufficiali, perché è sotto gli occhi, qui, come nel resto del paese, dove si sta persino peggio fuori dalle grandi città. I commercianti sono gli unici ad ammettere senza remore che il turismo legato al tango è crollato: prezzi troppo alti per permettersi una vacanza di tango e, aggiungo io, troppi maestri improvvisati in Italia che hanno saputo togliere con grande faccia di tolla il potere del monopolio argentino nel ballo. Soldi e potere. Sono le due cose che muovono tutto, sentimenti compresi. L'Argentina resta una enorme e unica terra dove specchiarsi e interrogarsi su chi siamo, dove andiamo e da dove veniamo. E per questo, soprattutto, torno volentieri e resterei a lungo.

In fondo vale sempre la pena venire qui e immergersi nell'anima degli argentini che non riescono ad occultare neppure con menzogne e maschere, violenza sottile o manifesta, abbracci, baci e gentilezze o affronti diretti, qualcosa di molto complesso e decisamente affascinante. Un altro mondo. 

 
 
 

Il ritorno

Post n°720 pubblicato il 12 Marzo 2017 da malenamil
 

Antonio mi ospita nella sua casa di San Telmo. La chiama casona, io la definirei una casa chorizo, quelle della  borghesia dei primi '900 nel barrio più antico di Buenos Aires che ha ancora tante strade lastricate e un'impronta coloniale. Antonio è nato qui e qui è rimasto. Era avvocato penalista, ora fa il fotografo ma non si fa pagare. Se ne sta quasi sempre in casa, seduto davanti al Mac o in poltrona a leggere. A volte sbircio questa immagine immobile e mi pare di averla già vista in un film o più di uno. Adoro il patio di questa casa, dove mangiamo di giorno e di sera anche se ora fa freschino, improvvisando, un po' come tante cose qui che non ti viene neppure in mente di programmare. Il patio è piccolo, quadrato, con un pezzetto di cielo sopra la testa che sembra voler oltrepassare l'alto muro. In Italia mi sento chiusa. In effetti lo sono. In Italia è chiusa la finestra, chiusa la gente, chiusi sono i quartieri, chiusi anche i paesi, meravigliosi, che abbiamo. Qui è tutto aperto, anche se si danno triple mandate a triple porte, se ci sono le reti ai balconi e ai piani bassi nemmeno si aprono le persiane per la paura che ti entrino dentro. Qui si cmmina guardando per terra per non inciampare nelle radici degli alberi che ronpono le strade o nelle mattonelle che sono rotte da quando le ho viste la prima volta, nel 2004. Qui si aprono gli occhi per schivare la ruota di un collettivo disposto a salirti sul piede pur di non spostarsi di un centimetro. Qui, più che gli scippi, mi terrorizzano le auto che non accennano nemmeno a rallentare se attraversi sulle strisce pedonali, i ferri rotti che sporgono dai muri, i buchi nelle mattonelle, nell'asfalto, nel cemento, i sanpietrini disconnessi e sporgenti, i lavori perenni ogni dove senza protezioni per i passanti, i passanti che camminano come lumache su marciapiedi di un metro e ti costringono a scendere dal marciapiedi sperando che passi solo un collettivo e non due o tre di fila. Non ti vedono, e se ti vedono, devi correre. Forse è per questo che non ho dimenticato niente. Nè una strada, nè un negozio, nè una sedia sulla quale mi sono seduta. E' la dodicesima volta che vengo a Buenos Aires e ho visto cambiamenti politici ed economici, povertà estrema e tristezza estrema, da far rabbrividire. Ho visto cose che non ho visto in nessuna parte del mondo, forse perchè qui è tutto estremo. Qualcosa sì, è cambiato. Non le case nuove o i grattacieli che prima non c'erano, non le corsie privilegiate dei collettivi nella 9 de Julio, che prima non c'erano, non i cartoneros, che continuano ad esserci: sono cambiati i volti. Sono diventati un poco più americani, un poco più europei, un poco meno spontanei. Certa rabbia non la noto più, certe espressioni intense e drammatiche non le noto più. Guardo le scarpe della gente che mi parlano sempre dei cambiamenti economici. Guardo i prezzi e compro cibo senza capire come si possa pagare così tanto. Tutto è carissimo, ti ripetono cantalenando gli argentini. E noi europei restiamo di stucco perché il tanto è davvero tanto e il peso vale 1 a 16. Non riesco nemmeno a fare la divisione mentale, e quando la faccio mi viene un colpo. Ho cammnato molto per rivedere i luoghi e le vetrine, i negozi e la merce esposta, i ristoranti e i bodegòn, le case e il cielo. Il cielo di Buenos Aires che cambia colore, che cambia vento, che cambia feddo, che cambia caldo, che cambia umido, che ti intristisce e ti rende felice, che ti costringe sempre a vestirti improvvisando. Come sarà alle 9? e alle 12? e alle 16? e all'oscurità? Chi incontrerò oggi a Buenos Aires? Con chi parlerò? Chi mi parlerà? Essere italiani è una grande fortuna, anzi, lo è ancora più di prima con la classe media che ora viaggia in Europa e gli occhi brillano perchè hanno visto e non più solo immaginato quanto è bella l'Italia. Come sono gli italiani, mi chiede chi non c'è stato ancora. Come sono? Freddi, chiusi, non sanno improvvisare, non sanno vivere. Hanno paura del niente. Qui i miei ragazzi hanno avuto amici morti ammazzati, a loro stessi hanno sparato o hanno figli violentati. I miei amici hanno subito rapine con la pistola, aggressioni fisiche, perdite dolorissime di familiari. Soffrono in un un modo diverso: condividono e convivono con quello che succede. E allora, di fronte a tutto questo, ti chiedi di che cavolo soffriamo noi, perchè siamo tanto rabbiosi, tanto razzisti, tanto incapaci, sempre più incapaci di dare un senso logico, concreto, realistico, alla vita che viviamo. La politica ha diviso gli argentini in nostalgici illogici e aperti al futuro. La politica qui è una torta divisa in due, dove tutti sanno che l'hanno mangiata gli uni e gli altri però erano meglio gli altri perché davano cose gratis. Populismo non significa stato assistenziale. Nell'era di internet, dei social, del mondo che entra in casa, l'Argentina ha sempre un occhio rivolto al passato e non perchè era meglio di oggi: ancorandosi al passato si ottiene di più. Fantasie e menzogne che raccontano a se stessi come grandi verità indiscutibili.  Ecco, questo popolo resta bambino anche se protesta con forza per i diritti civili che non ha, per il lavoro che perde, per la violenza quotidiana che subisce, la droga che uccide, per vivere in culo al mondo e sentirsi sempre un po' destinati ad esserlo ma aspirare a qualcos'altro che non si sa mai bene che cosa sia. Se c'è una coda di 10 auto in fila ai caselli ancora si suona tutti insieme il clacson e di colpo le sbarre si alzano, non si paga e si torna a casa contenti dello stato populista. Ma quando devi prendere due collettivi per forza e paghi due volte il biglietto, non si arrabbia nessuno.

 
 
 
 

SU DI ME

Sono nata e vivo a Milano. Giornalista professionista dal 1989, lavoro come dipendente in Italia per un gruppo di tre quotidiani e sono specialista di crimini familiari, ricerca di scomparsi e indagini di cronaca nera nazionali e internazionali. Ballo tango argentino dal 2000. Il mio primo soggiorno a Buenos Aires è del 2004. Ho condotto ricerche sulla storia dell'immigrazione in Argentina e della nascita del tango. Sono stata intervistata in diretta alla radio di tango 2x4 (2008), alla radio culturale de la Ciudad del Gobierno di Buenos Aires (2009) e alla radio dell'Università de La Plata (2004). I post scritti a Buenos Aires sono frutto originale delle mie ricerche, quelli scritti dalll'Italia attingono da varie fonti, principlamente quotidiani argentini.

 

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LA DANZA DELL'UNIVERSO

"El tango es una danza poderosa porque es armònica con el movimiento del sistema en el que estamos inmersos. Es la danza de Shiva, la danza che le da forma al mundo y el mundo le da la forma a esa danza. Tiene todos los elementos: el hombre, la mujer, al yin y el yang, lo circular, el abrazo"

 

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MALENA, LUCIO DE MARE-HOMERO MANZI 1941

Malena canta el tango como ninguna
y en cada verso pone su corazón.
A yuyo del suburbio su voz perfuma,
Malena tiene pena de bandoneón.
Tal vez allá en la infancia su voz de alondra
tomó ese tono oscuro de callejón,
o acaso aquel romance que sólo nombra
cuando se pone triste con el alcohol.
Malena canta el tango con voz de sombra,
Malena tiene pena de bandoneón.

Tu canción
tiene el frío del último encuentro.
Tu canción
se hace amarga en la sal del recuerdo.
Yo no sé
si tu voz es la flor de una pena,
só1o sé que al rumor de tus tangos, Malena,
te siento más buena,
más buena que yo.

Tus ojos son oscuros como el olvido,
tus labios apretados como el rencor,
tus manos dos palomas que sienten frío,
tus venas tienen sangre de bandoneón.
Tus tangos son criaturas abandonadas
que cruzan sobre el barro del callejón,
cuando todas las puertas están cerradas
y ladran los fantasmas de la canción.
Malena canta el tango con voz quebrada,
Malena tiene pena de bandoneón.

 

EN LA CALLE

 

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ACADEMIA DEL TANGO

 

FOLKLORE ARGENTINO: ZAMBA Y CHACARERA

 
 
 
 

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