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Post N° 111

Post n°111 pubblicato il 10 Settembre 2007 da jinny1978
 

Criptozoologia

L'UNICORNO

L’unicorno
non è mai esistito, questo è certo, visto che nessuno zoologo o
paleontologo ne ha scoperto ancora i resti. Ma chi si interessa di
letteratura, in particolare quella nordica, può certamente dire di
averlo incontrato più di una volta.

La sua storia va dall’antichità
classica al medioevo, fino al tardo Rinascimento, ma persino durante il
secolo XIX se n’è parlato, pur restando nel campo delle apparizioni tra
mito e realtà. Addirittura sappiamo che aveva un valore inestimabile,
tanto che Giacomo I d’Inghilterra fu messo sotto accusa per averne
comprato il corno al “modico prezzo”, si fa per dire, di 10.000
sterline.

Ma quali sono esattamente le caratteristiche fisiche di questo favoloso animale, considerato spesso simbolo di purezza?

Ctesia, medico greco del IV secolo
a.C. presso la corte di Persia, lo descrive come un piccolo puledro dal
bianco mantello e un unico corno nero a torciglione, che spunta tra gli
occhi ed il naso: in questo punto è raccolta tutta la forza
dell’animale.

Cosma Indicopleuste, viaggiatore del
VI secolo, nella sua “Topographia Christiana” aggiunge altre
caratteristiche, descrivendo che tale animale, pur di non venire
catturato, si getterebbe da un precipizio se inseguito.

Nel Rinascimento chi lo ha visto è
quasi sempre uomo di chiesa e le testimonianze sono così sporadiche e
fantastiche da sembrare ai nostri occhi assai ridicole, come lo era il
motivo per cui veniva così richiesto: “per guarire brutte malattie o
come portafortuna”. Dal punto di vista gastronomico non era molto
apprezzato, perché la sua carne era piuttosto amara da mangiarsi.

Solo nel XII secolo, una certa
badessa Ildegarda di Bingen, vera esperta in campo, non trascura
nessuna parte dell’animale: dalla pelle se ne ricava una cintura contro
la peste e calzature che assicurano gambe solide, dal fegato essiccato
un unguento che cura la lebbra e le sue carne si diceva possedessero un
potere miracoloso e soprannaturale sull’uomo. Si narrava che l’unicorno
fosse un animale selvaggio ed introvabile: l’unica arma per prenderlo
pare fosse l’odore di una vergine che facesse da esca. Frate Giovanni
di San Gimignano sosteneva che la vergine dovesse essere posta nuda e
legata ad un albero. Sulla stesso argomento ritornò anche Ildegarda,
che sosteneva però l’uso di più vergini, affinché l’animale rimanesse
fulminato.

Ma la vera fortuna commerciale
dell’unicorno era proprio il corno, che neutralizzava i veleni più
potenti… allora peraltro molto in voga!

Perino alcuni scienziati hanno
creduto più volte di averne trovato i resti, come Otto von Guericke
che, nel 1663, scoprì in bassa Sassonia i resti ossei di una creatura
con in testa un solo corno. La notizia venne poi clamorosamente
smentita da Tommaso Bartolinus di Copenhagen, che rivelò l’esistenza
del narvalo, animale simile alla balena con una zanna sola come quella
dell’unicorno, che certamente poteva aver tratto in inganno più persone.

Ma la leggenda continua.

 

Originariamente pubblicato sul numero 2 de LA ZONA MORTA, aprile 1990

Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, febbraio 2007

26/2/07, Davide Longoni

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