Creato da circololenci il 06/12/2005
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Sicurezza: l'esercito può sparare sui cassonetti di Napoli? Perché sei sacchetti della monnezza sono stati interrogati e malmenati in caserma? Come mai una pattuglia ha manganellato addirittura un pacifico cassonetto della Caritas? Un giorno il supercommissario De Gennaro dovrà renderne conto al paese!
Etica: provarsi la febbre è eugenetica? Ampio dibattito lanciato da il Foglio.
Riforme: la bozza Bianco scappa con un ragioniere di Forza Italia. Delusione nel Partito democratico. Si parla di modello kazako corretto alla francese. Veltroni è più che ottimista.
Economia: Confindustria preoccupata per il calo di produttività dei morti sul lavoro. Le loro famiglie dovrebbero versare un contributo alle aziende.
Vaticano: è una provocazione laicista dire che la terra ruota intorno al sole. Cauto il Pd.
Economia: Le maggiori agenzie di rating internazionali fanno i complimenti all'Italia per il riordino dei conti, ma sollecitano garbatamente le organizzazioni umanitarie a inviare aiuti alimentari alla popolazione civile e piani di assistenza.
Etica: mettersi le supposte è sadomasochismo? Ampio dibattito su il Foglio.
Riforme: trova inaspettati consensi il modello elettorale della provincia del Guaranì, naturalmente corretto alla svedese. Veltroni è più che ottimista.
Economia: Sempre più famiglie italiane non riescono ad arrivare al 27 del mese. Indignazione di Montezemolo: «Non capisco il problema, basta prendere un aereo privato il 26 e si è sicuri di arrivare al 27!».
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Ma al momento il prefetto Alessandro Pansa e il questore Fiorolli stanno mantenendo un profilo basso, tentando interventi chirurgici. Così nel pomeriggio quando dal ministero dell'Interno hanno dato l'ordine di mettere fine all'isolamento di Quarto ci sono stati lunghi momenti di nervosismo, ma nessuna carica pesante. Sono stati lanciati solo una serie di lacrimogeni, la folla ha indietreggiato e una pala meccanica ha eliminato gli ostacoli e riaperto la strada principale.
Ma quanto potranno durare le buone maniere se dal commissariato e dal governo hanno ordinato di riaprire la discarica a tutti i costi? Il problema esiste, anche perché non appena gli sbarramenti vengono rimossi gli abitanti li ripristinano. Giocano in casa e si potrebbe andare avanti per settimane, mesi. La situazione generale è resa più instabile anche per l'ampiezza dell'area di scontro. Infatti i dimostranti sono arrivati a sequestrare un bus e darlo alle fiamme a Pozzuoli, distante diversi chilometri dal sito vero e proprio. Mentre a Monterusciello sono stati assaliti due poliziotti, finiti in ospedale. Per questi incidenti è stato fermato un giovane.
A Pianura invece ormai sembra saltato tutto, anche la razionalità. Non è solo un quartiere in lotta, ma anche abbrutito dalle barricate di monnezza, dalla rabbia, dall'esasperazione di chi non capisce bene cosa sta succedendo nei piani alti. Dopo la notte di guerriglia i pianuresi hanno introiettato il complesso del nemico, nel quartiere vige l'autarchia. «Che cazzo guardi a fare!» , urla un giovane a un altro solo per capire se si tratta di uno dei suoi o di uno «straniero». C'è chi esulta perché è quasi come vivere allo stadio tutti i giorni: «Se caricano chiudo il negozio e mi butto nella mischia». Chi vuole vedere i politici e gli amministratori morti o in galera: «Bassolino deve pagare anche fisicamente, Pecoraro si deve dimettere, La Iervolino doveva venire con noi, così non serve a niente». Ma la maggior parte degli abitanti sono preoccupati: «Se continua così qui ci scappa il morto», dice con il volto scuro il barista dell'ultimo caffè aperto prima dello sbarramento.
Negozi chiusi e scuole deserte, nessuno in strada, in metà rione c'è il coprifuoco. La lunga strada che porta a via Montagna spaccata porta tutti i segni della battaglia in corso. Cassonetti rovesciati, alte colline di immondizia, il gabbiotto di una pompa di benzina incenerito. Un gruppo di giornalisti stranieri «embedded» continua a fare servizi nascosti dalle forze dell'ordine a qualche km di distanza da Contrada Pisani. Hanno paura di entrare, nemmeno fossero in Iraq, dopo che martedì notte sono stati malmenati operatori e giornalisti Rai, Sky e Mediaset. Alcuni manifestanti hanno anche sequestrato le cassette con le immagini degli scontri e rotto le telecamere. Una notte di follia e di confronto con polizia e carabinieri, che hanno sgomberato i diversi blocchi e sono stati accolti con bombe carta e molotov da una folla fuori controllo. Alla fine una sola persona è stata fermata: un ragazzo di 25 anni che ha sequestrato e dirottato un autobus che è poi stato dato alle fiamme.
Nelle strade gli abitanti litigano tra loro sul ricorso alla violenza. «Stiamo facendo la figura degli animali. Pensano che siamo camorristi, invece qui è tutta gente perbene», si lamenta una robusta donna biondo platino. «Ma che dobbiamo fare signò - risponde un ragazzo - quelli ci attaccano e noi rispondiamo». «Ma dove sono i facinorosi? - urla un uomo sulla trentina - ho due figli a casa, la mattina vado a lavorare e la sera sono qui a combattere». «Non sono d'accordo - interviene una giovane sullo scooter - dobbiamo essere pacifici». «Così ci schiacciano - risponde il fidanzato - guarda che lo faccio anche per te».
Si muovono con precise strategie gli uomini di Pianura. Sono loro che tengono il comando, mentre le donne siedono davanti al sito. Hanno chiuso tutta l'area intorno all'ex discarica. Fortificazioni composte da cancelli e blocchi di cemento. Di fronte a una delle entrate c'è una roulotte capovolta dove è stato srotolato uno striscione con le foto di Prodi, Bassolino, Iervolino e Pecoraro e la scritta «La camorra non siamo noi, siete voi il tumore».
Proprio lì ieri mattina è stata organizzata una rumorosa conferenza stampa dalla Rete campana rifiuti e ambiente, insieme con l'Assise di palazzo Marigliano. Al telefono Beppe Grillo, che ha detto ai pianuresi di essere dipiaciuto per non poter partecipare alla protesta : «Questi cassoni di politici vanno tolti da lì - ha esortato i napoletani - Questa è una emergenza creata per fare inceneritori sovvenzionati dalle tasche dei cittadini». Anche qui però sono scoppiati i malumori tra un gruppo di manifestanti che accusavano gli attivisti di farsi pubblicità e la maggior parte degli abitanti dei Pisani, soddisfatti per l'aiuto e la solidarietà resa.
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firmati con il governo di Washington
e rifiuta la cittadinanza americana
Gli indiani Lakota, vero nome dei Sioux, ai quali hanno appartenuto in particolare i grandi capi Toro Seduto e Cavallo Pazzo, hanno stracciato i trattati firmati dai loro antenati con gli Stati Uniti più di 150 anni fa. Lo hanno annunciato i rappresentanti della tribù.
«Noi non siamo più cittadini degli Stati Uniti d’America e tutti quelli che vivono nelle regioni dei cinque Stati compresi nel nostro territorio sono liberi di unirsi a noi» ha dichiarato il loro rappresentante Russel Means, in una conferenza stampa a Washington.
Means ha dettp che passaporti e patenti saranno consegnati a tutti gli abitanti del territorio che rinunceranno alla loro nazionalità statunitense. Una delegazione di responsabili Lakota ha dichiarato lunedì in un messaggio indirizzato al dipartimento di Stato che si ritirano unilateralmente dai trattati firmati col governo federale americano, alcuni sottoscritti più di 150 anni fa. I trattati rappresentano «parole senza valore su carta senza valore» e sono stati «violati ripetutamente al fine di rubare la nostra cultura, la nostra terra e i nostri costumi» dicono i responsabili della tribù.
«Abbiamo firmato 33 trattati con gli Stati Uniti che non sono stati rispettati» ha dichiarato da parte sua Phyllis Young, una militante della causa indiana che ha collaborato a organizzare la prima conferenza internazionale sui diritti indigeni nel 1977.
Alcuni capi Lakota si sono recati in delegazione presso le ambasciate di Bolivia, Cile, Sudafrica e Venezuela e intendono intraprendere una missione diplomatica in diversi paesi nel corso dei prossimi mesi, secondo quanto hanno annunciato.
Il territorio Lakota si situa nel nordovest degli Stati Uniti e comprende regioni del Nebraska, del Dakota del Sud e del Dakota del Nord, del Montana e del Wyoming.
I Lakota sono stati la sola tribù a infliggere una sconfitta all’esercito americano. Una delle loro figure leggendarie, il capo Toro Seduto (Sitting Bull) è noto per aver sconfitto il generale Custer nella battaglia di Little Big Horn nel 1876 nel Montana.
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Dopo tre anni di «gestazione» e di intense trattative - portate avanti dal presidente Hugo Chavez - viene realizzata una banca regionale che è una vera alternativa sia al Fondo monetario (Fmi) che alla Banca mondiale (Bm); due istituzioni che - dopo il trattato di Bretton Woods del 1944 - sono sempre servite ad imporre linee di sviluppo economico dettate dal più forte (gli Stati uniti). Di coloro cioè che in questi organismi hanno sempre hanno avuto più potere di voto (e di veto) per la legge scritta che «chi ha più quote ha più peso politico».
Il primo atto del Banco del Sur è stato proprio quello di eliminare questo tipo di sistema, sostituendolo con il criterio di «una testa, un voto»: di ognuno, ovviamente, che farà parte del nuovo direttivo. La porta per ulteriori adesioni rimarrà sempre aperta in attesa di capire cosa vogliano fare il Cile - osservatore in questa storica riunione - e la Colombia. La quale, in primo momento, si era dichiarata interessata, poi sganciarsi. Viceversa, il mandatario uruguaiano, Tabaré Vasquez, ha spedito a Buenos Aires un uomo di fiducia ed è probabile che firmerà tra pochi giorni l'atto di costituzione del Banco del Sur.
Tra i compiti principali di questa nuova istituzione finanziaria c'è sicuramente la possibilità per i singoli paesi di non dover più ricorrere all'Fmi o alla Bm per avere prestiti. Si deve ancora discutere, invece, delle modalità con cui verranno dati i soldi: Evo Morales insiste affinchè il Banco del Sur sia un «prestatore di ultima istanza», mentre il presidente Luiz Inacio Da Silva lo interpreta come «un'istituzione finanziaria che deve volta per volta aiutare i programmi di sviluppo». Ancora in discussione il punto che riguarda il rimborso dei prestiti.
Molti definiscono la realizzazione del Banco del Sur «una vittoria della diplomazia del petrolio», promossa da Hugo Chavez. Ed è così. Tuttavia è anche un successo delle spinte all'integrazione regionale, in grado di affossare la strategia americana del mercato unico più noto come Alca (Area de libre comercio de las Americas). Il presidente Evo Morales ha detto anche: «E'un primo passo per arrivare ad avere una moneta unica».
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Maurizio Zipponi |
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Anubi D'Avossa Lussurgiu |
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Ieri, il lavoro in nove seminari-assemblee, dove protagonisti - quasi simbolicamente - sono stati soprattutto i movimenti e le associazioni. Oggi assemblea plenaria, dove interverranno i leader dei quattro partiti promotori | |
Stefano Bocconetti |
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Le tute dei motociclisti sono completamente ricoperte di stemmi e motti: una ragazza sembra accarezzare con lo sguardo quello che in effetti è particolarmente adatto all'occasione, perché recita «meglio morire con toppe da valorosi piuttosto che vivere ben vestiti da vigliacchi». E come definire se non valorosi lavoratori che, per difendere il proprio posto, hanno trasformato in normale lo «straordinario», ormai due sinonimi nell'imbarbarito lessico produttivo. Intanto parcheggia la sua auto a pochi metri e deposita il suo mazzo Isabella, che spiega di essere qui «perché soltanto chi sa cosa significhi lavorare in fabbrica svegliandosi alle 4 del mattino può capire cos'è successo alla ThyssenKrupp». Lei lavora in un'azienda straniera che ha da poco dimezzato il numero di lavoratori, «e so già che mi aspetta la messa in mobilità». Si guarda intorno domandandosi sconcertata perché non ci siano molte persone qui in corso Regina Margherita, «e se non arrivano neppure adesso, anche queste morti cadranno in fretta nel dimenticatoio». Intanto Ciro Argentino, il lavoratore che era il migliore amico della prima vittima, Antonio Schiavone, ragguaglia i (pochi) curiosi sullo stato di salute degli altri operai in condizioni disperate.
Il primario dell'ospedale Maria Vittoria ha lasciato intendere che per Giuseppe De Masi non c'è più nulla da fare. Sempre critiche, al centro grandi ustionati di Genova, le condizioni di Rosario Rodinò, il lavoratore che si era visto cambiare il proprio turno poche ore prima del tragico incendio. Grave anche Rocco Marzo, ricoverato alle Molinette, il più esperto dei feriti con i suoi 54 anni, tanto che tra poche settimane sarebbe andato in pensione. Invece il lavoro che ha compiuto per una vita - divenuto letteralmente «usurante» per cause che spetta alla magistratura accertare - gli ha strappato anche il privilegio di potersi godere il meritato periodo di riposo. A chiedere di lui con particolare partecipazione è un ex lavoratore ThyssenKrupp, dei tanti (loro, sì) pensionati che in questi giorni sono passati di fronte all'acciaieria o in uno degli ospedali dove sono ricoverati gli operai. Per undici anni ha lavorato con Rocco in un'altra acciaieria, «facevo il gruista, con enormi responsabilità soprattutto quando ho cominciato a manovrare i comandi: un mio errore avrebbe significato la catastrofe», ma quando comincia a rievocare ricordi della sua esperienza di lavoro con il collega si commuove e si defila.
Nel frattempo è arrivato Antonio Boccuzzi, che abbraccia tutti coloro che si avvicinano a lui, «scusate ma ho bisogno del contatto fisico: di notte mi sveglio spesso, mia moglie mi chiede perché e io non posso che rispondere che ho negli occhi quelle scene drammatiche e l'inferno intorno ai miei amici» e le parole lasciano ancora una volta spazio alle lacrime. Lucido il racconto di uno dei lavoratori della squadra d'emergenza di turno alla ThyssenKrupp la notte della tragedia, che preferisce restare nell'anonimato specificando di non aver ancora reso testimonianza al procuratore Raffaele Guariniello. «Quando ho visto svilupparsi il piccolo incendio (che purtroppo è la regola per questo tipo di lavorazioni) sono sceso immediatamente da quella specie di pulpito che ospita la nostra postazione, ma purtroppo i tre estintori presenti sulla linea 5 non funzionavano: due erano scarichi e dal terzo è uscita una piccola quantità di CO2. Il telefono d'emergenza era fuori uso, così ho risalito le scale schiacciando i pulsanti del comando che in automatico ha messo in movimento gli enormi bomboloni di riserva. Ne è scaturito un gran fumo ed è stato praticamente tolto ossigeno al fuoco».
Un sistema di sicurezza aggiunto a seguito dell'incendio che nel marzo 2002 aveva investito una parte più ampia dello stabilimento senza fortunatamente causare feriti, ma che comunque è entrato in funzione troppo tardi a causa del malfunzionamento degli estintori. L'inchiesta del procuratore aggiunto Raffaele Guariniello ha portato alle prime tre iscrizioni nel registro degli indagati: i capi d'imputazione per i quali procede la Procura sono omicidio colposo e disastro colposo per individuare eventuali responsabilità: penali di alti dirigenti e civili della stessa ThyssenKrupp. Alla magistratura si affidano i torinesi, sotto choc per il manifestarsi in un colpo solo di tutte le contraddizioni che funestano il mondo del lavoro. Domani sarà lutto cittadino, con sciopero generale di otto ore e corteo con partenza da piazza Arbarello alle 10, quando i mezzi pubblici si fermeranno per due minuti e per cinque minuti i negozi spegneranno le insegne e abbasseranno le serrande. I consiglieri comunali devolveranno il gettone di presenza alle famiglie delle vittime ed anche i taxisti hanno organizzato una colletta.
I sindacati, viste le richieste di lavoratori e consigli di fabbrica, istituiranno un conto corrente per raccogliere fondi a sostegno di chi è stato depredato dell'amore ma anche del reddito, e continuano a chiedere che lo stabilimento non riprenda a lavorare, sollecitando una campagna per una vera sicurezza nell'industria.
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I leader: «Competeremo da sinistra col Pd». Ingrao: «Unitevi». Giordano: «Lavoriamo per liste comuni»
ROMA - Non è un partito ma un "soggetto unitario", non ha la falce e il martello nel simbolo (o forse, come dice Diliberto, ne ha due), vuole competere da sinistra con il Partito Democratico di Walter Veltroni puntando a raccogliere il 15% dei voti, e dice che non intende far cadere il governo di Romano Prodi, a cui chiede però una "svolta" a gennaio. È la Sinistra - l'Arcobaleno, nata ufficialmente alla Fiera di Roma dopo due giorni di assemblea e tenuta a battesimo al canto di "Bella Ciao" (intonata dai leader di Rifondazione Comunista, Pdci, Sinistra Democratica, mentre i Verdi hanno preferito non cantare).Ingrao all'assemblea della Sinistra - L'arcobaleno
LA CARTA - «Siamo impegnati nella costruzione di un un nuovo soggetto unitario, plurale, federativo», che punta alla costruzione di una «sinistra politica rinnovata», recita la "Carta d'intenti" letta alla fine degli "Stati generali" della nuova formazione. "Sa" avrà come simbolo l'arcobaleno e non la falce e martello, che però spicca ancora sui distintivi di Rifondazione Comunista e del Partito dei Comunisti italiani. I principi a cui fa riferimento la nuova formazione sono "uguaglianza, giustizia, libertà", ma anche "pace, dialogo di civiltà, valore del lavoro e del sapere, centralità dell'ambiente" e ancora "laicità dello stato" e "critica dei modelli patriarcali e maschilisti", dice ancora la Carta, letta dal palco della Fiera alla presenza del segretario del Prc Franco Giordano, del leader del Pdci Oliviero Diliberto, del presidente dei Verdi, il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, e del coordinatore di Sd, il ministro dell'Università Fabio Mussi.
"LANCIAMO UNA SFIDA AL PD" - Se Pecoraro Scanio ha detto esplicitamente nel suo intervento che Sinistra Arcobaleno deve «puntare a superare il 15% dei voti per essere una forza di governo», Giordano, che guida il partito più grande della federazione, ha aggiunto che «da oggi lanciamo una sfida sull'egemonia al Pd», il nuovo partito di centrosinistra nato dall'incontro di Ds e Margherita. «Lavoriamo per presentare alle prossime scadenze elettorali liste comuni con un simbolo comune», ha spiegato Giordano (il prossimo importante turno elettorale previsto è quello del 2009, con il voto per il Parlamento europeo, dove le quattro formazioni di "Sa" siedono attualmente in gruppi diversi). Il leader del Prc ha anche difeso la richiesta di una verifica di governo a gennaio, e ha detto che gli attacchi alla stabilità dell'esecutivo vengono non dalla sinistra ma da "voltagabbana" di centro, in chiara polemica con la senatrice del Pd Paola Binetti, che in settimana non ha votato la fiducia al governo sul decreto sicurezza per un passaggio relativo alla discriminazione degli omosessuali, ma anche con i liberaldemocratici di Dini e con l'Udeur. «Abbiamo rinconquistato un peso, non possiamo accettare che un voltagabbana di turno conti più di un terzo della coalizione» ha detto Giordano. E a proposito dei rapporti con il governo Prodi, il segretario dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto, ha ribadito il suo scetticismo sulla verifica: «Bisogna vedere i fatti concreti che ci verranno proposti. Prima della verifica c'è stato il programma elettorale, poi Caserta, poi il dodecalogo ma dopo di allora non è stato fatto nulla». «Allora è inutile vedersi - conclude - se poi non si rispettano gli accordi».
I leader della Sinistra Arcobaleno (Eidon) |
INGRAO: UNITEVI - Grande protagonista della giornata di chiusura è stato Pietro Ingrao. Sciarpa rossa al collo e bastone in mano, è arrivato all'assemblea dopo la "diserzione" del sabato e il colloquio con 'La Stampa' in cui criticava il progetto di aggregazione con l'ala radicale per la sua eccessiva lentezza. Parole che non hanno però raffreddato l'affetto del suo "popolo": Ingrao è stato infatti accolto da una lunghissima ovazione delle migliaia di militanti presenti. «Io vi dico solo una cosa - ha scandito Ingrao ai presenti - unitevi, unitevi. Dovete fare presto perché la situazione urge e i problemi della vita quotidiana non possono ritardare».
VENDOLA - Applausi anche per Nicky Vendola. «Questo deve essere il nostro cimento del futuro - ha affermato il Governatore della Puglia -. Un parto, un partire, non so se un partito, ma certo una costituente, un soggetto che sappia leggere il cuore della nostra società. Una sinistra - scandisce Vendola - che non è un bignami di ciò che fummo. È doloroso uscire da se stessi, si teme di perdere il proprio patrimonio, ma oggi è necessario. C'è una poesia di Pasolini che dice che "il vento del futuro non cessa di ferire". Ecco, nel parto c'è il dolore, c'è sempre, ma c'è anche la gioia di una nascita». All'assemblea ha partecipato anche Fausto Bertinotti. Ai giornalisti il presidente della Camera ha riservato poche battute: «Sono molto contento, per imparare a nuotare bisogna buttarsi nell'acqua. Oggi mi pare ci sia un grande tuffo».
IRRUZIONE COMITATI - Durante i lavori c'è stato anche un fuori-programma: i 300 manifestanti del comitato "No Dal Molin", giunti da Vicenza per chiedere risposte sulla sospensione dei lavori per la costruzione della base Nato Usa, hanno fatto irruzione nella sala plenaria dove si sta svolgendo l’assemblea. I manifestanti hanno bloccato per un po' gli interventi previsti in scaletta e sono stati accolti dai militanti delle sinistre da fischi e applausi.
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