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VINCENZO NIUTTA,MINISTRO DEL GOVERNO CAVOUR

Post n°36 pubblicato il 10 Novembre 2009 da valentinodichiera



Egli nacque il 20 maggio 1802, quando questa cittadina portava ancora il nome di Castelvetere che lasciò nel 1863 per prendere quello attuale.
Quello del Niutta fu uno dei pochissimi casati della borghesia cauloniese che si distinse per signorilità e senso umano, qualità sconosciute al resto della stessa classe locale vissuta all'insegna della superbia, dell'arro­ganza e dello sfruttamento della povera gente. Ed il piccolo Niutta ereditò in pieno i pregi della sua famiglia migliorandoli.


Frequentò con profitto le scuole elementari di Castelvetere e poi quelle medie di Catanzaro. Concluse queste, passò all'università di Napoli dove, sentendo il fascino della professione del nonno materno, Ilariantonio Deblasio, un giureconsulto che raggiunse la presidenza della corte napo­letana (fu anche deputato in quella larva di Costituzione concessa da Francesco I di Borbone nel 1821), volendo seguire le orme di cotanto nonno, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, laureandosi ad appena ventidue anni.
lI brillante corso degli studi universitari lo segnalò come uno tra i più promettenti di legge del suo tempo, cosa che gli fece ottenere subito la nomina ad uditore giudiziario. Fu l'inizio di una rapida ascesa che lo portò a giudice di tribunale civile, quindi a giudice criminale e via via a presidente di tribunale civile, procuratore regio, giudice di corte civile, consi­gliere della corte suprema, presidente della gran corte fino all'apice dell'ordinamento giudiziario: la presidenza della Corte Suprema del Regno.
La sua folgorante carriera fu consentita e favorita da qualità professionali e cultura non comuni. Le sue sentenze facevano da testi di giurisprudenza ed era notissimo all'estero, soprattutto in Francia da dove veniva spesso consultato allorché quella magistratura aveva da risolvere casi difficili e complicati.
Vincenzo Niutta, dunque, ripercosse per intero la strada del nonno, andando oltre. Ciò che lo distinse da cotanto antenato fu il liberalismo deciso e convinto contro l'integralismo borbonico dell'avo, e non era poco. E di questo suo convincimento diede prova quando, nel 1848, la lotta contro l'assolutismo si fece sentire in tutta la Penisola, non avendo alcuna esitazione ad esprimere la sua condanna alla tirannia, cosa che gli costò la destituzione dalla magistratura, me che non divenne mai operativa perché i giudici che furono chiamati a darne corso, si rifiutarono di farlo, minacciando dimissioni in massa, per cui il provvedimento dovette essere revocato.
Basta questo per avere il quadro del suo carattere, del suo valore, del suo prestigio, della stima di cui godeva.



lI Landolfi, che fu il suo biografo, ebbe a scrivere che «mai ingegno fu più rapido del suo, sapere più vasto, cuore più nobile», e i fatti, il costume di vita, l'esercizio onesto e corretto delle sue funzioni di giudice, lo provano. Infatti, a fare di Niutta il Presidente della Suprema Corte del Regno di Napoli, fu un episodio eclatante e che evidenziò, se ce ne fosse stato bisogno, la serietà e la dirittura morale dell'alto magistrato.


Una lite tra un esponente dell'aristocrazia borbonica, il principe d'Ischitella, cugino del re, e un povero uomo, trascinato da un tribunale all'altro e sempre condannato, finita tra le mani di Niutta, ebbe un giudizio sgradito il principe. Convinto delle buone ragioni del povero diavolo, il magistrato cauloniese diede il torto al cugino del re.
lI principe d'Ischitella che era prepotente, svillaneggiò il magistrato che si era permesso di emettere una sentenza a lui contraria. All'insulto del titolato borbonico, Niutta presentò le dimissioni al Re dicendo: «Sono vecchio e ministro del diritto e non posso riparare l'of­fesa con la forza: mi dimetto». Ferdinando Il, pur non nutrendo simpatia per l'alto magistrato, per via delle sue idee liberali, non potendo non avere ri­spetto e ammirazione per la sua inte­grità morale, respinse le dimissioni nominandolo alla più alta carica della magistratura dello Stato, chiudendo per alcuni giorni il cugino nella fortezza di S. Elmo.
Che Vincenzo Niutta fosse stato un massone, come qualcuno sostiene, è molto improbabile, per non dire impossibile, e non per i principi che stanno a base della Libera Muratoria.
Anzi, si può dire che questi si trovavano in parallelo con la sua indole e con la sua formazione etica, per cui, la sua eventuale appartenenza a questa istituzione, non avrebbe minimamente sminuito la sua prestigiosa personalità.
Per non avere molte riserve su questa sua appartenenza alla Massoneria, bisognerebbe avere prove documentali che nessuno ha portato fuori, riserve che nascono anche o soprattutto dal fatto che i Borboni furono nemici della Massoneria.
Carlo VII di Borbone, futuro Car­lo III di Spagna, nel 1751, la mise al bando. Vi fu poi una certa tolleranza con Ferdinando IV, auspice la moglie Maria Carolina, ma con lo scoppio della rivoluzione francese che portò sul patibolo Luigi XVI e la moglie, Maria Antonietta, sorella di Maria Carolina, questa non solo tramutò la sua simpatia in odio, si prodigò anche a spingere il marito ad avversarla. Quando poi, Ferdinando IV, cacciato dai napoleonidi, ritornò sul trono di Napoli (1815), questa volta come Ferdinando I, non più IV, non poteva che osteggiarla maggiormente così come fece, considerato che a ramifi­carla e potenziarla, era stato Murat che aveva assunto la massima carica sia dell'Ordine che del Rito massonico.
Il periodo di Vincenzo Niutta, quindi, coincise con un periodo in cui la presenza massonica nel Regno delle due Sicilie era pressoché inesi­stente, o quantomeno poco allettante e che proprio un alto magistrato andasse a affiliarsi pare poco possibile.L'annessione del Regno delle due Sicilie al resto d'Italia, conseguente alla spedizione dei Mille, fu consacrata da un plebiscito e fu proprio Vincenzo Niutta, confermato nella carica, a proclamarlo e a presentarlo a Vittorio Emanuele Il, che lo nominò senatore del Regno d'Italia, unitamente ad Alessandro Manzoni, Massimo d'Azeglio e Gino Capponi.

22 marzo 1861La prima amministrazione del Regno d'Italiaa Torino, Vincenzo Niutta è il primo in piedi a sinistra

Nel primo governo dell'unità d'Italia, Cavour voleva Niutta ministro di grazia e giustizia, ma questi preferì la carica di ministro senza portafoglio, l'unica del genere in quel governo, che lasciò alla morte di Cavour, per assumere la presidenza della Corte di Cassazione di Napoli, città in cui mori il l° settembre 1867.
Le leggi fondamentali dello stato italiano e in particolare del codice civile e di procedura civile, ebbero il contributo della sua dottrina.
Lasciò una ventina di manoscritti, in prevalenza di natura giuridica, rimasti tutti inediti. Peccato.


«Non parlava bene - dice il suo biografo -,per cui al senato, un uomo di tanto valore non si è veduto quasi mai aprir bocca. Di modestia eccessiva, smilzo, pallido, poco avvenente, di fisionomia poco espressiva; e vedendolo nessuno avrebbe detto: questo è il grande Niutta.».
Vincenzo Niutta, dunque, fu un grande. Un grande della cultura giuridica, un grande della rettitudine, un grande della coerenza. Un esempio da imitare; una figura che fa onore alla giustizia, alla cultura, a Caulonia, alla Calabria tutta, all'Italia.
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Commenti al Post:
manialavorata
manialavorata il 15/11/09 alle 17:45 via WEB
QUEL SIGNORE NIUTTA VEDI CHE NON HA NIENTE A CHE VEDERE CON I NIUTTA DI CAULONIA. LE PROMESSE DI UN BANDITO-------------- Ho molta stima e considerazione dei commercianti di Piazza Bottari per usare frasi di circostanza, né è nel mio costume essere ipocrita. Il rispetto delle opinioni altrui è per me una cosa sacra e tale lo è anche in questo caso. Andiamo con ordine . Voi scrivete “il dottor Bottari decise di donare la piazza al Paese…e pensava di trasformare un campo di patate in una piazza importante” Le cose per la verità non stanno in altro modo, c’è stato un lungo periodo in cui il dottor Bottari- legittimamente- non ha inteso cedere la piazza per via della volumetria, tuttavia c’è la necessità di essere sintetici e ciò mi porta a rispondere: Siete voi a conoscenza che fino a due anni fa la piazza era ancora proprietà degli eredi Bottari e che non era stato neanche fatto il frazionamento per rendere possibile la donazione ? Siete voi a conoscenza che nell’agosto del 2007 , appena eletto e dopo serrate trattative, mi recavo a Roma per stipulare il contratto di donazione ? Certamente sarete a conoscenza del fatto che nel giro di brevissimo tempo abbiamo stipulato l’atto notarile ed appaltato e consegnato l’opera, siamo intervenuti dinanzi a tentativi di estorsioni operati verso la ditta, abbiamo insomma fatto sino in fondo il nostro dovere. Non tocca a noi progettare in nessun caso , ed in questo caso meno che mai, essendoci stato un appalto concorso regolarmente vinto da una associazione di professionisti. Quello che è stato fatto può piacere o non piacere ma corrisponde essenzialmente al contenuto del progetto. Io ho il dovere di rispettare il lavoro altrui e la legge mi vieta in maniera assoluta che io mi intrometta nella direzione dei lavori. Debbo, per rispetto della verità, dire che il progetto per come doveva esser realizzato l’abbiamo esposto per circa due mesi, in modo da rendere possibili suggerimenti che, però, non sono venuti. Secondo elemento: la piazza ha ottenuto - nel 2009 - il finanziamento per il suo completamento. L’amministrazione comunale aveva già espletato l’appalto che, comunque, non ha avuto validità perché c’è stata una sola impresa concorrente. Mi domando, dobbiamo essere trasparenti ? Essere onesti e trasparenti significa rispetto – sempre e comunque-dei ruoli, rispetto sostanziale per le regole e la legalità. Questo noi abbiamo fatto! Oggi il progetto,unificato con quello della strada attigua- via Carlo Alberto Dalla Chiesa- si trova presso la stazione unica appaltante di Reggio Calabria - (a cui abbiamo aderito- tra i primi comuni della provincia- per dimostrare la nostra assoluta trasparenza) e, salvo problemi dell’ultima ora, l’opera dovrebbe andare in appalto nel mese di ottobre. Per quanto riguarda la pulizia farò quanto nelle mie possibilità per ovviare a quanto avete evidenziato. Ciò premesso consentitemi di fare alcune considerazioni: 1) Il complesso Bottari è stato costruito, come voi rilevate nella lettera, tra il 1978 ed 1982. Da allora neanche una pietra era stata toccata. Bene voi scrivete la lettera nel momento in cui l’opera dovrebbe essere in corso di realizzazione definitiva .Voi scrivete ad un sindaco che nel giro di due anni ha commissionato il frazionamento, appaltato il lavoro, ottenuto il secondo finanziamento per il completamento della piazza. Niente di male! La lettera , per quanto mi riguarda, non solo è gradita ma mi ha rincuorato, soprattutto perché il mio precedente tentativo di riunire i commercianti di piazza Bottari aveva visto la partecipazione di due esercenti su diciotto. 2) E’ giusto che nella piazza vi sia ordine e pulizia. Ho già detto che nostri eventuali omissioni e ritardi saranno recuperati, però tutti sanno quante volte mi sono rivolto ai singoli esercenti ed all’amministratore del complesso Bottari per ottenere un minimo di manutenzione per il porticato di vostra proprietà e ridotto in uno stato di pietoso degrado. Perché tanto disinteresse ? Perché non s’è riusciti a fare neanche una riunione sull’argomento ? Perché questo silenzio che rischia di trasformare il porticato in una zona , oltre che degradata, pericolosa ed inagibile ? 3) Tutti sanno quante volte abbiamo chiesto la collaborazione per la pulizia anche rispetto a chi non osserva le regole elementari. Perché tanta mancanza di collaborazione ? 4) Saprete certamente che abbiamo dovuto difendere il diritto della comunità nei confronti di quanti erano abituati a considerare la piazza cosa loro. Perché tanta arroganza ? 5) Sono sindaco da poco più di due anni. Dal momento del mio insediamento non c’è stato un solo giorno in cui non mi sia interessato a Piazza Bottari quasi sino alla paranoia. Oggi la piazza è stata iniziata e sarà terminata. Però colgo nella vostra lettera (legittima e gradita) qualche motivo di sconforto. Io- (unitamente ai miei collaboratori)- sto girando come una trottola ,senza riposo, per costruire un paese diverso. Ci stiamo riuscendo, basta solo pensare in quanto tempo abbiamo reso fruibile il lungomare. Faccio solo il mio dovere. Ai cittadini non chiedo riconoscenza, gradisco le critiche, chiedo solo di partecipare all’amministrazione senza darsi a lamentele destinate a lasciare le cose come stanno. Noi abbiamo bisogno d’una cittadinanza attiva. Abbiamo bisogno di cittadini che hanno la voglia di conoscere, di partecipare, di avanzare critiche severe ma giuste. Solo questo io vi chiedo. Il nostro paese è particolarmente complesso e difficile. In solo due anni abbiamo posto le basi per la sua Rinascita. Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti e questo noi vi chiediamo. Io vorrei lavorare per qualcosa in più di piazza Bottari, vorrei che i commercianti della piazza sentissero come loro un lavoro che si fa a Campoli o a Caulonia centro e che questi fossero interessati con uguale intensità ai lavori di piazza Bottari. Se ognuno continuerà a guardare solo quello che c’è dinanzi alla propria porta noi non costruiremo un paese ma saremo solo un ammasso informe di case senza anima. In due anni per decisioni governative il nostro bilancio è stata tagliato per poco meno di duecentomila euro eppure abbiamo abbassato i tributi ( canone dell’acqua, rifiuti solidi urbani, tarsu), abbiamo avviato il porta a porta, abbiamo aperto tanti cantieri . Mi fermo qui ponendomi una domanda: non è questo un modo per essere concretamente vicino ai commercianti? Vi ringrazio per la cortese attenzione e vi garantisco che nella mia vita non ho mai preso in giro nessuno, del resto parlano i fatti molto più che le parole.
 
valentinodichiera
valentinodichiera il 16/11/09 alle 18:35 via WEB
Lo sapevo cara..non c'era bisogno della tua dritta..studio abbastanza nel poco tempo che ho..
 
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