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Sunny_Poems

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E’ un inseguirsi tra le righe

questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

Una connessione spontanea

Senza alcuna richiesta

 

 

 

Sensibilità tenerezza ardore

sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 23/03/2015

 

Imposimato

Post n°3295 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


Imposimato: questa riforma va fermata, umilia gli insegnanti


di redazione

Parole dure quelle del Presidente aggiunto della Suprema Corte di Cassazione sulla riforma di Renzi, "dobbiamo bloccarla con la protesta democratica"

Non si tratta delle prime affermazioni di Ferdinando Imposimato sulla riforma della scuola, anzi sulla scuola in generale, dato che si è più  volte pronunciato per la questione dei Quota 96 del 2012 rimasti in servizio a causa di una "svista" nella legge Fornero.

Torna a scrivere sulla propria pagina FaceBook, definendo la riforma proposta da Renzi come una "vergogna che umilia e distrugge la vita di migliaia di insegnanti".

"Il presidente Matteo Renzi - scrive - recuperi i 30 miliardi di euro dissipati da pericolosi criminali in inutili opere pubbliche e li destini alla scuola pubblica, ai precari, ai docenti, agli studenti, ai disoccupati, ai disabili, ai giovani”.

Il mondo della scuola è in subbuglio per una riforma che viene percepita come calata dall'alto e i personaggi più in vista non mancano di far sentire la loro voce.

 
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Pensioni donna

Post n°3294 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


Riforma pensioni donna: età pensionabile e contributiva in aumento


di Lucrezia Di Dio

La riforma delle pensioni si fa sempre più urgente soprattutto in previsione dello scalone, che adeguerà i requisiti della pensione alla speranza di vita, atteso nel 2016 che porterà l’età pensionabile e l’età contributiva per le donne ad aumentare.

L’esigenza di porre una soluzione alla situazione delle pensioni italiane si fa sempre più urgente, a farlo sapere è l’onorevole Gnecchi che sottolinea che l’età pensionabile delle donne aumenterà, in alcuni settori, da 63 anni e 9 mesi del 2015 , a 65 anni e 7 mesi nel 2016.

In questo modo la flessibilità in uscita che si sta studiando in questo periodo verrebbe vanificata dallo scalone. Il ventaglio temporale previsto dalla flessibilità permetterebbe il pensionamento in una finestra temporale che va dai 60 ai 70 anni di età, con una penalizzazione o una maggiorazione dell’assegno pensionistico. La scelta, in questo modo, sarà ponderata da ogni singolo lavoratore che potrà scegliere quando andare in pensione valutando le penalità e le premialità previste.

Anche se la flessibilità riguarda tutti i lavoratori, diventa ancora più urgente per le lavoratrici poiché esse sono state colpite maggiormente dagli errori della Legge Fornero che prevede un allungamento dell’età pensionabile, a partire dal 1 gennaio 2016, molto brusco. Per la pensione anticipata saranno richiesti 4 mesi di contributi in più, per la pensione di vecchiaia lo scossone sarà molto più forte: nel settore privato, infatti, l’aumento dell’età pensionabile arriva a quasi due anni.




 
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Cattiva scuola

Post n°3293 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

 

La cattiva scuola

Ora questo pensiero così povero sul piano educativo ma così denso sul piano della ridefinizione dei poteri viene rivestito con strumenti giuridici che modificheranno radicalmente il sistema scolastico

Mauro Boarelli


. Il metodo è il merito
Il progetto “La buona scuola” presentato con grande enfasi nel mese di settembre da Renzi in persona inizia a diventare realtà attraverso una serie di provvedimenti legislativi. Il primo è un disegno di legge sulla cui natura è bene soffermarsi, perché il metodo e il merito sono strettamente intrecciati.
La prima parte del disegno è quella che sarà di immediata applicazione una volta concluso l’iter parlamentare. Riguarda l’autonomia scolastica e i poteri dei dirigenti, il sistema di reclutamento dei docenti, la stabilizzazione dei precari (drasticamente ridimensionata rispetto ai roboanti proclami iniziali), l’alternanza scuola-lavoro, l’estensione del “cinque per mille” alle istituzioni scolastiche e l’introduzione di una nuova forma di finanziamento alle scuole private sotto forma di detassazione delle erogazioni liberali. Nelle intenzioni del Governo questa parte doveva essere oggetto di un decreto legge, e l’obiettivo era stato illustrato con i consueti toni sprezzanti: “Lo strumento del decreto ci consente di fare tutto in fretta, perché siamo stanchi di queste riforme annunciate ad inizio legislatura, e poi vanno in Parlamento e si perdono nella palude parlamentare e quindi non si conclude mai una riforma utile della scuola. Faremo un decreto, ci sta dentro tutto quello che reputiamo essere utile per la scuola in Italia [....].” (Davide Faraone, sottosegretario all’istruzione, alla trasmissione di RadioTre “Fahrenheit” del 13 febbraio 2015). La retromarcia non deve stupire. Le proteste contro questo vero e proprio colpo di mano non devono avere impensierito più di tanto il Presidente del consiglio, abituato ad abusare della decretazione d’urgenza in misura ancora più marcata rispetto ai suoi predecessori. Stavolta, però, ha deciso con cinismo e spregiudicatezza di scaricare le responsabilità sul Parlamento, al quale è stato rivolto un vero e proprio ricatto: se non sarà in grado di approvare il disegno di legge in tempi brevissimi si assumerà la responsabilità di compromettere l’assunzione di centomila precari e di impedire che, finalmente, la scuola “cambi verso”, e a quel punto il governo sarà costretto – suo malgrado, naturalmente – a sostituirsi a un organo inaffidabile e inadempiente adottando un decreto legge.
Nell’arco di poche settimane il Parlamento dovrebbe esaminare un provvedimento molto ampio e complesso che riguarda praticamente tutti gli aspetti dell’ordinamento scolastico. Infatti, la seconda parte del disegno di legge dispone una delega al Governo a legiferare su una lunghissima serie di argomenti: autonomia scolastica, abilitazione all’insegnamento, organi collegiali, istruzione tecnica e professionale, sistema integrato di istruzione 0-6 anni, diritto allo studio, valutazione degli studenti, e altro ancora. Sullo strumento della delega, la Costituzione è molto chiara: “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti” (art. 76). In questo caso, non solo l’oggetto non è delimitato (è la scuola, tutta intera, ad esserne investita), ma neanche i “principî e criteri direttivi” sono specificati. Il lungo elenco che dovrebbe definirli con precisione è in realtà una pura e semplice articolazione (e quindi una ulteriore espansione) delle materie delegate. La combinazione tra un disegno di legge sotto ricatto governativo e una delega in bianco senza confini mostra ancora una volta il lucido disegno di trasferire il potere legislativo al Governo. Stavolta questo esercizio di stravolgimento dell’ordinamento istituzionale raggiunge un’intensità e un’estensione smisurate su uno dei terreni più delicati per la formazione civile e la coesione sociale: la scuola pubblica.

2. L’obbedienza è (di nuovo) una virtù
L’orizzonte culturale che produce questo smantellamento delle istituzioni democratiche si riflette inevitabilmente nel contenuto del disegno di legge. Non a caso il suo asse portante è il governo delle istituzioni scolastiche. La parte relativa alla delega ne prevede una riforma radicale da realizzare attraverso l’autonomia statutaria, il rafforzamento dei poteri del dirigente scolastico e la ridefinizione delle competenze degli organi collegiali, ai quali verranno riservati solo compiti di indirizzo. Non è una novità, ci avevano già provato più volte. La primogenitura spetta a Valentina Aprea, sottosegretaria all’istruzione durante il ministero Moratti, poi presidente della Commissione cultura e istruzione della Camera. In questa veste, nel 2008, presentò una proposta di legge che modificava in modo radicale quella che ora – nel linguaggio alla moda infarcito di anglicismi – viene chiamata governance. Qualche anno più tardi anche il Partito democratico si invaghì di quel progetto al punto di farlo proprio dopo averlo emendato (solo provvisoriamente, come vedremo tra poco) da qualche aspetto all’epoca ritenuto troppo “estremo”. Ne nacque il disegno di legge Aprea-Ghizzoni, dal nome della deputata del Pd che aveva preso il posto della sua collega berlusconiana alla guida della commissione. Questo testo concepito dal centrodestra e adottato con poche varianti dal centrosinistra è un esempio da manuale del trasformismo che, adattato alle diverse situazioni storiche, continua a rappresentare un elemento strutturale della vita politica nel nostro paese. Arrivata a un passo dall’approvazione sul finire della legislatura (il governo era presieduto da Monti) grazie al tentativo maldestro di trasferire la potestà legislativa alla commissione stessa saltando il dibattito parlamentare (il renzismo, si sa, è nato prima di Renzi), la proposta finì in un cassetto a causa di una protesta molto ampia che mise in seria difficoltà il Pd alla vigilia della campagna elettorale. Ora viene rispolverato: la parte della delega che affronta in modo sommario questo argomento riecheggia in maniera chiarissima i suoi punti chiave. Ma evidentemente la legge delega non basta a placare l’appetito dei voraci legiferatori-lampo. E così un aspetto cruciale della futura governance viene anticipato nella prima parte del disegno di legge, quella che avrà un’attuazione immediata. Si tratta del potere dei dirigenti scolastici, che viene ampliato grazie al declassamento degli organi collegiali – ridotti a organi consultivi – e all’attribuzione di nuove funzioni: la gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento, la gestione delle risorse finanziarie, la responsabilità delle scelte didattiche, la distribuzione degli incentivi economici agli insegnanti e – infine – la loro assunzione sulla base di un organico territoriale.
L’assunzione dei docenti rappresenta un cambiamento radicale che avrà conseguenze enormi sul sistema scolastico. È bene affrontare questo punto partendo da uno sguardo critico sul sistema attuale. È infatti innegabile che il meccanismo centralizzato che assegna i docenti alle scuole in modo “automatico” sulla base dei punteggi nelle graduatorie produce effetti negativi a tutti noti: basti pensare alla girandola di insegnanti cui viene sottoposta tutti gli anni una moltitudine di studenti, senza alcun rispetto per le loro esigenze e senza alcun riguardo per la continuità didattica. E si pensi all’impotenza di ciascuna scuola di fronte all’assegnazione di docenti del tutto inadeguati al loro ruolo, che rappresentano purtroppo una porzione non trascurabile dell’intero corpo docente. In sostanza, per essere credibile, la critica alla riforma del sistema di reclutamento non può prescindere da una critica del sistema vigente e dalla consapevolezza che l’illusione di mandare finalmente in soffitta meccanismi distorti e densi di ricadute negative sulla vita scolastica produrrà senza alcun dubbio un grado elevato di consenso intorno al provvedimento governativo.
In realtà le sue conseguenze saranno nulle sul piano della qualità didattica e nefaste sotto molti altri aspetti. I dirigenti potranno assumere gli insegnanti di cui hanno bisogno, ma il sistema di formazione e reclutamento rimane saldamente in mano al Ministero che lo amministra con criteri che non garantiscono alcuna selezione di tipo qualitativo. E chi sono i dirigenti che si troveranno a reclutare i docenti? Sono, a loro volta, adeguatamente preparati e selezionati su una base rigorosamente qualitativa? Sono in grado di riconoscere la qualità dei docenti che andranno a scegliere? È lecito dubitarne. I (pochi) dirigenti “illuminati” cercheranno di assumere i migliori docenti disponibili sul territorio, e questo sarà un passo decisivo verso la definitiva cristallizzazione di un sistema basato su scuole di serie A di serie B (che in parte già esiste). Ma, in generale, il rischio è che i criteri prevalenti siano altri. Ad esempio: che atteggiamento avrà un dirigente di fronte a un docente critico nei confronti dei test Invalsi, dal momento che quello stesso dirigente è chiamato in modo sempre più stringente a rendere conto al Ministero dei risultati della sua scuola sulla base di quei test e del sistema di valutazione predisposto dallo stesso istituto? Non sarà spinto a reclutare il maggior numero possibile di insegnanti che quel sistema condividono o accettano passivamente? Non sarà preferibile per lui avere al suo fianco docenti che collaborino perché la valutazione dell’istituto e i risultati dei test degli studenti siano positivi, docenti che per raggiungere questi obiettivi siano disponibili anche a orientare la loro didattica verso l’addestramento ai test? È un esempio tra i tanti possibili, ma va diritto al cuore del problema: il nuovo sistema di reclutamento mette in pericolo la libertà di insegnamento. Sono molte le strade che conducono verso questo esito. La cultura aziendalista e competitiva che orienta la formazione e la selezione dei dirigenti, la loro sempre più accentuata subordinazione gerarchica al Ministero, l’obbligo a rendere conto dei risultati secondo regole di valutazione standardizzate e prevalentemente quantitative: questi elementi hanno preparato il terreno, e ora ai dirigenti vengono dati gli strumenti giuridici perché possano dispiegare pienamente i loro effetti. Si tratta di strumenti potenti: i dirigenti potranno assumere oppure non assumere, e non è poco. Ma potranno anche licenziare senza neanche motivarlo. Non è scritto così, naturalmente, ma questo è il senso della norma secondo cui il dirigente attribuisce incarichi di docenza triennali, una norma che introduce nella scuola la pretesa neoliberista di ridurre il lavoro a condizione permanente di precarietà e di ricatto.
Inoltre, non bisognerebbe dimenticare qual è il sostrato culturale sul quale andrebbe a incidere l’assunzione diretta da parte dei dirigenti. In un paese dove sono radicati il nepotismo, il clientelismo, la pratica della raccomandazione, la corruzione, non è difficile immaginare una rapida e incontrollabile degenerazione del sistema.
L’idea dell’assunzione diretta non è nuova. Il tentativo di tradurlo in una norma giuridica si deve ancora una volta alla versione originaria del progetto Aprea, che prevedeva un concorso di istituto. All’epoca il Pd era assolutamente contrario anche a questa versione più “morbida”. Qualche tempo più tardi Francesca Puglisi – allora come oggi responsabile scuola del Pd – imbarazzata dal fatto che le critiche al progetto Aprea-Ghizzoni colpissero nel segno mettendo in evidenza le molte somiglianze con la proposta originaria del centrodestra, rivendicò come un successo del proprio partito avere cancellato quell’ipotesi nella nuova versione: “Ci siamo confrontati […] chiarendo la nostra indisponibilità a trasformare le scuole in fondazioni, ad assumere gli insegnanti attraverso la “chiamata diretta”, a far entrare logiche di mercato nel sistema dell’istruzione, a lasciare tutto il potere gestionale ai dirigenti scolastici” (“L’Unità”, 27 marzo 2012). La coerenza non abita da quelle parti, e nemmeno il pudore.

3. Una questione di democrazia
Il disegno di legge traduce fedelmente la filosofia del piano “La buona scuola” che avevamo commentato su questa rivista (La “buona scuola” e i cattivi maestri). Anche in quel testo manca qualsiasi riflessione pedagogica e didattica: la scuola è solo materia da plasmare attraverso strumenti organizzativi e strutture di comando. Ora questo pensiero così povero sul piano educativo ma così denso sul piano della ridefinizione dei poteri viene rivestito con strumenti giuridici che modificheranno radicalmente il sistema scolastico. Il prodotto principale di queste norme è la strutturazione di un rigido sistema gerarchico che fa perno sul dirigente, dotato di poteri assoluti ma, a sua volta, sottoposto a una rigida subordinazione rispetto al Ministero. Si tratta di un processo che porta all’estremo l’autoritarismo dello Stato dislocando i suoi poteri anche in periferia: dove prima poteva contare sulla penetrazione di una burocrazia tentacolare e asfissiante ma inevitabilmente perdente nella pretesa di dominare la vita quotidiana delle istituzioni scolastiche e dei singoli docenti, ora si affida a un controllo capillare più efficace perché affidato a una pluralità di strumenti di valutazione e di organizzazione amministrati direttamente in loco. La scuola statale si separa progressivamente (e in modo sempre più accelerato) dalla sua funzione pubblica. Se l’operazione avrà successo, scuola statale e scuola pubblica cesseranno di essere sinonimi, ammesso che lo siano mai stati davvero.
Questo processo di centralizzazione è strettamente collegato agli altri processi in atto sul piano istituzionale: lo scippo del potere legislativo da parte del Governo, la (falsa) abolizione delle province e la loro trasformazione in enti di secondo livello amministrati da rappresentanti non eletti, il processo analogo che porterà presto alla riforma del Senato, la proposta di una legge elettorale iper-maggioritaria, l’ipotesi di affidare il governo della televisione pubblica a un amministratore unico di nomina governativa. L’elenco potrebbe continuare con altri esempi,  tutti riconducibili a una medesima ideologia che sta ridisegnando – al centro come in periferia – il rapporto tra i cittadini e lo Stato.
La scuola pubblica non poteva restarne immune, non solo perché è anch’essa un’istituzione – e come tale deve essere ricondotta dentro una visione unitaria e coerente dei poteri dello Stato – ma anche perché è l’istituzione delegata a garantire la riproduzione sociale di quell’ideologia e – diversamente dal passato – non deve più esserle permesso di lasciare spazio a un pensiero critico in grado di demistificarla.

 

 
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Supplenze

Post n°3292 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"

 

Supplenze fino a 10 giorni, utilizzati i docenti di ruolo con aumento per chi supplisce grado superiore


di redazione

Tutto sarà gestito dal dirigente scolastico che, con la dotazione dell'organico dell'autonomia, dovrà coprire le supplenze fino a 10 giorni con i docenti di ruolo.

La sostituzione potrà avvenire anche su gradi di scuola diversi, quindi, un docente della primaria potrà supplirne uno della secondaria e viceversa.

Nella stesura del Decreto, poi abbandonato e trasformato in DDL, si diceva chiaramente che i docenti che avessero effettuato supplenze in un grado di scuola superiore non avrebbero ricevuto un compenso superiore.

Principio abbandonato nel DDL. Nella relazione tecnica, che abbiamo pubblicato venerdì, c'è un cambio di rotta. Infatti, il personale avrà un trattamento stipendiale "del grado di istruzione della scuola in cui è impegnato, qualora superiore a quello già in godimento."

 
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Chiudere le scuole

 

Buona scuola

Post n°3290 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da “La Tecnica della Scuola”


La “buona scuola” non parte: e le assunzioni?


Pasquale Almirante


L’iter della riforma della scuola non inizia e nessuno sa dire quando il dibattito alla camera avrà luogo. Da quel 10 marzo, quando la “palla” sarebbe dovuta passare nelle mani del Parlamento” ad oggi tutto sembra fermo

 

Nella stessa Commissione cultura l’unica data indicata è il 26 marzo, ma potrebbe volerci un’altra settimana per mettere in moto la macchina parlamentare.

Anche Il Fatto Quotidiano sottolinea che il passaggio dal decreto al ddl mette a rischio la fattibilità della riforma entro l’inizio del prossimo anno scolastico. Fare presto, si era detto e promesso, ma 15 giorni sono già andati persi in attività preparatorie.

In ogni caso, pare di capire, che sul testo approvato dal Consiglio dei ministri, sono pronti vari emendamenti di chi vorrebbe, secondo il proprio  punta di vista, migliorare la riforma.

Fra i temi caldi la faccenda relativa all’esclusione degli idonei nelle immissioni in ruolo, mentre da Forza Italia c’è pronto un emendamento sulla chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici e il Movimento 5 stelle ha da discutere una sorta di “controriforma” presentata pochi giorni fa.

Tanti temi caldi su cui si aprirà un dibattito, ma che nello stesso tempo portano con sé tempi lunghi. “È davvero difficile che si riesca a chiudere nelle scadenze prefissate”, conclude un membro della VII Commissione. “Per un ddl così complesso ci vogliono non meno di due mesi”.

Ma la riforma, fa notare Il Fatto,  non è stata ancora calendarizzata, e ad aprile ci sono anche le feste di Pasqua. Il 31 maggio, termine ultimo per permettere al Miur di attivare il complesso meccanismo delle immissioni in ruolo, è vicino. Per questo, fra i banchi del Parlamento, prende corpo un’ipotesi sulle tanto attese assunzioni: tutte potrebbero essere fatte entro settembre, ma solo per i posti vacanti (50mila circa) su ruolo economico (cioè subito operative), le altre su posto giuridico (assunti sì, ma in cattedra solo dal 2016). Con buona pace degli organici funzionali e della riforma, almeno per quest’anno

 
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SCUOLA

Post n°3289 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da “Il Fatto Quotidiano”


Scuola, la riforma è già in ritardo. A rischio assunzioni e immissioni in ruolo

Il 31 maggio è il termine ultimo per permettere al Miur di attivare il meccanismo in tempo per settembre. Per questo, in Parlamento prende corpo un’ipotesi sulle assunzioni: tutte potrebbero essere fatte entro settembre, ma solo per i posti vacanti (50mila circa) su ruolo economico (cioè operative), le altre su posto giuridico (assunti, ma in cattedra solo dal 2016)


Falsa partenza: è passata più di una settimana dall’approvazione della bozza di disegno di legge da parte del Consiglio dei ministri e l’iter della riforma della scuola deve ancora cominciare. Nonostante i proclami di Matteo Renzi: “Il giorno dopo il cdm del 10 marzo la palla passerà nelle mani del Parlamento”, aveva detto il premier. In realtà di giorni ne sono passati dodici e ancora siamo fermi ai blocchi: il consiglio del 10 è slittato al 12, poi c’è voluta una settimana per limare la bozza e redigere il testo definito. La versione “bollinata” del ddl finalmente è arrivata venerdì. Il suo esame – a quanto si apprende da fonti governative – dovrebbe partire dalla Camera. Ancora, però, non si sa quando.

Sul sito di Montecitorio la riforma non compare all’ordine del giorno della Commissione cultura fino al 26 marzo. Salvo variazioni dell’ultimo momento, potrebbe volerci un’altra settimana per mettere in moto la macchina parlamentare. Una tempistica che stride con la volontà del governo di approvare in tempi rapidissimi la riforma. Il passaggio dal decreto al ddl mette a rischio la fattibilità della riforma entro l’inizio del prossimo anno scolastico. Per questo tutti, da Renzi al ministro Stefania Giannini, passando per il sottosegretario Davide Faraone, avevano richiamato il Parlamento ad un “senso di responsabilità”, sottolineando la necessità di “fare presto”. Ma almeno 15 giorni sono già andati persi in attività preparatorie.

Comunque sia, la prossima settimana in Commissione cultura (forse in audizione congiunta col Senato) approderà un testo molto simile a quello approvato dal Consiglio dei ministri: i temi principali, dai numeri delle assunzioni ai “super presidi”, passando per la valutazione dei docenti e gli sgravi alle paritarie, sono stati confermati. E per questo arriveranno anche gli emendamenti di chi punta a migliorare la riforma. “Qualcuno negli ultimi giorni ha parlato di testo inemendabile, ma per noi non è assolutamente così: sarebbe offensivo nei confronti del Parlamento”, ragiona un esponente della minoranza Pd. E il fatto che si parta dalla Camera non è privo di significato: lì la maggioranza ha numeri larghi ma proprio per questo c’è più spazio per la discussione (al Senato i margini invece sarebbe stati minimi). Facile immaginare, ad esempio, che si riaccenda lo scontro sulla discussa (e pericolosa dal punto di vista legale) esclusione degli idonei. Da Forza Italia, invece, arriverà un emendamento sulla chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici: “Vogliamo elaborare dei criteri oggettivi in base a cui i presidi debbano scegliere i loro insegnanti, altrimenti il meccanismo si espone troppo a discrezionalità e clientelismo”. Mentre le proposte del Movimento 5 stelle ricalcheranno a grandi linee i contenuti della “controriforma” presentata pochi giorni fa.

Tanti temi caldi, su cui si aprirà un dibattito che potrebbe anche formare convergenze alternative, in grado di mettere in difficoltà il governo. Di certo tutti si aspettano di poter discutere un testo che non appare poi così “blindato”: “Non siamo pregiudizialmente contrari a una riforma che presenta diversi aspetti vicini alla nostra sensibilità, a partire dal merito e dall’alternanza scuola/lavoro”, spiega Elena Centemero, responsabile scuola di Forza Italia. “Ma in Commissione Istruzione c’è sempre stata collaborazione fra i vari partiti e ci aspettiamo che ci sia anche in quest’occasione”. Discussioni e trattative, però, significano tempi lunghi. “È davvero difficile che si riesca a chiudere nelle scadenze prefissate”, conclude un membro della VII Commissione. “Per un ddl così complesso ci vogliono non meno di due mesi”. Ma la riforma non è stata ancora calendarizzata, e ad aprile ci sono anche le feste di Pasqua. Il 31 maggio, termine ultimo per permettere al Miur di attivare il complesso meccanismo delle immissioni in ruolo, è vicino. Per questo, fra i banchi del Parlamento, prende corpo un’ipotesi sulle tanto attese assunzioni: tutte potrebbero essere fatte entro settembre, ma solo per i posti vacanti (50mila circa) su ruolo economico (cioè subito operative), le altre su posto giuridico (assunti sì, ma in cattedra solo dal 2016). Con buona pace degli organici funzionali e della riforma, almeno per quest’anno.

Lorenzo Vendemiale

 
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SINDACATI

Post n°3288 pubblicato il 23 Marzo 2015 da fabiana.giallosole
 

Da “Tuttoscuola”


Sindacati. Uniti per salvare la contrattazione


Confortati dall’esito delle votazioni per le RSU i cinque sindacati rappresentativi hanno deciso unitariamente di invitare tutte le forze politiche e i parlamentari a un incontro
Confortati dall’esito delle votazioni per le RSU i cinque sindacati rappresentativi hanno deciso unitariamente di invitare tutte le forze politiche e i parlamentari a un incontro sui tanti problemi che a loro avviso il piano del governo non affronta in modo adeguato, e sulle misure che invece sarebbe urgente adottare.
C’è attesa per l’incontro, che si svolgerà il 25 marzo a Roma presso l'Auditorium di Via Palermo 10 (Nazionale Spazio Eventi, dalle 10). Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal, Gilda Fgu chiedono infatti sostanziali cambiamenti al disegno di legge del governo, ma indicano come prioritarie tre questioni che riguardano le assunzioni dei precari, il ruolo del dirigente scolastico e lo sblocco della contrattazione.
Sul primo punto la richiesta è quella di un piano straordinario pluriennale di assunzione di tutti i precari, compresi gli abilitati con 36 mesi di servizio non inseriti nelle GAE, gli idonei al concorso e i non abilitati con 36 mesi di servizio. Le misure proposte dovrebbero riguardare anche il personale Ata ed essere adottate con decreto legge.
Sul secondo punto i sindacati “considerano inaccettabile affidare al DS la chiamata diretta dei docenti e l’attribuzione del salario accessorio legato alla premialità”. Va salvaguardata, a loro avviso, la competenza del collegio dei docenti in materia di progettazione dell’attività educativa. “E’  indispensabile”, scrivono nell’invito, “definire un bilanciamento dei poteri tra DS, Collegio Docenti e Consiglio d’Istituto”. Sulle competenze dei DS, centrali nella filosofia della Buona Scuola, è difficile che trovino ascolto, mentre sul bilanciamento dei poteri potrebbero ricevere più attenzione, visto che anche nella delega contenuta nel Disegno di legge governativo (art. 21, comma 2, punto f) si richiama la “distinzione tra funzioni di indirizzo generale, da riservare al Consiglio dell’istituzione scolastica autonoma; funzioni di gestione, impulso e proposta del dirigente scolastico e funzioni didattico-progettuali, da attribuire al Collegio dei docenti e alle sue articolazioni”.
Ma l’obiettivo principale, il più strategico, dell’iniziativa dei cinque sindacati ci sembra il terzo, che in qualche modo si riverbera anche sui primi due: lo sblocco della contrattazione “non solo per rimettere in ordine una disciplina dissestata dai numerosi provvedimenti legislativi intervenuti su materie contrattuali, ma per decidere in sede negoziale tutto ciò che riguarda salario, orario, diritti e doveri del personale”. Il contratto, insomma, come legittimazione reciproca tra decisori politico-amministrativi e rappresentanti dei lavoratori e come alternativa ai tribunali e alla piazza.

 
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 CHI SIAMO

Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

Felice settimana


 Serena, solare settimana a tutti voi, piena di energia e di voglia di lottare ancora insieme...

FabianaGiallosoleq

 

 

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Docente Bibliotecario

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Loredana Errore - Innamorata (Audio) - YouTube

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Preghiera della sera 

O Maria dacci la tua forza

 e la tua volontà per affrontare

 e superare gli ostacoli della vita...

 

Divagazioni artistiche sarde

 

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Il sito di Giuseppe Nieddu

(Grafico pubblicitario, disegnatore fumetti, illustratore tradizionale e digitale etc)

Carlo Nieddu videomaker, fotografo, noto sul web come Carloportone 

 

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