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Io sono o saro`

Post n°84 pubblicato il 10 Luglio 2008 da fiodor.yang
 
Tag: fiodor

Io sono,
o saro`,
per te …

… l’onda un po` piu` lunga delle altre,
che ti fa correre indietro all’improvviso,
e ti fa ridere,
quando passeggiamo sul bagnasciuga al tramonto,
tenendoci per mano e sentendoci ancora un po` ragazzi …

… il giro di accordi di una canzone,
che ti dedico e ti suono senza sbagliare nemmeno una nota,
e ti imbarazza,
in una serata con i nostri amici,
dopo la pizza ...

Io sono,
o saro`,
per te …

… i pugni, i calci, gli schiaffi e le urla
che vomiti su quelli che non ti rispettano,
e la forza, e la rabbia che ti serve …

… il rossore che vuoi nascondere,
ma non ci riesci bene perche` ancora ti si vede venir su,
quando mi dici che mi ami.

Io sono,
o saro`,
per te …

… la coperta che ti avvolge e ti riscalda
dal freddo dentro,
quello di quando hai paura,
o sei preoccupata …

… le risposte a quelle domande che ti fai,
sempre piu` spesso,  
anche se, in verita`, io non le so,
quelle risposte …

Io sono,
o saro`,
per te
queste parole stupide e banali,
perche` io non riesco ad essere altro che stupido e banale,
quando ti amo. 

 
 
 

Pirati e ciambelle

Post n°82 pubblicato il 03 Giugno 2008 da qatia
 
Tag: catia
Foto di raccontare

Alle sei di sera fa ancora caldo. Saliamo gli scalini verso la piazza principale, da dove arrivano applausi e risate. Prima che riusciamo a vedere gli artisti lo spettacolo ci viene offerto dal pubblico. Gente di tutte le età, ma in prevalenza giovani e giovanissimi. Colorati, tatuati, crestati, rastati e talmente pieni di ferraglia che metà peso è tutto piercing. Casacche e pantaloni informi, sandali fatti a mano. Borse di tela sempre enormi. Da quando vivo in periferia tipi così non ne vedo più. Da noi va più di moda il tipo  palestrato-scurocchialuto-pantacalato-collanadorato. La prima sensazione che provo è qualcosa di simile alla nostalgia. Come tornare in un posto dove si è stati bene. I pirati lanciano coltelli fingendo di ferirsi; le bambine s’ impressionano un po, io accovacciata accanto a loro spiego che è un gioco, mi guardo intorno sorridendo e allargo i polmoni soddisfatta.

E penso a questi giocolieri che avranno quasi la mia età. A come dev’essere sentire un richiamo e doverlo seguire fino in capo al mondo. Strade e piazze dove giocare con il tempo senza guardare troppo più in là. Magari sbaglio e questi qui sono tutti proprietari di case pagate in contanti, ma qualcosa mi dice che il saltimbanco non è il genere di cliente preferito da banche e assicurazioni. Ci vuole determinazione e forza per coltivare i propri sogni e farli sbocciare nella realtà di una piazza. Credo che gran parte del loro fascino derivi proprio dall’essere così lontani dalle nostre vite; un fascino che è di tutti gli artisti, ma di questi forse un po’ di più.

Mi guardo intorno. E non assomiglio a nessuno. Non agli artisti, ovvio: non ho nessuna arte a muovermi le mani. Ma nemmeno al pubblico. Le mamme tatuate coi loro bimbi portati addosso nelle strisce di stoffa. Uomini pieni di anelli. Ragazze in sari che parlano monferratese. Mi sento come il buco della ciambella. Che della ciambella è parte, ma della ciambella non ha niente.

Una sensazione che conosco per esserci passata tante volte. Trovarsi bene in un ambiente,  ma sentire netta la differenza. Un tempo mi dispiaceva un po’. Come quando le mie amiche dell’università mi regalarono, insieme a qualche libro, un rossetto e un mascara. Per dirmi che mi volevano bene, certo, ma se avessi cercato di somigliare a loro almeno un po’ ... .

E ci provai, per gioco. Ma smisi presto: sembravo un film di Stanlio e Ollio a colori.

Una vecchia storia: perfino alle medie dicevano che ero ‘diversa’; non ‘strana’, che volendo ha un certo fascino. Solo ‘diversa’, inspiegabilmente ‘diversa’.

Col tempo ti abitui e ci fai pace. Perchè tutto l’amore di un compagno o di un fratello non può annullare le differenze. Le sfumature non colte che seminano l’incomprensione, l’incomunicabilità. Puoi lasciare aperta l’attenzione e l’accoglienza, ma niente più.

La mattina seguente allo spettacolo dei pirati passeggiamo sul Carpegna. E’ il posto dove Marco Pantani  s’allenava. E penso a quanto dolore lo abbia accompagnato sempre, fino alla fine. Il dolore fisico, il più semplice da combattere. E quell’altro, amaro e sottile come una malattia. Una specie di effetto ciambella, forse. Tutta quella gente intorno, ma nessuno abbastanza per trattenerlo. Una cosa da brividi. Da pensarci tanto, senza parole superflue. Da fermarsi a immaginare la fatica di una salita, e poi un’altra , e un’altra ancora. I tornanti senza tregua, mentre gli alberi allungano un po’ d’ombra carica di silenzio. L’odore di mattina fresca, tagliato da un cuculo lontano. Infilare tenacemente un metro dopo l’altro, concentrandosi tutto nei piedi e nelle gambe. Resistere un centimetro in più. Inseguire pure lui un richiamo, come i giocolieri. Camminando su un filo sottile. Decidere, un giorno, di saltare giù.

 
 
 

CUBA: L'ULTIMA DEI MOHICANI

Post n°81 pubblicato il 30 Maggio 2008 da maja_1973
 
Tag: maia
Foto di raccontare

Volti degni e ricchi
di una ricchezza innata
che è per noi ignara e incomprensibile

Occhi
di una speranza immensa
che è per noi fuoco e indignazione

Mani
callose e contadine
lontane dalle nostre, affondate nei soldi

Pensieri
di un mondo uguale e uguali colori
rarità di Signori estranei al nostro scopo...

... avido
sovrano il denaro
privilegio geografico
di cui non afferro il gusto.



 
 
 

Nuvole bambine

Post n°80 pubblicato il 12 Maggio 2008 da qatia
Foto di raccontare

Abbiamo passato la domenica in una riserva naturale. Ho intrecciato fiori (trovati a terra spezzati, sia chiaro!) nei capelli delle mie bambine. Siamo stati  esploratori in cerca di scimmie e dinosauri. Occhi di stelle e mani di farfalla hanno accolto i nomi e le storie di fiori, semi e piccoli animali. Le nostre spalle si sono fatte selle per i piedini stanchi. Il giorno è finito come in una poesia di U. Saba, che metto qui  per addolcire il blog con i sogni di una bimba.

Nuvoletta

Tu sei la nuvoletta, io sono il vento.
  Ti porto ove a me piace;
qua e là ti porto per il firmamento
e non ti do mai pace.
Vanno a sera a dormire dietro ai monti
le nuvolette stanche;
tu nel tuo letticciolo, i sonni hai pronti
sotto le coltri bianche.

 
 
 

La storia di Sandro

Post n°79 pubblicato il 02 Maggio 2008 da fiodor.yang

Avvertenza: quello che segue (che non so bene se sia un racconto o una pagina di diario o semplicemente delle riflessioni, fate voi!) e` un po` autobiografico, ma nel finale utilizzo delle metafore (niente paura, dunque!).

La storia di Sandro

By Fiodor - Maggio '08

Questa di Sandro e` una storia triste e potrebbe benissimo essere raccontata in un pezzo di De Andre`, sicuramente con piu` poesia di come faro` io.

Sandro era sulla soglia dei cinquant’anni e, come accade a volte a quest’eta`, sempre piu` spesso si guardava indietro per fare un resoconto. In tutto quello che aveva fatto, Sandro era sempre riuscito “abbastanza” bene. Non proprio IL migliore, diciamo TRA i migliori. Sia a scuola che all’universita`, nello sport e nelle sue “passioni”, nella sua carriera professionale. A Sandro piaceva fare le cose per bene: se sentiva di non potercela fare, se non si trattava dei “suoi” campi, preferiva rinunciare e magari far fare ad altri, piuttosto che ottenere un risultato mediocre. Ma se sentiva di poter riuscire, allora si impegnava a fondo, magari supplendo alla mancanza di talento con la costanza dello sforzo. Non che disprezzasse quelli che invece non si facevano i suoi stessi scrupoli e agivano in svariate attivita` magari con risultati scarsi. Solo che lui era fatto cosi` e gli altri diversamente. Sandro rispettava il diritto degli altri di viversela come meglio credevano, la vita, e voleva in cambio lo stesso rispetto.

Un’altra cosa che Sandro voleva era il riconoscimento obiettivo e sincero di questa sua bravura. Che male ci sarebbe stato? Lui rispettava gli altri, cercava di non mostrare la sua superiorita` e di non sentenziare quando si era in uno dei suoi campi. Accettava il dialogo paritario e stimolava le opinioni altrui, anche se poi inevitabilmente la sua maggiore preparazione usciva fuori, prima o poi. Che, gli altri non avrebbero potuto rispettarlo ugualmente, anche se questo comportava riconoscere sinceramente la sua bravura?

Invece, si sa, per molti riconoscere la bravura altrui e` un po` come tagliarsi un pezzo del corpo. E allora gli altri cominciarono a combatterlo. Naturalmente Sandro sapeva che “gli altri” non si erano coalizzati in una congiura: “il mondo contro Sandro”! Pero` trovo` che, forse per qualche istinto primordiale, la gente “naturalmente” si accomuna nell’usare tattiche efficaci nella lotta contro quello che sente “diverso”.   

Nessuno gli diceva piu` “bravo!”.

E gli altri, invece, venivano osannati esageratamente (apposta), anche se ottenevano risultati mediocri o anche scarsi.

Sandro si sentiva ingiustamente sottostimato e non apprezzato.

Sapeva anche che la sua autostima avrebbe dovuto contare un po` di piu`, rispetto alla stima degli altri.

Sapeva che il suo bisogno di riconoscimento era un po` infantile, probabilmente dovuto alla mancanza sofferta in quella vera, di infanzia.

Sapeva che tutto poteva solo essere una sua paranoia.

Ma lui era cosi`, gli altri avrebbero potuto anche sforzarsi di capirlo, un po`!

 

E allora il resoconto di cui dicevo era negativo. Quel giorno gli pareva ‘particolarmente” negativo. Perche`, ormai, per paura di essere attaccato, non tentava nemmeno piu` di esprimersi, preferiva star zitto e fermo, non ottenere alcun risultato e avere indifferenza in cambio, piuttosto che ottenere un ottimo risultato e non avere apprezzamento in cambio. Ma questo voleva dire che gli stavano limitando la liberta` di esprimersi.

Forse non l’ho detto finora, ma un altro dei difetti di Sandro era che amava profondamente essere libero.

Allora, se gli stavano portando via la sua liberta`, beh, se la sarebbe ripresa.

Per Sandro era difficile dire cosa fosse per lui la liberta`. Forse una metafora sarebbe stata piu` efficace di una spiegazione: ecco, per Sandro la liberta` era il volare delle aquile. Stridendo forte per affermare l’esistenza fiera, tra alte vette battute dal vento, ora planando assecondandolo, ora battendo vigorosamente le ali per combatterlo, quel vento. Gioia, potenza, vita. Liberta`.

E allora doveva volare con le aquile.

Sali` sulla vetta, si riempi` i polmoni di quell’ aria pulita, gli occhi di quei colori sereni. Non ebbe paura. Volo` giu`. Col vento in faccia, senti` lo stridio di un’ aquila, li` accanto.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: raccontare
Data di creazione: 16/11/2006
 

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